Fine pane mai

La bottega dei carcerati

E’ una bella iniziativa che  ci mostra una delle tante possibilità  di recupero dei carcerati.

Per carità, magari non è perfetta, non è esente da rischi, però  sembra che il positivo  sia superiore al negativo,  sempre che si voglia  essere ipercritici.

La stella di Bachetti

La stella di Bachetti

 

 

Torino, capitale dell’innovazione

Vescovo gay esce allo scoperto

Notizia che non può passare sotto silenzio.

E’ il primo vescovo e oltretutto teologo  che dichiara apertamente d’essere gay e di sentirsi in tutto un buon cristiano.

Di sentirsi cioè parte della Chiesa.

Immediata la risposta del  Vaticano che  lo ha già dichiarato sospeso dai suoi incarichi.

Questa Chiesa aperta e democratica non fa certo marcia indietro su quello che sono i principi secolari della dottrina ufficiale; la famiglia deve essere composta di un uomo e di una donna, le unioni omosessuali sono tollerate ma non possono pretendere il riconoscimento paritario con le altre.

E poi in questo caso c’è di mezzo il voto al celibato che è stato rigettato.

E  questo è un altro spinosissimo  capitolo; può un prete sposarsi o deve rimanere fedele al suo voto di castità?  e se poi volesse sposarsi, che lo possa fare con un altro uomo è un problema aggiuntivo  che decisamente  complica enormemente la questione.

Ci piaceva di più il Papa che diceva “Chi sono per giudicare”, mentre quando ci dice “Sei licenziato, hai disubbidito, non rispetti la regola”,  ci mette un poco più in difficoltà.

Il punto centrale di queste due figure, di questa presa di posizione, la prima morbida e la seconda rigida, sono probabilmente le due facce della stessa medaglia.

Se si tratta di ragionare di persone laiche e non consacrate, il giudizio deve essere e può essere   di per sè concessivo; ma se si tratta di giudicare per lo stesso reato una persona non qualunque, non esterna, ma interna alla Chiesa, e per di più consacrata, allora  il giudizio non può che diventare irremovibile.

Di sicuro diventa più complesso.

Cosa accadrà adesso a questo vescovo che ha deciso di fare coming out con la sua  in parte  felice omosessualità?  Lo stravolgimento che gli cadrà addosso  lo porterà verso quale via di risoluzione?  E’ ovvio che non è il semplice destino di un singolo uomo in discussione, ma il destino di molti come lui che per convenienza  rimangono nell’anonimato, che per onestà e coraggio dovrebbero fare la stessa confessione del loro collega, e che per numerosità obbligherebbero la Chiesa a risposte meno lapidarie e più riflessive.

Io credo che non c’è molto di scandaloso in  un prete che dichiara d’essere omosessuale. Non si può certo mettere sullo stesso piano di un prete che nell’oscurità del male opera contro l’innocenza dei bambini…

Qui la capisco di più la severità del sommo Vescovo, Papa Francesco. Anzi, non c’è severità e parole e azioni e nulla di nulla  che possa lenire lo squarcio di una Chiesa caduta così in basso…

Di fronte  invece  a questo Vescovo qualunque che ha voluto proclamare il suo amore davanti al mondo,  piuttosto mi viene di tacere. Ne parlo solo  per riflettere.  E vorrei che ogni  vescovo lo facesse, lo sapesse dire, sapesse venire fuori anzichè rimanere nel buio.

Ci aiuterebbero a riflettere meglio. Aiuterebbero la Chiesa a riflettere ancora più severamente su se stessa.  Aiuterebbero  il sommo  Vescovo  a  cercare e trovare risposte difficili  alla attualissima funzione religiosa dell’essere una Istituzione  spirituale  nel mondo temporale.

Non so se sono riuscita a farmi capire.

Trovo che parlare di Chiesa in un mondo così ormai dissacrato  in tutte le sue più importanti  componenti  ci permette di non diementicarci della nostra innata sacralità.

Noi tutti siamo nati per la felicità, e non c’è giorno che debba passare sul calendario  che noi si possa pensare di ritenerlo inutile a tale ricerca.

La felicità non è lo stato d’animo di un giorno che passa e poi ce ne dimentiachiamo.

Essa è una vocazione appartenente al genere umano; essa è un progetto che dura tutta la nostra personale esistenza;  è l’insieme di atti e pensieri e situazioni che ci attraversano, che ci cambiano, ma che non ci devono possedere.  Siamo sempre noi a dovere possedere loro.  Possedere nel senso di  governarle, ma anche nel senso  di lasciarsene governare.

Questo vescovo forse ci ha detto d’essere gay come per chiederci aiuto, o per dare aiuto a persone come lui, o entrambe le cose. Il raggiungimento da parte di se stesso  della propria felicità, evidentemente mai raggiunta o mai al sicuro (di sicuro nella vita c’è solo la morte),  è il progetto che in quanto uomo come tutti noi  lo obbliga a delle  scelte, ma che in quanto vescovo lo abbliga a delle posizioni e responsabilità.

Ritorneremo  sul tema  con  calma.

 

 

 

corsi in città

trova il tuo se ne hai voglia

tiziano terzani

piccolo il mio, grande il nostro

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vivere l’etica

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evento

se qualcuno dovesse essere dalle parti di Firenze…

3 gennaio 2015

Ebola può essere sconfitto

E’   guarito dall’Ebola e presto tornerà in Africa dai suoi ammalati-

è un medico italiano e si chiama Fabrizio Pulvirenti-

un medico ok

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diverso è bello

chi è un blogger?

Ma chi è un blogger?

Me lo domando perché  mi sto interrogando sul senso e sull’utilità di continuare a scrivere in rete.

Un blogger è uno innanzitutto che scrive, che scrive sulla rete, appunto.

Scrive perché ne è capace (si presume), perché ne ha voglia, per  diletto personale e si spera per utilità di altri.

Scrive per raccontare fatti più o meno privati, più o meno pubblici, più o meno sociali e di interesse comune.

Scrive per mettersi, a volte, in competizione con altri blogger che  a dir della rete risultano essere più popolari e più applauditi.

Scrive per necessità di mettere nero su bianco dei pensieri e delle valutazioni che se non scritte rimarrebbero vaghe e incerte, indefinite, non comprese.

Scrive per rilassarsi, per scaricare forme di nervosismo e di angoscia.

Scrive per esprimersi, come un artista qualunque nell’atto di produrre qualcosa di creativo.

Scrive per comunicare, per lanciare messaggi a chi dovesse per caso o non per caso raccoglierli.

Scrive per incontrare altri scrittori o  puri lettori  che potrebbero liberamente avere voglia di rispondere, commentare, e criticare se necessario.

Scrive per confrontarsi sulle opinioni altrui e proprie, con le opinioni altrui e proprie,…

A volte scrive per esibizionismo, riscuotendo successo tra altri esibizionisti come lui o altro ancora.

Scrive per sentirsi ed essere libero, per gustare il piacere del libero pensiero che non è soggetto a nessuna forma di censura, se non quella che lo stesso sistema etico ci autoimpone, ossia lo stesso che noi stessi applichiamo agli altri, e dunque su di un binario condiviso e partecipato.

Mi domando cosa differenzia la scrittura di oggi da quella che poteva essere negli anni sessanta o settanta  fino agli anni ottanta/novanta.

La scrittura di ieri, di quegli anni gloriosi che rappresentano il nostro background, il nostro vissuto se non diretto quanto meno ereditato,   aveva credo (non posso dirlo per esperienza diretta) un qualcosa che noi giovani di oggi (mi piace continuare a definirci giovani, perché senz’altro lo siamo nell’energia e nelle intenzioni) abbiamo perso o forse mai posseduto: loro avevano lo spirito pioneristico, avevano l’entusiasmo di chi cerca strade nuove, di chi sa di stare per fare la storia, di chi si rende conto che le cose stavano cambiando, e in meglio…

Noi siamo solo, sotto questo punto di vista, dei meri sopravvissuti. Siamo sopravvissuti alla rivoluzione culturale del 68, ne abbiamo raccolti i cocci e le ferite mai risanate del tutto. Dopo il 68’ nulla è stato come prima ma tutto ha tentato di opporsi al cambiamento.

Visto le condizioni attuali,  devo concludere che sta vincendo   la resistenza, l’opposizione, non a che le cose possano    cambiare, ma a che  i privilegi delle caste  tali possano   rimanere e perdurare.

Ieri c’era  l’urlo delle femministe, che sembrava dovessero conquistare il mondo, rovesciarlo sotto sopra, aprire porte invalicabili, abbattere muri insostenibili.

Oggi c’è l’urlo delle donne vittime del femminicidio, vittime di uomini che non sanno crescere, che non sanno essere degni rappresentanti del loro genere, del loro ruolo.

Se anche si dovesse rimediare a questo stillicidio con l’approvazione  di leggi più severe,  nessuno ci garantirebbe  l’effettiva comprensione  di questo terribile disagio e dunque un reale miglioramento delle condizioni  che portano a delinquere.   E’ nella testa delle persone che bisogna sapere e potere intervenire, ovviamente non con lavaggi del cervello, ovviamente non con imposizioni punitive e restrittive, che portano solo a dei risultati opposti e contrari,  ma con educazioni  adeguate alle domande, alle richieste di aiuto che provenissero   da entrambi   i fronti.

Mi  rincuora osservare che nel nord del mondo le cose vanno un po’ meglio, sotto questo punto di vista e non solo.

Là esiste  da molto tempo prima che da noi il rispetto per la donna, il rispetto per lo Stato, per la Cosa pubblica, il rispetto per gli anziani, il rispetto per l’infanzia, il rispetto per il dolore.

