CARRUGI ED ANGOLI DI PAESE

Dove la gente può  vivere  a misura di se stessa, dove si sente ancora il tempo che scorre, dove c’è vita piena anche nell’assoluto silenzio, dove  le cose aiutano e stanno per gli uomini e non gli uomini   per  le cose…

IL TEATRO BOLSHOI

Teatro/ Riapre il Bolshoi, Galà in diretta via satellite

File:Inside Moscow Bolshoi Theatre.jpg

bolshoi

Belle donne, bella gente, gran Galà, cerimonie e musica, ma il vero protagonista del momento   è  stato  solo lui, il teatro Bolshoi rimesso a nuovo, proiettato nella modernità   e tornato al suo   antico  splendore.

La Scala di Milano mette in mostra i questi giorni   i suoi storici costumi.

Mentre tutto  è  pronto ad accogliere  i suoi nuovi spettacoli, le sue nuove danze, i suoi  quanto  nostri   mille fantasmagorici  suoni…

TUTTI I NOSTRI SI

SI  al ritenere il bene la cosa più  preziosa

SI  al dire quello che si pensa e si sente  quando è necessario farlo

SI  al benedire la vita  perchè ci è stata donata

SI  al sapere stare da soli quando è inevitabile sopportarlo

SI  al pensare che prima o poi la verità  verrà a galla

SI  al  non  temere il futuro  quando sai che non hai mai fatto male a nessuno

SI  al cercare di stare  allegri   conservando la propria salute

SI  all’impegnarsi  per non lasciare nulla di intentato

SI  alla ricerca  di quello che ancora deve essere compreso

SI  al sapersi dichiarare  perchè nessuno può farlo per te

SI  al sapere riconoscere le proprie colpe  volendoci mettere rimedio

SI al saper perdonare chi ha sbagliato  perchè così sarai ricordato  per il tuo equilibrio

SI all’avere coraggio  perchè non siamo pecore

SI  al pensare sempre  costruttivamente anche nei momenti più bui

SI  al mondo per quello che è e per quello che puoi farlo diventare

SI  all’arte che ci permette di renderci   migliori

SI alla nostra capacità  di metterci in discussione coi fatti e non con   le parole

SI alla nostra capacità di camminare autonomamente senza strumentalizzare nessuno

SI alla nostra capacità di cambiare cambiare cambiare

SI alla nostra capacità  di saperci mettere da parte quando è il momento di farlo

Si alla nostra capacità  di riflettere, riflettere, riflettere, per poi decidere, decidere, decidere

SI  all’amore  che un giorno ci apre gli occhi e ci fa vedere quello che possiamo riuscire a costruire

E dunque sì sì sì…

TUTTI I NOSTRI NO

NO alla stupidità

NO a dire sempre di sì perchè così fan tutti

NO a guardare i soprusi senza fare niente

NO  al pensare che si è soli

NO al vivere nel rimpianto

NO a  smettere di lottare

NO  al non avere  sogni da realizzare

NO  al fingere  quando puoi smettere di farlo

NO  al diventare complici  degli errori degli altri

NO al lasciare le persone che ti amano in difficoltà

NO  al permettere di venire  aggrediti  senza  replicare

NO  al rinuciare a comprendere

NO alle scelte più facili e più comode

NO alla menzogna detta per coprire le proprie colpe

NO a chi strumentalizza gli altri

NO  a chi mette l’interesse sopra tutto

NO  a chi  si costruisce un’immagine di brava persona  senza esserlo

NO ad ogni genere di mafia

NO  alle cose bislacche  che non portano a  nulla

NO e ancora NO e ancora NO

TUTTE LE NOTE DELL’ACQUA

MONDI NUOVI, NUOVO MONDO

Le immagini potrebbero moltiplicarsi all’infinito.

Non siamo soli nell’universo,  ormai non ci sono più dubbi…

E non è più una questione di vedere, ma una questione di come ripensare il nostro pensiero, il nostro sentire, il nostro credere.

Non più soli ma da sempre insieme ad altri sconosciuti.

E  il sapere sapeva, ha sempre saputo. Sia il sapere  della   chiesa che il sapere della scienza,  che certe verità  trapelate da alcune menti ricercatrici sono sempre state   (e ancora lo sono) tenute segrete ed ostacolate…

Mentre che il potere  ha cercato fino che ha potuto di fare  i propri comodi, l’amore delle verità o se si vuole della scienza,  ha operato ed opera  alacremente ed incessantemente, senza  scoraggiarsi,   nel silenzio del proprio quotidiano.

Un esempio  a caso:     Mauro Biglino

E poi ci sono gli amici che aiutano, che hanno voglia di capire,  di crescere, di andare avanti, di fare Vera scienza, di fare Vera  Spiritualità.

Siamo  stati  solo poveri stupidi ingenui?  Cosa cambia e cosa rimane del vecchio mondo?

E come cambia allora l’idea di Dio  e l’idea di umanità e l’idea di resurrezione e l’idea di amore  dentro questo nuovo quadro d’ insieme?

Questa ragazzi,   sì che è  una bel compito al quale attendere, non vi pare?

Altro che neutrini  più veloci della luce.

Adesso si balla sul serio!  e non siamo mai stati  tanto  attenti in classe…

In questa scuola le porte sono aperte a tutti, sono tutti i benvenuti, nessuno viene escluso, e le persone ci arrivano  spinte dalla curiosità e dal bisogno di conoscere.  Se invece ci vengono per altre ragioni,  non saranno le loro  idee ed i loro pregiudizi  che li aiuteranno  ad evolversi.

