Domani è il giorno di San Valentino, ma chi se ne frega, io amo un morto, ucciso dalla mafia e dall’avversione dello Stato. Il suo nome immortale è Giovanni Falcone.

Domani è il giorno di San Valentino, ma chi se ne frega, io amo un morto, ucciso dalla mafia e dall’avversione dello Stato. Il suo nome immortale è Giovanni Falcone.
Erano famiglie normali che si erano concesse un fine settimana sulla neve e tra il relax di un confortevole bagno caldo invernale.
Insomma, pensavano di andare a stare bene, a stare tranquilli, cullati per qualche giorno dal piacere del dolce far nulla.
E invece succede che viene a nevicare, in quei luoghi di alta montagna, nell’Abruzzo del Gran Sasso, una nevicata straordinaria, e poi il terremoto che fa tremare il monte a ridosso di questo Hotel a Rigopiano.
Il terremoto causa una terribile slavina che cade a valle e sotterra totalmente la struttura alberghiera con dentro 37 persone tra ospiti e personale di lavoro.
Come se non bastasse il tutto succede nell’oscurità della sera, ed i primi soccorsi arrivano solo dopo oltre 20 ore dal primo lanciato allarme.
I mezzi antineve vicini e disponibili (che comunque avrebbero potuto fare ben poco, visto la gravità dell’evento) sembrano non essere funzionanti, e la macchina della protezione civile e del soccorso alpino arriva sul posto con notevole ritardo.
Vuoi che la gravità della situazione viene sottovalutata, vuoi che nessuno si prende la responsabilità di prendere decisioni, vuoi che si vuole andare a risparmio a discapito di vite umane, vuoi che non si è mai preparati a gestire le emergenze…e così nessuno arriva quando sarebbe stato utile arrivare.
Polemiche a parte, adesso c’è mezza Italia su quel cumulo di ghiaccio tra uomini addestrati al salvataggio e volontari generosi, ma per ogni ora che passa sta diventando sempre più pesante e perenne il rischio di trovare ormai solo cadaveri.
Si lotta contro il tempo, ed insperatamente vengono salvati quattro bambini, e poi una madre che lancia l’allarme per gli altri, e poi altre sei persone. In tutto undici superstiti.
Si trovano anche cinque morti. All’appello mancano ancora 23 sfortunati. Forse sono di più.
Qualche bambino salvato è rimasto senza i genitori. All’uscita dal tunnel della morte dove gli angeli della montagna hanno scavato con ogni mezzo e con la necessaria maestria, un piccolo sopravvissuto trova solo lo zio, che deve dare lui quel che è possibile dare a un infante che ha perso nel giro di un attimo le due persone a lui più care.
Gli adulti ritrovati raccontano che i piccoli sono stati bravissimi, che non hanno mai pianto, che si sono stupiti di potere mangiare solo nutella e sempre nutella, visto che avevano imparato che la troppa nutella fa male…
Ci si chiede perchè. Ci si chiede come. Ci si chiede se si poteva fare di meglio. E ci si chiede cosa sia ancora possibile fare. Ci saranno ancora persone vive là sotto? E se ci sono, dove saranno, perchè non si sentono più suoni riconoscibili?
Certo, se sono ancora vivi staranno conservando il respiro, staranno conservando il fiato, staranno raccogliendo tutte le loro forze per farsi coraggio, per non mollare, per resistere.
L’hotel di Rigopiano di certo non c’è più. E’ finito sotto centinaia di centinaia di metri cubi di ghiaccio.
Come nella tragedia del Vajont che si portò via in pochi attimi interi paesi (là per colpa dell’operato stesso degli uomini), qui abbiamo avuto e stiamo avendo per un evento del tutto naturale la sparizione di un borgo, anzi, di un insieme di borghi ormai dichiarati non più sicuri, comprese le fattorie del luogo che ospitavano famiglie di semplici montanari abituati a fare fatica, abituati ad arrangiarsi, con i loro animali, anch’essi condannati senza pietà alla morte per freddo e mancanza di cibo.
Le pecore con i loro agnelli, le mucche con i loro piccoli, e tutto il bestiame dei luoghi, là dove non più soccorsi e sostenuti, si sono trasformati tra l’impotenza dei loro padroni, da animali mansueti e docili a carcasse irrigidite per i rapaci.