Là esistono le strutture e le risorse per far fronte a queste problematiche.

Perché invece il sud è sempre un sud  di qualcosa e di qualcuno?

Coltiva il sud valori  e attitudini che di contro il nord non  possiede facilmente? Immagino di sì.

Potremmo elencare tra queste  virtù  la nostra natura  solare  ed espansiva. Il nostro territorio magico ed unico. Il nostro folclore colorito ed attraente.

Aiutatemi a  trovare altri punti di forza.

E ancora.

Negli anni gloriosi della rivoluzione è stato abbattuto il muro dei manicomi, dell’essere omofobici,  dell’essere borghesi pieni di pregiudizi e ipocrisie.

La gente con problemi psichici o psichiatrici non viene più messa nei lagher che una volta si chiamavano monbelli,  ma vengono lasciati all’assistenza di familiari che spesso non possiedono le capacità psichiche e materiali per garantire una vita tranquilla a se stessi e ai loro cari.

La  gente oggi confessa/comunica   pubblicamente  il proprio essere gay,  ma  deve ancora combattere un mare di pregiudizi  che si annidano proprio all’interno del sistema formativo e scolastico, per non dire ancora familiare.

La gente oggi si sposa sapendo che se andrà male   potrà facilmente separarsi,  ma quello che si è guadagnato in consapevolezza  è stato   perso in possibilità effettiva; i  padri separati faticano a conservare la loro autonomia economica, dopo una separazione; faticano ad esercitare i loro diritti di genitori.

La gente oggi concepisce liberamente figli fuori dal vincolo matrimoniale, la legge finalmente riconosce pari dignità sia ai figli che una volta si chiamavano illegittimi,  però  non è  ancora facile far capire alle donne che   non vogliono riconoscere la loro maternità, che possono farlo liberamente senza dovere sopprimere la creatura che hanno in grembo.

Conseguenza di retaggi terribili e allucinanti che ci hanno afflitto per secoli e secoli di storia.

E  infine.

La gente oggi invecchia con maggiore serenità che un tempo; a sessant’anni non ci si può definire già da buttare, ma si è solo alla soglia di un nuovo periodo che può riservare ancora incredibili piaceri; peccato che i giovani abbiamo potuto combattere e sacrificarsi solo a beneficio di chi mai avremmo immaginato  potesse trovarne guadagno.

Non tornerei mai indietro; amo il mondo che cammina, anche se cammina a passi di lumaca o forse di un gambero.

Vorrei solo potere un giorno svegliarmi e sentire il profumo  delle cose buone  che mi circondano.

Non solo immaginarlo, questo incanto, ma  poterlo toccare, e dire a voce alta, per molti e molti giorni della mia vita: “Questo è il paese che io voglio abitare”.

Giornata internazionale contro la droga

Io non mi drogo

perchè faccio fatica a prendere le medicine

figuriamoci le droghe,

perchè sono stata fortunata,

perchè mi voglio bene,

perchè mi piace un cervello attivo e cosciente,

perchè detesto pensare di potere fare cose senza

neanche rendermene conto,

perchè per essere su di giri mi bastano gli amici

veri

e la mia famiglia,

perchè chi lo fa ha solo bisogno di aiuto e deve chiederlo,

perchè metterei in galera quelli che la spacciano,

perchè non vorrei dovere vedere una persona che amo che ne fa uso,

perchè la droga uccide,

perchè la droga fa schifo,

perchè la nostra vita è la cosa più importante,

perchè la droga abbruttisce, imbestialisce, mortifica

la nostra naturale  bellezza

e perchè

ci sono altre mille ragioni che tu stesso potresti aggiungere…

Vuoi?

(leggi anche qui)

da   Helpconsumatori

da      ADUC

da    Gruppoabele

Laboratorio 13

Ciao amici, in questi ultimi giorni ho trascurato questo blog perchè sto lavorando su un altro, che è   nato da nemmeno due settimane  all’interno di un corso che ho ribattezzato per me con un nome  di mia fantasia.

Vi indico il link  di  Laboratorio 13

E’ legato a questo sito Insegnare apprendere mutare   dove il prof   Andreas Formiconi insegna l’uso al meglio delle tecnologie.

Se non sono qui sono là, almeno  fino al  10 di giugno prossimo…

Comunque non abbandono casa.

Autonomia libertà creatività

Sto cercando  di  educarmi; a che cosa? All’autonomia.

Quando una persona è  autonoma è anche libera e creativa.

Se è libera (e dunque creativa)  può essere  positiva e costruttiva, può  fermentare idee e possibilità.

Queste idee possono diventare realtà, fatti, occasioni, nuovi mondi tutti da sviluppare e fare incrociare con altri mondi.

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UNO SPLENDIDO FIORE

Qui puoi leggere meglio la sua storia

Questa ragazza si è suicidata perché ha commesso un errore sulla rete, caduta in una forma di inganno,  e la rete usata  nella sua forma peggiore non l’ha rispettata ed ha peggiorato una realtà che poteva essere ancora salvabile.

Si chiama cyberbullismo,  ed è un fenomeno molto più diffuso di quanto non si immagini.

Anzi, è un vero e proprio sistema violento praticato  quotidianamente ovunque e senza limiti di tempo,  capace di stritolare vite ancora acerbe ed immature.

Basta calunniare, basta infangare, basta  dire cose orribili perché così fan tutti su chi conosciamo appena e per sentito dire,  per cose anche gravi  di cui  però non conosciamo l’origine. e sulle quali COMUNQUE  non abbiamo il diritto di esprimere giudizi.

Gli insegnanti lo conoscono bene, perché  lo vivono attraverso i loro stessi alunni.

I genitori anche, dovrebbero ben conoscerlo, se solo tengono gli occhi ben aperti.

Infatti  quasi sempre  i carnefici inconsapevoli o meschini  sono anch’essi  giovanissimi.

Mi rivolgo a questi stessi giovani, che potrebbero essere i nostri figli, i nostri nipoti, i figli dei nostri amici, i fratelli degli amici dei nostri amici, i nostri alunni, appunto, o ai bambini di oggi che domani saranno in grado di potere cadere nello stesso problema.

Non usare mai  la rete per offendere, non sarebbe una cosa intelligente, non sarebbe  giustificabile, piuttosto  fatti una sbronza, se proprio non sai come occupare il tempo,  ma io consiglierei,   sfogati in qualcosa che non possa danneggiare nessuno, nemmeno il peggiore dei tuoi nemici.

Fallo per chi in te crede o ha creduto e ancora ci crede.

Fallo per la tua stessa dignità, non c’è errore fuori di te  che in qualche modo tu non potresti  generare o incrementare, con questo comportamento.  Se ritieni qualcuno  non degno del tuo rispetto,  domandati  se tu faresti a te stesso quello che potresti causare a un compagno o compagna vicino a te, di cui credi di sapere tutto e invece non sai proprio un cazzo…e domandati  se ti farebbe  piacere essere tu la vittima di queste vigliaccate  e di queste leggerezze imperdonabili.

Non pensare che  potresti  essere migliore delle tue probabili vittime; potresti ritenerti  solo uno stupido, un superficiale, un bullo di carta, che si nasconderebbe   dietro un clic perché   non c’è nemmeno il coraggio  di affrontare le persone negli occhi    e che oltretutto prenderebbe  l’iniziativa aggregandosi   alla massa, al gruppo, a quello che gli altri fanno, visto che la tua testa sarebbe solo una bolla di sapone.

E infine  fallo proprio per il tuo unico imperdibile cuore, per quello che sei e che diventerai, se lo lascerai permettere, un giorno.

Ossia uno splendido fiore.

“Meglio una fine orribile di un orribile infinito”

“Meglio una fine orribile di un orribile infinito”

Oggi una persona a me molto cara mi  ha detto questa frase.

L’ho trovata molto intelligente e  sopratutto   veritiera.

Nessuno di noi può  decidere  gli eventi della propria  vita,  come  spesso mi sono già trovata a ripetere,   però  noi nel nostro personale  intento  possiamo  farne tesoro,  possiamo   realmente e finalmente  prepararci  per il giorno in cui sarà la nostra personale occasione, possiamo  imparare dagli sbagli,  possiamo chiedere scusa per le sofferenze causate, possiamo  farci una ragione delle cose che non sono andate come  avremmo voluto, possiamo  avvicinarci  alla comprensione  del nostro prossimo più prossimo,  possiamo  fortificarci   delle nostre stesse debolezze, possiamo  possiamo e ancora possiamo.

Il momento generale non è davvero dei più facili;  davvero sta iniziando un nuovo mondo da queste macerie che non hanno ancora toccato il loro fondo?

A  me piace crederlo,  come mi piace credere  che molti di noi torneremo  a  rilassarci,  a sorridere spensierati,  e soprattutto  a  camminare spediti e senza più  tanti inesorabili e penosi barcollamenti.

Vedete amici cari,  solo chi ha molto sofferto  ed ha camminato  per anni e anni  dentro un tunnel  senza mai  vedere uno spiraglio di luce,  può  gustare  pienamente della  luminosità ritrovata.

Solamente chi ha visto in faccia la morte può   sapere cosa significa  godere del bene della vita.

Solamente chi ha patito la fame può  apprezzare  il conforto   di una vita tranquilla   dove non mancano le priorità  del vivere.

Cosa mai volete che abbiano ad apprezzare  coloro che sempre tutto hanno avuto garantito  e che  di fronte ad un problema  sostanziale  non saprebbero, come non sanno,   girarsela da soli?

Non sto facendo l’elogio dell’essere dannato!

