Tutta la Siria esulta.
Ma la guerra ad Aleppo è durata troppo, sono rimaste solo macerie.
E adesso?
Adesso anche tutto il territorio siriano deve potere tornare libero.
Tutta la Siria esulta.
Ma la guerra ad Aleppo è durata troppo, sono rimaste solo macerie.
E adesso?
Adesso anche tutto il territorio siriano deve potere tornare libero.
Nel bene e nel male ha fatto la storia di Cuba, è stato fino alla fine capace di rimanere fedele a se stesso e alla sua storia, alla storia della sua Isola: Cuba lo ha più amato che odiato, e per essere stato un dittatore, il mondo ha potuto vedere di molto molto molto peggio di lui…
E’ stata di certo la forma di comunismo di Stato più a misura d’uomo che si sia vista sul pianeta Terra.
Rimane di certo una realtà alla quale fare riferimento e sulla quale volgere studi e riflessioni, osservazioni, critiche e possibili cambiamenti per il futuro, soprattutto dopo la fine dell’embargo americano.
Figura eccezionale che è entrata nell’immaginario collettivo accanto all’altro grandissimo lider, rimasto amatissimo ai giovani rivoluzionari di ogni tempo, il leggendario Che Guevara.
In vita ha dovuto combattere feroci lotte e guerre fredde senza risparmi di colpi da parte dei suoi potentissimi avversari, senza mai arrendersi.
A 90 anni si è lasciato piegare dal tempo, che non risparmia nessuno, che arriva nel momento che deve essere per tutti…
Una rivoluzione autonoma, quella cubana; mai esportata, non esportabile, unica.
Ma il suo futuro?
E’ successo ancora, ad una coppia italiana, con oltre quarant’anni di vita insieme.
Che orrore, quarant’anni di vita inutile, di vita buttata via, finita nel peggiore dei modi.
Vorrei un mondo senza sentire di queste notizie, sì, dove non possa esistere la prevaricazione di un sesso sopra l’altro. Ma come arrivarci?
Non è la diversità dei generi a scatenare le incomprensioni, ma la volontà in sè di dominare sull’altro, che probabilmente potrebbe essere anche dello stesso sesso.
Certo che la violenza fisica è più maschile che femminile.
A questo punto inviterei tutte le parrocchie a chiudere gli altari, magari per un mese: a indire lo sciopero dei sacramenti, come segnale forte contro la perdita dell’umanesimo partecipato.
Anche i sindaci dovrebbero indire lo sciopero dei matrimoni civili. Di qualunque genere, anzi, quelli gay ok, che loro ancora non si sono stancati di sposarsi, ma quegli altri che siano proibiti. Per almeno un mese.
Visto che le coppie dimostrano di avere perso il senso dell’essere coppia, almeno per un mese chiusura totale di questa funzione. Se un mese non basterà, potremo farli diventare due…fino a che la società non riesca a dare dei segnali di ripensamento.
L’errore di un singolo deve diventare la colpa di tutti, altrimenti non ne verremo fuori mai.
Che senso ha contrarre matrimonio per andare a fare questa fine? Che senso ha contrarre matrimonio ignorando ciecamente i segni di questo stillicidio sociale?
Lo so, sto solo provocando, cerco risposte che non trovo.
Il mondo ha perso il suo pudore, in tutti i sensi; ha perso il suo buon senso, la bussola.
Si è evoluto nella tecnologia ma non ha saputo evolvere i suoi membri, spesso maschi, a volte incolti, altre volte emancipati, a volte uomini qualunque, altre volte uomini famosi; ma sempre colpevoli di volere dominare.
Possa l’orrore di questo terribile ennesimo femminicidio, aggravato dall’età matura che dovrebbe essere sinonimo di saggezza, servire ad un conto a ritroso…ma invece so già che non sarà così… che non abbiamo ancora toccato il fondo…perchè tiriamo avanti indifferenti…
E’ morta Tina Anselmi, una grande protagonista dello scenario politico del nostro Paese, al di là degli schieramenti politici di appartenenza.