Ma si può morire di freddo e di abbandono nel 2017 in un paese civile come l’Italia?
Perchè non si è saputo ascoltare la richiesta di aiuto e non sono stati forniti i mezzi da chi i mezzi li ha e li avrebbe potuti garantire in emergenza?
Evidentemente qualcosa di doveroso non è stato fatto. Siamo davanti a un tentato omicidio, questa è la conclusione.
E’ stato ucciso il folle terrorista del momento.
A Sesto San Giovanni, là da dove il tir era partito prima di finire a Berlino per la terribile strage pianificata.
Un viaggio di morte andata e ritorno.
Questa volta i controlli hanno funzionato, le forze dell’ordine hanno fatto il loro lavoro con grande responsabilità e coraggio.
E la Germania ci ringrazia.
Aiutiamo Norcia e dintorni a tornare a vivere…
Hanno bisogno di tende, container, casette di legno, speranza…
Non lasceranno mai i loro paesi, nessuno vuole lasciare le sue radici…
non senza giusta causa… non senza la morte nel cuore…
Rilancio il sito che può dare suggerimenti su come muoversi…Terremotocentroitalia
L’asilo bianco era un luogo dove Sabina Spielrein mise in pratica i suoi semplici quanto rivoluzionari principi pedagogici durante i terribili anni del nazismo stalinista.
Erano principi che si ispiravano all’educare nell’insegna dell’essere libero, libero di fare, libero di sperimentare, libero di scegliere, libero di scoprire tutte le diverse meraviglie della vita, non escluse quelle sessuali legate alla elementare conoscenza del corpo umano.
I suoi orientamenti di pensiero si legavano a Freud e Jung, con cui ebbe anche una travagliata relazione affettiva, legando il suo credo pedagogico all’importanza della psicanalisi.
Lei stessa ex malata, lei stessa futuro medico, lei stessa perdutamente innamorata dell’amore e della sua incommensurabile forza trasformativa.
Accanto alla psicanalisi riteneva fondamentale la capacità di curare e l’amore per la musica. Le sue lezioni erano una mescolanza di giochi, canti e poesie, dove attraverso la leggerezza si arrivava a toccare gli spiriti profondi dei comportamenti complessi.
Tra i suoi alunni ebbe il privilegio di crescere e formarsi un bambino tra i tanti con problemi di relazione, chiuso in un ostinato mutismo, che divenuto adulto e ottuagenario, all’età di ottantaquattro anni avrà modo di testimoniare al mondo civile e moderno quegli anni oscuri, quei giorni lontani, quegli indimenticabili momenti conservati nel cuore.
Sabina era una donna speciale, geniale, profondamente intelligente, e purtroppo per lei anche ebrea.
Finì fucilata dall’armata del regime in una sinagoga , insieme alle sue due figlie e a molti altri ebrei che invano avevano cercato la fuga.
Prima di venire trucidata, solo per non avere voluto abiurare al suo pensiero, nascose un suo libro pieno di sue poesie dentro gli scaffali di un inginocchiatoio, per sottrarlo alla inevitabile dispersione.
Sapeva perfettamente che il suo principio educativo sarebbe sopravvissuto al suo sacrificio.
Quello che ancora non immaginava nel momento della fine era che sarebbe stata celebrata come insegnante nei posteri, proprio e soprattutto grazie all’amore e alla riconoscenza di questo suo piccolo allievo che lei aveva saputo strappare al buio della solitudine e del silenzio.
Si chiamava Ivan Ionov la cui scena di toccante umanità è stata oscurata sui video che erano presenti sulla rete per diritti d’autore.
Il cambiamento del mondo è una questione di carte?
Da poco tempo nella scuola le schede dei genitori che devono compilare all’atto dell’iscrizione di loro figlio non portano più la voce genitore 1 e genitore 2, ma la voce Tutore 1 e Tutore 2.
Questo per non urtare la sensibilità delle coppie omosessuali che portano il loro bambino a scuola senza per questo esserne stati obbligatoriamente generatori.
L’idea di una nuova maternità e di una nuova paternità ha sempre affascinato il mio intelletto e il mio cuore; credo profondamente nella famiglia, che è il luogo dove si forma all’umanesimo, ma che si sarebbe arrivati un giorno a concepire una società dove tra la normalità familiare venisse inclusa l’avere due padri o due madri, senza con questo passare da una rivoluzione di pensiero collettiva, da una collegialità di discussioni, da una serie di passaggi formativi che si appellassero alla sapienza dei saggi, dei filosofi, degli antropologi e dei religiosi, non me lo sarei mai aspettato.
