torneranno i prati

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emergenza Filippine

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Philippines TyphoonHaiyan

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Haiyan was packing maximum sustained winds of 275 kilometres per hour (kph) and gusts of up to 250 kph as it neared the Philippines, the weather bureau said.

e qui l’uomo non ha potuto o avrebbe potuto  fare nulla o ben poco per evitarlo

La tragedia nelle Filippine

Cosa fare per dare soccorso

La morte inutile e la bella morte

Sopravvissuti all'Olocausto: 7 maggio 1945, l'ottantottesima divisione della Terza Armata dell'esercito statunitense Entra nel lager di Ebensee in Austria.  (Credits: Bettmann

Noi tutti viviamo  con delle aspettative.

Abbiamo attese da quello che facciamo per gli altri, da quello che impieghiamo  nel nostro lavoro, dagli amici  con cui confidiamo le nostre cose più care, dalla persona per la quale ci dichiariamo  impegnati, ma ancora,  da quello che gli altri dovrebbero fare per noi, per il ruolo che ricoprono, per l’impegno che si sono assunti nei nostri riguardi.

Così che le aspettative o si deludono, o vengono deluse.

Sempre che invece non vengano soddisfatte.

Quando vengono soddisfatte,  va tutto bene, quasi non ci accorgiamo del beneficio ricevuto, che viene dato per scontato.

Quando vengono disattese, invece subiamo una mancanza.

Questa mancanza è tanto più grave e infelice,   più è seria  e a volte gigantesca  nella sua portata.

Nascono così le disattenzioni storiche.

La Shoah, è la più nota e sconcertante tragedia nel nostro mondo occidentale.

Potremmo a questa aggiungere una lunga lista di genocidi e squallori mondiali, ma questa è per me il simbolo innominabile  che tutte   le rappresenta.

Mai essa potrà essere dimenticata e taciuta, perchè è quello che ogni giorno il mondo rischia di potere ripetere, per non dire che di fatto questo si ripete, si è ripetuto e si ripeterà, anche se sotto silenzio.

Dietro, sotto, disperse e frastagliate, impercettibili e quasi invisibili, giacenti  nei lembi del tempo e dello spazio  ci sono le migliaia di disattenzioni personali e sconosciute.

Esse non sono meno serie e meno importanti di quelle storiche, per chi le ha subite e le sta subendo.

Stanno dentro la sfera privata, ma palpitano di fuoco e di cenere come se fossero vulcani ardenti e crateri pronti ad eruttare.

Le aspettative disattese possono essere eventualmente fatte rivalere sotto un profilo legale, se lo si  ritiene necessario.

Anche se l’avventura di un iter legale è oltremodo costosa, faticosa e incerta.

Il più delle  volte è meglio lasciar perdere.

Un’aspettativa sfiorita può essere piuttosto e meglio combattuta  con un rilancio,  con una seconda rinnovata promessa/scommessa   di rivincita.

Quando una disattenzione da parte di chi avrebbe dovuto fare nei nostri confronti qualcosa che invece non è stato capace di fare,  lascia segni continuativi e circostanziati,  non è semplicissimo uscire dallo stato di sfiducia e di disincanto che veniamo a subire.

E’ pur vero che maggiore è l’entità  dello scampato pericolo, o del danno superato, e maggiore è la personale motivazione a volere riprendere quel filo che l’imprevisto o l’avverso   destino  ci hanno fatto ingarbugliare.

Fuori dal garbuglio, dunque.

Fuori dalle pene, dallo sconforto, dai ripensamenti continui.

Il  passato accaduto non può essere cancellato, però può essere ripreso, sottolineato, metabolizzato, fatto osservare, fatto comprendere,  e infine superato.

Quante fatiche si possono vincere   nel giro di un tempo piuttosto breve?

Non molte, se le fatiche sono molto faticose.

Pensare che la fortuna è una ruota che gira e che  quello che oggi è toccato a noi di subire, forse domani potrà capitare a chi questo stesso disagio ci ha causato, non è un pensiero poi del tutto ingiusto, anzi, può essere persino terapeutico.

Se la giustizia , si sa,  ha tempi molto lunghi  e lenti,  l’ìmpulso alla ripresa, alla vita, alla gioia, alla propria soddisfazione immediata è assai più veloce e irrefrenabile.

Si abbandonino dunque i cattivi pensieri per andare incontro  con  rinnovata fiducia a chi e a cosa sappiamo essere i nostri punti saldi di riferimento.

Perché un conto è subire una delusione da chi sappiamo essere per noi insostituibile,  e un conto è subirla  da chi  ci rimane in un certo senso un estraneo o una persona facilmente sostituibile.

