mia dolce madre

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“Mia dolce madre, l’unica che mi è più cara della vita, non voglio marcire sottoterra. Non voglio che i miei occhi o il mio giovane cuore divengano polvere.”

Sono alcune delle ultime parole lasciate alla madre dalla giovane donna iraniana impiccata in Iran per essersi difesa da uno stupratore.

Qui tutta la vicenda

il giovane giacomo

Ho visto il film, e dietro di me nella sala c’era un folto gruppo di giovanissimi, con la loro prof avvicinatasi per un attimo, che li complimentava per essere andati così numerosi alla visione del giovane Leopardi.
Davanti a me c’era una collaudata preside di liceo, da un anno andata in pensione, devo dire ringiovanita nell’aspetto e nel modo di fare, forse perchè osservata in un contesto extrascolastico ed informale, e mentre che lei non sapeva d’essere osservata…
Al mio fianco altri giovani, e sotto in basso alla platea, altri giovani.
Sì, i giovani sono venuti a vederlo perchè sospinti dai loro insegnanti, perchè interessati a catturare idee per un possibile componimento di tesi finale, per una possibile interrogazione con cui fare bella figura davanti agli altri…
Tutte ottime ragioni, se vogliamo ben sottolineare, che fanno di necessità virtù, ma quanti di loro sarebbero venuti o andranno a vederlo, per la semplice ragione di conoscere la storia di uno dei più grandi poeti del nostro ottocento?
Forse due o tre. Quelli che posseggono dentro di sè l’amore autentico per la poesia e per il pensiero, visto che Leopardi è stato contemporaneamente poeta e filosofo.

O quelli che si sentono attratti dall’umanità del compositore, dalla sua tragedia personale, dal suo essere stato eroico nell’affrontare il suo  complicato destino (oltre che per banale accidentalità o curiosismo)
Conosciamo l’autore per il suo famoso “pessimismo cosmico”, una visione della vita disincantata che traeva le sue radici proprio nell’ assoluta estraneità e possenza della Natura, una natura non benigna ma altera, non madre amorevole ma sovrana altezzosa e dispotica, irraggiungibile nella sua incommensurabile bellezza quanto nella sua incommensurabile diversità.

I dati biografici ci raccontano di un Giacomo che dopo una spensierata infanzia, unico periodo solare della sua vita, a causa di un folle e disperatissimo accanimento sullo studio ( sembra che abbia divorato fagocitamente tutti i libri della cospicua biblioteca paterna, costruendosi un’ eccellente erudizione), si ritrova gracile di salute, malfermo nella sua debole costituzione come nel suo sentirsi condannato dentro una casa vissuta come la propria prigione.

Figlio di un conte, destinato come primogenito alla carriera ecclesiastica, deve combattere sia contro un padre che non ammette nessuna possibile deviazione da questo destino, sia contro una madre severissima e di pochissimo affetto, che morirebbe di vergogna nel sapere la carne della sua carne perduta dentro i meandri della minaccia della modernità incombente…

Ed è quello che accadrà; i moti rivoluzionari del 48 non attenderanno certo il plauso della classe aristocratica arroccata dentro i propri intoccabili privilegi come dentro i propri granitici ruoli e destini.

Leopardi vive, respira, sogna, desidera, racconta e ispira il grande desiderio del cambiamento sociale, e lo fa dalla sua misera stanza del suo magnifico palazzo, che gli pesa addosso come un insopportabile macigno.

Recanati è un luogo incantevole, ma non per Giacomo che qui si sente esiliato, costretto, legato, isolato, perso, incompreso, e non certo per la sua pusillanimità, non certo per la sua incapacità a costruirsi una vita propria.

Quando cerca di fuggire dal giogo familiare, l’onnipresenza e onnipotenza paterna glielo impedisce, e per questo viene ripreso come un reietto colpevole di tradimento, traditore della santa e intoccabile verità, che può stare solo nell’arroccamento della fede, che può stare solo nella solidità della tradizione, là dove la fede è un dogma che non può essere messo in discussione e non un atto d’amore assoluto che si rivolge verso Dio come verso gli uomini ed il mondo con tutto ciò che contiene.

Non c’è che dire. Ci sono tutti gli elementi per piacere alla gioventù.
Alla gioventù di oggi, intendo dire, come a quella di allora.
Istinto di ribellione, sofferenza verso un sistema obbligante, bisogno di libertà e di cambiamento.
E tanta solitudine…quella che spesso lamentano gli adolescenti senza riconoscerlo e senza esserne consapevoli.

Ma il giovane Giacomo ha solo soprattutto bisogno di una cosa elementarissima; ha solo bisogno di amore, come lui stesso recita in una scena del film, come lui stesso dichiara al mondo intero attraverso i suoi disperati scritti melanconici.