Il mondo della scuola, imponendo questa nuova modulistica, ha deciso per tutti, e anche sotto silenzio, perchè la società di fatto non ne parla, non fa cenno di questo pensiero Gender che in due parole sostiene l’annullamento della propria sessualità fisica, nel nome di una libertà assoluta di comportamento sessuale.
Libertà intesa come identità transgenere, ossia che tu sia maschio o che tu sia femmina, potrai decidere quando vorrai chi essere, come essere, cosa fare, quale famiglia costruire.
Dunque le famiglie con due maschi o con due femmine diventeranno sempre più la normalità.
Il fenomeno delle madri in affitto diventerà una pratica legalizzata e sempre più praticata.
L’inseminazione artificiale a confronto è diventata come bere un bicchiere d’acqua, perchè non c’è neanche da parlarne.
Si diffonderà sempre più una letteratura già per altro in utilizzo in certe realtà estere ma anche nella nostra comunità italiana dove si parla appunto in termini di favolette di due pinguini maschi che si vogliono bene e che vanno a prendersi l’uovo di una simpatica amica pinguino che lo cede loro per senso di altruismo e per dare a tutti, nessuno escluso, la possibilità ed il diritto d’essere felice.
Favolette dove due orsette si amano alla follia e decidono di farsi fecondare, una delle due su decisione condivisa, grazie ad un semino fertile che un simpatico amico orso rende loro disponibile, ovviamente per un sentimento di generosità, in modo che tutte, nessuna esclusa, abbia la possibilità d’essere felice.
Sembra che oltre alle favolette si arriverà ad un vero e proprio indottrinamento infantile dove si ricorrerà alla manipolazione del pensiero che in quella fascia di tempo che è la prescolarità, è come un pongo che può assorbire di tutto (indottrinamento già in corso all’estero).
Insomma, tutto questo per garantire il diritto di tutti alla felicità.
Siamo tutti uguali, tutti abbiamo il diritto d’essere amati e di diventare padri o madri di una nostra creatura, concepita per questo scopo, per questo fine, per questo progetto.
Che poi venga fabbricata su commissione, o che venga costruita grazie all’uso di una provetta, e non grazie all’incontro di due esseri che si incontrano e si accoppiano come madre natura avrebbe pensato e architettato, è diventato solo un dettaglio di nessuna rilevanza, perchè il trionfo dell’amore non ha prezzo, non ha limite, non ha freno, non ha giustificazione contraria accettabile.
Insomma, la natura fisica non è più ciò che detta legge, come accadeva fino a ieri; per oltre duemila anni siamo stati educati al pensiero che la natura del corpo avesse la sua importanza, avesse la sua fondamentalità, addirittura la sua sacralità templare, avesse la sua ragion d’essere. Oggi ci si dice che il corpo è solo un dettaglio, perchè domina la mente e il cuore.
Ok, non mi dispiace l’idea di questa superiorità del cuore e della mente.
Nessuno più di me abbraccerebbe l’idea dello scavalcamento puramente fisico della persona, per permettere la liberazione e la realizzazione di progetti spirituali e metafisici.
Messa in questo modo chi non sarebbe favorevole alla felicità di ogni essere?
C’è solo un dubbio che mi rimane da districare, e non si può non concedermelo, se vogliamo essere onesti e intellettualmente corretti.
Voglio meglio conoscere il fenomeno delle madri in affitto.
Voglio capire le vere ragioni del loro gesto.
Voglio meglio capire se lo fanno per pura generosità.
Voglio meglio capire se rimangono indenni nel corpo e nella mente dopo avere fatto un bambino che poi cedono ad altri senza più vederlo.
Voglio meglio capire se lo farebbero lo stesso senza dovere percepire un solo centesimo.
Voglio meglio capire se hanno la libertà fino all’ultimo di cambiare idea e di retrocedere dal loro immagino contratto di compravendita.
Voglio meglio capire se le coppie omosessuali che si commissionano un figlio, se lo farebbero commissionare da donne di cui non conoscono la sanità fisica e mentale e dunque saprebbero accettare l’eventualità di un figlio che dovesse nascere invece diverso da come se lo siano immaginato (realtà che puntualmente può accadere nelle coppie etero).