Avrei voluto, come noi tutti credo,  un mondo senza ingiustizie,  dove ci fosse pane per tutti,  e felicità per ognuno quanto bastasse, dove non fossero nemmeno  nominabili  gli omicidi, i soprusi, le violenze e i genocidi  di massa,   ma la realtà è un’altra faccenda, lo sappiamo.

Meglio di noi  lo sanno le migliaia  di uomini e donne e vecchi e bambini   che oggi, in questo momento,   non sono certi di potere arrivare a sera.

Che cosa mai credete che possano pensare,  costoro,  delle nostre  a volte ridicole  pretese o lamentele?  Lo so,  voi mi state per rispondere  che  molti tra noi  hanno abbandonato da tempo   l’idea  del superfluo, e questa è una cosa molto saggia  e positiva.

Ma  doveva proprio sopraggiungere  una crisi economica mondiale perchè si dovesse arrivare a questo?

Evidentemente sì.

E se bisogna arrivare a vedere di fronte il bisogno per accorgersi della sua presenza,  allora  è il momento di  rimboccarsi le maniche.

Ognuno scelga in serenità,  finalmente  o come sempre,   la sua via;  ognuno scelga  il suo mezzo,  ognuno  faccia  la cosa migliore che può arrivare a progettare per sè e per il suo prossimo.

Nello specifico,  meglio una fine orribile di un orribile infinito,  significa che  ci sono tragedie che si consumano in un giorno come tragedie che si consumano in anni. E’ chiaro  che è meglio   soffrire in una maniera orribile,   un giorno  solo  che  un tempo infinito,  ma ancora io torno con la mia solita  riflessione di sempre:  che accada un caso piuttosto che l’ altro,     non dipende dalle nostre specifiche volontà, ma solo dai singoli destini.

E in merito  a questa questione,   prevedo  per il futuro   tanta luce e tanta voglia di allegria…

BAMBINI PROTAGONISTI

 

 

 

 

Grandi immagini, pezzi di vita: quando una foto racconta

dalla Cecoslovacchia …      all’India

Tra leggenda e nostalgia:  gli zingari di Koudelka a Milano

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Fotogalleria - I nomadi del Rajasthan

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Fotogalleria - I colori dell'India

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Fotogalleria - I colori dell'India

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Fotogalleria - I colori dell'India

Racconta di culture minoritarie e lontane, di persecuzioni  storiche e antiche, di equilibri secolari, di intese che non hanno bisogno di parole, di silenzi  che odorano dell’aria del mattino, di  fanciulli  che non hanno desideri degni delle loro  aspettative, di credenze che rimangono incomprensibili  agli occhi del mondo, di famiglie senza diritti dove la vita  sembra vincere sulla morte,  di assemblamenti  umani  dove si può solo stare a guardare,  di donne  che sono la forza della terra,  di miserie che sono indicibili quanto scandalose, di gesti quotidiani  consumati  nell’immobilità del tempo  e di uomini che   valgono poco  eppure contano più di quello che valgono…

Immagini che raccontano di…

IL MIO ESAME DI MATURITA’

Esami di Stato 2012 date 20 giugno prima prova di Italiano

Il mio esame di maturità  è stato negli anni  in cui  non si poteva ancora dire ad un professore  quello che pensavi apertamente, senza rischiare  di venire per questo penalizzato.

Giovanissima, ingenua, inesperta, forte soltanto della mia serietà, del mio impegno nello  studio, del mio amore autentico per il sapere.

A scuola ci avrei voluto portare volentieri il letto, forse perché  a  casa non avevo nessuno  con cui  scambiare discorsi  come invece mi risultava più facile stando tra i compagni.

Gli anni del magistrale sono stati i più belli della mia esistenza  trascorsa; guardavo il mondo e le cose come se non mi dovessero mai  riguardare; la mia  curiosità intellettuale e non solo, era pura,   si rivolgeva  a tutti gli aspetti  della vita,  che io consideravo come una cosa che un giorno mi sarebbe appartenuta, il giorno che finalmente qualcosa  mi avrebbe fatto sentire libera di  scegliere. Protagonista di me stessa e degli altri.

La scuola che io stavo per abbandonare, senza che me ne rendessi veramente conto,  era stata  tutto il mio mondo e tale sarebbe rimasta.   Diligente,  tranquilla, carina, capace  e piena di talento,  con tutto il  futuro davanti,  eppure  qualcosa non girava, non ha mai girato per molto tempo.

Succede. Nessuno di noi  sceglie chi essere,  ma solo  di essere.  Ed io  stavo zitta  e buona   nell’attesa   di  sentire la mia campana suonare solo per me, tutta per me…

La notte prima della fatidica prova ricordo d’avere dormito  sonni relativamente sereni; avevo scelto   Pirandello ed il tema  della follia e della maschera.

Il mio esame è stato brillante,  ma siccome  avevo detto  al commissario   interno    che ero intenzionata  a proseguire gli studi, non mi favorirono in modo particolare con il voto; solo un cinquanta, che però non fu   da intendersi come riduttivo. Nella mia classe concessero    solo un 52 ed un 54  prima di me,  e non ho mai studiato per il voto,  anche se a dire il vero è questo ridicolo numero che spesso ci porta avanti…

Non mi sono dovuta impasticcare, allora non si usava, nessuno ci avrebbe provato, ma se anche l’avessi potuto,  non mi sarebbe mai passato per il cervello; solo litri di caffè, magari, per quelli più esagitati,  che poi avevano anch’essi il rovescio della medaglia.  Le cose o le sapevi  o le tiravi   a caso o facevi  scena muta;   le sapevi   o perchè ti eri   ben preparato o  perchè ti chiedevano la sola cosa su cui   avevi buttato l’occhio negli ultimi trenta giorni di studio (cioè ti andava  di culo).

Di tutto quello che è accaduto poi, o meglio, non è mai  successo,  Io sono e mi dichiaro colpevole; una colpevole senza colpa,  ma pur sempre colpevole.

Non ho vissuto e sono rimasta a guardar vivere; non ho reclamato mai, non ho mai alzato la mano  per chiedere spiegazioni, sempre attendendo pazientemente l’arrivo della mia occasione. Del resto non facciamo  forse così  quando andiamo dal medico  e ci sono dieci persone prima di noi? No, l’esempio non è abbastanza   calzante, perché dopotutto dieci persone vengono servite  in un tempo relativamente breve, mentre io ho dovuto rimanere nel luogo del nulla per  un tempo che non può essere definito ragionevole.

Forse questo  secondo  esempio può rendere meglio l’idea:   come  quando prenotiamo un biglietto  che troviamo esaurito, e quindi possiamo solo sperare nella disponibilità  improvvisa dell’ultima   ora…Non c’è certezza che questo possa accadere.

Un giorno ho rischiato  di morire, soffocata dal dolore,  perché   la mia attesa è stata veramente troppo lunga….

Mi  dichiaro di nuovo  al mondo colpevole;  ho permesso  quello che non avrei mai dovuto permettere ma che non ho potuto   evitare.

C’è di bello  che  Ora   di  certo  il mio mondo è cambiato.

E se è cambiato  il mio mondo,  cambierà anche il vostro, il nostro, il loro…

Abbiamo amici,  occasione di sorridere e   rallegrarci.

Perchè nulla è accaduto invano.

I PINOCCHI VANNO A SCUOLA FINALMENTE…

 

e non rischiano più   di finire nella pancia delle balene…

E’  già qualcosa,  non vi pare?

 

 

 

ALUNNI E MAESTRI VERI

 

 

Solo per dire a tutti che oggi la scuola non è più così, non è più così, non è più così…

QUESTI SIETE VOI…E ANCH’IO

Cronache dall’ultimo esame di maturità (1)

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QUELLO CHE C’E’

LILA AZAM

PIER FRANCESCO FAVINO

ERRI DE LUCA

ELISA

CARLO PUCA

GIACOMO PAPI

ROBERTO SAVIANO

PUPI AVATI

RAPHAEL GUALAZZI

MYRTA MERLINO

MANDA LA TUA PAROLA

Io grillo, tu grilli, noi grilliamo…

 

Ecco chi vince

Il dopo voto parla chiaro; il cittadino qualunque  si è stancato  della vecchia politica  corrotta, spendacciona e inutile  e ha preferito un movimento NO-POLITICA.

Li abbiamo visti e sentiti  in televisione, i neo eletti o  candidati al ballottaggio;  sono giovani, inesperti, ingenui, in parte impreparati,  ma sono pieni di entusiasmo, ci credono, sono  uniti nei loro intenti di portare cambiamento e segnali  di  lotta vera.

La politica magistrale, quella con il cappello  appeso all’attaccapanni  da molto  tempo, decisamente troppo, per lo più    li sbeffeggia, li critica, li ignora, li sminuisce. Ma ne ha in silenzio timore.

Loro non  danno retta alle polemiche, alle provocazioni, agli scoraggiamenti, alle offese; replicano   che  sono stati votati, che sono lì perchè hanno agito per  scelta, per convinzione, per esasperazione;  ed hanno raggiunto un primo risultato.

E intanto il paese continua a venire  afflitto da suicidi  intollerabili  quanto  ignobili  e  vergognosi, in piazza scendono le vedove di questi piccoli e medi imprenditori  che hanno dichiarato  bancarotta alla vita, a un sistema che li ha stritolati  senza pietà e senza dignità.

Dappertutto si sente  implorare la parola magica  che tutti ci auspichiamo come quando si implora la venuta della pioggia  dopo un lungo periodo di siccità:  crescita crescita, crescita!!!

Crescita dove sei?

