E’ morto Leonardo Del Vecchio, praticamente una leggenda moderna

Ex orfano dei Martinitt, ex operaio avviato al lavoro, ex nullatenente, ex signor nessuno…; diviene dal nulla il costruttore di un impero bene organizzato, prolifero, generoso, sempre in ascesa, meravigliosamente capace di rigenerarsi dagli inevitabili momenti di crisi…

Per tutta la vita rimane lui il timoniere di lungo raggio, l’ambasciatore di buone novelle, l’elargitore di buoni guadagni per chiunque abbia la fortuna di incrociarlo…e un uomo capace di conciliare il suo bisogno privato di felicità con il bisogno di felicità degli altri….

Ci riesce bene, sembrerebbe, tra tre mogli, sei figli e una marea di nipoti…

Un esempio che dice a lungo come il denaro. quando bene usato, può far bene a molti…

Certo, un uomo d’affari, ma dal volto aperto e pulito, dalla struttura solida e preparata alle prove della vita, come è sempre molto difficile trovarne. Nessuno dei suoi eredi saprà eguagliarlo in talento, e questa è la vera perdita che lascia un vuoto incolmabile…e una richiesta importante di futuro…

Muore con il dispiacere divertito di non avere potuto/saputo progettare un occhiale per chiunque nel mondo si sia recato in un negozio a comprarne uno…

Beato lui…che ce l’ha fatta anche a nome di molti che non ci sono riusciti.

Ciao Leonardo, già il tuo nome era una promessa 🙂

Monica Vitti…Ma ndo vai..?

Il mondo ce l’ha invidiata, tutti l’abbiamo conosciuta al cinema, un’enormità di persone l’hanno apprezzata nella sua bellezza, bravura, simpatia, versatilità, eleganza, intelligenza, capacità di far ridere e riflettere. Insomma, aveva tutto, ha avuto tutto, ha dato tutto quello che aveva da dare…tranne quello che ovviamente rimane celato dentro la profondità di ogni essere. E che lasciamo celato, con garbo, nella sua misteriosità

Ciao Monica, oltre l’eternità e questo mondo effimero…

l’amore è paziente

 

sentimenti fermi, mondo mobile

Shooting TM Naturns Familie Schloss Juval Schlosswirt Waalweg Tiere Erlebnisbad 17-08-2012

Shooting TM Naturns Familie Schloss Juval Schlosswirt Waalweg Tiere Erlebnisbad 17-08-2012

La bellezza della vita è nei suoi sentimenti fermi dentro un mondo che più mobile non potrebbe essere.
Con il tempo e tanto dolore si può comprendere che rimanere saldi nelle cose serie che ci scorrono dentro non è un esercizio privo di senso, ma bensì quella cosa di noi stessi che ci fa essere e diventare quello che siamo.
Spesso sono le persone che ci vivono accanto a non permettere la cosa più normale del mondo, che è semplicemente il volersi bene; ma altre volte siamo noi stessi che scegliamo di mettere in moto meccanismi pericolosi, poco comprensibili ed oscuri.

Insomma, nel nostro cuore è importante tenere sempre un angolo per chi ha contribuito a farci crescere e per chi noi stessi abbiamo tanto contribuito a far vivere.

Giorno dopo giorno si diventa “vecchi”, nel senso che sempre più ci si allontana da quella mole incommensurabile di energia che rappresenta la nostra giovinezza.

La giovinezza fisica, intendo dire, quella di quando non si ha neanche una ruga e neanche un briciolo di cellulite. Quella in cui non si ha   ancora la consapevolezza di quello che diventeremo, e si crede che il tempo è senza fine e che i numeri non sono che entità astratte.

Occorre invece conservarsi come degli orti di collina, dove i ruscelletti scorrono sempre a portare refrigerio, e dove non manca mai un fico secolare sotto il quale ripararsi nelle giornate assolate.