Voglio capire come reagirà questa società quando cominceranno i primi divorzi tra coppie omosessuali detentrici di figli (possibilità del tutto legittima visto che accade normalmente nelle coppie etero).
Voglio capire come saranno i figli di queste nuove famiglie tra vent’anni o anche meno, quale opportunità di vita e realizzazione troveranno nella società che dovrà essere capace di accoglierli come figli assolutamente uguali a quelli di tutti (nei fatti e non solo nelle parole).
Voglio capire come sarà il loro modo di pensare, di amare, di volere, di progettare le loro famiglie.
Voglio che la stessa famiglia tradizionale si sappia mettere da subito in discussione, e sappia tirare fuori il proprio relativo fallimento, ragionando sulla violenza sulle donne, ragionando sulla libertà di abortire, ragionando sulla libertà di divorziare, ragionando sulla libertà di cambiare se stessa, perchè o la famiglia è una sola e uguale, aldilà delle differenze, o avremo famiglie di serie A e famiglie di serie B, e questo non può essere accettabile.
Voglio che la famiglia della normalità si metta al tavolo con la famiglia della diversità, e cominci a parlarsi e confrontarsi in una agorà che finirà nella notte dei tempi.
E voglio una società che cominci a fare discussione pubblica a 360 gradi su tutte queste grandi perplessità.
Che faccia vedere al mondo islamico così profondamente lontano e così profondamente vicino, che non siamo dei folli, che non siamo privi di valori, che siamo oltre le conflittualità semplicemente la culla del ragionare e dell’incontrare, che proteggiamo e amiamo quanto loro e forse più di loro una certa idea di vita, di onestà, di purezza, di solidarietà (senza nemmeno avere bisogno di dimostrarlo).
Certo Chiediamo loro (alla società civile) scusa se senza renderci conto li abbiamo offesi, abbiamo urtato il loro sentimento di rispetto. E senza dubbio lo abbiamo fatto.
Vogliamo dire loro (alla società civile) che aldilà dei nostri errori noi simo fieri d’essere liberi, liberi anche di cadere, liberi anche di fare confusione, di stravolgere noi stessi.
E vogliano dire loro (alla società civile) che se non sapranno da oggi portarci rispetto per quello che abbiamo dato e diamo e daremo, allora noi il rispetto da oggi ce lo prenderemo.
Ce lo prenderemo, perchè troppo abbiamo dato e non solo molto abbiamo preso.
(capitoletto del libro in programmazione Un paese, una scuola)
(Dedicato ai giovani uccisi a Parigi dagli assassini che si fanno chiamare terroristi dell’Isis ma sono solo animali da abbattere.)
Grazie a Amnesty International
Cari amici, la verità sul volo di provenienza tedesca che è andato schiantandosi sulle Alpi francesi, con a bordo (oltre molti tedeschi) anche molti spagnoli, e diventando nello sfracellamento cibo per le aquile, è che il copilota suicida e pluriomicida aveva a suo carico un certificato medico che lo dava per malato per il giorno dell’incidente, ma il pilota lo aveva stracciato e non consegnato.
Ma come? Siamo nell’era della certificazione on line, e questo lavoratore dichiarato super malato è stato libero di omettere un dato così importante? Ma non doveva essere direttamente l’Asl o chi per essa ad inviare a chi di competenza questo documento?
Più questa storia procede e più rivela falle incredibili nel sistema preventivo, organizzativo e strutturale. Per non andare a toccare quello umano e quello esistenziale, che ci dimostrerebbe quanto ancora occorre imparare su come “Vivere per essere felici permettendo al nostro prossimo di continuare ad esserlo”
E’ la notizia di cui tutti i i giornali oggi parlano. Un giovane pilota, ottima famiglia, ottimi studi, ottimo percorso professionale, sembra che a causa di motivi personali fosse caduto in depressione. I test attitudinali previsti per ottenere l’idoneità al volo erano stati tutti superati. Eppure lui probabilmente era ancora sofferente, visto che ha deciso di fare quello che ha fatto. Mi sorgono spontanee almeno due riflessioni:
Bene, o meglio, malissimo. Il disagio psichico e mentale di una persona ha deciso del destino di altre 149 persone innocenti, portandosi via 149 vite, 149 famiglie, 149 futuri che in un secondo non sono più stati tali.
