È un simbolo della cristianità, ma stanotte è andato letteralmente al rogo tutta la parte lignea, compresa la sua esile guglia che svettava nel cielo di Parigi come una torre alata, un dito puntato verso il’alto che adesso non c’è più.
Le strade si sono riempite di gente sbigottita, il mondo si è fermato stupefatto e incredulo, così per un attimo tutte le piccole o grandi questioni politiche si sono interrotte, la FRANCIA non è stata più il nemico da sconfiggere o da criticare, l’amico da difendere oltre ogni ragionevole dubbio, ma semplicemente un membro di qualcosa di più grande colpito a morte come parte di un CORPUS UNITARIO che tutti ci rappresenta.
Ci si rende conto di quello che possediamo o che siamo o che siamo stati… proprio quando lo abbiamo perso, mentre un attimo prima lo davamo per scontato, per garantito, per eterno…
Ecco la parola problematica su cui riflettere , l’idea di possesso che ci contraddistingue oltre ogni cosa, quando il possedere è nulla senza l’essere.
ed Una volta perdutone il POSSESSO, come si può recuperare quello che ci si trova ad avere perso? Ma poi, sarà mai possibile tornare a quella realtà storica che rappresentava la Cattedrale, prima del suo sfascio? Prima del suo ridursi a torcia umana vivente? Il legno si è volatilizzato ed è rimasta la pietra, indomita, a resistere.
Ma per resistere a che cosa? per difendersi da chi?
Il segno della cristianità parigina non sarà mai più lo stesso, le sue ferite sono incancellabili, e rimangono gli uomini a farsi carico di questa tragedia che è una tragedia culturale, simbolica, metafisica, metastorica e per un certo verso mondiale.
Per ora non resta che il silenzio, i milioni di tweet che le persone di ogni paese hanno avuto il bisogno di esprimere, e già è nata la promessa che si ripartirà dalle ceneri, e che non si può abbassare la testa…
Quando gli uomini perdono la storia ci si sente tutti partecipi per essere rimasti orfani di cromosomi che ci stavano attaccati sulla pelle.
Quando gli uomini perdono invece il futuro, ognuno si aggrappa al suo presente, come per sentirsi fortunato ancora di possederlo.
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