In quanto alla fede,  quella è e rimane quella di sempre, perchè Dio è  ed è sempre stato e sempre rimarrà il Dio dell’immortalità, dell’amore assoluto e dell’universalità.

Un Dio di pace, di fratellanza   e di resurrezione.  Ma questa volta,  senza più  sorprese finali.

I PROMESSI SPOSI

Tutte le immagini dei    Promessi Sposi

1 Promessi sposi alla prova_SCENA.jpg

Quando un libro senza tempo  diventa leggenda  e si trasforma nell’ epopea di una coppia, nel    sogno vissuto di una felicità irrinunciabile, nella tenacia di uno sposo promesso e di una sposa precipitata dal caso in mille traversie  che avranno il loro sacrosanto lieto  fine.

Altro  che  la beceraggine  di un  certo   nostro mondo  che  si è ridotta  ad esibirsi come  una  insignificante    marionetta.

Non solo allora parole, non solo racconto,  ma  esposizione magistrale  di un sentimento  ordinario  quanto  sublime e misterioso, unico e condiviso, antico e sempre nuovo, appassionato   e   consolatorio, che parla ai giovani ed  ai meno giovani  con lo stesso  incisivo talento.

Dall’amore fermo e preciso di due persone  qualsiasi  elevate   ad “eroi  della ragion di vivere”,   il mosaico si snoda  verso   tutte  le altre manifestazioni che toccano il genere umano, e così  vediamo prendere forma l’espressioni    della vigliaccheria, dell’invidia, della spavalderia, dell’onestà, della lungimiranza, della spontaneità, della ragion di stato, della furbizia, della tirannia, della pazienza, del perdono, dell’amicizia,  della rabbia, della confusione, della disperazione, della solitudine, dell’inganno, dell’offesa, della pietà, della nostalgia, del pentimento…; davvero nulla viene fatto tacere   in queste belle pagine  così  ben conosciute e celebrate,  assolutamente ancora  contemporanee e moderne.

Grazie  Alessandro.

CAPITALI EUROPEE

 - ..con i suoi quasi 377mila abitanti, gli oltre 2mila fra bar e ristoranti, le vedute mozzafiato sulle Alpi e sul lago omonimo....

 - La città svizzera è anche quella con le tasse più basse del Paese e i residenti non pagano alcuna imposta di successione

 - anche se il tempo sempre grigio e il traffico rischierebbero di farla precipitare più in basso nella classifica



 - Al secondo posto c'è Vienna...

 - capitale politica, economica e culturale dell'Austria, dichiarata patrimonio dell'Unesco, luogo d'eccellenza per l'istruzione e le infrastrutture

 - è sicuramente la più globale fra le città europee, oltre a garantire tutta una seri di strutture di private banking, scuole internazionali e ospedali privati

 - Monaco, la città più grande d'Europa con i suoi 1,3 milioni di abitanti

 - normalmente conosciuta per l'annuale appuntamento col festival della birra...

 - Infine Francoforte, capitale finanziaria della Germania città dalle architetture spettacolari (basti pensare al teatro lirico e alla cattedrale)...

 - Col settimo gradino si torna in Svizzera, a Berna, seconda città a livello mondiale per sicurezza

 -  portarla così in basso nella classifica, il traffico eccessivo di biciclette che spesso finisce per creare delle vere e proprie congestioni

 - Che cosa significa invece vivere ad Amsterdam? È la città dei canali, dei parchi e dei musei

 - qui c'è la migliore selezione di scuole internazionali d'Europa

 - Tuttavia, anche la città belga è vittima del traffico eccessivo e dell'inquinamento atmosferico

Dell’Europa accettiamo  tutto;  cose belle e cose  meno belle.

L’Europa è nostra  e noi vogliamo   sentirci   europei,  a patto che l’Europa  dimostri  d’essere una buona madre.

Ciao Marco

E’ morto  Marco Simoncelli.

Quando li guardiamo sfrecciare  sui loro bolidi, pensiamo a tutto tranne che al fatto  che possono succedere incidenti e  fatalità  che possono portare alla morte.

Però succede, e quando meno te lo aspetti.

Rimane il dolore dei suoi familiari, di tutti quelli che lo conoscevano,  come il pensiero di  vicinanza  di tutto un paese   che si identifica in questi  campioni,  che li vede nascere e crescere, che a loro si abitua  e che con loro  vede  evolvere la storia, le storie   di tutti noi.

Non ci sono molte parole da aggiungere.

Ciao Marco, grazie per quello che hai saputo donarci, e basta.

simoncelli marco

INTERVALLO DI COLORE

meraviglie di una stagione qualunque

Nascere e’ la nostra sola opportunità

Forse  lui non lo sa,  ma noi sì…

SI VOLTA PAGINA

Muhammar Gheddafi nel 1970 (Ansa)

Le dittature uccidono ma poi muoiono uccise. E’ successo anche a Muammar Gheddafi

Da vivo, da giovane  e nel pieno del suo potere poteva sembrare  un uomo normale.

Con il tempo è diventato  Gheddafi il dittatore,  Gheddafi il corruttore, Gheddafi il folle, Gheddafi  il tiranno.

Sempre il tempo ha scritto la parola fine di questa ennesima storia  infelice, di questa ennesima storia corrotta, dove la menzogna  malvagia, l’inganno diabolico  e l’odio gratuito    hanno sempre dettato scelte sbagliate.

Non mostrerò le immagini della sua morte, non mi interessano, sono terribili,  come tutte  le  esecuzioni  di popolo, e per pietà  preferisco  evitarle.