Ci sono sempre bambini che ridono e giocano intorno l’altalena, e voci di persone anziane, e voci di varia gente che attraversa il sentiero di sassi e piccoli ciuffi d’erba sparsi.

C’è  sempre la voglia di vivere, di sentirsi vivi, di lasciar vivere il bello che ci impedisce di abbruttirci e spegnerci.  La vita è una compagna meravigliosa  e soprattutto  imprevedibile, sempre.

Amarsi e perdonarsi e sorridersi è il solo tesoro che dobbiamo custodire sopra ogni altro…

tutti noi insieme

Ci sono i conti che non tornano.

Mi sono messa a ripercorrere gli ultimi siti che hanno avuto la ventura di incrociare il mio, e dunque di riflesso quelli che io ho avuto la ventura di incontrare.

Aspettate che me li riprendo per descriverveli in breve: sono tutti bellissimi, in sostanza ognuno racconta le sue passioni, i suoi interessi, i suoi amori, le cose belle che stanno loro capitando. A volte anche le cose meno belle.

C’è chi ci dice che è innamorata e che sta aspettando un bambino; chi commenta ed illustra  famosi ed insuperati pezzi cinematografici, di cui esalta la incomparabilità e la indubbia verità storica e sociale;  chi si occupa di volontariato in maniera attiva e responsabile, preoccupandosi  in continuazione di darsi una formazione specifica; chi si interessa di fotografia in maniera professionale, o quasi, esaltandone i colori come le sfumature di grigio; chi impazzisce   per il cinema, e pressochè maniacalmente ne insegue le pellicole, le recensioni, le immagini e  le novità…; molti degli amici che ho incontrato e che incontro sono insegnanti, o formatori, o spiccati lettori, o  appassionati del web  per le sue opportunità didattiche;  qualcun’altro  è appassionato  d’arte, e dell’arte ci sa dire tutto,  retroscena ed aneddoti, particolari  che non troviamo sui libri di scuola  arricchiti da  riflessioni personali; altri ancora scrivono spacciandosi per insicuri ed incapaci, ma poi a giudicare dai followers e dalle visite del blog tanto principianti non devono essere…

Siete tutti meravigliosi, e non lo dico per cerimonia.

Sarà che quando si va a guardare il singolo, riusciamo a vedere tutte quelle cose che l’ordida   massa nasconde, annerisce, annebbia…

Ed è per questo che i conti non tornano tanto;  che ci stanno a fare tante persone in gamba e piene di interessi, che praticamente non si contano, dentro una società come la nostra che sbarcolla,  annaspa, non sa darci lavoro, sicurezza, sogni ed ispirazioni?

Forse sta proprio in questo il segreto dell’enigma.

La divina famiglia siamo noi,  noi che non ci perdiamo d’animo, noi che pensiamo al nostro fare come a un possibile costruire collettivo. Magari  lo facciamo a piccoli passi,  spesso forse non ci rendiamo nemmeno conto di fare qualcosa per gli altri e non solo per noi stessi.

Io stessa più di una volta mi sono imbattuta nel pensiero “Adesso smetto  di scrivere, tanto siamo milioni, e tutti che pensiamo d’avere qualcosa da dire di interessante, ma poi non ci guarda nessuno, diciamo la verità, o comunque, ci guardiamo  in pochi, come dire, un pugno di mosche che combattono contro un oceano di moscerini, contro dei giganti insuperabili ed irraggiungibili…”

Forse continuiamo a farlo perchè semplicemente scrivere aiuta noi stessi ancora prima che qualcun’altro, e allora che crepi l’avarizia, o il senso di smarrimento  momentaneo,  io sono qui, rimango qui, insieme a voi, con tutta me stessa, ossia due gambe due braccia una pancia un addome ed una testa.

E voglio chiudere per ora con un piccolo video ripescato in rete, proprio dentro uno dei vostri siti.

Sì, la vita è proprio bella, nonostante le apparenze.

