La forza di noi tutti

La ricerca di Yann Arthus Bertrand

perchè  si può e si deve  essere cinici, severi, critici, taglienti, obiettivi, razionalisti, storici, e tutto quello che si vuole, ma alla fine è solo quello che  sentiremo  primordiale dentro di noi  che farà di noi noi stessi.

Trump vince

 

E’      il nuovo volto della Grande America.

Ha spiazzato chi lo dava  per impossibile, chi lo ha   insultato in tutte le maniere, non sapendo mettersi nella pancia del Paese, della gente comune, la working class,  che deve preoccuparsi   di mettere insieme    il pranzo con la cena.

La Clinton  non ha convinto, non è piaciuta abbastanza,  non era certamente   lei la  persona giusta da mettere come controparte, troppo compromessa  con i giochi di palazzo, con  la politica del conformismo.

Il presidente uscente Obama ha subito fatto squadra, ha subito invitato il popolo  elettorale  ad accogliere pacificamente il risultato del voto,  anche se ci sono state manifestazioni giovanili spontanee   anti Trump, mosse  dalla cocente delusione e dalla paura del futuro.

Ecco, la democrazia è anche questo: ieri con un Presidente di colore, oggi con uno yankee  di razza  che   ha salutato e ringraziato la Grande  Congregazione Americana  per avergli dato fiducia, per averlo onorato di tanto  riconoscimento.

E  se Trump dovesse stupire tutti quanti???

Staremo a vedere. In politica contano solo i fatti.

Siamo un tutt’uno

Per lui c’era prima la persona e poi la malattia.  Perchè siamo un tutt’uno.

Laico, coraggioso, rivoluzionario, sensibile, intelligente, ricercatore, affascinante, innamorato della vita, idealista… guaritore  della più terribile malattia…

Morte di un medico … amico del malato

L’energia pulita esiste…

L’aereo della speranza

la tenerezza di Dio

Padre Francesco è il nostro parroco, il parroco di tutti che sempre ci stupisce nelle sue parole e nei sui gesti.

Ho ascoltato per poco e per caso qualche tratto della sua  omelia  sul santo natale, ed il Papa usava queste parole su cui indurci a riflettere; parlava di pazienza di Dio, di vicinanza di Dio, di tenerezza di Dio.

Dio il sommo ed unico e sconosciuto perchè nessuno lo avrebbe mai visto nelle sue vere fattezze,  non sarebbe altro che un amorevole nonno senza età determinato a volere che noi  uomini e suoi figli  ci decidessimo a lasciare che il suo Bene ci possa cambiare la vita.

Perchè poi si tratta solo di questo; non tanto che siamo noi   a trovare Lui, ma almeno permettere che possa Lui essere l’Essere che trova noi.

Bene, da oggi è ancora un poco più Natale anche a Cuba, dove i cristiani possono liberamente esibire i loro presepi che solo  fino a ieri erano ancora proibiti.

 

 

dedicato a chi ha perso ma non si è arreso

 
 Io sono stato fortunato: ho scoperto molto presto che cosa amo fare nella mia vita. Steve Wozniak e io abbiamo fondato Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo appena 20 anni. Abbiamo lavorato duramente e in dieci anni Apple è diventata – da quell’aziendina con due ragazzi in un garage che era all’inizio – una compagnia da 2 miliardi di dollari con oltre 4 mila dipendenti.
Nel 1985 – io avevo appena compiuto 30 anni e da pochi mesi avevamo realizzato la nostra migliore creazione, il Macintosh – sono stato licenziato.
Come si fa a venir licenziati dall’azienda che hai creato? Beh, quando Apple era cresciuta, avevamo assunto qualcuno che ritenevo avesse molto talento e capacità per guidare l’azienda insieme a me, e per il primo anno le cose erano andate molto bene. Ma poi le nostre visioni del futuro hanno cominciato a divergere e alla fine abbiamo avuto uno scontro. Quando questo successe, il consiglio di amministrazione si schierò dalla sua parte. Quindi, a 30 anni io ero fuori. E in maniera plateale. Quello che era stato il principale scopo della mia vita adulta era saltato e io ero completamente devastato.
Per alcuni mesi non ho saputo davvero cosa fare. Mi sentivo come se avessi tradito la generazione di imprenditori prima di me; come se avessi lasciato cadere la fiaccola che mi era stata passata. Era stato un fallimento pubblico e io presi anche in considerazione l’ipotesi di scappare via dalla Silicon Valley.
Ma qualcosa lentamente cominciò a crescere in me: ancora amavo quello che avevo fatto. L’evolvere degli eventi con Apple non aveva cambiato di un bit questa cosa. Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo.
Non me ne accorsi allora, ma il fatto di essere stato licenziato da Apple era stata la miglior cosa che mi potesse succedere. La pesantezza del successo era stata rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, senza più certezze su niente. Mi liberò dagli impedimenti, consentendomi di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.
Durante i cinque anni successivi fondai un’azienda chiamata NeXT e poi un’altra chiamata Pixar, e mi innamorai di una donna meravigliosa che sarebbe diventata mia moglie. Pixar si è rivelata in grado di creare il primo film in animazione digitale, ‘Toy Story’, e adesso è lo studio di animazione di maggior successo al mondo. In un significativo susseguirsi degli eventi, Apple ha comprato NeXT, io sono tornato ad Apple e la tecnologia sviluppata da NeXT è nel cuore dell’attuale rinascimento di Apple. Mia moglie Laurene e io abbiamo una splendida famiglia. Sono sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato da Apple. È stata una medicina molto amara, ma ritengo che fosse necessaria per il paziente.
Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non bisogna perdere la fede, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha trattenuto dal mollare tutto sia stato l’amore per quello che ho fatto. Bisogna trovare quel che amiamo. E questo vale sia per il nostro lavoro che per i nostri affetti. Il nostro lavoro riempirà una buona parte della nostra vita, e l’unico modo per essere realmente soddisfatti è di fare quello che riteniamo essere un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che facciamo. Chi ancora non l’ha trovato, deve continuare a cercare. Non accontentarsi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi storie d’amore, diventerà sempre migliore mano a mano che gli anni passano. Perciò, bisogna continuare a cercare sino a che non lo si è trovato. Senza accontentarsi.
firmato  Steve Jobs
ribloggato da Diapason 2.0