No, per essere precisi 149 + 1, forse l’anello più importante che non va cestinato come un dettaglio, perchè è il dettaglio che ha fatto la differenza.
Adesso sembra che i dispositivi antiterrorismo verranno rivisti; la porta blindata della cabina di pilotaggio e non apribile dall’esterno verrà prevista nella sua necessaria apertura di emergenza; le revisioni dei mezzi continueranno ad essere (ce lo si augura) sempre severe e rigorose (perchè dai commenti degli addetti ai lavori, loro davano per certo che questo iter di controllo spesso sui voli low cost gioca la ribasso); i test di controllo sanitario sui piloti addetti al volo probabilmente diventeranno ancora più selettivi ed accurati. Dulcis in fundo, sembra che la Compagnia aerea non intenda risarcire nulla perchè il disastro è stato causato da un gesto volontario e folle del copilota (certo, ma il copilota era alle dipendenze di chi? chi doveva garantire per le sue certificazioni e qualificazioni?) Aggiungiamo anche che se io fossi il datore di lavoro di chichessia, non intenderei pagare a mie spese per gli squilibri di un mio dipendente, il cui disagio, sfido qualunque genere di visita psichiatrica, evidentemente riesce a rimanere nascosto e non decifrabile… Qui le notizie dettagliate riportate dalla Stampa. E noi cittadini che un giorno decidiamo di prendere un volo? Forse sarebbe meglio portarci in borsa anche un portafortuna, non si sa mai, perchè davvero per certe questioni non c’è certezza di nulla…
« Il naufragio è stato totale
Ma è stato di una semplicità assoluta
Lo sai perché ? Non c’è stata tempesta.
Non c’è stata lotta, resistenza.
Nessuna manovra di perizia marinara.
Nessuna chiamata di capitano.
Nessun avviso. Nessuna campanella.
Non c’è stato innalzamento di onda.
Niente che riguardasse il mare.
Il mare è innocente. »
Il testo è di Lina Prosa, lei scrive per il teatro, un teatro dove la parola è la vera assoluta protagonista.
E’ italiana, anzi, siciliana, anzi, palermitana, anzi, un poco (molto) lampedusana.
Però viene messa in scena a Parigi o a Berlino, o domani, chissà, là dove la porterà il mare.
Leggi qui altre cose sul suo teatro, che oggi si occupa di naufragi, ma che si è occupata in passato di molto altro…
Sono già tre gli stati arabi che hanno chiaramente preso una posizione militare contro l’ISIS, ossia contro il fanatismo islamico che vorrebbe uno stato islamico indipendente dove la sharia possa diventare l’ unica ed incontrastata legge dello Stato, messa in pratica nel suo senso più nefasto e distruttivo.
Dopo il decadimento progressivo dello stato siriano, che è diventato un unico campo di battaglia senza più passato e senza un visibile futuro ( ma dove rimane in corso una significativa capacità di resistere da parte della minoranza curda), dopo il terribile rogo del pilota giordano, dopo l’ennesimo sgozzamento degli oltre venti copti egiziani in terra di Libia, sembrerebbe che i paesi islamici coinvolti non hanno molta intenzione di subire la tracotanza e la ferocia terroristica di questo esercito spietato in sensibile crescita, senza reagire.
Anche il mondo occidentale, dopo lo storico assalto alle torri gemelle di New York, dopo il recente assalto a Parigi e dopo il recentissimo assalto a Copenaghen ( ma non si contano gli eventi degli ultimi anni che forse hanno avuto meno clamore, ma non certo minori conseguenze) sembra mobilitarsi in modo globale ed unitario avverso questi scellerati che di sicuro non hanno nessuna intenzione di fermarsi, per il momento in un senso assolutamente diplomatico che di certo non deve mancare in uno scenario di guerra e di tensioni così complesso e così in perpetua evoluzione.
Anzi, è proprio di questo armarsi intellettuale che l’Europa e non solo ha un assoluto bisogno.
Uno stato musulmano che si dovesse formare con le premesse del terrore si prefigura come qualcosa di terribile, di allucinante, di assolutamente folle. Eppure questa presunta follia sembra reclutare giovani appassionati che si votano al martirio, posseduti dall’idea che è meglio morire in gloria che vivere nella mediocrità e nell’ipocrisia.