Credeva nei valori della libertà e della democrazia, in tempi in cui la libertà non era certo una garanzia. Ci ha creduto sempre, anche dopo quando la libertà è diventata un’abitudine che si rischia di dare per certa ed acquisita, proprio quando basta poco per perderla e farla scivolare dentro il pantano del caos.
E’ giusto celebrarla, anche se ai giovani dice poco o nulla, anche se ai loro occhi può apparire come un’ anonima vecchia del passato che nulla a che fare con il nostro mondo di oggi.
E invece occorre ricordare a tutti, e soprattutto alle ragazze e a tutto il mondo femminile del nostro tempo, che questa semisconosciuta morta a ottantanove anni è stata una ragazza esattamente come loro, che ha saputo fare fin da giovanissima delle scelte coraggiose importanti, che non ha avuto timore di impegnarsi e di credere in una società migliore.
Ci sono oggi le Tina Anselmi di domani? Donne che hanno un progetto e intendano perseguirlo a beneficio di tanti? Che sia in politica o in altri settori della vita, poco importa. Io credo di sì, questa è l’eredità che questa esemplare e non certo superata donna di vita ci lascia in consegna.
Lei è una eccellenza della ricerca in campo medico.
Dava fastidio in Parlamento e quindi viene ingiustamente accusata di un fatto gravissimo e infamante.
Ci vogliono dieci anni di processo prima di arrivare alla assoluzione definitiva.
Alla fine la nostra eccellenza italiana non più motivata a rimanere in patria, ci dice addio a testa alta, si dimette da quel Parlamento che ha rappresentato per lei solo un incubo infinito (le sue testuali parole), e fugge in America.
Questo è uno spaccato del nostro Paese, purtroppo.
L’asilo bianco era un luogo dove Sabina Spielrein mise in pratica i suoi semplici quanto rivoluzionari principi pedagogici durante i terribili anni del nazismo stalinista.
Erano principi che si ispiravano all’educare nell’insegna dell’essere libero, libero di fare, libero di sperimentare, libero di scegliere, libero di scoprire tutte le diverse meraviglie della vita, non escluse quelle sessuali legate alla elementare conoscenza del corpo umano.
I suoi orientamenti di pensiero si legavano a Freud e Jung, con cui ebbe anche una travagliata relazione affettiva, legando il suo credo pedagogico all’importanza della psicanalisi.
Lei stessa ex malata, lei stessa futuro medico, lei stessa perdutamente innamorata dell’amore e della sua incommensurabile forza trasformativa.
Accanto alla psicanalisi riteneva fondamentale la capacità di curare e l’amore per la musica. Le sue lezioni erano una mescolanza di giochi, canti e poesie, dove attraverso la leggerezza si arrivava a toccare gli spiriti profondi dei comportamenti complessi.
Tra i suoi alunni ebbe il privilegio di crescere e formarsi un bambino tra i tanti con problemi di relazione, chiuso in un ostinato mutismo, che divenuto adulto e ottuagenario, all’età di ottantaquattro anni avrà modo di testimoniare al mondo civile e moderno quegli anni oscuri, quei giorni lontani, quegli indimenticabili momenti conservati nel cuore.
Sabina era una donna speciale, geniale, profondamente intelligente, e purtroppo per lei anche ebrea.
Finì fucilata dall’armata del regime in una sinagoga , insieme alle sue due figlie e a molti altri ebrei che invano avevano cercato la fuga.
Prima di venire trucidata, solo per non avere voluto abiurare al suo pensiero, nascose un suo libro pieno di sue poesie dentro gli scaffali di un inginocchiatoio, per sottrarlo alla inevitabile dispersione.
Sapeva perfettamente che il suo principio educativo sarebbe sopravvissuto al suo sacrificio.
Quello che ancora non immaginava nel momento della fine era che sarebbe stata celebrata come insegnante nei posteri, proprio e soprattutto grazie all’amore e alla riconoscenza di questo suo piccolo allievo che lei aveva saputo strappare al buio della solitudine e del silenzio.