José Pepe Mujica – Discorso agli intellettuali

Cercavo un articolo speciale da ribloggare ed ho trovato questa meraviglia!

Ve la regalo…  🙂

Laboratorio 13

Ciao amici, in questi ultimi giorni ho trascurato questo blog perchè sto lavorando su un altro, che è   nato da nemmeno due settimane  all’interno di un corso che ho ribattezzato per me con un nome  di mia fantasia.

Vi indico il link  di  Laboratorio 13

E’ legato a questo sito Insegnare apprendere mutare   dove il prof   Andreas Formiconi insegna l’uso al meglio delle tecnologie.

Se non sono qui sono là, almeno  fino al  10 di giugno prossimo…

Comunque non abbandono casa.

Possa la lebbra invadervi…

Cari amici, cerchiamo di fare il punto.

Il Pd guidato dal suo fallimentare capobastone  non ha saputo trovare la via della riuscita verso il governo, eppure i segnali della disfatta  c’erano tutti e belli evidenti, considerando che si trova ad essere solo il numero uno di un numero tre…

Il Pdl  chiede dall’inizio di potere fare il governissimo, ma non è stato minimamente preso in considerazione come se fosse la peste fatta persona, mentre ha preso i suoi terzi di voto come tutti gli altri.

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Rinascite, la vita riprende abbondante…

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L’età più bella

L’età più bella è quella in cui siamo stati felici?

O quella in cui  siamo diventati consapevoli?

Che cos’è la felicità se non solo un dono che ci viene offerto per farci capire la bellezza del mondo? e dunque solo un dono che ci rimane dentro a consolarci nei momenti meno felici nell’attesa che si ritorni a ridere con il sole?

La consapevolezza invece  è molto di più.

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La scuola che amo

La scuola che amo è un luogo allegro, dove la gente si reca  ogni mattina contenta di andarci, tutta indaffarata nelle proprie occupazioni, senza l’affanno  del dovere a tutti i costi  portare a casa un obiettivo irraggiungibile o fuori luogo.

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Donne emancipate, costrette, in crescita, dipinte o reali, di ieri e di oggi…comunque sempre donne

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Quadriamo il cerchio

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Ciao amici,

sulla scena politica tutto in stand by.

E noi tacciamo nell’attesa di segni positivi. Incrociamo le dita.

Sul fronte delle nostre vite private e personali, per fortuna invece tutto si muove.

Non c’è giorno in cui non si abbia a ringraziare il fatto di possedere un lavoro.

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Parola di web

Cari amici, quello che sta accadendo in Italia io credo sia un fenomeno singolare che non vada assolutamente taciuto.

Credo che per singolarità possa essere allo stesso livello delle dimissioni del Papa, e mi riferisco al fatto che siamo in scacco di fronte allo scenario politico di questi giorni.

I casi sono due;   lo scacco o  lo diamo, o lo subiamo.

Il fenomeno mi interessa e credo che dovrebbe interessarci sia come amanti del  web, sia come italiani. Come  amanti del web perchè usiamo la stessa rete che ha permesso al fenomeno Grillo di esistere;  sia come italiani perchè siamo tutti reduci da  un voto elettorale, e sia che si abbia votato Grillo ( uno su quattro  tra di noi) sia che si sia votato altro, a tutti dovrebbe importare di stare dentro un paese che non conosce governabilità.

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Lezioni di piano

L’amore è una cosa complicata, altro che semplice.

Sarebbe stata semplice se noi avessimo avuto una natura coraggiosa solare intelligente capace  sincera e lungimirante, anzichè averla codarda ombrosa lacunosa debole disonesta e sprovveduta…

Nonostante questo rimane il motore del mondo.

Si fanno cose grandissime grazie all’amore, a dir poco miracolose, e comunque tutte le cose degne d’essere vissute sono legate a questo sentimento.

L’amore ha tante facce e contenuti; si ama una cosa, una persona, un lavoro, un luogo, un animale o un pensiero, un modo di essere.