NB:  scusate mi dimenticavo della cosa più importante: Grazie grazie grazie a tutti

l’anima mia, solo mia, stupendamente mia

tranquilli ragazzi…

è sempre  L’amore la cosa che fa girare il mondo…

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Aldo Busi

 

   l’ultimo scritto

 

da la scheda del libro…

…Nulla di quanto scrive Busi potrebbe essere scritto, se non come lo scrive lui. E’ il risultato di un talento, di una disciplina e di un’abnegazione fuori dall’ordinario; ma è anche quanto dà al lettore l’occasione di ritenerlo scostante, eccessivo, contingente, ripetitivo, narcisista. A quel lettore si vorrebbe assicurare che nello specchio che l’autore ci tende, dopo averlo usato, l’immagine di Busi non c’è più. O il lettore ci mette la propria o confermerà la prima metà dell’incipit della favola: “C’erano una volta gli altri”. E, poiché non lo vorrà, non verrà a sapere che la letteratura di Busi è questa occasione per non morire, per rivedersi.

da leggere

Il sole a levante

C’è  una paese pieno di case di sasso. Sta dentro una collina che guarda il mare che è abitato da grandi navi e  da  piccole barche.

Fino a ieri non sapevo che esistesse e mai avrei immaginato che sarebbe potuto divenire parte della mia vita.

Per tutta l’esistenza  mi sono trascinata come  fossi un  cavallo da soma  enormi pesi senza mai domandarmi  perché dovessi farlo, o come potessi evitarmi la fatica.

Sapevo di doverlo fare e basta.

Sapevo che era una  cosa necessaria   e basta.

Il  giorno  che ho  incontrato  un pezzo  speciale d’umanità  per il disorientamento  e l’emozione  mi sono persa dentro un labirinto.

Dentro questo groviglio di  foresta malsana  ed insidiosa ho vissuto  giorni terribili, dove il cielo ha smesso d’essere d’aria e la terra ha smesso d’essere solida, ed il fuoco ha smesso  di scaldare e l’acqua di bagnare. Io sapevo solo di non essere ancora morta, come m’avesse assalito un terribile drago  che ogni giorno  si mangiava un pezzo di me  senza che io potessi fare nulla.

Non sono morta perché  sono fatta di bellezza, ossia sto come un albero    aggrappata alla verità  che è come una lampadina che non può essere spenta da nessun terremoto e da nessun naufragio e da nessuna apocalisse.

Ho combattuto come un valoroso   soldato  che non sa quando smetterà di vedere morti e feriti  intorno a sé…e solo  si augura di trovarsi il prima possibile alla fine del tunnel.

Durante i lunghi mesi  di travaglio e di solitudine e di sconforto    i parametri normali di valutazione  sono stati  sostituiti  da   misure straordinarie.

Quando   ho creduto  di potere avere raggiunto  la meta che mi avevo prefisso,  ho sgranato  gli occhi per vedere meglio  e mi sono trovata in un porto sicuro.

Strano, ragazzi, una si butta a capofitto nella ressa degli smarriti e degli   esaltati per ritrovarsi dentro un ordinato   orticello candido   di fiori  e ricco di spezie.

Improvvisamente e finalmente i numeri sono tornati  a fare   sistema, il cielo è tornato d’aria, come la terra di sasso ed il fuoco di scintille  e l’acqua  di  gocce ballerine.

Meravigliosa la vita  che torna ad essere vivibile e piena di  sacrosante opportunità.  Da questo piccolo angolo di paradiso  dove le tragedie sono state inghiottite dalla carne che nel frattempo le ha digerite e ben assimilate,  osservo con buona pace gli umani che mi circondano e ce ne sono di varie categorie.  Alcuni hanno la mia preferenza e la mia disponibilità, altri sono stati recintati dentro luridi campi  dove loro stessi hanno deciso di  passare i loro giorni, altri ancora stanno in una terra di mezzo  nell’attesa di venire compresi.