Le cose che sembrano farlo stare bene, prima o poi gli vengono sottratte, ma poi anche fortuitamente sostituite da altre presenze similari e confortevoli, che gli permettono di sopravvivere, di non cedere, di resistere sotto la forza brutale dell’ingrato e severo compito che la vita gli ha riservato.

Probabilmente non si hanno dati certi sulla sua reale vita sessuale; il suo handicap fisico non gli concede fascino verso il gentil sesso, non potremmo certo vedere in lui un adone o un simbolo di erotismo, non nel senso classico del termine; eppure Leopardi piace al genere femminile, a quel genere di donna con uno spiccato senso materno e protettivo, a quel genere di donna innamorata del’arte e della poesia filosofica ed oscura, come la sua.

E’ più lui stesso, da quel che emerge dalla sceneggiatura, che si sottrae ad una normalità affettiva. O forse si sottrae a questa eventualità proprio perchè si sente inadeguato e misero, precario anche nelle sostanze con cui e per cui deve lottare quotidianamente, sia contro una famiglia che mal lo sopporta, sia contro una società che mal lo accetta.

Non accetta di lui il suo essere così severo verso il giudizio del suo genere, verso l’idea di un’ umanità vuota ed illusa, miserrima e meschina, che si dimena tra le ordinarie speranze e necessità, ma che è solo un nulla che si dispera senza sapere di disperarsi.

Infine, ancora una riflessione: c’è una scena del film che mi rimbomba nella testa e non se ne vuole andare, è quando lui urla agli avventori presenti in una locanda  del tempo che lui scrive di pessimismo non perchè è stato toccato dalla cattiva sorte, ma aldilà della sua stessa condizione, e lo urla a squarciagola, perchè non vuole essere visto come quello che “sarebbe stato diverso se avesse avuto una capacità di salute fisica migliore”.

Mi sovviene la teoria periferica sulle emozioni che recita “non piango perchè sono triste ma sono triste perchè piango”; ma Leopardi piangeva perchè era malato nel corpo o perchè era anche malato nello spirito? E quanto il suo essere malato nel fisico ha contribuito a fare di lui il suo pensiero? e quanto Leopardi non avrebbe desiderato essere altro da sè perdendo con ciò le sue radicali convinzioni ed il suo profondo sentire? Non c’è possibilità di divisione in un uomo, a mio avviso; esso è tutto un insieme indivisibile in se stesso, e di certo sono  sempre e ancora solo il cuore e la mente che fanno di una persona ciò che è, aldilà del suo essere fisico.

La visione del film è sconsigliata a chi soffre di depressione, ma è vivamente consigliata a chi vuole scoprire la magnificenza di un pensatore tutto italiano che si è fatto conoscere nel mondo e nella storia per bellezza, intelligenza e splendore.

Ieri come oggi. e come sarà domani.

(A proposito, Leopardi morirà per avere mangiato troppo gelato, quell’alimento che a lui sembrava essere proibito, ma del cui divieto evidentemente a Giacomo importava proprio nulla…)

la ginestra

la ginestra

leopardi e buoni a nulla

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il giovane favoloso

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buoni a nulla

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la chiesa apre ai gay e ai divorziati

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un giorno di ordinaria follia

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i 30 anni di Exodus

e poi…..

matera, la terra senza tempo

Ha vinto Matera, il paese dei sassi, fuori dal tempo e dal degrado del modernismo, lontana da ogni contaminazione urbana selvaggia o vagamente modernizzante…
Viva Matera città della cultura 2019

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Matera (1)

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21 OTTOBRE A MONZA

Chi appartiene al mondo della scuola e vuole conoscere la realtà legislativa inerente questo lavoro non può mancare all’incontro di martedì prossimo a Monza presso l’Ipsia di via Montegrappa, dove persone competenti e preparate esporranno con praticità e realismo le numerose problematiche e possibili soluzioni…
Ti aspettiamo, per conoscere anche le tue proposte e riflessioni…

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nel nome della privacy

da leggere  senza dubbio se ci tieni alla tua riservatezza

genova piange ancora

Per una catastrofe causata dalla burocrazia, ecco un esempio lampante di cattivo Stato al quale dobbiamo imparare a dire  “Basta”

 

caro isis…

Caro Isis,

oggi l’orrore può essere assistito in diretta, basta accendere la tv.

L’occidente viene messo a dura prova dal tuo movimento terroristico e disumano che crede di potere piegare  gli equilibri dei continenti    imponendo la propria  folle corsa al potere.

Il tuo  cammino non potrà che avere un epilogo disastroso, ma nel frattempo quante  e quali vittime avrai  seminato lungo il tempo trascorso?

Vorrei vedere e sentire anche il tuo mondo musulmano dichiararsi apertamente e chiaramente contro questo movimento criminale, come del resto ha già cominciato a fare.

Già nasci morto, perchè nel nome di chi tu credi di rappresentare, tu sei stato abbandonato e disconosciuto.