C’è chi ama molto perchè ha molti oggetti d’amore tra essi non in conflitto,  o perchè ama perfettamente.

Esso non ha limiti, nè  ostacoli  che non siano superabili.

Quando l’amore trova il suo equilibrio,  sta come una nota musicale dentro un’orchestra, una margherita  bellissima in un prato, una casetta accogliente in una dolce campagna.

In altre parole sta come un pisello nel suo baccello.

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Vivere è innamorarsi

  

 

 

 

 

 

del mondo che ci contiene, delle cose  che ci rappresentano, degli amici  che ci raccontano,  delle case per quello che racchiudono, della natura  che ci alimenta,  di noi stessi perchè lottiamo quotidianamente   e di chi ci ama  perchè  ci illumina.

 

DONNE PROTAGONISTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

POSTI IN PIEDI IN PARADISO

 

 

 

Tre storie diverse che si intrecciano e che ben rappresentano il mondo di oggi,  dove dominano le famiglie sfatte che poi diventano famiglie allargate  più o meno  riuscite, più o meno  rattoppate.

C’è  chi si è sposato per amore con la  persona sbagliata, con la quale si progetta una figlia  che ben presto si troverà dei genitori separati  per  immaturità  di una delle due parti e per leggerezza  dell’altra…; la  stessa figlia  arriverà  ad assumere nei confronti degli stessi  genitori  (soprattutto nei confronti di uno di essi)   atteggiamenti  più adulti di quanto  i medesimi  non abbiamo  saputo avere nei suoi riguardi.

C’è chi dopo tre figli  scoppia (sempre presumendo una qualche normalità  mentale preesistente) e si accoppia   con la giovane  trentenne  di passaggio, che però scoprirà solo all’ultimo momento la doppia vita ( e forse tripla)  dell’  infedele marito ; ecco che in questo caso nasce una bambina dentro una coppia che già non è più tale   ancor prima di venire al mondo,  se non per gli   avvocati e gli   alimenti  permettendo.

C’è  chi  dopo  una caduta in depressione   post partum  della moglie diventata neo mamma,   entra  lui stesso  in crisi e decide di intrecciare  una platonica relazione epistolare  con la compagna  del   proprio capo;  conclusione:   tutto viene scoperto, la moglie lo caccia di casa, il disgraziato finisce col perdere il lavoro  e  la famiglia  tutto in un sol colpo, e senza neanche avere consumato…

I tre malcapitati  hanno tutti problemi di casa;  e non potendo nemmeno contare su un reddito  serio e continuativo,   trovare un tetto sulla testa  ad un costo ragionevole può diventare  davvero un’impresa.

E così   accade  un fenomeno assai  bislacco  ma per nulla   fuori  luogo e fuori del tempo: decidono alla bella età di cinquant’anni  di andare a vivere insieme, per dividere le spese di un alloggio    ben  modesto,  in uno squallido ma indispensabile   appartamento di periferia, afflitto  dal passaggio  giornaliero   dei treni  ed afflitto  dalla quasi totale mancanza di campo…

Ci sarebbe da sganasciarsi  dalle risate, amici miei,  se non fosse  che  questa   suite  comedy  riflette in tutto in tutto  quel che accade   ripetutamente   nelle nostre città, nei nostri paesi, ogni giorno, in moltissime famiglie.

E nel frattempo  la vita va avanti comunque;  ci si torna ad innamorare, si continua ad avere storie di sesso, si può  cominciare  a riflettere  di cambiare lavoro, ci si inventa  forme  più o meno  contingenti di reddito, ci si improvvisa dei ladri  che invece  di  concludere  buoni  affari  vanno solo  a combinar  casini, ci si torna ad innamorare della propria compagna e compagno, ci sono  i figli che si laureano a pieni voti mentre noi non sappiamo nemmeno  scrivere una lettera, e ci sono i figli che decidono con estrema responsabilità  di mettere su famiglia   alla  sola  età di diciotto anni  squillanti…

Davvero un bell’affresco  di società;   mentre  le scene si susseguono spassosamente  con qualche nota di malinconia  e di sano sentimentalismo,   noi stiamo lì seduti nella nostra poltrona   e pensiamo a chi di nostra conoscenza  potrebbe  ben riflettere  quelle situazioni…

Certamente non ci mancano i paragoni, i riferimenti, le similitudini  a cui andare a memoria.

Ci sorprendiamo ancora una volta  della bravura del regista, ci  chiediamo tra noi  “Ma come fa a fare sempre centro    così  magistralmente sulle  macchiette  e  sulle situazioni  che  come sempre  assolutamente e fedelmente ci rappresentano?”

Il  quadro che n’ emerge non è dei più edificanti;  se ne conclude  che  il cittadino medio  di una qualunque società occidentale   è un  essere  che soprattutto  rifugge,  al di là di tutto,  la vecchiaia, il proprio  entrare in decadenza.

Del resto  è il nostro vivere   che ce lo impone; obbligati a lavorare   fino a che  forse non ci reggeranno più le gambe,  obbligati  a doverci misurare con performance   che non ci lasciano tregua o possibilità di via di fuga,   nessuno di noi vuole sentirsi e trovarsi messo da parte,  e questo è legittimo sia  per i giovani che hanno ancora tutte le loro   occasioni da spendere,  che per gli adulti  che le loro occasioni devono sperarle  e fare di tutto  per incontrarle di nuovo o per incontrale, e basta.

