Se il sole muore, seconda parte

Ho finito di leggerlo.

La prima cosa che mi viene da commentare  è che il libro meritava, naturalmente.  Non solo per come scrive la Fallaci, che comunque lo sappiamo, è stata un genio della scrittura. Non solo perchè  il suo stile ora leggero, ora canzonatorio, ora storico, ora giornalistico…non ci permette mai d’annoiarci.  Ma più che altro per quello che ci racconta, di questo suo viaggio che fece in America a studiare gli astronauti che vanno sulla luna.

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Sveva e Andrea in città

Sveva Modignani e Andrea Vitali  sono venuti in città a presentare i loro ultimi libri.

Non li avevo mai visti nè li ho mai letti, in sincerità. Nessuna opera di questi due  autori nemmeno tanto giovani.    E invece sono due belle penne  della nostra bella Italia, che vendono bene, ma che a quanto pare scrivono anche in maniera  davvero  accattivante.

Se scrivono come si sanno presentare, dovrebbero essere dei geni.

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Una visita speciale

Ma non troppo.

Perchè Papa Francesco ci ha abituato alla sua modestia, e dunque è come se in lui ci fosse veramente il parroco della chiesa di quartiere…

Qualcuno ne parla benissimo, affascinato da tanta semplicità.

Qualcun’altro non gradisce, perchè disorienta, non si sa più il peso da doverci assegnare, e poi due Papi contemporaneamente presenti. non si era mai visto, e ci si chiede quanto veramente la Chiesa stia cambiando, o voglia fare pulizia dentro di sè…

Pedofilia, soldi delle casse Vaticane, tesori della chiesa  ed  gli interessi occulti   mal si conciliano con la spiritualità del cristianesimo  e dei monasteri.

Che la  Voce della fede abbia saputo  farsi  da parte  più obbligata   che volente,  non aiuta  i vescovi   a farsi espressione di santità  piuttosto che di venerazione o prestigio.

Ma un Papa come Francesco  che ha iniziato il suo pontificato proprio all’insegna della vocazione povera e sacerdotale,  quanto può ancora fare veramente per le sue tante e agguerrite pecorelle tonacate e  smarrite?

La voce agli storici…

 

 

Grazie Francesco, grazie…

Se il sole muore

Sto leggendo “Se il sole muore”  di Oriana Fallaci.

Scrisse questo libro  per  raccontare degli astronauti che si preparavano     ad andare sulla Luna. Per farlo visse un anno intero accanto a loro, vivendo il loro mondo, ragionando sui loro problemi, intervistando  i loro protagonisti, sviscerandone tutte le domande, i dubbi, le questioni, le problematiche  e le riflessioni  ad essi legate.

Leggere la Fallaci è sempre un piacere, vuoi  per il suo stile arguto, per il suo umorismo toscano, per la sua spiazzante curiosità, per il suo volere conoscere e capire sempre tutto, di ogni cosa, per il suo andare diretta allo scopo, senza mezze misure o parafrasi.

Nascono nella scrittrice  le stesse domande che nascerebbero in noi  se ci dovessimo trovare a contatto  con una realtà  che vive dalla mattina alla sera di tecnologia, dove tutto si riduce a sapere stare dentro una macchina che ci porterà nello spazio, sulla Luna, in un universo sconosciuto e misterioso, dal quale forse rischiamo di non potere tornare, e di morire durante questo  terribile viaggio.  Terribile per i rischi che comporta,  ma affascinante ed irresistibile per le straordinarie possibilità di scoperta che ci offre.

Noi, proprio noi uomini speciali  scelti tra mille ad andare nello spazio, sugli altri pianeti, oggi la Luna, ma domani chissà, potrà essere la volta di Marte o di Venere, di Saturno o di Nettuno…

Oriana li intervista, alcuni, con il suo  inimitabile stile, obbligandoli a venire allo scoperto, con i loro pensieri ed i loro difetti, le loro paure e i loro più nascosti desideri, con la loro normalità di uomini qualunque che semplicemente si sono messa in testa l’idea di andare a fare una cosa speciale, a qualunque costo, per qualunque fatica….