C’è solo una certezza  in questa mutazione in continua metamorfosi;  e sono i nostri cari  che si sono dimostrati  attenti e vicini  nei giorni del terremoto e dello sconvolgimento.   Le persone che ci vogliono bene    hanno a loro  volta sbagliato, magari molto sbagliato,  ma  se poi si ravvedono e si ravvedono e si  ravvedono, allora  si può davvero  credere che si siano ravveduti.

Come un innamorato che viene da un passato turbolento e per nulla  promettente  ma che bussa alla nostra porta  in una sera d’inverno  portandoci  un dono;  noi non gli vogliamo dare fiducia   e non lo facciamo entrare.

Torna il secondo giorno  e non lo facciamo entrare.

Torna il terzo e sempre lo cacciamo via.

E così la stessa storia per un tempo inverosimile di cui si perde la conta.

Poi un giorno non preciso, esattamente come gli altri, l’innamorato torna, ci rinnova il suo dono e noi questa volta gli diciamo di sì.

Gli diciamo di sì  per premiare la sua costanza, perché consideriamo  che  una buona cosa  non meriti d’essere buttata via.

La famiglia è il luogo santo dove accadono i miracoli. Lo dico  nel senso profano del termine. Santo sta per privilegiato, specifico e benedetto. Il fatto è che famiglie non si nasce ma ci si costruisce. Le famiglie si scelgono, non  ce le troviamo impacchettate e scontate. Ma si scelgono nel cuore. Possono funzionare sono se stanno nel cuore.

Tutto il resto che sta fuori  di questo nodo assoluto è il puttanaio  che circonda ordinariamente  tutto e tutti.

Quando  sento parlare le persone  in genere   mi  sorprendo  sempre  della nostra  ripetuta   cecità. Alla mancanza di intelligenza  non ci si può fare (fortunatamente) l’abitudine.

Accade  infatti   che in genere ci si ferma  all’apparenza delle cose, e non ci si muove verso la visione della sostanza.

Prendiamo per esempio il nostro capoufficio ed i colleghi di lavoro, o il nostro dirigente ed i colleghi di lavoro, o i nostri parenti  con relativi affini, o i nostri amici  di  passaggio  e relativi  contingenti.

Sono tutti stati d’umanità quotidiani  dove sovrasta per lo più la legge  del tornaconto personale.

Alzi la mano  chi  cerca d’ impostare la propria giornata lavorativa o la propria giornata  familiare o la propria giornata  festiva e di divertimento secondo le banali   leggi   della spontaneità, dell’impegno e della  condivisione.

Immagino già le risposte di molti:  “Io considero solo i miei familiari, tutti gli altri sono estranei” oppure “Quello che gli altri fanno a me non vedo perché io non dovrei   fare loro” oppure “Ciò che conta è essere furbi  più degli altri perché così nessuno ti fotte” oppure “Perché dovrei impegnarmi  quando nessuno ha mai fatto nulla per me?” e così di seguito su questo passo…

Il mondo va di merda perché questi sono i nostri luoghi comuni. Consideriamo la famiglia  un luogo privilegiato e separato dal  resto della società e la società come  la discarica della nostra immondizia, ma non è nemmeno questa la verità, perché quello che noi ci dispensiamo di fare in società  ci ritorna contro nella famiglia la quale non è affatto il luogo privilegiato e “Perfetto”  che  si  ritiene considerare, ma solo il luogo dove insegniamo a noi stessi e ai nostri figli come fottere il prossimo.

La  famiglia  non sono nostro padre, nostra madre, i nostri fratelli o nostra moglie, nostro marito, i nostri figli…la famiglia sono le persone che ci scegliamo e che si dimostrano all’altezza del loro compito verso cui noi ci dimostriamo fedeli.

In altre parole la famiglia non è un contenitore fisso e stabile, ma mobile e modificabile.  E   in altre parole  lancio una freccia in favore delle famiglie allargate, quando queste stesse dimostrano di funzionare meglio di quelle  originarie.