Sei nel carburante che deve calare, sei nel rovesciamento  del sistema fiscale che deve mollare la sua terribile presa sui più deboli, sei nel lavoro che deve trovare i giusti e più illuminati  interventi, sei  nella gente comune che siamo tutti noi che  cerchiamo  di resistere e di non cedere al pessimismo ed allo sconforto, sei nello stesso movimento  di questi nuovi cittadini che non amano  essere  chiamati   grillini,  come se fossero degli idiotini  manovrati da un personaggio.

Questo personaggio semplicemente esprime il disagio e lo spirito di un pensiero, ma che non ha nulla a che spartire poi con la concretezza di tutti i problemi contingenti e reali che questi nuovi anti-politici troveranno sul loro percorso, e che dovranno sapere affrontare da soli, nello specifico, sul campo; questo personaggio non sempre le spara indovinate, e lo abbiamo visto;  va dunque preso per quello che è,  un fenomeno di rottura  e di  discussione, ma che da solo non potrebbe fare nulla di nulla, e che ha ben poco  da insegnare sul fronte della  progettazione.

Infine  la crescita   è  nella Francia che ha deciso di cambiare rotta,  anche se neanche per lei e per noi tutto questo è scontato che possa portarci a qualcosa di meglio.

E poi c’è la minaccia terrorismo  che   ha già dato il suo primo segnale  di  condanna  e  di intolleranza ed esasperazione.

Dall’altra parte del mare  sta la Grecia,  che dopo essere stata massacrata  da una serie di  provvedimenti  impostati sull’austerità  e sul rigidismo dei conti,   ci dice basta; qui la percentuale di assenteismo alle urne   è stata altissima, e sono in netto avanzamento l’estrema sinistra come l’estrema destra.  Il risultato  è uno Stato praticamente ingovernabile,  dove tutto diventa possibile e incerto.

Hanno già detto che vogliono uscire dall’euro, che non hanno nessuna intenzione di pagare un debito che altri (i loro  cattivi politici)  hanno creato per loro.

Non è un bell’affare, non è un esempio confortante  che ci può dare segnale positivi.

Per il momento  i   nostri  leader  si rimbalzano le colpe; stanno elaborando una lista  delle responsabilità da imputare a qualcuno,  come se questo ci potrà risollevare ed essere d’aiuto.

Il PDL ha pagato lunghi anni  disastrosi di governo; il PD  si salva solo perchè stava all’opposizione ma non perchè abbia  in concreto  carte vincenti ed innovative; i piccoli medi partiti  di  contenuto ( IDV   e  VENDOLA in testa)  trionfano o si confermano   in specifiche  realtà  locali.

E poi ci sono le REALTÀ PREMIATE, che vanno decisamente in contro tendenza;  Verona trionfa con il suo sindaco leghista che viene riconfermato a pieni voti. Eppure è un leghista, eppure stando  al quadro generale  avrebbe dovuto venire sconfitto e sorpassato  da altri colori di bandiera.

Questo dimostra  una banale ma saggia verità;  non contano i colori, le appartenenze, i partiti  stessi,  ma gli uomini. Anche in politica al di là delle appartenenze,  c’è chi lavora bene e chi lavora male.

Tosi ha lavorato bene ed è stato  premiato.

Perchè i nostri  grandi capoccioni, a partire dal sindacato  disunito  ed inconcludente,  un giorno sul fico ed  un giorno sul pero, chiuso dentro logiche ormai  sterili  o ancora troppo poco coraggiose,   non se lo vogliono mettere in testa?  Bè, la risposta  la conosciamo.

Nessuno ci aiuterà se non saremo noi stessi ad aiutarci.

Grillo, come qualcuno ha fatto notare, sta  svolgendo un servizio utile a tutta la comunità; ha saputo portare il dissenso e la lotta dentro le istituzioni, e questo sta facendo  bene all’antiterrorismo.

Ma ora si attende un segnale forte anche dai piani alti,  da chi il potere lo gestisce per davvero, e potrebbe   abilmente  e con lungimiranza   dare  dei costruttivi salubri corroboranti indizi   di conforto e di risollevamento.

Tutti lo esigiamo, tutti  lo pretendiamo.

STORIA DI UN SINDACATO INCONCILIABILE

 

In una girandola di immagini, ecco la storia di un sindacato disunito che non sa, che non può, che non vuole, che non farà mai squadra…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

QUANDO LA SXUOLA SA AUTOCORREGGERSI

Ecco i presumibili 10 grandi errori della scuola reale:

1. La scuola agisce come se l’apprendere possa essere dissociato dal fare
2. la scuola crede che la valutazione sia parte del loro ruolo naturale
3. la scuola crede di essere obbligata a creare curricula standardizzati
4. gli insegnanti credono di dover dire agli studenti cosa loro pensano sia importante sapere
5. la scuola crede che l’istruzione possa essere indipendente dalla motivazione per un uso attuale
6. la scuola crede che studiare sia una parte importante dell’apprendere
7. La scuola crede che attribuire voti sulla base del gruppo di età sia una parte intrinseca dell’organizzazione di una scuola
8. la scuola crede che gli studenti si impegnano solo se si devono misurare con i voti
9. la scuola crede che la disciplina sia una parte costituente dell’apprendimento
10. La scuola crede che gli studenti abbiano, di base, un intrinseco interesse ad apprendere qualunque cosa la scuola decida di insegnare loro.

Estratto  da
R. C. Schank, C. Cleary, Engine for Education, Lawrence Erlbaum Associates, 1995
Traduzione Gianni Marconato

Vediamo  se possiamo ancora   essere d’accordo con queste affermazioni:

  1. La scuola agisce come se l’apprendere possa essere dissociato dal fare

Significa  che  consideriamo  l’apprendimento come pura teoria dissociata dalla pratica, mentre vivere e realizzarsi è una questione assolutamente pratica e contingente.

  1. la scuola crede che la valutazione sia parte del loro ruolo naturale

Significa che   i docenti sono stati  formati  a pensare  che loro saranno i soli valutatori  del loro operato  e dell’operato degli studenti, mentre invece  il docente come un qualunque maneger  è tenuto a rendicontare del proprio  lavoro,  ed i suoi  primi  (e forse veri)  valutatori  sarebbero  gli stessi studenti

  1. la scuola crede di essere obbligata a creare curricula standardizzati

Significa  che    non ci sono  curricula standardizzati, ossia   programmi immobili e statici, calati dall’alto, e subiti passivamente,  come  una creatura  a  noi stessi  estranea.  I programmi  sono concepiti in itinere secondo linee guida generali e personalizzati/modificati/integrati/allargati  alle più diverse situazioni e condizioni.

4. gli insegnanti credono di dover dire agli studenti cosa loro pensano sia importante sapere

Significa  che solo lo studente stesso  può decidere  alla  fine   cosa debba essere importante nell’apprendimento, che significa che lo studente stesso deve giocare un ruolo attivo e consapevole  nella propria formazione.

5      la scuola crede che l’istruzione possa essere indipendente dalla motivazione per un uso attuale

Significa  che  la  scuola   non sa o non si preoccupa di  coinvolgere, non sa  o non si preoccupa di  motivare,  impone senza proporre o propone  per imporre, sostituendosi    al ruolo centrale ed insostituibile   del discente.

6.         la  scuola  crede che studiare sia una parte importante dell’apprendere

Significa  che lo studio è solo una piccola parte dell’apprendere; si apprende anche e soprattutto  costruendo, osservando, ascoltando, sperimentando, ricercando, viaggiando, facendo musica, teatro, e  mille altre  cose ancora.

7. La scuola crede che attribuire voti sulla base del gruppo di età sia una parte intrinseca dell’organizzazione di una scuola

Significa che il voto è solo un possibile e senz’altro limitato  modo di fare scuola; esistono sistemi formativi ed educativi  che non ricorrono affatto la voto e dimostrano di funzionare benissimo.

8.         la scuola crede che gli studenti si impegnano solo se si devono misurare con i voti

Significa  che  gli insegnanti  sbagliano a pensarlo; gli studenti scolarizzati credono nella funzione del  voto solo perché non hanno conosciuto una forma alternativa di valutazione. Se la conoscessero,  rinuncerebbero volentieri  a  un sistema di  misura dei   propri progressi così rigido ed  irrisorio.

9.         la scuola crede che la disciplina sia una parte costituente dell’apprendimento

Significa  che non si può apprendere nel caos e nell’assenza di regole, ma che le regole non sono una parte costituente dell’apprendimento, ma solo necessaria, solo data in premessa, e non in sostanza. Bisogna fare disciplina per poi potercene dimenticare.

10.       La scuola crede che gli studenti abbiano, di base, un intrinseco interesse ad apprendere qualunque cosa la scuola decida di insegnare loro.

Significa  che  molte scienze o saperi  decisi e programmati dalla scuola potrebbero e possono non interessare di fatto gli studenti; di contro molti saperi  non messi a programma potrebbero riscuotere la loro provvidenziale e preziosa attenzione  che li trasformerebbe   da giovani senza arte  né parte a giovani  con progetti  ed entusiasmi  da mettere alla prova.

Sembra  che la carne messa al fuoco  su cui riflettere  sempre   sia  molta.

Tutto può essere  sempre di certo migliorato rivisto  ripreso e rivalutato.

L’importante per gli addetti ai lavori  è  di non strumentalizzare mai   e  di  non lasciarsi  mai strumentalizzare; è   agire  sempre  con la massima  diplomazia  e disponibilità,  verso tutti gli interlocutori coinvolti,  perché quello che può sembrare  inizialmente in un certo modo, se osservato da un’altra angolazione che non avevamo preso in conto  può apparire completamente diverso.