Uomini che devono avere dimostrato di possedere   un fisico perfetto, una salute perfetta, una intelligenza perfetta, una capacità di controllo perfetta, una  formazione tecnica perfetta, una volontà  spaziale  irremovibile, una intelligenza fuori del comune.

Leggere di questa storia di allora, dopo oltre quarant’anni  da quei primi voli ed esperimenti,  fa capire  come quello che sembrava allora futuristico e troppo azzardato oggi ci appare del tutto normale, dando la piena ragione a quegli eroi  che hanno messo in gioco la loro vita per la loro convinzione   che fosse giusto andare per pianeti, metterci a viaggiare tra le stelle e le meteoriti del cielo nero e immenso di cui non conosciamo nulla o troppo poco.

L’uomo è fatto per scoprire, e per mettersi alla prova, per allontanare sempre di più l’asticella che si pone come limite. Se così non fosse nella sua natura, non avrebbe scoperto il fuoco, e quindi la ruota, e quindi il treno, e quindi le navi, e quindi l’aereo,  e quindi i sommergibili, e quindi le navicelle spaziali.

Nel momento che si mette alla ricerca  non si ferma davanti a nessun dubbio, nonostante la paura, nonostante i rischi messi nel calcolatore, nonostante gli insuccessi inevitabili che fanno parte  come sempre  del gioco.

Le domande che si pone Oriana sono le stesse che ci poniamo noi: ma  è proprio necessario mettere così   tanta immensa  energia nel progetto di andare nello spazio? lo facciamo solo   per competizione o anche perchè ci sentiamo investiti di una missione  che sentiamo  coinvolgerci?  A  cosa porta al mondo, alla Terra, agli umani normali che rimangono a casa,  l’agire di questa manciata di  astronauti   che per arrivare a fare questo  hanno  dato  un pezzo intero della loro esistenza  sacrificando  ogni genere di distrazione, di leggerezza, di  spensieratezza e di  ripensamento?

Quanto ci può servire  conoscere nuove forme di vita? Ci saranno altre forme di umanità nel cosmo che ci circonda? Come potremo conciliare la scoperta di marziani con la fede nella Bibbia che ci racconta della sua genesi senza fare menzione di altri mondi e di altri viventi  nel cielo?  A tutte queste legittime e sacrosante domande  gli scienziati coinvolti danno le loro risposte,  e c’è solo una cosa che rimane certissima anche a noi   in tutto questo interrogarsi:  andare ieri sulla Luna è stato giusto, come lo sarà domani andare su Marte…

(riprenderò il tema alla fine della lettura…:-)

Il mulino di Ofelia

Ho letto anche questo, dopo il Gesù di Nazaret di Ida Magli.

L’autrice, sempre la stessa e  deceduta  da poco, come sempre non usa un linguaggio confortevole  e  compiacente,  verso nulla e verso nessuno.

Dall’alto della sua lunga esperienza  antropologica e sociale, analizza con la lucidità ed il  disincanto che la contraddistingue,  l’evoluzione (o meglio la dissoluzione)  del nostro sistema  di vita occidentale, ormai giunto al capolinea di una nuova era in cui non ci sarà più spazio per i miti e per i credi  che hanno contraddistinto  oltre duemila anni  di  storia  romana  e comunque latina.

L’Europa si sta consegnando come un agnello sacrificale all’invasione del barbaro, in questo caso rappresentato dalla civiltà araba e islamica,  che nel giro di qualche mezzo secolo  andrà a sostituire  senza nemmeno averci dichiarato  guerra,   il nostro  mondo incapace di reagire,   fatto di  laicismo  e democrazia   conquistati al prezzo del sangue di migliaia di migliaia di persone,  evidentemente morte per  quasi nulla.

In Oriente   ci sono altri problemi,  altri popoli  combattuti tra il mantenere la tradizione ed il proiettarsi  verso il futuro  fatto di  espansione e di conquista spasmodica del potere, in linea  al  più  classico dei modelli  occidentali .