Vedere morire giustiziato   un uomo, per quanto  colpevole,  è sempre una cosa molto triste, ed oggi non c’è davvero  posto per la tristezza.

Oggi è un giorno di luce, di vittoria, di liberazione, di contentezza, non solo per la Libia di ieri, non solo per il mondo.

Si volta pagina,  un capitolo  finisce per sempre.

Apriamo le finestre all’alba  nuova.

Apriamo il cuore alla vita che risorge.

Prete di strada, prete d’amore

Il fiore pungente
Casa editrice  Caroggio – 2001

…Don Andrea Gallo è un “Fiore pungente” che sa riconoscere i “Fiori pungenti” che si muovono nel cielo dei suoi sentieri. Alla luce del giorno quando i suoi passi lo portano a muoversi dove il bisogno chiama; nel buio della notte, by night nel gergo affettuoso della Comunità di San Benedetto, quando i pensieri vorticano nella testa e si avvitano nella ricerca di soluzioni a volte impossibili e non lasciano agli occhi, ancora incollati come l’anima a quella realtà che si vuole vedere, la libertà di chiudersi e riposare. E a questi “Fiori pungenti” dona continuamente riconoscenza e gratitudine; abbiano essi la consistenza della Carta Costituzionale del nostro civile convivere o del Vangelo di Cristo, o formino la lunga schiera dei suoi maestri e formatori a partire da Don Bosco; siano gli uomini che hanno segnato in modo indimenticabile il loro ministero ecclesiale nel nome di Cristo, come Dom Helder Camara o Papa Giovanni XXIII, o si affermino a noi come memoria vivente degli uomini che hanno speso la loro vita per renderla per tutti più degna di essere vissuta come il monaco Dossetti, o Giorgio La Pira, o, il altre latitudini non solo geografiche, Ernesto Che Guevara e Gandhi…

…Io sono certo che le persone che hanno incontrato Don Andrea Gallo si sono sentite amate su questa terra; alcuni forse per un attimo, altri per un periodo più lungo, alcuni per tutta la vita. Tutti lo sentono affiorare dagli angoli più reconditi della memoria ogni tanto. E anche Andrea, può esserne certo, è e sarà amato su questa terra”. Dalla presentazione di Angelo Guarnieri.

Bruni Viani
Don Gallo. Un Prete da Marciapiede
De Ferrari editore   2002, 116 p

La vicenda pubblica di Don Andrea Gallo inizia nel 1970 nel quartiere genovese del Carmine quando le sue prediche (“una mano al Vangelo e l’ altra al giornale, un piede in chiesa e uno nella strada”) scuotono la Curia, al punto che il Cardinale Siri decide di mandarlo in esilio in una parrocchia di periferia. Trent’anni dopo lo stesso Don Gallo è ancora alla guida di una comunità, San Benedetto al Porto, al centro di battaglie sempre nuove. La storia di questo prete, già salesiano e missionario in Brasile, è un percorso a volte tortuoso e accidentato. Con un solo punto fermo: Don Gallo vuole essere sacerdote fino in fondo, fedele alla Chiesa e alla sua missione tra i poveri.

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L’inganno della droga nella società delle dipendenze

di Andrea Gallo

Edizioni Sensibili alle Foglie

Don Andrea Gallo, partendo dalle sue esperienze sulla strada, ci offre uno strumento essenziale per affrontare le attuali politiche sociali proibizioniste. A. Rodriguez, docente di neurofisiopatologia, esamina le più importanti droghe sul mercato. A. Amendola, docente di sociologia del diritto, mostra le implicazioni pericolose della legislazione proibizionista.

Angelicamente Anarchico

ed. Mondadori – 2005

AUTOBIOGRAFIA – Prefazione di Vasco Rossi

Il prete rosso, il prete di strada, il prete no-global. Don Andrea Gallo è il fondatore della Comunità di San Benedetto al porto di Genova, un’isola di solidarietà nel cuore di una città con mille problemi, che accoglie tossicodipendenti ma più in generale persone in difficoltà: ex prostitute, ex ladri, uomini e donne in transito da un sesso all’altro.
Figura carismatica, don Andrea Gallo rivela in questo libro il suo pensiero su temi complessi come la lotta alla droga, la liberalizzazione, il new globalismo, la politica, ma lo fa proclamando il suo sentirsi pienamente dentro il solco della Chiesa cattolica e romana. Una vita raccontata per immagini attraverso dei flash su fatti grandi e piccoli che ha vissuto e attraverso le storie delle tante persone che ha incontrato: ex prostitute, ex ladri, uomini e donne in transito da un sesso all’altro come Stella, la cui “piccola storia” apre il libro.
La storia di Stella, un transessuale brasiliano sbarcato a Genova con il sogno di diventare ballerina e il destino di sprecare la sua vita sui marciapiedi.

ultimi.jpg Io cammino con gli ultimi   Chinaski Edizioni   2007

Il Libro

In questo suo nuovo libro, Don Andrea Gallo parla delle tematiche a lui più più care: libertà, autodeterminazione dei popoli, uguaglianza, problema droga, immigrazione e lotta al capitalismo selvaggio, focalizzando l’attenzione sul disagio profondo che affligge la società moderna rendendola sempre meno a misura d’uomo.
Pagina dopo pagina si materializza il percorso di un uomo che da sempre “cammina con gli ultimi”, un messaggio di solidarietà totalmente cristiano e per questo pervaso da un forte sentimento rivoluzionario.
Il “prete da marciapiede”, come lo hanno definito in molti, attraverso i ricordi dei suoi 36 anni d’attività sulle strade, narra a cuore aperto questo suo “camminare domandando” che ancora non si ferma nonostante i 79 anni compiuti.
Da Fabrizio De André a Moni Ovadia, da Manu Chao a Vasco Rossi e Piero Pelù, passando per i Modena City Ramblers e qualche emarginato che ha in sè un messagio importante, il libro si trasforma in una sorta di autentico diario di viaggio di chi ha vissuto l’esistenza non cercando un principio ideologico ma un cammino al fianco di chi non ha voce.
L’autore

Don Andra Gallo nasce a Genova nel 1928.
Sacerdote dal 1959, fonda la Comunità di San Benedetto al Porto nel 1970.