La questione   degli errori della scuola è di vecchia data, ma non si finisce mai di riproporla e di rivisitarla.

Naturalmente   a  docenti sempre pronti a rimettersi in gioco e a non perdere l’entusiasmo  del lavorare  coi giovani per i giovani grazie ai giovani.

I CARE

Testimonianze dirette di chi l’ha frequentata

Sono i giovani di Barbiana stessi che definiscono in cinque punti la scuola nel 1963, quattro anni prima della morte di don Milani:

1.Barbiana 
« …Barbiana non è nemmeno un villaggio, è una chiesa e le case sono sparse tra i boschi e i campi… In tutto ci sono rimaste 39 anime… In molte case e anche qui a scuola manca la luce elettrica e l’acqua. La strada non c’era. L’abbiamo adattata un po’ noi perché ci passi una strada. »

2.La  scuola 

« La nostra è una scuola privata… D’inverno stiamo un po’ stretti, ma da aprile ad ottobre facciamo scuola all’aperto e allora il posto non ci manca… Soltanto nove hanno la famiglia nella parrocchia di Barbiana. Altri cinque vivono ospiti di famiglie di qui perché le loro case sono troppo lontane… Qualcuno viene da molto lontano, per esempio Luciano cammina nel bosco quasi due ore per venire e altrettanto per tornare. Il più piccolo di noi ha 11 anni il più grande 18… l’orario è dalle otto del mattino alle sette e mezzo di sera… Non facciamo mai ricreazione e mai nessun gioco… i giorni di scuola sono 365 all’anno, 366 negli anni bisestili… abbiamo ventitré maestri, escluso i sette più piccoli, tutti gli altri insegnano a quelli minori di loro… »

3.Perché i  suoi ragazzi  andavano  a scuola    “sul principio”
« Prima di venirci né noi né i nostri genitori sapevamo cosa fosse la scuola di Barbiana. Quel che pensavamo noi non siamo venuti tutti per lo stesso motivo. Per noi barbianesi la cosa era semplice: La mattina andavamo alle elementari e la sera ci toccava andare nei campi. Invidiavamo i nostri fratelli più grandi che passavano la giornata a scuola dispensati da quasi tutti i lavori. Noi sempre soli, loro sempre in compagnia. A noi ragazzi ci piace fare quel che fanno gli altri. Se tutti sono a giocare, giocare, qui dove tutti sono a studiare, studiare. Per quelli delle altre parrocchie i motivi sono stati diversi: Cinque siamo venuti controvoglia (Arnaldo addirittura per castigo). All’estremo opposto due abbiamo dovuto convincere i nostri genitori che non volevano mandarci (eravamo rimasti disgustati dalle nostre scuole). La maggioranza invece siamo venuti d’accordo coi genitori. Cinque attratti da materie scolastiche insignificanti: lo sci o il nuoto oppure solo per imitare un amico che ci veniva. Gli altri otto perché eravamo davanti a una scelta obbligata: o scuola o lavoro. Abbiamo scelto la scuola per lavorare meno. Comunque nessuno aveva fatto il calcolo di prendere un diploma per guadagnare domani più soldi o fare meno fatica. Un pensiero simile non ci veniva spontaneo. Se in qualcuno c’era, era per influenza dei genitori… »

4.Perché andavano  a scuola    “dopo”
« A poco a poco abbiamo scoperto che questa è una scuola particolare: non c’è né voti, né pagelle, né rischio di bocciare o di ripetere. Con le molte ore e i molti giorni di scuola che facciamo, gli esami ci restano piuttosto facili, per cui possiamo permetterci di passare quasi tutto l’anno senza pensarci. Però non li trascuriamo del tutto perché vogliamo contentare i nostri genitori con quel pezzo di carta che stimano tanto, altrimenti non ci manderebbero più a scuola. Comunque ci avanza una tale abbondanza di ore che possiamo utilizzarle per approfondire le materie del programma o per studiarne di nuove più appassionanti. Questa scuola dunque, senza paure, più profonda e più ricca, dopo pochi giorni ha appassionato ognuno di noi venirci. Non solo: dopo pochi mesi ognuno di noi si è affezionato anche al sapere in sé… Prima l’italiano perché sennò non si riesce a imparar nemmeno le lingue straniere.Poi più lingue possibile, perché al mondo non ci siamo soltanto noi.Vorremmo che tutti i poveri del mondo studiassero lingue per potersi intendere e organizzare fra loro. Così non ci sarebbero più oppressori, né patrie, né guerre. »

5.Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare 
« …Per es. uno dei più grandi, già bravissimo in matematica, passava le nottate a studiarsene dell’altra. Un altro, dopo sette anni di scuola qui, s’è voluto iscrivere a elettrotecnica. Alcuni di noi ogni tanto son capaci di trascurare una discussione per mettersi a contemplare un motorino come ragazzi di città. E se oltre al motorino avessimo a disposizione anche cose più stupide (come il televisore o un pallone) non possiamo garantirvi che qualcuno non avrebbe la debolezza di perderci qualche mezz’ora… Pressione dei nostri genitori e del mondo a nostra difesa, però c’è che ognuno di noi è libero di lasciare la scuola in qualsiasi momento, andare a lavorare e spendere, come usa nel mondo. Se non lo facciamo non crediate che sia per pressione dei genitori. Tutt’altro! Specialmente quelli che abbiamo già preso la licenza siamo continuamente in contrasto con la famiglia che ci spingerebbe al lavoro e a far carriera. Se diciamo in casa che vogliamo dedicare la nostra vita al servizio del prossimo, arricciano il naso, anche se magari dicono di essere comunisti. La colpa non è loro, ma del mondo borghese in cui sono immersi anche i poveri. Quel mondo preme su di loro come loro premono su di noi. Ma noi siamo difesi da questa scuola che abbiamo avuto, mentre loro poveretti non hanno avuto né questa né altra scuola. »

Riflessioni brevi personali

La scuola di Barbiana,  oggi,   non è più   un luogo fisico   dove si possa andare e decidere di rimanervi.

Essa è rimasta  un  luogo non luogo,  un tempo non tempo,  che solo  continua a vivere nelle persone che l’hanno frequentata, e più che frequentata, vissuta e portata  nel cuore. E dopo di loro continua a vivere nelle persone che l’hanno studiata, approcciata, incrociata  nella propria  formazione pedagogica.

La scuola del prete più discusso d’Italia (se non il più discusso, uno dei più  chiacchierati) è praticamente  la storia di questo stesso  religioso  ed educatore; perseguito per la sua eccessiva   originalità e per il suo temperamento eccessivo, don  Lorenzo  viene mandato a Barbiana per    punizione,  affinchè   gli venga inflitto  una specie di confino, di isolamento.

Invece a Barbiana  il nostro speciale investito  religioso    mette floride e felici radici. A dispetto di ogni più  funerea  e malvagia   previsione.

Don Lorenzo l’intemperante, Don Lorenzo il cattocomunista, Don Lorenzo  l’eretico, Don Lorenzo il  disubbidiente, Don Lorenzo  il folle…

Invece Don Lorenzo è solo un prete fuori da ogni schema  e fuori da ogni ortodossia, ed è un educatore  che concepisce quindi la scuola soprattutto  per quei  poveri  che nella scuola normale verrebbero e sono di fatto   “scartati”  perchè ritenuti   inadeguati e non dotati.

Certo, molti studenti smidollati  di  oggi   non so se metteremmo con coraggio   mai un piede dentro questa concezione di  formazione scolastica.  Qui  non c’è un solo giorno di vacanza, non c’è il momento del gioco, non ci sono distrazioni di sorta.

Lo studio è per ogni suo partecipante come la vanga per il contadino; come l’adulto deve lavorare, il bambino/ragazzo deve studiare. Almeno fino a che non deciderà d’essere pronto per il lavoro. E magari    deve anche lavorare, per aiutare la famiglia…

E non si studia  per il voto, perchè qui i voti non esistono. Esiste  il capire, il saper fare, il progettare, l’ingegnarsi…

Lo studio è una cosa assolutamente seria e faticosa, e don Lorenzo  lo sa.

Ma grazie ad esso  i giovani formati ed educati  alla vita  saranno uomini  adulti capaci d’affrontare ogni genere di difficoltà, capaci di scegliere, capaci di conoscere, evolvere  e comprendere.

Questo è il fascino di questo maestro mai tramontato, un insegnante  che non pensa a bocciare  nessuno, ma che pensa a salvare tutti, a dare a tutti la propria possibilità.

BARBIANA COME SCUOLA DELL’AUTONOMIA (aveva il suo regolamento) , DELLA COOPERAZIONE (i più grandi devono insegnare ai più piccoli e si studiano i metodi di scuola utilizzati dagli altri paesi),  DELLA FLESSIBILITA’ ( ci sono programmi plurimi, personalizzati e  contestualizzati) E DEL TALENTO ( occorre portare ognuno alla realizzazione personale e sociale)

Ma non sono forse le  caratteristiche  che la scuola dello Stato  cerca di perseguire ancora oggi più di ieri,  come  mete e propositi di non facile realizzazione?

Domanda  legittima:  come può in insegnante che si riconosce   in questo modello, stare bene e trovare il proprio posto nella scuola reale?

Le tre emme della mia didattica

Insegno ispirandomi nel mio piccolo a tre  grandi  maestri del recente passato. Li chiamo le mie tre emme, emme come Montessori, come Milani e come Maieutica.

I corsi di formazione continua, moderni e supertecnologici,   non sono stati in grado di sostituirli.  Questi   mi rendono   informata e formata,  ma quelli   danno il senso e tracciano la via  del mio vagabondare lavorativo.