L’Africa  si sta spostando pezzo dopo pezzo dentro i nostri confini, dentro le nostre  piccole terre di mezzo,  destinate a venire soffocate  da un’orda gigantesca di umanità   che a tutti gli effetti reclama giustizia, pace, lavoro, una vita migliore, incapace di averla costruita  a casa propria.

L’Europa crede di dovere pagare questo prezzo disumano che non ha proporzioni con nessun  altro evento storico accaduto nel passato ad altre civiltà.

Il passato ci racconta di popoli  che hanno invaso altri paesi  per  devastarli ma anche nel contempo per migliorarli, per assimilarli  dentro un discorso di scambio e di riconoscimento  reciproco che alla fine  faceva   tornare tutto alla normalità.

Oggi è diverso. Da parte degli islamici non c’è e non ci sarà nessuna volontà di assimilazione  e  di scambio. Loro prendono e basta. Prendono quello che noi stiamo garantendo loro,  andando a  delegittimare  e  distruggere un nostro equilibrio di per se stesso  precario.

Queste parole possono sembrare razziste, e non c’è dubbio che in parte lo siano, perchè il pensiero razzista  è in parte un pensiero che cerca di proteggere il conosciuto contro il non conosciuto,  il proprio  diritto  di  suolo  contro  il pericolo  di trovarcelo portato via (e non solo  l’azione  dichiaratamente  invasiva  del razzista che invade il territorio altrui),   ma di fatto  questa è la realtà sotto i nostri occhi.  Si è mai visto un intero continente  che  diviene inospitale  per i suoi stessi cittadini di nascita, e che quindi decide di spostarsi  nel continente vicino, nel nome della disperazione e con l’avvallo  di leggi  che garantiscono e comunque non bloccano questo esodo  macroscopico  e fuori  controllo?

Qualcuno ci ha venduti,  ha decretato la fine delle nostre vite ordinarie senza neanche venire a dichiararcelo,  senza neanche venire a  interpellarci,  che magari avremmo dato i nostri pareri, i nostri suggerimenti, le nostre proposte…

La nostra democrazia la stiamo spendendo tutta a favore di chi la parola democrazia non solo non la conosce ma persino la disprezza.

Non si tratta di fare come Salvini  che sembra divertirsi ad andare nelle piazze difficili  dove già sa che non sarà accolto ed ascoltato, giusto per  far parlare di sè, del suo partito e del bisogno oggettivo   di un cambiamento di rotta.   E  nemmeno si tratta di andare in piazza a sfasciare  edicole, cassonetti e  poliziotti, solo perchè rappresentano l’ordine sociale che si vuole contestare.

Si tratta di esigere   una politica europea   concretamente ed alacremente attenta  alle dirompenti problematiche sociali che ci stanno travolgendo da tempo. Si tratta di migliorare la nostra stessa democrazia  che può portarci a fare il peggio  senza reagire e senza esserne stati preparati.

Si tratta   di  esigere che il Paese Africa  assuma da se stesso  l’arte di decidere il proprio destino in terra africana. Si tratta di esigere  che il popolo islamico  assuma  dentro di sè  il problema gravissimo della sua follia  interna,  senza andare a scaricarla  troppo facilmente  sulle nostre  presunte responsabilità,   che   senza dubbio ci possono essere state, ma che nel contempo  sono già state ampiamente ripagate  e  restituite al mittente.

E che comunque non possono essere portate in conto alle persone comuni, ignare di tutto, inconsapevoli, sprovvedute, tenute nell’ignoranza e nella disinformazione.

O si è veramente in parte tutti colpevoli, per la solo ragione che non ci preoccupiamo di informarci?

Il punto gravissimo  è che non c’è più nulla in cui sperare,  là dove la politica  del potere illecito  ci ha tradito, là dove la religione del  sacro  ci ha svuotato di libertà e quindi  di  responsabilità, là dove il trionfo apparente dell’uguaglianza  ci ha solo indebolito e disorientato mettendoci tutti contro tutto,   là dove  le professioni  della specializzazione  ci hanno frantumato in pezzi   spezzati  e sperduti  dentro un labirinto sempre più vasto e sconosciuto,  là dove  la natura  è stata dichiarata  inconsistente e relativa, nel nome della tecnica  e quindi del controllo stesso  sulla   natura.