Come tutte le persone veramente eccezionali, crede di essere e comportarsi come chiunque altro.
Se fosse vero il mondo sarebbe un posto migliore.

Federico Traversa nasce a Genova nel 1975.
Nel 2003 è ideatore e conduttore del programma radiofonico “Città delle Luci” che andrà avanti per due anni.
Nel 2004 dà alle stampe il suo primo romanzo, “Il Contorno del Camaleonte“, a cui fa seguito “Il Maestro dell’ora Brava” scritto insieme al musicista basco Tonino Carotone.
Attualmente ricopre la carica di responsabile editoriale presso la Chinaski Edizioni.

Cosi’ in terra come in cielo

Il nuovo libro di don Andrea Gallo con Simona Orlando

Descrizione

La sua cattedrale è la strada, i suoi insegnanti prostitute, barboni, tossici, tutte quelle vite perdute che sono anime salve. Don Andrea Gallo è da cinquant’anni un prete da marciapiede, da quarantanni il fondatore della “Comunità di San Benedetto al Porto di Genova”, che accoglie chi ha bisogno e chi vuole trovare un punto da cui ripartire a nuova vita. Con “Cosi in terra, come in cielo” don Gallo racconta la sua personale saga accanto agli ultimi, i suoi dissensi da una Chiesa che pure ama e a cui sente di appartenere, sviscera con ironia e preparazione le sue posizioni ribelli su temi quali il testamento biologico, l’immigrazione, la liberalizzazione delle droghe, l’aborto. Nel suo “camminar domandando” fa bizzarri incontri con monsignori, politici, transessuali, giovani inquieti, zelanti fedeli che non credono e atei che invece sperano, artisti come Vasco Rossi e Manu Chao. Lui, ottantaduenne che viaggia in direzione ostinata e contraria e che nonostante i molti meriti resta orgogliosamente un prete semplice, sgrana il rosario laico di Fabrizio De André, raccoglie le storie di bassifondi e vicoli che tanto somigliano a quelle delle Scritture, cerca l’efficacia storica del messaggio evangelico e impasta mani e cuore nelle realtà più dolorose, lavorando senza risparmiarsi affinché questa terra diventi cielo. Un prete “prete”, anarchico, discusso, amatissimo.
Di seguito, alcuni racconti tratti dal libro…
Mi hanno rubato il prete
Fui rimosso dall’incarico nel 1963. La motivazione ufficiale non la conosco ancora, però sospetto abbia a che fare coi miei metodi “licenziosi”. Nel gennaio 1965 mi spedirono come viceparroco alla Chiesa del Carmine, in pieno centro storico, sotto l’Albergo dei poveri. Era un quartiere popolare, di portuali e operai, con abitazioni inagibili e un mercato rionale quasi indecente. Giravo nei vicoli, sostavo fra i banchi, passavo in edicola, discutevo col salumiere che era convinto che mi piacesse il prosciutto ma comprassi la mortadella perché ero tirchio e volevo spendere meno. La zona era anche frequentata da famiglie borghesi in quanto vicinissima all’Università e al Liceo Colombo, dove nel ’68 nacque il movimento studentesco. Fu un periodo di grandi stravolgimenti: con il Concilio Vaticano II la Chiesa decideva di leggere i segni dei tempi, i giovani si impegnavano nel sociale, dibattevano sulla riforma scolastica e la guerra in Vietnam, nascevano piccole comuni, cresceva la partecipazione civile. Fu un risveglio e un contagio di idee, una primavera a tutti gli effetti. La mia parrocchia diventò un punto di riferimento, l’agape, un luogo di forte comunione e sinergia. Alla messa di mezzogiorno trattavo i temi di attualità, ero nettamente schierato al fianco degli ultimi, cominciai a tenere due leggii: da una parte il Vangelo, dall’altra il giornale. Evidentemente qualche zelante non approvava le mie omelie e avvisò la Curia. L’episodio che scatenò l’indignazione dei benpensanti fu la mia predica alla scoperta di una fumeria di hashish nel quartiere. Invece di inveire contro chi rollava qualche spinello ricordai quanto fossero diffuse e pericolose altre droghe, per esempio quella del linguaggio, talmente fuorviante che poteva tramutare “il bombardamento di popolazioni inermi” in “un’azione a difesa della libertà”. Apriti cielo.
Il parroco Don Emilio Corsi per ordini superiori dovette registrare di nascosto le mie prediche, poi mi chiese scusa, dimostrandomi tutto il suo affetto, e si rifiutò di continuare. Ma ormai la Curia aveva stabilito che promuovevo la politica e non il Vangelo e nel 1970 mi inviò un provvedimento di espulsione.
Addirittura il vescovo Chiocca telefonò a mia madre chiedendole di fare pressioni su di me affinché scegliessi “obbedienza o catastrofe”. Optai per l’obbedienza e per loro fu una catastrofe. Prima della mia partenza ci fu una sollevazione popolare inaspettata. Tutta la città reagì, tanto che della storia di questo pretino si dovettero occupare anche i quotidiani, perfino Le Monde seguì la vicenda e scrisse che “avevo il torto di essere stato fedele al Concilio.”
Le gente del quartiere inviò una lettera di protesta con 2370 firme (a cui non seguì alcuna risposta), organizzò una veglia di preghiera, occupò la chiesa per esprimere totale disapprovazione al mio allontanamento. Il 1 luglio 1970, mentre io stavo barricato in una trattoria, venni chiamato in piazza e lì trovai oltre duemila persone a manifestare. Rimasi colpito. Avevo deciso di non contestare il provvedimento, invece capitai nel bel mezzo di una mobilitazione popolare, dove il professore universitario teneva a braccetto lo spedizioniere, il fabbro la vecchietta, i figli delle prostitute alzavano i cartelli insieme ai figli dei grandi professionisti. Che commozione. Mi diedero un megafono e questo fu il mio saluto: “E’ vero, esiste un profondo dissenso fra me e la Curia, ma un dissenso di amore e di profonda, convinta ricerca della verità. La cosa più importante è che si continui ad agire perché i poveri contino. Ci incontreremo ancora. Ci incontreremo sempre. In tutto il mondo, in tutte le chiese, le case, le osterie. Ovunque ci siano uomini che vogliono verità e giustizia.
” Il 1 luglio 1970 un bambino piangeva sugli scalini della mia chiesa e quando il vigile gli chiese perché, lui rispose: “Mi hanno rubato il prete”.
Il tango della ronda
Con tutto il rispetto per le Forze Armate, a me i militari nelle strade sembrano una barzelletta. Per sua natura la città è sempre in crescita, non è il giardino dell’Eden. Ci sono ostacoli, difficoltà, contraddizioni, criminalità, ma quando si opta per un cammino di intolleranza, per una chiusura, per una forma di repressione, la sicurezza diventa un boomerang che ricade su quelli che si difendono. Per una città più sicura, servono innanzitutto politiche di contrasto alla povertà perché, a mio avviso, la più grave illegalità è la miseria dilagante. L’invio dei militari ha certamente un costo elevato. Il Ministro della Difesa potrebbe evolvere la spesa alle Associazioni, Parrocchie, Cooperative presenti sul territorio, a tutto il terzo settore. E’ compito di noi tutti organizzarci in comitati “per” e non sempre “contro”. Se per paura svuotiamo i vicoli lasciamo tutto in mano ai pericoli, per le strade meno siamo peggio stiamo. Ecco cosa è la sicurezza: la gente che occupa le sue piazze e si incontra.
In comunità lottiamo anche con l’arma dell’ironia, quindi abbiamo sposato l’iniziativa di Carlo Besana che ha adattato il Tango delle capinere al Tango della ronda.
Il Ghetto