Si chiamava Ivan Ionov la cui scena di toccante umanità è stata oscurata sui video che erano presenti sulla rete per diritti d’autore.
Il cambiamento del mondo è una questione di carte?
Da poco tempo nella scuola le schede dei genitori che devono compilare all’atto dell’iscrizione di loro figlio non portano più la voce genitore 1 e genitore 2, ma la voce Tutore 1 e Tutore 2.
Questo per non urtare la sensibilità delle coppie omosessuali che portano il loro bambino a scuola senza per questo esserne stati obbligatoriamente generatori.
L’idea di una nuova maternità e di una nuova paternità ha sempre affascinato il mio intelletto e il mio cuore; credo profondamente nella famiglia, che è il luogo dove si forma all’umanesimo, ma che si sarebbe arrivati un giorno a concepire una società dove tra la normalità familiare venisse inclusa l’avere due padri o due madri, senza con questo passare da una rivoluzione di pensiero collettiva, da una collegialità di discussioni, da una serie di passaggi formativi che si appellassero alla sapienza dei saggi, dei filosofi, degli antropologi e dei religiosi, non me lo sarei mai aspettato.
Il mondo della scuola, imponendo questa nuova modulistica, ha deciso per tutti, e anche sotto silenzio, perchè la società di fatto non ne parla, non fa cenno di questo pensiero Gender che in due parole sostiene l’annullamento della propria sessualità fisica, nel nome di una libertà assoluta di comportamento sessuale.
Libertà intesa come identità transgenere, ossia che tu sia maschio o che tu sia femmina, potrai decidere quando vorrai chi essere, come essere, cosa fare, quale famiglia costruire.
Dunque le famiglie con due maschi o con due femmine diventeranno sempre più la normalità.
Il fenomeno delle madri in affitto diventerà una pratica legalizzata e sempre più praticata.
L’inseminazione artificiale a confronto è diventata come bere un bicchiere d’acqua, perchè non c’è neanche da parlarne.
Si diffonderà sempre più una letteratura già per altro in utilizzo in certe realtà estere ma anche nella nostra comunità italiana dove si parla appunto in termini di favolette di due pinguini maschi che si vogliono bene e che vanno a prendersi l’uovo di una simpatica amica pinguino che lo cede loro per senso di altruismo e per dare a tutti, nessuno escluso, la possibilità ed il diritto d’essere felice.
Favolette dove due orsette si amano alla follia e decidono di farsi fecondare, una delle due su decisione condivisa, grazie ad un semino fertile che un simpatico amico orso rende loro disponibile, ovviamente per un sentimento di generosità, in modo che tutte, nessuna esclusa, abbia la possibilità d’essere felice.
Sembra che oltre alle favolette si arriverà ad un vero e proprio indottrinamento infantile dove si ricorrerà alla manipolazione del pensiero che in quella fascia di tempo che è la prescolarità, è come un pongo che può assorbire di tutto (indottrinamento già in corso all’estero).
Insomma, tutto questo per garantire il diritto di tutti alla felicità.
Siamo tutti uguali, tutti abbiamo il diritto d’essere amati e di diventare padri o madri di una nostra creatura, concepita per questo scopo, per questo fine, per questo progetto.
Che poi venga fabbricata su commissione, o che venga costruita grazie all’uso di una provetta, e non grazie all’incontro di due esseri che si incontrano e si accoppiano come madre natura avrebbe pensato e architettato, è diventato solo un dettaglio di nessuna rilevanza, perchè il trionfo dell’amore non ha prezzo, non ha limite, non ha freno, non ha giustificazione contraria accettabile.
Insomma, la natura fisica non è più ciò che detta legge, come accadeva fino a ieri; per oltre duemila anni siamo stati educati al pensiero che la natura del corpo avesse la sua importanza, avesse la sua fondamentalità, addirittura la sua sacralità templare, avesse la sua ragion d’essere. Oggi ci si dice che il corpo è solo un dettaglio, perchè domina la mente e il cuore.