Un bel nove, a Verdone.  Per l’equilibrio ed il senso della misura, per la sensibilità e l’acutezza  di pensiero, per la capacità tutta comica  di farci ridere ridere e ridere sui   nostri condivisi  difetti.

Genitori e figli  sono due mondi  che continuano a dovere rimanere legati e vicini;   i figli  possono insegnare  che  a tutto  ci può essere rimedio, e che il bisogno naturale   della felicità  recupera energie impensabili;  i genitori  insegnano  che  si continua a rimanere degli eterni  giovani  nel nostro bisogno di sentirci amati,   e che essere adulti non significa affatto  ritenersi  vecchi, decrepiti  e sclerotici…non più.

Genitori come  giovani adulti e giovani come adulti  in prova  in età  giovanile, dunque?  Può essere,  ci può stare,  visto che sempre più le differenze  ed i tabù tra le parti   tendono a venire liquidati, smascherati  e  buttati al macero   da un’esistenza  che corre corre corre    senza potersi fermare   mai.

Almeno così appare…

S.O.S. GIUSTIZIA CERCASI

 

 

 

Ciao amici,  oggi si parla di giustizia.

Ma quale  giustizia?  Quella  dei tribunali?, quella processuale? O quella più  generalmente intesa  come senso  positivo  della vita?  La mia attenzione riguarda quest’ultima.

Io non auguro    al mondo  felicità  o ricchezza o potere  o successo…tutte cose  estremamente  soggettive  che lascio alle considerazioni personali, oppure estremamente oggettive che lascio alle considerazioni  generali  ;  io auguro  al mondo che possa avere  la sua giustizia, semplicemente.

Già la premessa  fa comprendere    che di essa ce ne sia un grande bisogno, ovunque, sempre, da sempre.

Il fatto  che questa  emergenza o necessità prioritaria  non si sia mai placata nella storia e nel tempo  non è una buona ragione  per  ritenere  archiviabile o secondario il  tema di discussione.

La giustizia va amata di per se stessa perché è una meta, è un progetto collettivo ed universale che coinvolge tutto il tessuto della comunità.

Mentre il sentimento della felicità è qualcosa di assolutamente intimo e privato, quasi segreto o da segretare,  mentre  il  successo  è qualcosa di molto esteriore, di molto contingente, di molto  visibile e concreto,  per cui su di esso, sulla sua  oggettività  si è tutti generalmente  d’accordo,  la giustizia  è un cammino, è un sentiero, è un percorso  che  solca  tracciati  impervi  e spesso sconosciuti alla grande  notorietà, senza per questo rimanere    mai un fatto squisitamente privato, squisitamente del singolo.

Cercano  giustizia  tutti  gli uomini che hanno ricevuto un oltraggio, un’offesa, un torto, una prevaricazione; cercano giustizia  tutti  gli esseri privi di parola, privi di capacità di  difesa, privi di autonomia  che per difendersi  dalle offese   devono ricorrere alla parola di chi sa e deve  spendere voci per loro.

Cercano  giustizia  i carcerati nelle carceri,  che si trovano a scontare una giusta pena  in condizioni incivili  ed ingiuste;   cercano giustizia i  perseguitati, gli scherniti,  gli esclusi, i diversi,  che per le più varie ragioni  non si sono trovati garantiti  i diritti  più elementari e prioritari,  sopratutti quelli che faticano a trovare riconosciuti  i loro diritti  anche dopo lunghe lotte  e battaglie.

Cercano giustizia  i normali, quelli che hanno sempre fatto il loro dovere e si sono sempre spesi  per  la giusta via di mezzo,  ma che al posto di riconoscimenti si sono trovati solo  negazioni, scorrettezze, squilibri;  cercano giustizia.

Cercano giustizia  gli incompresi e i calunniati,  quelli che hanno agito bene ma sono stati accusati  di avere agito male, quelli  che hanno gito per l’interesse comune  ma si sono trovati tacciati  di avere agito  per interessi personali;  cercano giustizia  gli infermi  obbligati  a condizioni di vita  disumane   e  ben oltre il  limite della sopportazione.

Cercano giustizia  gli sfortunati  che sono nati nella parte sbagliata  del mondo, nel momento sbagliato, o nel modo sbagliato;  cercano giustizia gli sfruttati,  i raggirati,  quelli che sono stati usati come oggetti  e poi buttati via   come pezzi di ricambio;  cercano giustizia  gli umili, gli ultimi, le persone normali ed ordinarie  che a causa di leggi ingiuste o non perfette  si sono trovati a pagare le colpe  degli altri, della cattiva politica,  della cattiva  amministrazione.

Cercano giustizia  quelli che non capiscono,  quelli  che  devono fare appello a tutta la loro  buona volontà    per  far tornare i conti che non tornano,  quelli che non hanno mezzi adeguati  per  farsene una ragione  e tuttavia  se la inventano, se la sanno  improvvisare.