Nel 1500, nella zona di via del Campo, da cui partono carruggi e varie intersezioni, erano confinati gli ebrei. Il termine Ghetto continua da allora a designare l’area. Lì De André e altri tiratardi facevano frequenti incursioni. E’ uno spazio meraviglioso. Se nel dopoguerra avessero iniziato a risanare dal colle di Sarzano a Principe, oggi avremmo il centro storico più bello d’Europa, invece due sestrieri sono andati addirittura distrutti, restano macerie e speculazioni edilizie. Le ruspe spianarono via Madre di Dio e la gente del quartiere fu deportata in collina, quella vena pulsante divenne ferita. Lo stesso accadde con la zona di Piccapietra, un angolo significativo abbattuto per costruire il palazzo della Regione. Buttarono giù anche la casa natale di Raffaele Paganini, gli lasciarono una lapide e  i giardini di plastica. Ho avuto il piacere di rivedere quei posti nel film Il Generale Della Rovere del 1959, quando ancora le scene si giravano all’esterno. Si trattava di punti di incontro e scambio, la fontana dove si abbeveravano i cavalli, i truogoli dove le popolane andavano a lavare i panni. Negli anni ’70, vicino la chiesa di San Donato, iniziarono i lavori. Fu alzata una staccionata che ogni mattina operai e ingegneri trovavano puntualmente a terra. Indissero una vera e propria caccia all’uomo e alla fine beccarono il parroco col suo chierichetto. Chi aveva vissuto per quelle strade non digerì mai lo scempio.
Quando ero ragazzo ogni mese arrivava la sesta flotta americana, la portaerei lasciava in franchigia migliaia di marines che per prima cosa si dirigevano coi dollari in tasca nei bordelli. Era un periodo aureo per i bottegai, i negozi della Maddalena vendevano delizie di tutti i tipi. La prostituzione era fonte di commercio, quindi le puttane e gli ubriachi non davano fastidio a nessuno.
Appena la flotta non arrivò più, le famiglie cominciarono a preoccuparsi di morale e decoro. E le risposte istituzionali alle lamentele da allora    sono sempre imperniate sulla rimozione, o dalla coscienza o dal luogo.
Io invece credo che ci sia bisogno di governarla, la realtà. La prostituzione, soprattutto in una città con il porto, è inestirpabile. E’ un dato di fatto, come la movida dove ci sono locali per i giovani. Accade a  Genova come a Barcellona e Rio.
L’esodo di portuali e pescatori svuotò completamente il ghetto. Per primi lo occuparono i ragazzi che tentarono l’esperienza delle comuni, poi i migranti del Magreb. In zona Maddalena, dove la prostituzione è sudamericana e nordafricana, oggi domina il racket. In via del Campo ci sono le trans, autonome, proprietarie dei fondi in cui lavorano, alle quali va il mio totale rispetto. Siccome il vero pericolo è abbandonare le strade e le piazze, rintanarsi in casa vittime della paura e del pregiudizio, finendo così per scucire il tessuto sociale, io e la comunità abbiamo cercato un dialogo con gli abitanti del ghetto. Al principio abbiamo fissato appuntamenti in canonica, poi con un amico grafico è nata l’idea di fare il calendario 2009 delle trans. Difficile designarne dodici perché in molte ambivano ad apparire, alla fine lo abbiamo finanziato, realizzato, e le mille copie sono volate via, vendute tra i loro clienti e la biglietteria della mostra di De André. Poi abbiamo organizzato l’evento Faber e la città vecchia – dove il sole del buon dio non dà i suoi raggi”, portando cittadini, turisti, residenti di ogni razza e colore, nel ventre del quartiere meno frequentato, attraverso le note e le parole dell’artista che ne fu il cantore e l’interprete, per avviare un processo di tolleranza e convivenza, lì dove “la graziosa con gli occhi color di foglia” passava la notte sulla soglia a vendere “a tutti la stessa rosa”, nel luogo delle “princese” e delle bocche di rosa, i bassifondi in cui è rintanata l’umanità che ispirava De André, il bacino delle cronache nere a cui attingeva per ricavarne fiabe.
Conversando con Fabrizio eravamo concordi sul fatto che l’emarginazione può essere stato di grazia, perché sottrae al potere,  quindi al fango, e ti avvicina al punto di Dio. Quelle vite perdute sono anime salve.