Ho annoverato l’antico  Socrate  tra i  pedagogisti recentemente passati, come se fosse contemporaneo degli altri due studiosi ed educatori; e non è stato un lapsus o una svista; Socrate è assolutamente senza tempo.

Ecco quindi un brano classico di insegnamento maieutico, giusto per darne una rispolverata e  nell’attesa di potere quanto prima riportare i miei…

Chiese il maestro    ai suoi scolari: “Voi ragazzi,  non avete mai confuso  il vostro compagno Paolo  con questa tavola o con questo albero? Giusto?”

“O no…”

“Perchè?”

“Perchè  questa tavola  è inanimata  e insensibile;   invece Paolo vive e sente!”

“Bene,  se voi battete la tavola  non  sente nulla e voi non le fate del male;  ma avete voi diritto di distruggerla?”

“No,  si distruggerebbe   la cosa altrui”  “

“Che cosa dunque rispettate  nella tavola?”  il legno inanimato e insensibile, ovvero la proprietà di colui cui essa appartiene?”

“La proprietà di colui cui essa appartiene”

“Avete voi il diritto di battere Paolo?”

“No, perché gli faremmo male e patirebbe”

“Che cosa rispettate in lui?, la proprietà di un altro o Paolo stesso?”

“Paolo stesso”

“Voi non potete dunque    né batterlo, né rinchiuderlo, né privarlo di cibo?”

“No, i carabinieri ci arresterebbero”

“Ah ,la paura del carabiniere…ma è solo per questo che non fareste del male a Paolo?”

“No,  signore, perché noi amiamo Paolo  e non vogliamo farlo soffrire,  perché non ne abbiamo il diritto”

“ Credete  dunque  che bisogna  rispettare  Paolo  nella vita  e nella sua sensibilità, perché la vita e la sensibilità  sono da rispettare?”

“Sì, signore”

“Vi è dunque solo questo da rispettare in Paolo? Esaminiamo,  cercate bene”

“I suoi libri, il suo abito, la sua cartella, la colazione che vi è dentro…”

“ Sia,  che volete dire?”

“Noi non possiamo stracciare i suoi libri, macchiare il suo abito, distruggere la sua cartella, mangiare la sua colazione”

“E perché?”

“Perché queste cose sono sue e non è permesso prendere le cose altrui”

“Come si chiama l’atto che proibisce di prendere le cose altrui?”

“Furto”

“ Perché  il furto è proibito?”

“Perché si  va in prigione”

“Sempre la paura del carabiniere….Ma  è soprattutto per questo che non si può rubare?”

“No   signore, perché la roba altrui deve essere rispettata, come la persona altrui”

“Benissimo,  la proprietà è il prolungamento della persona umana e si deve rispettare come quella,   ma è qui tutto?  Non vi è altro da rispettare in Paolo che il corpo, i libri e i quaderni? Non vedete altra cosa?  Non  trovate più nulla?…vi metterò sulla via io: Paolo  è uno   scolaro studioso,  un compagno franco e servizievole; voi tutti lo amate come si merita.  Come si chiama  la stima che noi abbiamo per lui? La buona opinione che noi abbiamo di lui?”

“L’onore,   la reputazione…”

“Orbene, questo onore, questa reputazione  Paolo si acquistò con la buona condotta e i buoni costumi.  Sono cose che gli appartengono  “

“Sì signore, noi non abbiamo il diritto di rubargliele”

“Benissimo,  ma come si chiama questo furto, cioè il furto dell’onore? E prima di tutto, come si può rubarglieli?”  sono forse essi che si possono  prendere  e mettere  in tasca? “

“No, ma si può parlare male di lui”

“Come?”

“Si può dire che egli ha fatto del male a un compagno…che ha rubato delle mele nel vicino frutteto…che ha sparlato di un altro…”

“Sia,  ma come così parlando voi gli rubereste  l’onore e la reputazione?”

“Signore, non gli si crederà più, si avrà cattiva opinione di lui,  si batterà, rimprovererà ,  e si lascerà in disparte…”

“Dunque, se voi dite male di Paolo, allorchè questo male è falso,  gli farete piacere?”

“No, signore , gli si recherà dolore, gli si farà torto,  il che sarebbe assai brutto e cattivo”

“Sì, miei ragazzi, questa menzogna con l’intenzione di nuocere sarebbe assai brutta e cattiva e si chiama calunnia.   Io vi spigherò più tardi  che si chiama maldicenza,  il male che si dice di una persona,  quando questo male è vero,  e vi mostrerò le funeste conseguenze della calunnia e della maldicenza.

Riassumiamo dunque quel che dicemmo: Paolo  è un essere vivente e sensibile.  Non dobbiamo procurargli  sofferenze,  né derubarlo,  né calunniarlo; dobbiamo rispettarlo.    Si chiamano diritti queste cose rispettabili che sono in Paolo e lo rendono una persona morale”  L’obbligazione  che  noi  abbiamo  di rispettare  questi diritti si chiama dovere.  Si chiama  poi giustizia  l’obbligo o il dovere  di rispettare  i diritti altrui.  Giustizia deriva  da due parole  latine  (  in iure stare  )   che significano:  “mantenersi nel diritto”.

I doveri  di giustizia  da noi  numerati  si riassumono così: Non  ferire…non far soffrire…non rubare…non calunniare…”  Riflettete alle parole  che dite sempre:  “Non”    con  un verbo infinito  imperativo…che significa questo?…”

“Un  obbligo, un comando…un divieto”

“Via, spiegate”

“L’obbligo del rispetto, il comando  di rispettare  i diritti…il divieto di rubare…”

“In che cosa dunque si riassumono essi?  Nel non fare del male

Brano tratto    da   “L’autoeducazione”  di Maria Montessori  Edizioni  Garzanti

 

Il cuore

 

 

 

E’ il sole che ci scalda

quello che non tramonta mai

perchè  sappiamo tornerà a risorgere

che ci tiene vivi…

E’  l’acqua  che ci nutre

quella che riteniamo un bene naturale

ed inestinguibile

mentre invece va protetta

come noi stessi

che ci conserva  sani

E’ la terra dura e solida

sulla quale  costruiamo  le nostre case

dove ci ripariamo dai venti e dalle piogge

ma non dai nemici

che ci mantiene

E’  l’aria  che respiriamo

che permette  il buon funzionamento di tutti i nostri

ammennicoli vari

qualcuno più grande qualcuno più piccolo

che ci mantiene  funzionanti

Ma alla fine è  solo  il nostro cuore

che batte

e la nostra capacità d’esercitarlo bene

che ci fa uomini

 

 

Caro Gesù…

Questo articolo è stato scritto da Elfo Bruno. L’ho letto per caso, mi  è piaciuto, l’ho trovato congeniale a qualche mia recente riflessione. Così lo ripropongo qui, e faccio i miei auguri  di una vita  ben riuscita ad Elfo… (qui il suo articolo originale)

 

Caro Gesù, diciamo che oggi per te è un anniversario importante. Quasi duemila anni fa, infatti, cominciava il tuo calvario: ti avrebbero messo in croce, avresti assolto tutti i peccati del mondo e, secondo il mito, sarebbe cominciata la nuova era, la fine dei tempi, l’inizio del regno di Dio.

E invece.

Venti secoli dopo il mondo non è migliore rispetto a quello che avevi immaginato. La società non crede più in troppe divinità, ma in una sola. Il potere. E questo ci ha reso, tutti e tutte, molto meno liberi di un tempo. Poi qualcuno, quel potere, lo chiama Dio, qualcun altro denaro, altri ancora conciliano egregiamente tutte e tre le cose – hai presente il concetto di trinità, no? – ma la sostanza non cambia.

Il popolo che preferì Barabba a te è sempre lo stesso. D’altronde, discendiamo dai nostri antenati. Non si è ben capito perché dovremmo essere migliori di chi ci ha preceduto, soprattutto quando la psicoanalisi ci insegna che riproduciamo, in modo più o meno conforme, i modelli che ci hanno educato. Ognuno è ciò che mangia, se vogliamo usare una metafora.

Certo, qualcosa è cambiato: non schiavizziamo più i neri in tuo nome. Le donne possono sedere a consesso con gli uomini nonostante i divieti di san Paolo. Pensa, se studiano e cercano di essere libere pensatrici non le si brucia nemmeno! Ma tanto per non perdere il vizio, siamo ancora razzisti – dal Ku Klux Klan alla Lega Nord, sai quanto orrore, caro Gesù? – siamo sessisti (hai mai guardato un reality o la pubblicità delle mozzarelle?) e, soprattutto, della Bibbiaabbiamo dimenticato molte cose, a cominciare dal tuo invito alla povertà più pura – sei mai stato in Vaticano? – però Sodoma e Gomorra ce le teniamo ben strette e allora ce la prendiamo contro al frocio di turno. Di recente, nel Regno dei Cieli, avrai conosciuto persone come Matthew Shepard o Daniel Zamudio. Uccisi, entrambi, perché gay.

Ma se vogliamo, queste sono bazzecole, almeno di fronte ad altre chicche dell’umanità, come le guerre, la distruzione sistematica dell’ambiente in cui viviamo, il costante calpestare i diritti di miliardi di uomini e donne, con le dittature, il mercato, l’indifferenza…

Come facciamo a vivere, di fronte a tutto questo? Basta poco. Nel mio paese, ad esempio, è sufficiente appendere nelle scuole e negli uffici pubblici una statuetta di te, morente – dimmi tu se questo non è cattivo gusto – fare la comunione una volta l’anno e continuare a fottersene bellamente di tutto il resto. La coscienza ne vien fuori integra e pulita, almeno all’apparenza. Ma l’anima?