Anche la Chiesa cattolica sta muovendo i suoi passi  e le sue valutazioni, che non sono certo tranquillizzanti  e  semplici, ma per te  il cristianesimo non è che un moscerino  che deve pagare le sue secolari colpe e le sue offese.

Se da un lato mi viene da ribadire il concetto che dove c’è uno squilibrio  così forte  siamo tutti chiamati a farci  autocritica,  dall’altro non si può  nascondere il più irremovibile dei disappunti.

Che possa ogni gesto di questo tuo  partito  ingiusto e impazzito ricadere su se stesso, ritorgliersi   contro,  annichilirlo nella sua feroce mediocrità e indifferenza.

Mentre spero anche che chi vi entra a far parte, conservando ancora un briciolo di cervello ossigenato e non totalmente stordito da chissà quale veleno,  possa trovare dentro di sè una piccola  voce che possa dire a se stesso “Ma cosa sto facendo?  ma dove sono? ma chi sono? ma cosa sto diventando? ma perchè sto facendo tutto questo? chi me lo sta ordinando?  sto uccidendo un mio nemico o solo qualcuno senza nome e senza volto che mi  viene imposto di uccidere, alla cui morte seguirà quella di molti altri fino a che smetterò di contarli? e poi? cosa avrò ottenuto?  un paese nuovo e più giusto dove le cose potranno funzionare? o solo  la soddisfazione del mio incontrollato  desiderio di morte?”

Così  riflettendo  potresti  decidere di fermarti,  perchè non c’è possibilità di rinascita  dove si semina solo morte; non c’è futuro dove  si uccide la possibilità di vivere in pace; non c’è soluzione duratura  possibile dove si inforca la mannaia  per autoproclamare la propria vittoria su un sistema che non ci ha riconosciuto.

Se poi consideri che stai uccidendo nient’altro che ottime persone innocenti ed innocue, che nulla o ben poco hanno fatto di male, solo per colpire altri, solo per colpire un’idea, solo per pura vigliaccheria, questo non ti fa certo merito.

Dovremmo tutti venire scuoiati, secondo questa logica.  Non rimarrebbero  più viventi, se non i bambini, che invece sono i primi a morire perchè incapaci di difendersi e facilmente strumentalizzabili.

Lasceremmo il mondo totalmente orfano di genitorialità,  oltre che dimezzato.

E non faremmo un bel regalo ai nostri figli, i figli che tu non hai e che certo non avrai, perchè se tu li avessi o pensassi di poterne avere, nel senso di riconoscerli come tali, non faresti a loro questo.

E invece tu li assoldi come soldati, mandandoli a morire senza neanche dare loro il tempo di diventare uomini.

Rimanendo  nella vergogna e nel rimpianto  d’essere stati solo volgari  assassini.

E’ questa la tua  guerra onorevole e benedetta?

Francesco è Francesco

Ad Antonio Socci non piace il nuovo Papa, lo ritiene un abusivo, uno che sta lì ad occupare un posto che non  gli spetta, e lo sostiene sostenuto dal fatto (scusate il giro di parole)   che dietro di lui c’è ancora un altro papa, quello emerito, quello che ha scelto di lasciare il trono, quello che ha deciso liberamente di alzare le braccia e di sospirare al mondo  “Scusate, sono molto stanco, lascio a chi verrà dopo di me…”

Vorrebbe vedere invalidate le procedure di incoronazione (mi piace trattare la questione dell’elezione come se fosse un nominare un nuovo re, perchè dopotutto,  chi è  più re di un Papa???)

Al contrario, io sono per Francesco.

Francesco è Francesco, e nessun altro.

E’ talmente se  stesso che  infatti arrivano le prime controversie, quelle esplicite e visibili, e di questo occorre ringraziare Socci,  che ci mette del suo e ci riesce meravigliosamente, come sempre.

Di certo il Papa ne ha di numerose di controversie nascoste, da gestire, ma lo sa fare con grande leggerezza e  severità, al contempo.

L’arresto di un porporato di spicco accusato di pedofilia,  la dice lunga su quanto questo pontefice  non stia lì solo a raccogliere omaggi e applausi che potrebbero apparire a qualche  disturbato un segno di  indegno  superficialismo.

Deve ancora arrivare il giorno in cui potremo dire cose malevoli di Bergoglio; lui viene da realtà assai complesse e difficili; viene da contesti persecutori e violenti, quelli stessi che Socci ama tanto   descrivere e raccontare, a testimonianza   della forza innata e secolare della nostra cristianità.

Una volta tanto che abbiamo un Rappresentante del trono di Cristo in terra a immagine di  umanità comprensibile, io me lo voglio gongolare; intanto arriverà da sè il tempo delle controversie e delle incomprensioni forse insanabili…

Aspettiamo a buttare le pietre.

 

 

 

la rivolta degli ombrelli

è questo oggi il centro del mondo

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