Ok, non mi dispiace l’idea di questa superiorità del cuore e della mente.
Nessuno più di me abbraccerebbe l’idea dello scavalcamento puramente fisico della persona, per permettere la liberazione e la realizzazione di progetti spirituali e metafisici.
Messa in questo modo chi non sarebbe favorevole alla felicità di ogni essere?
C’è solo un dubbio che mi rimane da districare, e non si può non concedermelo, se vogliamo essere onesti e intellettualmente corretti.
Voglio meglio conoscere il fenomeno delle madri in affitto.
Voglio capire le vere ragioni del loro gesto.
Voglio meglio capire se lo fanno per pura generosità.
Voglio meglio capire se rimangono indenni nel corpo e nella mente dopo avere fatto un bambino che poi cedono ad altri senza più vederlo.
Voglio meglio capire se lo farebbero lo stesso senza dovere percepire un solo centesimo.
Voglio meglio capire se hanno la libertà fino all’ultimo di cambiare idea e di retrocedere dal loro immagino contratto di compravendita.
Voglio meglio capire se le coppie omosessuali che si commissionano un figlio, se lo farebbero commissionare da donne di cui non conoscono la sanità fisica e mentale e dunque saprebbero accettare l’eventualità di un figlio che dovesse nascere invece diverso da come se lo siano immaginato (realtà che puntualmente può accadere nelle coppie etero).
Voglio capire come reagirà questa società quando cominceranno i primi divorzi tra coppie omosessuali detentrici di figli (possibilità del tutto legittima visto che accade normalmente nelle coppie etero).
Voglio capire come saranno i figli di queste nuove famiglie tra vent’anni o anche meno, quale opportunità di vita e realizzazione troveranno nella società che dovrà essere capace di accoglierli come figli assolutamente uguali a quelli di tutti (nei fatti e non solo nelle parole).
Voglio capire come sarà il loro modo di pensare, di amare, di volere, di progettare le loro famiglie.
Voglio che la stessa famiglia tradizionale si sappia mettere da subito in discussione, e sappia tirare fuori il proprio relativo fallimento, ragionando sulla violenza sulle donne, ragionando sulla libertà di abortire, ragionando sulla libertà di divorziare, ragionando sulla libertà di cambiare se stessa, perchè o la famiglia è una sola e uguale, aldilà delle differenze, o avremo famiglie di serie A e famiglie di serie B, e questo non può essere accettabile.
Voglio che la famiglia della normalità si metta al tavolo con la famiglia della diversità, e cominci a parlarsi e confrontarsi in una agorà che finirà nella notte dei tempi.
E voglio una società che cominci a fare discussione pubblica a 360 gradi su tutte queste grandi perplessità.
Che faccia vedere al mondo islamico così profondamente lontano e così profondamente vicino, che non siamo dei folli, che non siamo privi di valori, che siamo oltre le conflittualità semplicemente la culla del ragionare e dell’incontrare, che proteggiamo e amiamo quanto loro e forse più di loro una certa idea di vita, di onestà, di purezza, di solidarietà (senza nemmeno avere bisogno di dimostrarlo).
Certo Chiediamo loro (alla società civile) scusa se senza renderci conto li abbiamo offesi, abbiamo urtato il loro sentimento di rispetto. E senza dubbio lo abbiamo fatto.
Vogliamo dire loro (alla società civile) che aldilà dei nostri errori noi simo fieri d’essere liberi, liberi anche di cadere, liberi anche di fare confusione, di stravolgere noi stessi.
E vogliano dire loro (alla società civile) che se non sapranno da oggi portarci rispetto per quello che abbiamo dato e diamo e daremo, allora noi il rispetto da oggi ce lo prenderemo.
Ce lo prenderemo, perchè troppo abbiamo dato e non solo molto abbiamo preso.
(capitoletto del libro in programmazione Un paese, una scuola)
(Dedicato ai giovani uccisi a Parigi dagli assassini che si fanno chiamare terroristi dell’Isis ma sono solo animali da abbattere.)
dopo il buio…
Notizia che non può passare sotto silenzio.