La colpa del vecchio mondo cristiano o normalmente islamico sarebbe quella di non convincere più, di non risultare più affascinante o degno di attenzione e rispetto.
Da occidentale non certo corrotta e non certo entusiasta della nostra assai debole e fragile democrazia, vorrei dire a questi giovani soldati pronti a morire che si stanno semplicemente sbagliando.
Vorrei dire loro che si stanno offrendo ad una regia altrettanto falsa e mascherata, che nasconde secondi fini affatto nobili.
Vorrei dire loro che il loro odio per la vita e per l’umanità non può essere giustificato da nulla, nemmeno da presunti possibili e reali crimini.
Vorrei dire loro che se di violenza si fanno portavoce, solo di violenza si fanno espressione, e nulla più.
Poi che facciano pure quello che credono.
Da soli troveranno le loro risposte, così come da soli o in cattiva compagnia non hanno saputo farsi le giuste domande.
Come se non bastasse, c’è la questione ucraina a preoccupare gli equilibri mondiali; e persiste una profonda crisi economica che ha come protagonista da diverso tempo una sorvegliata speciale, la Grecia, nella quale più o meno (alcuni molto meno, altri molto più) tutti i paesi dell’Unione temono di doversi identificare.
Ragazzi, c’è da farsi venire il giramento di testa…
Qui ci vuole davvero molto sangue freddo, molta capacità di ponderare, ma soprattutto la sincera e determinata voglia di cercare soluzioni, da parte di chi è preposto a trovarle.
Per fortuna qualcuno che sa farlo io voglio credere, rimane ancora in circolazione.
Loro sono i terroristi di Boko haram che significa “L’educazione occidentale è peccato”
Anche per loro il mondo libero dovrebbe potere fare qualcosa, se vuole salvare se stesso.
#salviamolebambinedibokoharam
Io non mi drogo
perchè faccio fatica a prendere le medicine
figuriamoci le droghe,
perchè sono stata fortunata,
perchè mi voglio bene,
perchè mi piace un cervello attivo e cosciente,
perchè detesto pensare di potere fare cose senza
neanche rendermene conto,
perchè per essere su di giri mi bastano gli amici
veri
e la mia famiglia,
perchè chi lo fa ha solo bisogno di aiuto e deve chiederlo,
perchè metterei in galera quelli che la spacciano,
perchè non vorrei dovere vedere una persona che amo che ne fa uso,
perchè la droga uccide,
perchè la droga fa schifo,
perchè la nostra vita è la cosa più importante,
perchè la droga abbruttisce, imbestialisce, mortifica
la nostra naturale bellezza
e perchè
ci sono altre mille ragioni che tu stesso potresti aggiungere…
Vuoi?
(leggi anche qui)
Nell’immagine il «saluto dei cavalieri templari, segno di forza, onore e sfida ai tiranni marxisti d’ Europa»
Le sue dichiarazioni in diretta
«Chiedo l’assoluzione perché sono innocente: ho agito in modo violento per prevenire una guerra, e per preservare la razza norvegese. Lo rifarei».
«Le persone che mi accusano di essere malvagio, confondono il fatto di essere malvagi con l’essere violenti – ha detto – quando la rivoluzione pacifica è impossibile, l’unica via è la rivoluzione violenta»
(L’ho fatto) “per prevenire la guerra che sono sicuro al 100% scoppierà in Europa tra nazionalisti e internazionalisti» e che naturalmente «sarà vinta da noi nazionalisti, che sconfiggeremo la sinistra estrema».
«Morire o passare la mia vita in prigione per me è un onore», ha aggiunto, spiegando di «essere nato in una prigione: questo paese che non permette di esprimere liberamente le proprie opinioni».
Ecco la linea della difesa:
«Le stragi furono crudeli ma necessarie per salvare l’ Europa da una guerra in corso», ha detto il capo dello staff di difesa Geir Lippestad, che in questo processo della durata prevista di almeno dieci settimane ha chiamato a testimoniare figure dell’ estremismo come il mullah Krekar del gruppo islamista Ansar Al Islam e il blogger xenofobo Fjordman.
Chi è Anders Behring Breivik ?
E’ un terrorista ed ha 33 anni; il 22 luglio scorso ha sterminato in Norvegia, ferocemente e senza pietà, 77 persone, di più , 77 giovanissimi innocenti e disarmati, in 75 minuti senza fine, senza contare le persone ferite e rimaste lese per sempre.