Cercano giustizia quelli che stanno  al palo, che per le più varie ragioni non sono dentro il circuito del mondo,  e attendono, attendono, attendono che venga anche per loro il momento  del salto, dello scatto, dell’involata.

Cercano giustizia quelli che danno cento e ricevono trenta,  però continuano lo stesso a dare quello che  sanno  fare e costruire, perché le loro   ragioni superano ogni forma  di  soddisfazione apparente.

E cercando dunque ovunque, di sopra e di sotto, a destra e a sinistra, dalla mattina alla sera,  si ha solo da sperare  che non ci si stanchi mai di farlo.

Tra  l’inizio di questa ricerca e la sua  risoluzione il tempo che può intervenire  nessuno può calcolarlo e prevederlo;  vuoi perché i tempi stessi  della  sua   realizzazione sono assai contorti, vuoi perché   non è affatto garantita nessuna  dirittura d’arrivo.

Nella ricerca  di questa benedetta  benedizione,   corre la vita.

La vita di quegli stessi corridori  che pensano solo a correre, a correre, a correre, correre sempre.

Non c’è pausa, non c’è sosta, non c’è  intervallo, che non sia quello  contingente ed inevitabile, giusto il tempo di riprendere fiato, di recuperare le forze,  di riorganizzare  il tempo.

Alla fine della corsa  uno saprà la verità.

Qualcuno però  non arriverà nemmeno a conoscerla, perché non arriverà alla fine della gara; anche loro cercano giustizia,  perché  non hanno potuto  avere le loro occasioni.

Non crediamo  a chi vuol scoraggiarci ;  non crediamo   a chi  vuol depistarci dal nostro sogno; non crediamo  a chi  sembra già avere il paradiso  nelle mani  mentre ha solo palta e fango.

C’è da credere solo a se stessi e a quelle poche persone  che abbiamo avuto la fortuna di conoscere perché ci hanno insegnato il vero senso   della vita.

Tutto qui.

La giustizia insomma è solo una questione  di  volontà,  che supera  l’oggi, che supera lo ieri,  che  supera  la paura del fallimento e della solitudine.

 

UNA SOCIETA’ SPALANCATA

Culture

Dopo la famiglia aperta ha vinto la società  spalancata.

Andiamo verso la società CONDIVISA, questo è il messaggio chiaro ed inequivocabile che arriva dal tribunale europeo.

Non a caso ho scelto il termine spalancata  piuttosto che nuova; divenire un sistema di paesi dove la legge che deve regolamentare il matrimonio  diviene unica  e  sottoscritta, significa  aprire le frontiere che prima bloccavano la valdità di una legge all’ingresso  di una nuova comunità, ma non significa  divenire un sistema di  paesi  che comincia a pensarla effettivamente nella stessa maniera.

Questo è solo un  segno di progresso  pilotato, di  invito al  bisogno  di dialogo.

Ognuno rimanga della propria convinzione religiosa od etica che sia,  ma quando si tratta di regolamentare sotto il profilo legislativo e quindi comunitario  le leggi che disciplinano una realtà imperitura e principe come quella della famiglia,  allora occorre, per il bene stesso della distensione sociale,  arrivare ad un punto di incontro.

Io ho interpretato in questo modo lo spirito di questo diktat.

Quali potrebbero essere altrimenti le conseguenze di eventuali irrigidimenti   nei confronti di  queste realtà diffuse?

Purtroppo le possiamo immaginare:   discriminazioni, ghettizzazioni e persecuzioni nei confronti dei diversi di turno.

Oggi sono i gay sotto il mirino  della censura  e dell’odio, ieri  lo sono stati  gli ebrei, gli zingari, i  malati di mente   e i neri…

Rimane  il fatto  che l’Europa non è il mondo; fuori di questo pugno di terra c’è il pensiero musulmano che di certo  ha ben altre attenzioni e direttive  comunitarie, e questo significa semplicemente che siamo ben lontani dall’avere risolto   un tabù, un pregiudizio, o qualcosa di simile,  che credo mai verrà completamente divelto.

Siamo davanti ad un ostacolo veramente ostico.

Fino a che si diceva che i neri e i bianchi dovevano avere gli stessi diritti,  si proclamava qualcosa di molto ovvio.

Fino a che si è detto che  mai più bisognerà toccare il capo di un ebreo,  si è detto qualcosa di molto  sacrosanto…

Ma quando si viene  fuori a dire “Io omosessuale ho diritto a sposarmi e a formare una famiglia con gli stessi diritti  di un eterosessuale”,  allora si viene asserendo qualcosa che va contro la natura stessa, che non è più tanto ovvia.

Mi spiego meglio:  non è ovvio dire che l’uomo e la donna sono la stessa cosa, nel senso che è solo una questione di attitudine scegliere di essere una cosa piuttosto che un’altra, perchè si nasce  già con una certa  predisposizione,   e la natura non è quello che si vede fuori ma è quello che esiste di dentro.

Come spiegare ad una persona normale, e sottolineo normale,   che il sesso di una persona non è quello che ha o non ha , ma è quello che è o non è?

Siamo ancora abbastanza lontani     dal poterlo comprendere.