Per quanto possa essere grande il dolore  o il rischio  subito, per quanto possa essere grande  l’ingiustizia patita,  di fronte ad una eclatante ripresa   non bisogna esitare ad abbandonare ogni genere di tristezza.

Quanti uomini e donne subiscono ogni giorno di pari passo oltraggi terribili pagandoli con la vita?

Lo so.

Nella globalizzazione dell’indifferenza, come recentemente è stato definito da Papa Francesco il nostro terribile tempo,   è difficile per noi uomini e donne normali,  comprendere  lo scandalo  della morte inutile.

Sì, amici cari,  alla fine si tratta di parlare proprio di questo..

Ma la morte può essere utile?

Penso di sì; ci sono morti utili.

Sono  morti utili quelli che  muoiono  senza avere meritato il dono della vita,  o che muoiono per salvare la vita di un altro.

Morire  solo perché  nessuno si ferma a soccorrerci,  o solo perché qualcuno commette uno sbaglio, o solo perché qualcuno ci uccide, o solo perché  ci troviamo nel posto sbagliato nel momento sbagliato,  non è fare una morte utile.

Vorrei che tutti potessimo avere una dipartita  comprensibile, accettabile.

Parlare  della fine  non è essere pessimisti o distruttivi. Ogni fine è l’inizio di qualcosa di nuovo. Ogni inizio è qualcosa che arriverà alla sua fine cioè alla sua evoluzione in qualcos’altro.

Di sicuro   non vorrei però essere nei panni di colei o di colui che si rende la causa, anche solo accidentale, della fine di un’altra persona.

E poi,  amici cari, occorre fare anche una bella morte  (e non solo una bella vita)

Scusate se è poco.

Piango tutte le fini tragiche  che non hanno avuto ancora  giustizia, di un pianto non effimero ma sincero, vero, sentito, partecipato, ma poi  l’istinto della vita, della rinascita, del bello che sta dentro e fuori di noi,  mi fa uscire, non so per quale miracolo, dall’incomprensione del dolore senza perchè.

Racconto perchè sono diventata filosofa

 

Quando  ero ragazza  non mi pesava andare a scuola, non mi è mai pesato stare sui libri, leggere, scoprire cose nuove, pormi delle domande,  perché la mia natura è senza dubbio curiosa e riflessiva.

Al magistrale pensavo:  “Potrei portarmi il letto da casa  e dormirei volentieri qui, perché qui gira il mondo, qui è il centro del movimento…”

Erano gli anni 70, anni caldi, anni terribili; forse questa mia serietà  caratteriale mi ha tenuta lontana dal finire in qualche  movimento  pericoloso  che a quel tempo non era difficile  incontrare ma mi ha anche

“ impedito”  di potere iscrivermi a Brera per coronare le mie qualità  artistiche.  Mia madre,  santa donna ma che del mondo non capiva nulla,  temeva per me,  temeva potessi finire in qualche giro di droga o di perdizione…ed io sono stata troppo ubbidiente  per sapermi ribellare.

Come tutti i bravi giovani del mondo,  da adolescente al massimo  ho sognato, sognavo  di fare o l’attrice o la cantante, insomma dei lavori   creativi, che sapevano stimolare la mia fervida  fantasia ed immaginazione.

In me non vibra la linfa del genio,  ormai su questo mi sono rassegnata, che altrimenti non ci sarebbe stato incidente di sorta o  destino  recondito   che m’avrebbero  potuto  tenere lontano  dall’essere e dal fare   quello che amavo e che amo sempre,   ma  una  cosa  devo comunque riconoscermela, a dispetto di ogni cattiva ventura:  alla fine  quello che uno è e pensa e vuole  viene fuori,  forse ci vorrà per alcuni più tempo,  forse  certe cose nel cammin facendo vengono anche irrimediabilmente perse, ma che centra, che importa perdere le briciole o se si vuole anche tutto l’antipasto…?  L’importante è essere al tavolo della festa  quando arriva, io credo, almeno  la torta.

C’è sempre tempo per dire: “Adesso ci sono anch’io…”

Mi rivolgo  ai giovani che   si sentono già vecchi e non riescono a spiegarsi il perchè,  o ai non più giovani  che  credono  d’avere sacrificato inutilmente  gli anni migliori al servizio di qualcuno che a malapena  ricordava   il loro nome,   o   ai vecchi  che non hanno mai vissuto una vita vera  e  che non hanno nessuna intenzione  di farsi  mettere  da parte  solo perché la loro data anagrafica così lo chiederebbe.