Oggi il suo paese lo sta processando; si parla di 21 anni di galera e poi libero (ma non pochi vorrebbero in questo caso la pena di morte)
Questo è il massimo possibile per la legge norvegese, e nessuno se ne dà pace, se ne fa una ragione, nè riesce a comprendere le ragioni di questo gesto di lucida follia.
2083 Dichiarazione di indipendenza europea
E’ questo il titolo del memoriale di 1500 pagine pubblicato sul web da Anders Behring Breivik, l’uomo ritenuto al momento l’unico responsabile dell’attentato di Oslo e dalla strage di Utoya. Il memoriale, che nel titolo ricorda un po’ un film di fantascienza, vide la luce nel 2009: al suo interno Breivik si definisce un un cristiano conservatore, patriota e nazionalista, si distanzia dai neonazisti, che descrive come “emarginati, irascibili e razzisti skinhead” e si scaglia contro il multiculturalismo e l’immigrazione musulmana.
L’OPINIONE DELLA STAMPA LOCALE
Il giornalista Simon Jenkins all’epoca dei fatti sul Guardian scrisse: “la tragedia norvegese è esattamente questo: una tragedia. Non significa niente e non le si deve dare a tutti i costi un significato. Anders Breivik non ci dice assolutamente niente della Norvegia. Non ci dice nulla di terrorismo o di controllo delle armi o di come lavora la polizia o che cosa sono i campi estivi politici. Palesemente, è molto malato. Il nostro presunto distacco dai mali del mondo era un “velo di circostanza”, creato di proposito da alcuni esponenti politici che vogliono tenere nascosto che la Norvegia – uno dei paesi fondatori della Nato e un alleato tradizionale degli Stati Uniti – di fatto conosce da vicino la violenza”.
Il giornalista Martin Sandbu lo scorso luglio, a due giorni dalla strage di Utøya, scriveva sul Financial Times: “I paesi nordici spesso sono percepiti come più tolleranti nei confronti degli immigrati rispetto agli altri paesi dell’Europa del Nord. Ma può anche accadere che i governi molto semplicemente riescano a camuffare meglio la loro ostilità”.
“Ad essere andato in frantumi il 22 luglio – conclude Sven Egil Omdal – forse non è il paradiso, ma soltanto lo specchio che ci eravamo costruiti”.
UNA SOPRAVVISSUTA ALLA STRAGE. “Camminava lentamente lungo l’isola e ha sparato contro tutti. Poi si è avvicinato verso il posto dove ero seduta e ha aperto il fuoco uccidendo subito dieci persone. La cosa strana è che era così calmo. Sono riuscita a salvarmi perché mi sono buttata in acqua”. Così una giovane sopravvissuta alla sparatoria di ieri sull’isola norvegese di Utoya, durante il raduno dei giovani laburisti, ha raccontato alla tv Tv2 la dinamica dell’attacco omicida. “Ci siamo riuniti per parlare di quanto era appena accaduto a Oslo quando abbiamo sentito gli spari. Sul momento non gli abbiamo dato importanza, poi tutti hanno iniziato a scappare”, ha detto un’altra ragazza di appena 16 anni. E ancora: “Ho visto un poliziotto con i tappi per le orecchie. Ha detto: ‘vorrei riunirvi tutti’. Poi ha iniziato a sparare. Siamo corsi sulla spiaggia e iniziato a nuotare verso la terraferma”, ha detto la ragazza raccontando che l’autore della strage ha sparato anche in acqua. In molti hanno cercato rifugio in altre case mentre gli spari continuavano, altri invece sono fuggiti nei boschi o via mare. La polizia ha setacciato la zona durante la notte alla ricerca di sopravvissuti. Al raduno hanno partecipavano giovani di età compresa fra i 15 e i 20 anni. Il presunto autore della strage, di nome Anders Behring Breivik secondo alcuni media, è stato arrestato subito dopo la strage. Aveva con sè una pistola, un fucile da caccia e un’arma automatica, secondo la Bbc. Le autorità hanno trovato poi altre bombe inesplose sull’isola. Non ci sono notizie immediate su altri sospetti, ma la polizia sta comunque lavorando sull’ipotesi di diverse altre persone coinvolte nella strage.
Anche in questo caso credo non ci sia bisogno di aggiungere null’altro…
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