Inutile fare il finto progressista, inutile fare lo snob che  in pubblico  finge d’essere  equipaggiato   a gestire certe realtà, ma poi nel privato  può solo dire “In casa mia, non lo accetterò mai…”

Da che mondo è mondo noi diciamo “Il cielo è blu e  la merda puzza…” perchè vediamo che il cielo è di quel colore e che di fatto   i nostri escrementi  non emanano  un buon profumo.

Poi ci dicevano anche “La mamma fa i bambini ma il papà no”

E noi zitti perchè vedevamo che era proprio così, perchè sapevamo che  così andava il mondo.

Ora qualcuno ci viene a dire che    “Tu sei quello che provi e non quello per come sei fatto”.

STRAORDINARIO, RAGAZZI.

Ma allora  questo è il Paradiso,  dove finalmente viene riconosciuto  il primato  dell’invisibile sul  visibile, del  vero sul falso, dell’interno sull’esterno, e se questo è il Paradiso, perchè tutte le altre cose che andrebbero messe a posto ancora non funzionano?

Perchè  questa antica   discriminazione    comincia a girare bene e tutte le altre rimangono sotto uno strato di letame  che forse altri   duemila anni   potranno bastare  a   creare cambiamenti?

Cos’ha   l’evidenza del sesso  da smuovere le montagne che  altre questioni    assai urgenti e necessarie    non hanno?

Forse è perchè nel sesso  sta il nostro istinto  alla vita?. O forse è perchè parlando di questo non si parlerà di altro? O  forse è perchè   “di con chi  va a letto  il mio vicino è una questione privata”  e dunque  non si deve  invadere  le  volontà  dei singoli?

E la vita non è mamma che fa bambini mentre papà deve fare altro,  ma  è  un essere con un altro essere, di qualunque  apparato  sessuale siano,  che si promettono amore eterno. Punto.

Tergiversiamo pure   sull’amore eterno,   che ad andare bene  potrà essere solo   più o meno  duraturo,  ma non si tergiversi su questo assoluto: l’amore non ha sesso, come non ha età, come non ha   limiti.  

Ce lo ha detto il   Parlamento europeo,  ed è bene che si cominci a riflettere  seriamente   la questione.

A  me piacciono i confetti, da qualunque parte essi arrivino.

L’egualitarismo dell’amore

Amici   cari, scusate la mia lunga assenza.

Vorrei   riprendere   il tema di sempre, ossia parlare con voi  sulle necessità dell’amore.

Leggendo i giornali, o ascoltando  i notiziari,  od osservando  il  quotidiano,  ci si potrebbe  stupire  del bisogno  di stare addosso ad un sentimento  che tutto sembrerebbe  tranne  che utile, ma  è ovvio che non solo è necessario  ma esso  costituisce il sale della terra.

Sorge spontaneo  l’interrogativo  che ci porta a chiederci:  “Ma io amo? come posso mettermi  nelle condizioni  dell’amore?  E se questa materia già la possiedo,  come la conosco, l’alimento   e la conservo?”

Cominciamo col dire   che già il fatto di porsi la domanda   sul  come amare,  ci mette su di un livello  di salvaguardia;  vuol dire che conosciamo il problema,  conosciamo il pericolo  conseguente  la sua  assenza,  vuol dire  che  ci stiamo prendendo   cura  del tema, che ci stiamo  organizzando.  Che ci stiamo prendendo cura dell’essere e del tempo,  del nostro essere e del nostro tempo, perché di questo stiamo parlando,  del nostro io e della nostra realizzazione.

Realizzazione non come scalata al successo, ma come esigenza del quotidiano,  cosa assai più grave ed urgente.

L’essere e tempo di   Heidegger     è costato al filosofo  una fama  non esattamente  felice.  Senza volere  rendere  alleggerito uno dei più pesanti pensatori  del novecento,  mi sorge spontaneo, sia  in quanto filosofa che in quanto pensatrice attenta  all’ontologia della vita,  rendere dei parallelismi  tra quello “essere e tempo” (celebre e  magistrale)  e tra questo  (sconosciuto  e  dubbioso)    senso dell’essere e  senso del  tempo.

La filosofia ed il suo sviluppo  non può certo  fare affidamento su appoggi ed incoraggiamenti che possano venire dall’apparenza   collettiva.  Ben poco o quasi  nulla  dell’ordinario  apparente  ci stimola  a  migliorarci,  quasi tutto  ci  induce   in un senso contrario,  e tuttavia   questo  distruttivismo del sapere   non è   che  una   scusa   ridicola   che non potrà   mai   giustificarci e risollevarci dalle nostre  mancanze. Ne ha saputo qualcosa Heidegger stesso.

Cosa può fare allora   il singolo  filosofo  (così come l’essere  che si interroga) di fronte alla miseria  del quotidiano? Di fronte  a  realtà  familiari   che possono avere ben poco di  gratificante?  Di fronte ad un lavoro   che non si ha avuto la fortuna di scegliere   ma che ci si è trovati   ad ereditare   da un sistema  che   fabbrica  situazioni di vita   nostro   malgrado e senza il nostro  diretto  contributo?