++++

Ho riportato tutti i libri di quest’uomo originale; originale come essere umano, originale come prete fuori dal coro.

E’  banalmente  il mio personale omaggio al pensiero libero.

NO AGLI INCAPPUCCIATI

Disordini durante la manifestazione degli indignati a Roma, 15 ottobre 2011 (Ansa)

Roma, guerriglia in piazza San Giovanni Ancora scontri in piazza San Giovanni

Inferno indignati a Roma: città devastata, 70 feriti

Purtroppo quello che nemmeno tanto tacitamente  si temeva è accaduto.

Il gruppo dei Black bloc si è infiltrato nel corteo  romano ed ha fatto scempio di edifici, cose e persone; 70 feriti,  un milione  di euro di danni; peccato, perchè il peggio ha avuto la meglio.  La partita è ancora tutta aperta. La gente autentica scesa in piazza  per protestare  pacificamente  non si   fermerà certo a questa sconfitta,  perchè   ci vuole ben altro per scoraggiare  ottime e sacrosante ragioni che invece nelle altre città del  mondo (900 città su tutto il pianeta…)  non sono capitolate a  causa della solita  faziosa minoranza  disturbatrice  e manovrata.

Perchè proprio Roma? Perchè sempre  l’Italia?   Sembra  che qui le piazze siano   più facilmente  preda  di questi orribili e assurdi episodi.

Abbiamo ancora negli occhi gli orrori accaduti al G8  di Genova nel 2001 (in quel contesto ci furono purtroppo una serie  di  errori commessi anche dalle forze dell’Ordine);  abbiamo ancora nella memoria  gli anni tristi e bui del terrorismo politico e dell’odio  di classe.

NO,  bisogna  stare lontani da quei vortici, da quei meccanismi insani e malati, deviati e devianti.  I violenti sono solo violenti e basta;  è gente assoldata  da regie occulte, è gente che non ha cervello perchè così dimostra, che si droga  di  eresie  e falsità  (quando non lo fa anche con altro…), che non ha credi (che non sia quello della distruzione gratuita e  assoluta), che non ha coraggio di nulla, nemmeno dell’andare in piazza a volto scoperto per far vedere chi sono, sapendo d’essere nel torto,    come dei meschini vigliacchi  della peggior specie  che non vogliono farsi  riconoscere per le loro ovvie responsabilità.

E’   gente che è andata  a prendersela  con i simboli religiosi (che sono sopratutto simboli di pace) e che ha devastato  persino una casa privata e le macchine dei poveri cittadini indifesi  che si sono trovati in mezzo, dal nulla,   ad una vera e propria  guerriglia urbana.

Sono giovanissimi  e meno giovani  senza una storia culturale  che odiano le forze dell’ordine che stanno nelle piazze come espressione dello stato,  mentre sono solo  padri di famiglia  che magari  nello stato ci credono e che magari   semplicemente  stanno lì  a svolgere  il loro lavoro (e ci può stare il dissenso  politico   ma che andrebbe  espresso con altri mezzi laddove  la guerra cosìffatta porta solo alla  dura reazione)

Qualcuno ha perso (lo scopriremo  più tardi)  la sola cosa che aveva e che ancora gli dava la gioia di vivere…(la sua bicicletta), anche se può sembrare poca cosa di fronte  a sfasci   ed attacchi  di estrema gravità.

Mettiamo questi esaltati/squilibrati/sconnessi    in grado di non potere più nuocere. Come? Ovviamente con gli strumenti della legge, rimanendo nella legge, perchè solo la legge  ci può salvaguardare dal caos e dalla devastazione. Ovviamente la legge praticata in un paese democratico e nel nome della democrazia. Democrazia, sempre e solo democrazia  e non totalitarismi, e non demagogie, e non partitismi, e non  provocazioni  minacciose, e non cedimenti alla violenza.  Potrebbe essere quella l’occasione di un confronto  che per  scelta viene invece  rifiutato dai leader  del  “blocco nero”.