E’ il primo vescovo e oltretutto teologo che dichiara apertamente d’essere gay e di sentirsi in tutto un buon cristiano.
Di sentirsi cioè parte della Chiesa.
Immediata la risposta del Vaticano che lo ha già dichiarato sospeso dai suoi incarichi.
Questa Chiesa aperta e democratica non fa certo marcia indietro su quello che sono i principi secolari della dottrina ufficiale; la famiglia deve essere composta di un uomo e di una donna, le unioni omosessuali sono tollerate ma non possono pretendere il riconoscimento paritario con le altre.
E poi in questo caso c’è di mezzo il voto al celibato che è stato rigettato.
E questo è un altro spinosissimo capitolo; può un prete sposarsi o deve rimanere fedele al suo voto di castità? e se poi volesse sposarsi, che lo possa fare con un altro uomo è un problema aggiuntivo che decisamente complica enormemente la questione.
Ci piaceva di più il Papa che diceva “Chi sono per giudicare”, mentre quando ci dice “Sei licenziato, hai disubbidito, non rispetti la regola”, ci mette un poco più in difficoltà.
Il punto centrale di queste due figure, di questa presa di posizione, la prima morbida e la seconda rigida, sono probabilmente le due facce della stessa medaglia.
Se si tratta di ragionare di persone laiche e non consacrate, il giudizio deve essere e può essere di per sè concessivo; ma se si tratta di giudicare per lo stesso reato una persona non qualunque, non esterna, ma interna alla Chiesa, e per di più consacrata, allora il giudizio non può che diventare irremovibile.
Di sicuro diventa più complesso.
Cosa accadrà adesso a questo vescovo che ha deciso di fare coming out con la sua in parte felice omosessualità? Lo stravolgimento che gli cadrà addosso lo porterà verso quale via di risoluzione? E’ ovvio che non è il semplice destino di un singolo uomo in discussione, ma il destino di molti come lui che per convenienza rimangono nell’anonimato, che per onestà e coraggio dovrebbero fare la stessa confessione del loro collega, e che per numerosità obbligherebbero la Chiesa a risposte meno lapidarie e più riflessive.
Io credo che non c’è molto di scandaloso in un prete che dichiara d’essere omosessuale. Non si può certo mettere sullo stesso piano di un prete che nell’oscurità del male opera contro l’innocenza dei bambini…
Qui la capisco di più la severità del sommo Vescovo, Papa Francesco. Anzi, non c’è severità e parole e azioni e nulla di nulla che possa lenire lo squarcio di una Chiesa caduta così in basso…
Di fronte invece a questo Vescovo qualunque che ha voluto proclamare il suo amore davanti al mondo, piuttosto mi viene di tacere. Ne parlo solo per riflettere. E vorrei che ogni vescovo lo facesse, lo sapesse dire, sapesse venire fuori anzichè rimanere nel buio.
Ci aiuterebbero a riflettere meglio. Aiuterebbero la Chiesa a riflettere ancora più severamente su se stessa. Aiuterebbero il sommo Vescovo a cercare e trovare risposte difficili alla attualissima funzione religiosa dell’essere una Istituzione spirituale nel mondo temporale.
Non so se sono riuscita a farmi capire.
Trovo che parlare di Chiesa in un mondo così ormai dissacrato in tutte le sue più importanti componenti ci permette di non diementicarci della nostra innata sacralità.
Noi tutti siamo nati per la felicità, e non c’è giorno che debba passare sul calendario che noi si possa pensare di ritenerlo inutile a tale ricerca.
La felicità non è lo stato d’animo di un giorno che passa e poi ce ne dimentiachiamo.
Essa è una vocazione appartenente al genere umano; essa è un progetto che dura tutta la nostra personale esistenza; è l’insieme di atti e pensieri e situazioni che ci attraversano, che ci cambiano, ma che non ci devono possedere. Siamo sempre noi a dovere possedere loro. Possedere nel senso di governarle, ma anche nel senso di lasciarsene governare.