Il problema che si aggiunge dentro questo periodo di grandi cambiamenti e di grandi sconvolgimenti,  è che  l’essere comune rischia  di  scambiare  le nuove opportunità   per  facili occasioni   in cui    fare quello che si crede.

I fautori del rigidismo nel nome di questo rischio reale  vorrebbero chiudere le nuove frontiere che invece avanzano coma falangi ben armate che mai nessuna dittatura sporca e crudele  potrà mai più fermare.

Tanto vale affrontarli,  i problemi, metterli tutti su di un tavolo  e pianificarli il meglio che si può.

La vera fortuna di questa  nuova  idea di famiglia vivente e in costruzione è che  il nucleo familiare può diventare una vera e propria comunità, un vero e proprio agglomerato di persone che si ritrovano ad essere unite perché si condividono gli stessi principi di onestà, di ricerca, di divertimento.

Dentro questa bellissima ricerca  che ho deciso di fare mia,  sta l’annullamento dei vecchi parametri di misura e la presa in considerazione dei nuovi.

La bellezza degli affetti è che si può amare un solo essere come uomo e come donna, ma si possono amare vari esseri  come amici e fratelli e compagni di viaggio. In un certo senso si diventa delle grandi madri o dei grandi padri  dove  i confini  del conosciuto e dello sconosciuto si assoggettano alle leggi della riconoscenza  e della fratellanza  universale.

Non  riesco a trovare un altro termine per definire la questione.

Fratellanza non nel senso religioso del termine, o meglio, non nel senso confessionale del termine,  ma nel senso  antropologico ed umanistico.

Il   “Siamo tutti fratelli”   è stata e continua spesso a venire fraintesa   come un’espressione buonista e facilona dove ci si può mettere dentro tutto e tutti.

Niente di più falso.

Questo motto può funzionare solo se  ognuno  dei componenti di questa ideale  compagnia  di fatto e in prima persona si assoggetta alle regole sopra citate e sopra descritte.

Si assoggetta nel senso che decide liberamente e  coscientemente  di farsi servitore della pace,  della capacità concreta di vivere l’uno accanto all’altro.

Come vedete il discorso si sta allargando in maniera esponenziale e arriva a toccare spazi  intergalattici  e assai complicati, in cui viene sapientemente messa in discussione la stessa idea di Dio, e quindi la stessa idea di cristianesimo nel nome della scienza sovrana.

In che misura l’uomo è un essere perfetto perchè a immagine di Dio e nello stesso tempo è un essere fallibile e potenzialmente  orribile perchè libero? In che misura ci sono varie idee di divinità, tutte da ritenersi discutibili,  ma una sola idea di scienza  la quale non dà adito a nessun dubbio, nel momento in cui però  si manifesta o si rende conosciuta? Serve di più all’uomo una scienza visibile che cammina alla velocità della tartaruga  o un’idea del Dio  che non c’è che quando si rivela  cammina  alla velocità della luce?

Qui per ora mi fermo, perdonatemi per la mia loquacità  e vi auguro una serena giornata.

L’amore assoluto, l’amore bello…

 

Partiamo, amici  carissimi, dal titolo  pretestuoso e un po’ ingombrante, di questo post:

“L’amore assoluto, l’amore bello…”

Dunque,  badate bene,  da nessuna parte sta scritto che l’amore  è perfetto, l’amore perfetto non esiste, è solo degli angeli, ossia di creature non corporee che hanno già raggiunto una dimensione tutta spirituale,  tutta tesa verso l’alto, fuori dalle contingenze della vita reale.

Per chi è credente  gli angeli esistono, ed esistono  in quanto  creature semidivine, cioè appartenenti alla sfera  del divino;  essi ci osservano, ci guardano, ci proteggono. Addirittura ci sono gli asceti ed i mistici che dicono di vederli, di potere parlare con loro, di potere sentirli.