Per questo mi chiedo, io che non credo, ma che ho abbastanza stima di te da pensare che, anche qualora fossi solo un mito e non un personaggio realmente esistito, hai detto cose abbastanza fighe e rivoluzionarie per i tempi che hai vissuto, se ne è valsa la pena. Se ogni chiodo e ogni tortura che ti hanno attraversato il corpo non siano state un prezzo troppo oneroso, di fronte all’ipocrisia di chi oggi protegge criminali pedofili, va a braccetto con le dittature, vuol tenerci attaccati contro voglia a un respiratore e ci impedisce di amare al meglio delle nostre facoltà. E non sto parlando solo del tuo fan club. Se guardi bene, ho già scomodato tirannidi e distruzione di uomini e donne, animali, pianeti interi.

Era questo che volevi, quando hai deciso di affrontare il supplizio di una croce che ci assomiglia sempre di più? Perché a volte ho l’impressione di assomigliarti maggiormente io, gay, “peccatore” (se mai tale parola dovesse avere un significato qualsiasi), imperfettissimo e ferito dalle circostanze e da un’incontenibile bisogno di assoluto e di verità, che tutti coloro che dicono di parlare a nome tuo.

E allora, mi chiedo ancora: ma davvero sei morto e risorto e lasciare tutto in mano a certa gente, senza intrometterti più, senza dare un segno di disapprovazione, senza far capire che davvero da duemila anni a questa parte hanno sbagliato ogni cosa? No, perché davvero, io ci crederei pure in quella storia dell’amore e del suo abbraccio ad ogni creatura che c’è. Ma il tuo silenzio, in tutto questo tempo, e scusami se te lo dico, mi sa davvero di una prova troppo evidente per convincermi del fatto che forse sei una bella favola: dolce, tragica, senza speranza. E nulla più. Perché è questo il sapore che alla fine resta in bocca.

Per cui, anche se a me non piace, perché mi piace avere sempre ragione, se volessi smentirmi, ecco… per una volta non mi offenderei. Lo prometto. E ti prego di credermi.

Elfo Bruno

Mondo (in) piccolo

I  bambini a scuola  sono come  un mondo in  piccolo, nel senso che sono un mondo in miniatura;  tra di loro  governano sentimenti, difetti, intelligenze, eccedenze ed attitudini,  esattamente   così come accade nel mondo degli adulti.

Noi abbiamo cose che ci piacciono di più e cose che ci piacciono   di meno; per loro è lo stesso;

abbiamo   a volte   scatti d’ira;

invidie e gelosie;

momenti di debolezza;

amici e nemici;

momenti di coraggio;

desideri e speranze;

abbiamo  una certa idea propria   del bene e del male;

bisogno di tenerci occupati;

di riposare quando siamo stanchi;

di sentirci sempre  nel centro  di qualcosa;

di comunicare e sentirci  utili;

di prenderci  in  cura quando  siamo malati;

di  andare in vacanza, di sentirci amati, di voler bene, di esprimerci, di fare stupidaggini…;

e per loro è lo stesso.

La    sostanziale  differenza è che  i nostri bambini  sono ancora  incoscienti di se stessi,  mentre noi ne  abbiamo piena consapevolezza, e grazie a questa consapevolezza,  possiamo essere in grado, senza diventare   protagonisti al posto loro,  di  guidarli    sul lungo  sentiero  delle  scoperte che fanno crescere.

Il rapporto insegnante discente non è un legame  paritario, per via della coscienza che il primo possiede ed  il secondo non conosce.

L’insegnante è come un direttore d’orchestra, solo che la musica da suonare non la decide lui, la decide il gruppo classe.

E’ come  un guardiano  di beni preziosi,  solo che i beni preziosi sono esseri sconosciuti  e con libera  capacità  di decidere e disporre di sè.

E’ come  un giocoliere capace di particolari     esercizi  di bravura, solo  che  i burattini di questo  teatro non hanno fili,  sono  autonomi,  sono i signori  del palco, loro stessi   decidono il contenuto  dello spettacolo.

L’insegnante che entra in classe non saprà fino alla fine della giornata   se  quel  che dovrà fare  e avrà fatto,   otterrà  successo  oppure no.

Troppe le variabili non previste e non prevedibili.

Non solo troppo imprevedibili, ma addirittura  quello che potrebbe  sembrare  al momento  riuscito,  potrebbe nel tempo rivelarsi  insufficiente, come  anche  quello che potrebbe  essere risultato inadeguato, nel tempo potrebbe risultare centrato.

Insomma,  insegnare è un fatto di relazione; c’è un insegnante e un minore ( fino a che non diventerà maggiorenne);  c’è un gruppo di insegnanti e un gruppo di minori più o meno numeroso, più o meno rumoroso,  più o meno forte  o  complicato;  c’è un insegnante e un  ennesimo  gruppo di minori  chiamati  a fare  qualcosa, ad occuparsi di un determinato compito.

Dentro questa relazione sta l’apprendimento, sta il beneficio, sta il vantaggio, sta la crescita, sta lo sviluppo, l’evoluzione di un paese.

Un’insegnante   scrupoloso  e capace  può avvicinare ai bambini, in un solo giorno,    più mondi di quanto un genitore distratto  non sappia fare in dieci anni e più  di convivenza con il proprio figlio;  può  toccare con mano, negli anni,    i cambiamenti  della  crescita  dei suoi ragazzi,  almeno  quanto  se non di più   di due genitori  assenti  o inadeguati.

Un insegnante  indifferente e non motivato  può solo perdere    e far perdere tempo prezioso. Purtroppo può anche far danni, al pari di un genitore inadeguato.

Inutile dire  che la collaborazione dei genitori con chi si prende cura della formazione  scolastica,  rimane sempre un momento  chiave    per la buona riuscita  delle  tappe  evolutive.

Non sempre questa collaborazione accade, non sempre è possibile.

Mentre i genitori non si scelgono, e nemmeno  i fratelli  e tutti i parenti,  in un certo senso l’insegnante  si  può scegliere. Lo fa soprattutto  chi ne dispone ampiamente i mezzi,  ma anche chi può fare nel suo piccolo, piccole scelte.

Poi  c’è la bella storia  di chi non si è scelto, ma  si trova lo stesso magnificamente bene, insieme  all’insegnante  di passaggio.

Solo una piccola  precisazione. Se il genitore  può scegliere  il maestro (possibilità permettendo),  il maestro  non  potrebbe arrivare a  scegliere  i propri  alunni.

Se così accadesse,  potrebbero rimanere molti  discenti  senza  insegnanti, e questo non è auspicabile, perché tutti abbiamo il diritto/dovere   di imparare,  nonostante il nostro impulso   inconfessabile   di rimanere  ignoranti come    di voler avere solo  alunni  perfetti.

Questo è lo spirito democratico, sommo  ed universale della scuola in quanto scuola.

5 ottobre: Giornata mondiale dell’insegnante

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IL PROGETTO CENTO PIAZZE

IL PUNTO PD

IL TERZO GRADINO

L‘OPINIONE CHE CIRCOLA

Da riflettere

VOLERE APPRENDERE CREARE





Voler apprendere

strategie di apprendimento

l’agire creativo

la creatività

come sviluppare la creatività

Etica del lavoro, prega per noi

Etica del lavoro, prega per noi. Mai  litania fu più ben detta di questa…

Tale   riflessione parte dal concetto che noi siamo molto bravi a riconoscere le nostre personali necessità ed i nostri sacrosanti diritti, ma non siamo altrettanto bravi a riconoscere le necessità ed i diritti, anche quelli più palesi, di chi ci sta accanto.

Quante volte ci capita di  farlo, anche inconsapevolmente, anche senza metterci particolare perfidia, anche senza essere detti  palesemente  parlando,  degli  stronzi?

Succede nella frenesia del nostro quotidiano  che non ci suggerisce   più il buonsenso  di riflettere, di prenderci un piccolo spazio, indispensabile e salutare,  per riuscire ad essere noi e solo noi  a governare  la nostra giornata  e non  il nostro capoufficio, o il nostro dirigente, o il collega  con cui lavoriamo e che avrebbe la pretesa di dominarci o di contare un pezzo di più…

Come riuscire a trovare il nostro sacrosanto e doveroso equilibrio? Come riuscire ad esercitarlo anche nei momenti più difficili, più critici, dove può facilmente accadere   una   scivolata di stile, una caduta di tono, una perdita del centro?

Innanzitutto sapendo sempre fare un passo in retromarcia; quando ci accorgiamo che non è giornata, non tira l’aria giusta   e si può solo peggiorare la situazione, è sempre meglio desistere, è sempre meglio tirarsi indietro.

Una volta fatto questo,  si può rivedere la dinamica dei fatti, degli eventi.

Ci accorgeremmo senz’altro di avere commesso degli errori; potrebbero essere errori di impostazione, di approccio, di premesse,  di interpretazione o di forma, l’importante è che non siano errori di sostanza, perché se fossero tali  allora noi saremmo inequivocabilmente senza possibilità d’appello dalla parte  del torto.

Non che gli sbagli non si possano commettere, ma chi commette  errori deve essere pronto a riconoscerli e a rimediarli tutti e subito.

Se non lo dovesse fare, se non lo dovessimo fare,  allora potrebbe  essere    qualcun altro a  venirci  a chiedere spiegazioni e noi ci troveremmo nel difetto  di avere voluto  fare i furbi.

Già, i furbi, come se il mondo non ne fosse abbondantissimamente pieno…

Perché il problema è proprio questo,  l’etica  del rispetto ha lasciato dominio quasi assoluto alla logica del più  disonesto.