La domanda  che mi sento di lanciare  nel  tempo  è questa: se non possiamo credere negli uomini  che dimostrano  di non avere   fedi di salvezza  e dunque ideali,  se non possiamo credere in spiritualismi    che  possano ispirare, consolare, illuminare e proteggere    le nostre intenzioni e necessità,  in che cosa  mai  potremmo    riconoscerci e dunque rispettarci?

In uno Spirito vero, credo. Lontano dalle manipolazioni degli umani, lontano dalle loro mendacità, lontano  dalle loro ipocrisie.

Ma come conciliare  il mondo che vuole il progresso con il mondo che  del progresso  potrebbe farne a meno (almeno a parole)?  Ci sono due umanità davvero così distanti  o ne esiste una sola  che saprebbe perfettamente intendersi se solo non si sentisse  condizionata  da strutture  obbligate  e  opprimenti?  Come fare emergere l’uomo e  la sua sana voglia di vivere  in pace con tutti,   dentro le logiche  degli ostruzionismi,  delle prevaricazioni,  degli attentati  terroristici  dilaganti   dentro nel cuore   della vita  civile?  Come conciliare   l’uomo che  arriverà su Marte  con  l’umanità  che   della vita conosce solo il proprio respiro sentendosi già per questo miracolato?

Come diventerà il nostro mondo? Cosa resterà della bellezza dei fiori, delle montagne, del mare… Chi è Dio, infine?  Dove abita?  A cosa serve?  Le mie risposte le avrei,  dentro di me. Ma vorrei anche  sentire quelle degli altri…

Credo  che dallo  scenario  previsto  dalla scrittrice  si possa  evidenziare la vocazione minoritaria del cristianesimo stesso, la vocazione  immobilistica  e  perdurante   dell’islamismo e la vocazione  iniziatica  dell’ebraismo, giusto per rimanere nell’alveo  delle religioni monoteistiche.   In qualche modo e in qualche maniera il pensiero di Gesù  sopravviverà   a qualunque  persecuzione o invasione straniera.  Anche la stessa struttura del Vaticano non sparirà mai del tutto, forse dovrà ridimensionarsi, o  decontestualizzarsi, come spesso accade nelle rivoluzioni di sistema,  ma conserverà la sua presenza e la sua voce dentro i paesi o luoghi   che si riveleranno  i più idonei   a questa sopravvivenza.

Nello stesso modo  anche gli ebrei non potranno mai sparire, nella logica del loro essere  ebrei cioè nati da madre ebrea.  Se così dovesse non essere, significa che  la politica di qualche folle  avrà messo in opera quel progetto nazista  che ad Hitler non è riuscito  e che tutti gli anni l’Europa cerca di ricordare come un pericolo possibile e sempre minaccioso.

In altre parole, o le tre religioni  continueranno a convivere, o si annienteranno reciprocamente.  Dobbiamo decidere se vogliamo una società dove contano i numeri  o dove contano le idee.   Se decidiamo che contano le idee,  saremo sempre dalla parte di chi  è in minoranza.  Ma questo è il male minore.

Fiera del libro tra Milano e Torino

La Fiera del libro da quest’anno  apre anche a Milano, verso la fine del mese di aprile,  tra le molte polemiche tra le due città protagoniste, Torino, la storica, e Milano, la  nuova  “rivale”.

Non mi piace parlare di rivalità,   perchè   sinceramente  non vivo le due fiere come una forma di competizione.

Va benissimo    che  anche a Milano ci si possa   Incontrare  con i librai, con gli autori, con il popolo della lettura,ì  e con lo spirito culturale che aleggia  da sempre intorno alla parola stampata.

Il libro è bello sempre, bello ovunque,  pur di raggiungere un numero maggiore di lettori…

Ecco la cronistoria dei fatti   qui  e la decisione milanese

http://milano.repubblica.it/cronaca/2016/09/14/news/milano_salone_del_libro-147724895/

Noi ci andremo…:-))))