In tal modo   il movimento degli  indignados avrà  anche  nel nostro paese   la  propria  prossima occasione   di farsi valere e di esprimersi pacificamente.

Non mollate, non molliamo.  Così come non molleranno tutti gli altri  che altrove  sono riusciti  a manifestare senza incidenti e senza catastrofi (vedi  Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, Francia…)

Ci sono buone ragioni per pensare   e  sperare  che questo  grande gruppo  vestito di un abito   universale e globale  (e non mascherato) possa  dimostrare  di avere qualche più che  buona idea,  qualche più che buona progettazione, qualche più che  buona energia  da spendere.

Idignati: protesta a Parigi con cartelloni e slogan

A Parigi gli indignati manifestano davanti al Municipio Francoforte, proteste contro la finanza davanti a sede Bce

COGITO ERGO PROTESTO

La protesta degli indignati a Roma (Ansa)

Oggi gli indignati manifestano in 82 paesi, a Roma dalle 14

Chi sono gli indignati?

Sono un fenomeno del nostro attuale momento  storico.

Cosa vogliono? come si muovono? da dove vengono? come si organizzano? cosa esprimono? chi o cosa  li  unisce?

In parte si può rispondere a tutti questi interrogativi: hanno persino steso un loro manifesto  partecipato da ottantadue paesi del mondo   e   nel contesto italiano  i suoi membri   hanno  rivolto una  lettera aperta al Presidente Napolitano. Esiste un video sul web che ne illustra  gli scopi, gli aneliti, i contenuti.   L’interrogativo che rimarrebbe senza facile risposta sarebbe invece :  “Cosa otterranno? cosa sapranno costruire? come saranno tenuti a trasformarsi? cos’ hanno in comune  con il movimento della rivoluzione giovanile del 68? che cosa li differenzia radicalmente?”

Quello che otterranno e costruiranno,  ma ci piace dire  otterremo e costruiremo, è troppo presto per dirlo.  Dipenderà e dipende  da come si muove la grande scena politica ed economica nella quale tutti questi fenomeni  singoli e partecipati  si muovono.  Dipenderà e dipende    dall’originalità e dalla forza  vera ed interiore  che questi protestatori  del mondo  sapranno mettere in campo.  Dipenderà  dalle risposte  che la  società civile tutta saprà    elaborare e progettare nei singoli contesti locali.

Intanto i giovani scendono in piazza da  Wall street a   Bankitalia,  da nord a sud, da est a ovest…  e  vogliono andarci  sotto nessuna bandiera,  perchè ce l’hanno  con tutti e con tutto perchè  il loro (  e dunque il nostro futuro)    è stato buttato a mare;  cestinato, bocciato, bruciato.

Intanto il popolo dei  protestatori   si trova   sulla rete e comunica con dei mezzi  che  lo   portano    in un attimo nel centro   della  scena.  Usano un linguaggio  che non bada  da tempo  alle formalità,  che conosce  molto bene le ragioni del dissenso  ma che non  conosce, perchè nessuno  glie ne ha dato occasione,  le ragioni   dell’assenso   reale   all’essere collettivi.

Riflettiamo:  al di là di ogni considerazione ,   dal caos  della movida  protestataria   bisognerà comunque  tirare fuori  dei  progetti, degli intenti, e cos’è tutto questo  se non  “Il fare banale  della  politica”? proprio quella stessa politica che gli indignati  aprioristicamente  rifiutano, condannano e  rigettano?

Non conosco un modo di fare  progettazione  che non sia quello di mettersi seduti intorno a un tavolo.

Il fatto è che i tavoli intorno  ai quali sedersi  si sono fatti  davvero  un po’ troppo imbarazzanti, e non per colpa di chi ci va a sedersi con le miglior intenzioni, ma per colpa di chi ha fatto  da tempo  dello Stato  un luogo  vergognoso di cui non andare fieri.

Tornare  ad  amare  il proprio  paese, tornare ad amare la propria città, tornare a sperare  di potere costruire una propria famiglia  con delle possibilità minime di sviluppo, tornare  a riconoscere  i bisogni  elementari delle persone, tornare  a sentirsi  investiti  di responsabilità e di doveri  che non possono essere derogati o delegati  a chicchessia.

Tornare a essere uomini  seri  che non rinunciano per questo alla leggerezza della vita, al suo naturale bisogno  di allegria  e di  provvidenziale follia…

Stiamo per questo ad osservare e non con le mani in mano; riempiamo allora  la nostra agenda di  scadenze e di  possibilità, senza chiudere alcuna   porta  che non si sia rivelata, con nostra grande soddisfazione,  irrecuperabile.

NO ALLA DESTABILIZZAZIONE, SI’ A CHI VUOLE CONSERVARE IL DIRITTO

Ancora il nord Africa torna a colpire il mondo cristiano   (  circa 25 morti e oltre 200 feriti..)   che preoccupato della propria sicurezza sembra  avere scelto l’esodo in massa da queste terre ostili ed ingrate. Eppure l’Egitto ha una lunga e gloriosa  storia che racconta la  capacità di convivenza   tra le   religioni differenti.

E’ ovvio che il momento è sempre tutto politico: non centra nulla la religione, non centrano  nulla  le   diversità  che sembrerebbero  albergare  tra i diversi credi;  è solo una  questione   di disegni occulti, di strategie della tensione che hanno il preciso scopo di veder  consegnato   il futuro dell’Egitto all’integralismo islamico e quindi a una certa fetta  del paese  che certo non gioverebbe allo sviluppo degli egiziani.