Non  appartengo  a questo genere d’umanità;  tutto quello che io so apprendere e rielaborare e trasmettere   è frutto di un’esperienza empirica, legata alla materia.

E’ pur vero che in quanto noi stessi creature semidivine, cioè appartenenti a Dio nel senso create  da Dio, siamo tutte chiamate a quella sfera, solo che noi dobbiamo passare attraverso la materia, loro, gli angeli, non devono sottostare a  questo passaggio.

Per chi non è credente, le parole appena dette sono aria; non hanno nessun senso, e per questi è addirittura scontato  pensare e vivere in termini di pura contingenza.

Di certo anch’io che non sono materialista,  della materia  mi devo fidare perché senza di essa io resterei   un emerito   nulla di fatto.

E’ pur vero  che lo stesso stare legati all’esperienza  ci porta a consumare  condizioni di vita non esattamente  educative, non esattamente  costruttive,  non  esattamente  auspicabili.

Tanti sono gli esseri umani distinti nella loro unicità e singolarità,  tanto sono le possibili esperienze che gli individui potrebbero   in un libro immaginario  raccontare di sé. Se ci fosse questo libro immaginario, esisterebbe di per sé un sapere  trasmissibile  prezioso  ed indagabile, che certo renderebbe l’umanità migliore e migliorabile.

Il problema sta dunque nel fatto  che l’uomo non si racconta: lo fa quando  deve creare uno spettacolo  teatrale o musicale,  lo fa quando deve scrivere un libro su un determinato argomento che però non coinvolge in genere  la sua diretta esperienza,  lo fa quando  deve creare uno spettacolo cinematografico, lo fa quando  deve documentare la propria esperienza lavorativa per uno scopo scientifico,  lo fa quando  deve  comunicare dati e valori e contenuti  spesso di carattere  generale, universale, teorico ed astratto.

Quando però si tratta di dire: “Questa è la mia vita, questo è il mio vissuto, io lo racconto perché voglio che diventi patrimonio del sapere, occasione di scoperte e di ricerca per tutti, condivisione  razionale ed emotiva,  costruzione di comunità…” bè,  siamo sinceri, la cosa un po’ ci imbarazzerebbe,  ci lascerebbe interdetti, perché è contro le più elementari leggi del vivere allo stato naturale.

Perché dico stato naturale?  Perché  raccontare, narrare, diventare per l’altro un libro  vivente  che parla  non è un gesto spontaneo,  richiede  cultura, richiede sapere, richiede conoscenza, richiede apertura, richiede  pluralismo,  cioè richiede evoluzione.

E’  dunque la tutela del primitivo, del non evoluto,   il maggiore flagello  del genere umano;  non ci si può esporre, non fino in fondo, perché non siamo in una comunità di angeli, ma di demoni  che attendono un passo falso da parte  del nemico  per poterlo sotterrare, con qualunque mezzo.

Il nemico ti sta di fronte, è lui l’idiota  che invidi, ma sta attento,  il mondo potrebbe  accorgersi  di tutto questo e cominciare a dare il giusto peso alle cose.

E’ pur vero  che nel rispetto  della privacy  è possibile  trasmettere  comunque il patrimonio personale del proprio sapere, e chi lo fa  non è certo un ingenuo o uno sprovveduto; è qualcuno che vede nella condivisione  una fonte di benessere e non di perdita, è qualcuno che aspetta di trovare altri che come lui sappiano mettere in gioco  saperi, contenuti, bellezze,  per amore stesso del genere umano e per amore  stesso della vita.