Si cominci con il dire che  è utile   mettere al bando  tutto quello che  non funziona,  che ci  può  deviare  dal cammino,  cercando   di circondarci solo  di  elementi positivi e costruttivi.

Se questo non è ovviamente possibile, sempre e comunque,   si può stare accanto   gli esseri  disturbati    e/od   assenti   alla propria  salvezza,   cercando di neutralizzarli.

Sul come concretizzare tutto questo,  molto dipende dal nostro  specifico   lavoro,  dalla nostra specifica  occupazione, dalle nostre energie, dalle nostre aspettative,  dalle nostre famiglie, dalle singole   condizioni.  L’unica  cosa   certa è che prima si comincia  a bilanciare  questo assetto  e meglio  si può guadagnare spazio  ed occasioni di  crescita.

Premesso  che  molte cose  non potranno mai essere  recuperate o  migliorate,  perché  dipendono da un  ingranaggio     che ha estraniato  l’umano   riducendolo   a  presenza/assenza   che a sua volta si è resa disponibile per le più varie ragioni  ben immaginabili  a quest’ opera di macellazione,   occorre concentrarsi  su uno o due  contenuti  personali   verso i quali spendere tutte le proprie  reali  e preziose   energie.

Nella cronaca  storica   recente   in genere si  sentiva   dire dai saggi “Può andare tutto storto, ci possono essere difficoltà,  ma la famiglia rimane il mio punto di riferimento solido”.

Bene,  se la famiglia è ed è sempre stata    l’unico  vero  punto di riferimento  per la salvezza di ognuno di noi,  chi non ne possiede  una, o chi se ne trova improvvisamente sprovvisto/defraudato/spodestato, o chi la possiede  ma preferirebbe  non averla  o è come se non l’avesse,   non rientra   certo in questo  più che  condivisibile  quadro di  riferimento.

Possiamo addirittura scoprire  che è la maggiore parte  delle circostanze;   è l’eccezione e non la regola trovare chi  possiede la fortuna  di un nucleo  familiare in equilibrio.  Per la maggior parte  si trovano  realtà  familiari  complesse, contorte, squilibrate, non stabili, profondamente fragili,  famiglie  che tutto possono ritenersi tranne che un solido punto di ancoraggio.

L’avere sani principi  che porterebbero   dei giovani  a  crearsi  il proprio  stato  familiare sembra  essere  diventata una cosa  pressoché  ardita  e rara.  Le famiglie usualmente   costituite  non sono che  relazioni  che  si spezzano alla prima difficoltà.  Persino quelle storiche  possono andare incontro  a  smarrimenti  e   fasi  involutive,  soprattutto   quando  queste  crisi  emergono con  superficiale   cognizione di causa.  Il morbo  del  volere  rimanere  disimpegnati   e quindi  deresponsabilizzati  sembra  non risparmiare  nessuno,  sembra  non guardare  in faccia nessuno, falcia e miete vittime   a  grande passo e senza  esitazioni alcune.

Non vale più in alcuna maniera il detto  “La mia famiglia  dà il senso alla mia vita”,  non per il nostro collettivo.

Dunque  le famiglie  che sembrano  resistere a questo attacco e a questo bombardamento,  o sono nuclei familiari solidi,  o sono  nuclei familiari  obbligati,  dove risulta    praticamente   impossibile  dissociarsi  senza conseguenze   da certe  contingenze  che dettano le regole  dei comportamenti  e dove le persone stanno unite  per pura convenienza e per pura incapacità a fare altro.

Dal possedere una famiglia sana e giusta,  al possedere il segreto della felicità, il passo è veramente breve, come dire che non si può essere felici da soli o perché soli, ma sempre con qualcuno, per qualcuno, grazie a qualcuno che si fa dono di sé.

Le necessità dell’amore  sono molto  oggettivamente  e  molto  soggettivamente potere contare su una persona  che in un  preciso contesto è/diventa/si candida  e viene accettata  come  la propria   famiglia, è il seme fecondo della propria  progenie e discendenza, che potrà   anche  portare/incrociare   tutti i più vari  imprevisti     di   percorso  e tutte le più varie incognite,   senza tuttavia   arrivare mai a   spezzarsi.

Cerco a questo punto  di farmi ragione  di tutto quello che può accadere  all’interno di questo  involucro   solido  e prezioso   che un bel giorno decide  di nascere e crescere.

La prima cosa che mi viene di sottolineare  è che gli esseri si evolvono, crescono, a volte persino  involvono;  nel  trasformarsi secondo i tempi,  le stagioni  ed i propri  destini,   si chiede a questo contenitore fatto per durare nel tempo  di resistere agli attacchi  dei   rinnegamenti.

Non è legittimo   osservare  che  le mutazioni non vanno permesse e comunque sempre   negate:  ci sono mutazioni assolutamente necessarie,  necessità assolutamente inderogabili.

L’amore è un sentimento  esigente, preciso, complesso e semplice  nello stesso tempo;  non si può dare per esso ed in esso  nulla di scontato.    Se vuole realizzarsi e non negarsi,    esso deve sapere a volte perdere, saper farsi minore,  saper   farsi  tollerante;  altre volte  deve divenire ardito e coraggioso,  quasi  spavaldo  ed  insolente  al  caso. Sempre    se vuole  rimanere degno di chiamarsi tale.