Si invita il popolo egiziano pieno di buona volontà  a far sentire il proprio dissenso; si invitano le autorità locali sia religiose che politiche  a far sentire la propria voce di condanna; si invitano le autorità internazionali a  prendere iniziative concrete ed immediate che possano agevolare  in terre musulmane   la costruzione  di  un clima condiviso  di dialogo  e di collaborazione.

Non vogliamo assistere a nuove  catastrofi, non vogliamo pensare   che l’accogliere ogni giorno nei nostri paesi   decine  di  stranieri provenienti dall’Africa    possa rimanere un segno concreto  di amicizia  e di apertura    del tutto ignorato.

Amici musulmani, aiutateci  a pensare un Egitto che non soccomberà alle provocazioni manovrate e corrotte di  ignobili minoranze   e che non vuole assistere  indifferente  di fronte   l’egida  della violenza e del non senso.

Si uniscano a queste piccole voci    tutte le autorità religiose  e politiche    locali e straniere    che possono fare molto  facendo quasi nulla con la loro autorevole parola  e con il loro  illuminante  esempio.  Reagite. Non state in silenzio.

PREMIO NOBEL PER LA PACE 2011: E’ DONNA, E’ ARABA, E’ AFRICA

pace

Oggi sono loro

Ellen Johnson Sirleaf è stato il primo presidente africano donna eletto democraticamente. Sin dal suo insediamento nel 2006, ha contribuito a garantire la pace in Liberia, a promuovere lo sviluppo economico e sociale, a rafforzare la posizione delle donne.

Leymah Gbowee ha mobilitato e organizzato le donne attraverso linee di divisione etniche e religiose per porre fine alla lunga guerra in Liberia e per garantire la partecipazione delle donne alle elezioni. Da allora ha lavorato per aumentare l’influenza delle donne in Africa occidentale durante e dopo la guerra.

Nelle circostanze più difficili, sia prima che durante la “primavera araba“, Tawakkul Karman ha svolto un ruolo di primo piano nella lotta per i diritti delle donne e per la democrazia e la pace nello  Yemen

Solo ieri era lui, Liu Xiaobo,

Liu Xia, the wife of Chinese dissident Liu Xiaobo, holds a photo of Liu Xiaobo during an interview in Beijing

che però è ancora in  cella

Loro seminano con  semplice  coraggio   “democrazia”  in un mondo  fatto  di altro.

solo canzonette…

RENATO CENTO

Continuate ad avere fame. Continuate ad essere folli

Non era un tecnico, non era un laureato, non era un manager, non era uno che ha trovato la strada facile, nessuno gli avrebbe dato un soldo bucato nei suoi primi anni di lavoro…ma è diventato Steve Jobs,  il numero uno della comunicazione, perchè era un creativo, perchè era un pensatore/ideatore/ricercatore   della tecnologia, perchè era un uomo normale  che voleva rendere il mondo di tutti noi più colorato e vivo…Ci è riuscito alla grande!

Ha avuto anche  per il suo grande   merito    le migliori testate giornalistiche, incontrato i grandi della terra, trasformato  per sempre  il nostro quotidiano. Poi potrà essere contestato per altre valevoli ragioni, perchè certo non era un uomo perfetto,  ma ricordiamolo  soprattutto  per  il suo motto alquanto   inquietante:

“Dovete credere in qualcosa, il vostro intuito, il destino, la vita, il karma, qualsiasi cosa”.

Che vuol dire  “Dovete avere un sogno  da portare a conclusione.”  Non c’è niente di più reale e serio dei sogni.

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Steve Jobs e Steve Wozniak con un blue box

steve jobs ci ha lasciato

Steve Jobs e Steve Wozniak nel 1977

Steve Jobs e Steve Wozniak lavorando all'Apple II

Steve Jobs con Bob Noyce

S. Jobs se la ride

Con Regis McKenna

In ufficio

Steve Jobs in moto

IMB e Steve Jobs

Steve jobs e Mike Markkula

Think Different

Macintosh

Con Scully , Woz e Jobs

Copertina Fortune

Jobs e Gates

Medaglia Congresso USA

Uffici Next

Jobs e Perot

Steve Jobs e la figlia Reed Jobs

Steve Jobs e  Scott McNealy

S. Jobs allar Pixar

Bill Gates

Jobs al Macworld 1998

Jobs a NY

Sala del Board Apple

Foto Gruppo

Jobs e iPod

Copertina Fortune 2002

iPod 2004

Stanford

Nike Event

iPhone

Copertina Time 2010

Lancio dell'iPad

Jobs e iOS 4

D8

Il presidente Medvedev visita Apple

Addio Steve!

Ciao  Steve…

5 ottobre: Giornata mondiale dell’insegnante

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IL PROGETTO CENTO PIAZZE

IL PUNTO PD

IL TERZO GRADINO

L‘OPINIONE CHE CIRCOLA

Da riflettere

VOLERE APPRENDERE CREARE





Voler apprendere

strategie di apprendimento

l’agire creativo

la creatività

come sviluppare la creatività

Foto della normalità





JACKSON POLLOCK E WILLEM DE KOONING – DUE ARTISTI, UN DESTINO

Milano è di scena

I pastori nella metropoli urbana

Parigi Fashion Week, primo giorno

La settimana della moda

sede regione lombardia

Il grattacielo della regione

Palazzo Reale

Teatro alla Scala

Il piccolo teatro tra circo,  novità e classici…