Questo vescovo forse ci ha detto d’essere gay come per chiederci aiuto, o per dare aiuto a persone come lui, o entrambe le cose. Il raggiungimento da parte di se stesso della propria felicità, evidentemente mai raggiunta o mai al sicuro (di sicuro nella vita c’è solo la morte), è il progetto che in quanto uomo come tutti noi lo obbliga a delle scelte, ma che in quanto vescovo lo abbliga a delle posizioni e responsabilità.
Ritorneremo sul tema con calma.
E’ di questi giorni la storica apertura degli Stati Uniti al pensiero gender.
E’ solo questione di tempo e tutto il mondo occidentale accetterà di fatto una idea nuova di famiglia, di figli, di paternità e di maternità. Ossia di società. Ossia di economia (perchè dove si parla di diritti si parla anche di soldi). Ossia di antropologia.
Davanti alla storia che chiede cambiamenti il pensiero dei singoli ha poca rilevanza, ed i singoli sono chiamati ad adeguarsi a quello che sembra una volontà ferrea di una intera società in mutazione.
Solo il tempo racconterà le implicazioni, le novità, le complicazioni, le difficoltà e gli errori che ogni Cambiamento significativo porta con sè, un cambiamento che oggi non è più possibile fermare, credo non sia più nemmeno corretto ostacolare.
Ma allora come si può conciliare tutto questo con quello che sembra presentarsi e rimanere come un essere fuori tempo, fuori moda, fuori tutto?
Personalmente continuo a credere che la famiglia normale debba essere costituita da un padre, una madre e via discorrendo; come anche credo che anche le famiglie non normali debbano avere i loro diritti garantiti, nel nome di un amore che si vuole dichiarare senza sesso e dunque senza imposizioni di sorta.
A causa di questa uguaglianza di diritti da tutelarsi, le famiglie non possono essere classificate però (come io non riesco a fare e credo non ci riuscirò mai, essendo questo un mio limite) tra l’essere nella norma e l’esser fuori della norma, e dunque la società e le leggi procederanno affinchè questa distinzione di parte che viene tacciata di omofobia, non possa avere la meglio e causare discrimini, come è sempre accaduto nel passato.
Nelle scuole si insegnerà per decreto, ossia per programma ministeriale, il pensiero gender e ci saranno notevoli conseguenze e modifiche nell’educazione e nello sviluppo della pedagogia condivisa, da come è stata ad oggi intesa e progettata.
Questo comporterà tutto un ciclo di formazione rivolta ai docenti ed in parte anche alle famiglie che dovranno prepararsi a questa importante esigenza collettiva.
Non solo, questo mutamento comporterà decine e decine d’anni di assestamento, durante i quali accadranno cose nuove e non prevedibili, ovviamente del tutto legittime.
Coloro che si rifiuteranno di accettare questa presunta ideologia, dovranno in qualche modo adattarsi pena il loro allontanamento dalla scuola pubblica, oppure in alternativa rifugiarsi nelle scuole private e cosiddette confessionali.
Di sicuro si va anche ad ingrandire il gap che già esiste tra la laicissima cultura occidentale e la lontanissima cultura orientale araba, che rimane nelle sue maglie più incontrollate ed oscure profondamente teocratica, e visto il già dilagante terrorismo islamico, i folli della jiadh aggiungeranno anche questo tassello alla loro violenza (è il normale prezzo richiesto a chi si ritiene essere avanti nello sviluppo e nel progresso).
Per concludere, credo che ogni paese dovrebbe proporre un referendum al suo popolo, chiamato a rispondere nelle urne con un parere favorevole o sfavorevole.
Favorevole non all’amore libero (retaggio degli anni della contestazione) ma alla parità di genere (sostanza del mondo che si è totalmente emancipato dalla tradizione, dalla storia, dalla letteratura religiosa e da un certo modo di intendere la ragione).