Ricordo   che si sta parlando  della stessa identica necessità universale   che ci fa solo per questo tutti uguali, realmente  uguali,  concretamente  identici;  qui non si trattano  questioni che possano esigere   precedenze  su altre.

La ragione di questo egualitarismo dell’amore è presto detta:  non è  la durata del tempo che fa  un certo legame   più  prezioso  ed imperdibile di altri,  ma è la qualità  di questo tempo, di questo legame, di questo  affetto.

Parlando d’amore  infatti si esce  definitivamente dai territori  banali e scontati  della quantità  e della certezza,  per entrare nei   territori   misteriosi  e  aggrovigliati     della qualità e del’incertezza.

Se così non fosse   la qualità sarebbe   scontata   e non affatto una merce rara per solo precisi  personaggi   che si guadagnerebbero  questo   privilegio a suon di  impegno  e patimento.

Se solo potessimo immaginare la sofferenza che si cela dietro un grande affetto,   non  so quanti  sprovveduti   allineati  dentro le fila dei romantici  finirebbero per defilarsi    furbescamente.

L’amore  bello  ed assoluto  che sempre celebro  non è un amore banalmente romantico, infantile  e  sprovveduto, ma un sentimento tenace, solido, avveduto,    maturo,  che chiede semplicemente  di rimanere nel tempo  perché   esiste per la vita, e questo non può  ammettere   che   debba  essere  soffocato perché sconveniente,  per la banalissima ragione che non esistono amori  sconvenienti, ma  solo difficili semmai.

Saper vivere l’amore bello  è un’arte   che si apprende  giorno dopo giorno. Difficilmente  si fa di quest’arte  una  particolare  pubblicità,   essendo   che rimane  una questione  molto intima e molto personale, tuttavia  è questa conoscenza   che alimenta l’agire quotidiano. Cosa mai  potremmo arrivare a costruire  senza l’amore? E cosa invece sappiamo  creare con esso?

Mi viene in mente  una   famosa imprenditrice cinese che  è arrivata a gestire il più grande ristorante della Cina, diventando plurimilionaria;  lei sostiene  di  essersi buttata  in questa impresa per fuggire da un marito che la maltrattava;  io aggiungo   che senz’altro inizialmente è stato il suo bisogno di affermarsi  a portarla su quella strada  (e dunque  la mancanza d’amore  di cui  non possiamo fare a meno),   ma che poi a questo  iniziale  bisogno   si è unito il piacere  di vedere   realizzati  i bisogni di molti altri  che  grazie al nostro agire  riescono  a guadagnarsi   spazio  nel mondo.

E’ grandioso  vedere persone che  acquistano  sicurezza   anche grazie al nostro operare.  E’ grandioso vedere come si può essere utili al prossimo, oltre che a se stessi.

Concludo:  il  sentimento  dell’amore bello  può  trovarsi sia  nei  legami  che durano da tempo  che nei legami  che  devono ancora nascere o nati da un tempo  irrilevante.

Si ripete che non è la quantità  che qui detta legge,  ma solo unicamente la  santa e benedetta e saturnina  esigenza  dell’essere  bello.

Vi abbraccio tutti.

Antonella dallomo

Raccontando la vita

Quando ero tua

Io  ero sempre muta senza parole

Che sapevo non sarebbero state ascoltate

Io ero vuota senza pensieri

Che sapevo non sarebbero stati apprezzati

Ero triste senza desideri

Che sapevo sarebbero rimasti inesauditi

Non che tu non sia  un brav’uomo, no davvero

Ti sei preso cura di me

Come hai saputo

Mi son presa cura di te

Come  dovevo

Fino alla fine

Fino all’ultimo giorno

Di un tempo che non ricordo

Quando  mai avrei potuto pensare la nostra fine

Quando  c’era ancora speranza ed un certo ottimismo

Quando c’era ancora una  vaga solarità

Nell’aria

Poi un giorno ho smesso di sperare

Un giorno molto molto  molto lontano da oggi

Quel giorno tu non ti sei nemmeno accorto di perdermi

Perché tutto è accaduto senza rumore

Come sempre accadono  le lontananze

Che non si trovano

Che non si incontrano

Non che io e te non ci si voglia bene

Io te ne voglio immensamente

Me come una cara persona che  per te darebbe la vita, certo

E nulla più…

Rimane qualcosa che conta più della vita stessa

Più di ogni  spettacolare regalo

Più di ogni meravigliosa vacanza

Io non so chiamarla in altro modo

Se non con la parola  felicità

Quella sensazione meravigliosa ed impagabile

Di sentirsi nel posto giusto al momento giusto

Quello che tu non sei mai stato

Quando mi stavi lontano anche se vicino

Quando mi venivi contro

Anziché  comprendermi

Quando  giocavi a fare il gioco del massacro

Anziché accorgerti  di noi

Mio dolce compagno

Mio dolce sposo

Perché sei morto?

Perché non hai mai voluto nascere?

Il mio cuore però vive

Aiutami

Aiutami questa volta

Aiutami

Non mi deludere ancora…

Non mi deludere più

Benedetta  Formigaro

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