Tornando al tema dell’amore assoluto cioè bello,  esso è tale quando è pronto a qualunque sacrificio; quando è mosso da ragioni non egoistiche e banali, ma vitali, fondate sulla donazione di sè;  quando rende le due persone coinvolte  (e dunque di riflesso anche il mondo) migliori e più forti; quando sa vedere i limiti reciproci e li sa accettare senza riserva; quando  viene costruito nel cuore e nella mente  e non nel mero atto sessuale; quando arriva all’atto sessuale come conclusione naturale di sé dopo un percorso  di costruzione, di vitalismo, di confronto,  che può richiedere  decostruzioni; quando si alimenta di quotidianità, dello scorrere del tempo;  quando non teme la noia perché anche la quotidianità è occasione di amorevole compagnia; quando non teme il passare del tempo perché si invecchia, più o meno, insieme; quando rimane giovane nonostante il passare degli anni attraverso la condizione mentale  aldilà  di quella fisica;  quando disconosce la finzione perché tutto viene condiviso e non c’è necessità di nascondere; quando c’è la fiducia dell’altro e per l’altro. E tutto questo senza un tempo  a termine   conosciuto,  semplicemente  fino  a che l’amore ama.

Conclusione:  tutti i legami che non contemplano tutte le condizioni   sopra elencate, non sono legami assoluti e dunque belli, che significa  che il 95%   delle unioni amorose non sono assolute e dunque non sono belle.

Ma questa siamo noi, è l’umanità mediocre,  che non vuole legami assoluti vissuti come totale perdita del sé e commistione con l’altro. L’io e l’altro rimangono due entità  distinte e contrapposte  che si scambiano    semplicemente  servizi, favori, doveri, obblighi, sia di natura morale che materiale.

Sono cioè compromessi, intese, alleanze, più o meno riuscite, più o meno  lunghe nel tempo.

E’ pur vero che anche la coppia  peggio riuscita si può in qualunque momento ravvedere, si può in qualunque momento  ricostruire.  E’ sempre una questione di fare il salto.

E’ sempre comunque  la questione di stare nel posto giusto al momento giusto, e a discolpa  di quel 95% d’umanità che siamo noi  che bazzichiamo nel caos, occorre dire  che essere una coppia bella (e non una bella coppia che è un’altra cosa)  non è una scelta,  ma una necessità.

E non si può essere in assoluto  quello che si vorrebbe arbitrariamente  essere.

Si può solo accettarsi, ed ognuno  nella propria  specifica  condizione  diventa  una presenza  comunque  preziosa, ineliminabile, afferente la sfera  del divino per un credente, la sfera della vita organica per un non credente.

La  molteplicità  dell’universo  mondo è un dato oggettivo; accettare il mondo  significa accettare  la sua  diversità, il suo mare magnum di conflitti  insanabili ed eterni nel senso  di sempre ripetitivi e ripresentabili. Se dunque  solo il 5%   dell’umanità  è chiamata all’amore assoluto e dunque bello, il rimanente 95%  del genere umano  è comunque parte sostanziale  di questa piccola frazione.

Non ci sarebbe questo  piccolo mondo senza tutto il peso dell’universo   che sta nella  vasta  circonferenza; il peso di questo  unimondo   è la realtà  nella sua immediata contingenza, quella che non vuole cambiare, che non vuole cedere il passo, che al semaforo  vuole superarti perché lui conta e tu no, quella che si ritiene  già perfetta  di suo  e che pensa per logiche conservatrici e non innovatrici, quella  che non si mette mai in discussione, quella che  concepisce l’abbandono di sé come momento  di sconfitta e non di  evoluzione.

Insomma, è il postino che ci porta la posta e che dalla vita non desidera altro, il macellaio  che ci fornisce la carne e si considera il più furbo del paese,  l’insegnante che ci istruisce il figlio senza preoccuparsi  di farlo bene, la suocera che speriamo debba sempre rimanere alla porta,  l’amico con cui ogni tanto andiamo a farci una birra e poi tutto finisce lì, il nostro capufficio  che ci lascia vivere senza opprimerci la giornata  ma solo perché vuole che a lui si faccia  lo stesso,   il vicino di casa che ci fa incazzare perché non mette  la pattumiera come  dovrebbe metterla  ma solo  perché è analfabeta, il prete della parrocchia che nel momento della messa ci chiede l’offerta  ma poi si dimentica d’essere cristiano, l’extracomunitario che al semaforo  dell’incrocio  ci chiede la moneta mentre noi avremmo l’istinto di investirlo, il cronista del telegiornale che ripete per l’ennesima volta la stessa notizia già data, la puttana che sta giù all’angolo  della strada  perché non sa come sbarcare il lunario,  nostro fratello  che avrebbe voluto tutta l’eredità solo per sé   e   invece   ha  dovuto vederla divisa tra  servi e servitori…