I genitori lo insegnano ai figli, i figli lo insegnano ai compagni, gli insegnanti  lo confermano come regola che non può essere fermata od ostacolata, tutto il sistema sociale  lo conferma come un morbo dal quale si può solo sperare di non esserne  travolti…

E poi  c’è l’equivoco,   c’è sempre l’insidia  ancora più sibillina e contorta  dell’equivoco; ci sono persone che non hanno per carattere la capacità di dare fiducia al prossimo.

Queste persone  instaurano intorno a loro, per un loro bisogno prioritario,   un  regime  di  controllo e di sorveglianza  ossessiva e costante; trasmettono questa forma  mentis ai propri collaboratori, ai propri sottoposti, ai propri colleghi, alla famiglia, agli amici, agli amici degli amici…fino a che tutto  viene stritolato e travolto da una sorte di  malcontento generale, dove le cose solo in apparenza sembrano funzionare in maniera ineccepibile, ma in verità  è solo che tutto rimane  taciuto e segreto  perché bloccato nella libera espressione.

Questo è un cancro  sociale che vige negli ambienti lavorativi in genere, in tutte le grandi aziende, nelle istituzioni,  nei grandi palazzi, ma anche nelle piccole realtà di paese,  dove le comunità  ristrette  rendono  tutto più ingigantito, tutto più  drasticamente   amplificato.

Personalmente     credo che questo cancro sociale può essere fermato o comunque pilotato dalle volontà  dei singoli.

E’ straordinaria la forza che può avere una persona all’interno di una comunità.

Se questa persona decide di non lasciarsi assorbire da queste dinamiche perverse  e distruttive,  può  facilmente trovare all’interno dell’ambiente lavorativo che pratica  un valido alleato con cui confrontarsi.

Possiamo pensare che le  azioni di ostruzionismo  alla esaltazione dei disvalori  siano già diventate due.

Ma non si esclude  che potrebbero diventare tre, e se una   persona può lanciare il primo sasso, due possono fare una bella coppia, cosa potrebbero mai fare tre persone aperte, dinamiche e non  preconfezionate in meccanismi  chiusi,  che la pensano alla stessa maniera, ossia  che viene sempre prima il rispetto della persona e della sua dignità, a qualunque altra esigenza?

Credetemi, possono fare moltissimo.

E’ per questo che io rimango fiduciosa.

Plaudo  le meravigliose persone che  so esistere,  che so  albergare nelle nostre quotidianità,  che so  resistere nonostante le fatiche e le difficoltà  sempre in crescita,  di cui conosco il valore  profondo e meritevole.

E’ questa la banale meritocrazia  che ogni  reticolato di persone  dovrebbe auspicarsi e incrementare;  credetemi, non sono baggianate, non sono vuote parole, sono  le condizioni di vita  di tutti   noi che ogni giorno dobbiamo affrontare l’onda nera  dell’impersonalità,  l’ipocrisia  del borghese e dell’invidioso  che ci vorrebbe vedere  schiacciato,  e solo per goderne in maniera  perversa…

Dico  personalmente grazie a tutti quegli speciali  individui  del tutto comuni e del tutto ordinari   che  non si lasciano annullare, che non si lasciano succhiare dalle logiche del più forte e del più frustrato,  ma che semplicemente sanno rimanere se stessi dentro il marasma  del sospetto, della discriminazione,  del pregiudizio  e dell’assenza d’amore.

Del resto ricordiamoci  che  chi non sa amare, ossia avere rispetto delle persone,    è solo qualcuno che non si è mai sentito  amato.

E ricordiamoci  che rispettare un lavoratore significa rispettare   il lavoro stesso, evitare  ogni genere  di  malcontento inutile,  prevenire le lamentele e le denunce  che possono sfociare in dolorosi e complessi  quanto spesso   inutili   iter giudiziari;    vuol dire dunque voler bene all’economia, volere bene al Paese, voler bene al  nostro prossimo tutto,   sapendo immaginare, dentro questo  nostro  traballante  circuito   che si chiama  per noi    civiltà  tecnologica,   i nostri stessi   figli   che un giorno diventeranno adulti.

E poi se ancora non dovessero bastare tutte queste premesse, allora ragazzi, ricordiamoci anche che ci sono strumenti senz’altro più diretti ed efficaci attraverso i quali far valere i propri diritti…se non vogliamo fare la fine di quell’idiota che  scelse di  morire a soli trentatre anni…

Sempre un Occhio critico sul web

davide bennato

QUANDO CHATTI O VAI IN RETE, DEVI SAPERE CHI C’E’ DALL’ALTRA PARTE!!!

adescamento via internet per rapina

ANNUNCI DI LAVORO FALSI

FENOMENO GROOMING

Ma sarebbe lunghissima la lista che potremmo inserire  sulle varie forme di adescamento via rete  che poi si trasformano in una sorta di tortura psicologica o di  veri e propri delitti contro minori indifesi.

Aiutiamoli, proteggiamoli, difendiamoli.

SPOT ANTI AIDS, PER NON ABBASSARE LA GUARDIA

Noi   facciamo  sesso sicuro!!!

RAGAZZI, VOI SIETE IL SALE DEL MONDO

Non perdere mai la tua lucidità,  non farti rubare la vita,  e se hai bevuto troppo,  non metterti mai al volante; potrebbe essere l’ultima volta che lo fai…

RAGAZZI, STUDIATE, CHE E’ MEGLIO

Questi video sono per tutti i nostri ragazzi  che vanno a scuola  senza alcun interesse, buttando via il tempo,  senza rendersi conto     dell’ enorme fortuna  che hanno avuto nella vita  e di quanto  essa venga molto molto stupidamente     buttata via. Voi siete  farfalle nate per volare;  non rinunciate ai vostri sogni…

http://www.youtube.com/watch?v=tAnsLmrBnCI&feature=related

RAGAZZI, IMPARIAMO A STUDIARE

STUDIARE E’ BELLO

GESTIONE TEMPO

QUESTIONARIO SULLA AUTOVALUTAZIONE DELLO STUDIO

LE REGOLE DELLA BUONA SCRITTURA

GLOTTODIDATTICA METACOGNITIVA : UNA MERAVIGLIA

PIETER BRUEGHEL, La grande Torre di Babele, 1563 (Wien, Kunsthistorisches Museum)

INSEGNARE LE LINGUE – la lingua madre CON LE ICT

LO STUDIO DELLE LINGUE

L’ANALISI DELL’ERRORE

VIDEO ANTIPEDOFILIA

E’  stato tolto il video sponsorizzato dalla polizia postale

credo rimanga visibile sul web…

I PERICOLI DEL WEB

microsoft-mar11[1]

onap-marzo2011[1]

web-cattera-pol-stato[1]

LA LIM IN CLASSE

Fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/File:Interactive_whiteboard_at_CeBIT_2007.jpg

C’è chi ce l’ha, chi ne è sprovvisto, chi la usa male, chi la usa bene, chi vorrebbe imparare ad usarla, chi ne intuisce le potenzialità  e chi le mette in pratica.

Ecco come usarla, come i docenti la stanno usando, come si potrebbe  pensare di  progettarla…

Solo alcune idee, naturalmente, per gli addetti ai lavori, presenti, di passaggio e futuri.

LIM L’UNITA’ D’ITALIA

ESCURSIONE CON LA LIM

L’esperienza meravigliosa (tra le infinite esistenti) del collega

MAPPA DELLA LIM COMPLETA

Aule virtuali – aule reali e metacognizione come pensiero partecipato

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LAVORARE CON IL PODCASTING

GUIDA AL PODCASTING

Informatica&Scuola_Podcasting_Pian.doc”.pdf

PodcastProducer

LA DIDATTICA METACOGNITIVA

INTRODUZIONE

LA DIDATTICA METACOGNITIVA

LA SCUOLA DEL SUCCESSO E LA METACOGNIZIONE

IL SISTEMA ADVP A SCUOLA

 

ADVP

Croce_Cosa_può_rendere_felice_società_italiano

Einstein_Io_di_fronte_mia_scelta_scelta_propria_strada_italiano_latino

Einstein_Una_espererienza_successo_inglese

Paperblog? Funziona, e non è una pagina di Paperopoli

 

            VIVA       

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   VIVA    e-internet.it : il meglio del Web a portata di click!

 

Cari amici, cari lettori, caro mondo del web, in questi giorni si è avviato un nuovo sito che si chiama Paperblog;  è nato con lo scopo di dare la caccia agli articoli  di noi bloggers   per segnalarli all’attenzione del grande pubblico  affinchè abbiano una pubblicità  che da soli nella giungla  dei  nativi o non nativi digitali, senz’altro  difficilmente  riuscirebbero  a raggiungere…

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Lotta al velo integrale o lotta alle segregazioni?

Il Belgio è il primo paese in Europa ad avere  varato  una legge contro l’uso in pubblico del velo integrale; senz’altro questo farà scuola agli altri paesi, ma osserviamone più da vicino il significato e le relative implicazioni.  A Novara è stata inflitta la prima salatissima e meritatissima multa contro una donna che camminava per strada con il velo che gli copriva completamente il viso; il commento del marito è stato: ” D’ora in poi non uscirà più di casa…” e quindi è ancora la donna e sempre solo la donna che finisce per pagare i tabù  e le ignoranze   dei propri  uomini.  Verrebbe da aggiungere la seguente domanda: “Ma perchè queste donne non si ribellano? possibile che sono tutte così succubi e ceche? possibile che non riescono a non fare qualcosa  di significativo per cambiare lo stato delle cose, nemmeno quando vivono in paesi occidentali?”

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