Ragazzi,  siamo tutti nella stessa barca. Rifiuti dell’umanità ribellatevi?  No,  certo che no,  non rifiuti dell’umanità  ma   esseri  semplici   che fino ad oggi siete semplicemente stati per le più varie ragioni  in silenzio,  fate da oggi  sentire la vostra voce.

In genere,  i  giovani  hanno a loro vantaggio una montagna di energia  di cui    certamente un fisico  che comincia  ad avere accumulato qualche decade  di  lavoro  si trova a dover   difettare,  ma questi ragazzi  ormai  attempati  possono avere   dalla loro  qualche cellula cerebrale  più  collaudata  e  dunque   possono riuscire  a sopperire  alla mancanza di  dinamismo fisico  con  la presenza  di dinamismo intellettuale (sempre che il loro cervello  abbia saputo  non solo svilupparsi  ma  educarsi  all’esercizio  della  riflessione). 

Poi ci sono quelli che anche da giovani  hanno  qualche problema  non solo di rendimento  fisico  ma soprattutto di  rendimento  mentale,  e    questo è un altro  discorso,  è  il problema  della società  che non educa, della religione che è morta  nel senso  che non è viva  dove dovrebbe vivere,   e    della politica che è corrotta…

Sempre in genere,  non parliamo poi dei vecchi che sono diventati le vere superstar  della    nostra bella società,   loro che ormai sulle soglie della pensione riscoprono quanto è bello tornare a vivere  ed avere di nuovo tanto tempo a disposizione per sé, loro che scoprono  di non avere nessuna  intenzione di lasciare la cadrega,  ossia il loro diritto  di stare nel mondo, di avanzare  il loro spazio e tutto il resto,   a dispetto  di chi  quel posto, sinceramente, potrebbe occuparlo a maggior titolo…

Quando sento parlare  di vita ultracentenaria  garantita per tutti mi vengono i brividi; io amo la vita, e non ho particolari problemi  verso nessuna fascia  del genere umano,  ma c’è una categoria (forse più di una)  che mi fa  per istinto  irritare: è la categoria di quelli che  quando incontrano il prossimo dice loro con aria pia  e sottomessa “Prego il Signore che mi faccia morire  perché  intanto ho già vissuto abbastanza…”  e poi in realtà pensano “Tutti devono crepare prima di me,  almeno la soddisfazione  di vedermeli passare davanti,  nella loro fossa…”

Come  sarebbe  bella l’umanità  che dice sempre quello che pensa, non lo trovate? E se proprio non può dirlo che almeno sappia tacere!  Ma  forse è più divertente scoprire  quanto noi uomini sappiamo essere mendaci,  che altrimenti   con troppa trasparenza  in circolo   la filosofia  potrebbe finire  in soffitta…

Partiamo allora dal punto primo sopra esposto: la società non educa, e perché non educa? Perché non investe sulla cultura. E perché non investe sula cultura? Perché  è governata da logiche di puro profitto. E perché è governata da tali logiche?  Perché ci sono i monopoli dei grandi business e dei grandi marketing…e la politica  è solo un luogo dove andare a fare scempio del denaro pubblico,  e la religione  rimane  una questione  molto molto  privata  che agisce  nel privato dei singoli,  come è giusto che sia.

In tutto questo scenario  l’unico  dato che mi sembra positivo  è proprio quello  del dover confermare che la religione è sì non solo morta,  ma anche sepolta,  se per religione  si vuole  intendere  quel tempo in cui   la chiesa teneva soggiogata l’umanità  nel dire ad essa cosa doveva pensare, cosa doveva votare, come doveva fare sesso, perché si doveva sposare,  perché doveva accettare di soffrire e così via…

Proprio per questa sua insopportabile   invadenza  e per questa sua arroganza e per questa sua  onnipresenza  non richiesta e non gradita,  il mondo moderno  ha degnamente  saputo metterla a tacere.  Non che  per questo luna parte di essa   oggi abbia  a sentire la nostra mancanza, giammai, piuttosto  questa parte    avrebbe solo un grande piacere  che si potesse tornare correndo tra le sue amorevoli braccia  piagnucolando  “Quanto avevi ragione, noi siamo cattivi  e solo tu ci sai governare…”

E invece il mondo reale, questo nostro cazzutissimo  mondo  pieno  di morte e di lordume di ogni genere,  com’ è rassegnevole   che sia,  non ha nessuna  intenzione di correre  dalla mamma,  visto  che  le madri o si amano perché sanno farsi amare, o  si ammirano quando si impara a conoscerle,    o si detestano  incondizionatamente.