Investito   di  questo diritto  è il cadavere  che facciamo finta  di non vedere   solo perché metterebbe  in   crisi tutto il nostro labile  sistema di certezze,  è la paura che abbiamo nel cuore e che rischia   di tenere lo stesso 5% del genere  umano dentro “ il pozzo della normalità”.

Dopotutto alla  fine  è solo una questione  di collocamento.

Il piccolo mondo che corre  sta in cima la collina,  tutto il resto viaggia in orizzontale  o in sottocoperta.

E   l’umanità  ha bisogno   di questo piccolo   bacino  di speranza  e di luce.

Ecco il mio nome

 

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Dedicata a te

 

            

L’amore non può essere una tragedia

eppure per alcuni sembra tale

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Una vita nuova, una vita vera di PD

Sono felice

solo quando mi guardi

mi sento viva

solo quando penso che tu vivi

per te potrei fare qualunque cosa

potesse servire a renderci felici

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Hai ammesso che mi ami di PD

L'immagine dei papaveri     Montagne    Immagine dell'albero. Inverno     Immagine di tramonto

Mi sono innamorato di te, mi sono innamorata di te       

Dolce tesoro

sono felice d’averti conosciuto

sono grata  al cielo d’averti incontrato,

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Da zero a dieci

 

 

Locandina Da zero a dieci

 

Da zero a dieci

 

 

Il gioco  del voto.

L’idea mi è stata suggerita  dal  film di Luciano LIGABUE  che mette in scena  questo divertente/impegnativo   gioco di società dove  la sola regola da rispettare tra amici  è di rispondere a delle domande in modo assolutamente sincero.

La  trama  della storia  è presto detta: un gruppo  di ex ventenni  si ritrova dopo altri vent’anni per passare quattro giorni insieme sulla costa romagnola nella mitica Rimini,    decidendo  attraverso l’idea  divertente  del gioco  di raccontarsi, di fare il punto della propria vita, una sorta di bilancio personale e collettivo, dandosi per ogni domanda posta dal leader  un ipotetico voto  da  zero  a dieci,  spiegando  in assoluta  libertà  poi agli altri il perchè di quel voto.

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Pianeta musica

malika

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Cristo o Marx? Ognuno scelga il suo eroe

                                          

 

 

Caratteri del pensiero  marxiano

si pone come fine il compimento della libertà reale e non della libertà teorica o apparente

ispira il pensiero marxista e tutte le sue scuole come pensiero a lui estraneo  ma  conseguente

si occupa della Storia ossia del mondo reale che deve diventare il compimento del comunismo  inteso  come regno della libertà effettiva e non apparente

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La calma è la virtù dei forti, il panico il limite dei deboli, la sincerità la qualità dei giusti

Ciao a tutti.

Continuiamo le nostre piccole lezioni di filosofia: oggi  cominciamo  con il riflettere  su una virtù assai rara ai giorni nostri, ossia l’esercizio della calma.  Esercitare  la calma  significa  che  quando tutto intorno a te   sembra crollare, tu rimani capace di rimanere calmo,  di raccogliere le  poche idee chiare rimaste e di farti forza; così facendo non ci si butta nella prima decisione presa d’impulso e si rimanda ogni genere d’intervento in un momento successivo, quando si è riusciti a recuperare la naturale   lucidità. Continua a leggere