Quando dico rassegnevole, intendo dire  che occorre essere obiettivi; ma un conto è la rassegnazione, un conto  è la resa.  Posso rassegnarmi  a che un assassino  tale rimanga per il resto della sua vita, ma non per questo mi devo arrendere all’idea che ogni uomo sia  o possa diventare  un assassino.

Dunque  ecco il ruolo  straordinariamente  vitale della filosofia oggi;  come  da una lente di ingrandimento   vengono osservati  attraverso di essa  i vari pezzi  della questione,  magari smontati  per poterli  analizzare meglio.  Essere filosofi non è che essere osservatori della realtà, così come lo scienziato osserva la natura nelle sue leggi fisiche, meccaniche,  dinamiche e via discorrendo…

Quando  mi sono iscritta all’università  non ho pensato per un solo istante a un bel corso di economia, o di lettere, o di storia, o di ingegneria (per l’ingegneria non mi avrebbero nemmeno ammesso  visto che nessuno ha saputo farmi amare la matematica, che invece credo sia una scienza  straordinaria) ,  tutte materie  interessantissime  e pregevoli,  ma a mio avviso  ancora troppo specifiche e circoscritte.

Ho pensato al sapere di tutti i saperi, ossia  a cosa  porta l’uomo  al pensiero e cosa porta il pensiero all’uomo.  L’uomo  va al pensiero  per il suo innato bisogno  di sapere il suo senso  ed il pensiero sta nell’uomo  perché oltre la materia  di se stesso, destinata alla fine,  sta in lui  il suo desiderio  di sopravvivere  alla morte.   Quindi  in poche parole  sono diventata filosofa perché amo l’immortalità.

Oggi credo che grazie a questa mia scelta speculativa strettamente legata alla sua scienza gemella, ossia la psicologia,  io possa essere in grado, meglio di ieri,  di governare  il mio mondo   e di inserirmi nel governo  del mondo. Credo che il pensiero  non abbia mai ad invecchiare; è l’unica  forma di  espressione umana  non sottoposta  alle leggi  impietose del tempo.

Ciò che mina le facoltà mentali  degli anziani non è il pensiero invecchiato  ma il loro  cervello ed il loro sistema nervoso   a  rischio  di  involuzione  e di indebolimento,  e non certamente  la limpidezza  della  forza  speculativa   che non conosce  arresti  fisici  di sorta  essendo lei stessa  afisica,  distaccata  dal  contingente.

Come altrimenti spiegare l’assoluto vitalismo di esseri che pur nel totale immobilismo hanno una vita cerebrale  florida  ed incontenibile?  Mi si dirà che sono un’eccezione  che  confermano la regola   e   che l’uomo medio  vuole per sé  la normalità  e non la  straordinarietà,  tuttavia  è l’eccezione  che detta i principi  e non certamente il contrario.

Oggi  mi posso  sentire e ritenere  senza più fardelli.   Senza più zavorre.

I fardelli e le zavorre sono stati un lungo periodo  che mi hanno  impedito  di  voleggiare,   come mi hanno  temprato  nel carattere  e nel  sapere  dare il giusto  peso  alle cose.  Nulla è perduto.  Tutto ritorna utile. 

Ma è la leggerezza,  è la libertà  liberata  che mi fa conoscere e mi farà riconoscere  i vitalismi  e le volontà  costruttiviste  degli esseri,  comprese  le mie.

Una nuova idea di medicina per nuovi medici e nuovi malati

Ciao a tutti, carissimi, sono di nuovo qui tra voi  con l’articolo che vi avevo promesso.

Si tratta  della  scoperta scientifica del  dottor  Ryke  Geerd  Hamer,  studioso e ricercatore, laureato  in medicina, nonchè oncologo, psichiatra e teologo;   con la sua teoria  detta delle 5 leggi biologiche  rivoluziona  il tradizionale  modo di intendere la medicina  e di intendere  il malato.

Decisamente un argometo di  estremo interesse e di  altrettanta   estrema complessità e delicatezza.

Non ho intenzione di esprimere pareri personali ma vorrei  lasciare che sia il lettore che,  prendendo lettura di alcuni documenti qui allegati,  possa farsi un’idea diretta e non influenzata dalla medesima,  sul tema in questione.

Consigliata  la lettura a chi vuole aprire la sua mente…

Chi è l Associazione ALBA

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Ricordiamo, riguardiamo, ripensiamo o prendiamo atto dei luoghi dell’odio senza nome che non hanno mai avuto fine nè dopo Cristo, nè dopo Marx, nonostante Cristo, nonostante Marx

  

ossari per opera della dittatura in Cambogia

L’estrema crudeltà  di alcune immagini  che seguono consiglia vivamente la visione di questo articolo solo a persone adulte o sotto la guida degli adulti

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