Solo questo referendum giustificherebbe e permetterebbe agli occhi di tutti l’accettazione e l’effettivo normamento di questa nuova prassi familiare. Così come si fece per il divorzio e per l’aborto (ma con la differenza che l’aborto ed il divorzio non si chiedeva di imporli ma solo di legittimarli).
Potrebbe sembrare un passaggio forzato o discriminatorio, ma visto che la materia è imponente e profonda, quale procedura migliore di detto trasparente e democratico agire politico?
Visto che la verità sulla questione non può essere dettata con leggerezza nè da una minoranza che si vorrebbe imporre, nè da una presunta e forse non esistente maggioranza che chiederebbe l’immobilismo di fatto, che referendum sia.
La libertà che la fine della guerra ci ha regalato ad un durissimo prezzo, è il bene assoluto che la Resistenza ci ha lasciato in eredità.
La corruzione ed il mal costume che oggi impera nella nostra Democrazia, è il male assoluto che la Cattiva Politica ci ha lasciato sulla coscienza.
Sta a tutti noi proteggere il Nostro Meraviglioso Paese Libero.
Sull’onda dello sconcerto, giorni scorsi ho scritto un articolo provocatorio intitolato Cari musulmani
Era provocatorio perchè in quel post mi rivolgevo a questo gruppo di nostri connazionali come se fossero tutti idealmente chiamati a darci conto di quello che farebbero alcuni loro fratelli causandoci grandi danni e dolori.
E’ chiaro che sappiamo che tra di loro ci sono per lo più persone normali che vorrebbero soltanto vivere con noi in pace.
E’ chiaro che il male da estirpare sono specificatamente queste cellule dormienti che aspettano solo il loro momento per diventare drammaticamente operative.
E’ chiaro che non possiamo metterci a dirci : “Mandiamoli tutti a casa, perchè non hanno diritto di stare da noi”
E’ chiaro che dopo essere stati orrendamente antisemiti e oscurantisti non abbiamo nessuna voglia di diventare antiislamici.
E’ chiaro che non abbiamo bisogni di intellettuali noti che ci vengono a dire: “Tutto questo dimostra che la religione non dovrebbe esistere perchè fa solo guai”
La religione è un bisogno della persona, e non della persona costretta e incapace di intendere e di volere, nè della persona fanatica; è un bisogno che nasce con l’uomo comune inteso nella sua maestosità e sovranità, e morirà con esso.
Detto tutto questo, deve essere ANCHE chiaro che il problema che abbiamo davanti è COMUNE, e vorremmo poterlo risolvere INSIEME.
Chiamo all’appello tutte le forze islamiche ed ebraiche migliori che possano mettersi al tavolo con noi per pianificare strategie antiterrore.
Tutto il resto sarebbero soltanto chiacchiere inutili.
Per vivere insieme pacificamente, ci occorre poco; il rispetto reciproco, l’accettazione dei valori del paese ospitante, il rispetto comune delle regole, la capacità comune di ragionare sui punti divergenti.
Scusate se ho detto poco; sono proprio su questi punti cardini che dobbiamo lavorare per sviluppare le nostre radici democratiche, condividerle con chi vive con noi, chiedere al diverso la capacità di riflettere, confermare sempre a noi stessi la capacità di accogliere.
Il nostro comune nemico è il terrorismo, che sia sotto forma di singoli o di stato organizzato. E’ chiaro che ci fa maggiore timore il suo essersi organizzato in Stato, o in sette gerarchicamente concepite.
Questo evidente terrorismo organizza eserciti di kamikaze, manda a morire bambine di soli dieci anni imbottite di tritolo, usa le donne come merce priva di qualunque dignità, stermina interi villaggi soltanto perchè non si convertono all’islam, mette in rete i suoi video di morte, semina ovunque il terrore ed il caos, innalza la sua bandiera nera annunciatrice di eventi apocalittici e di sventura.
Eppure è soltanto un’organizzazione criminale che ogni uomo sano di mente vorrebbe vedere sparire dalla faccia della terra.
Lo so, anche la mafia avremmo voluto vederla sparire dalla faccia del nostro bel paese, ed invece gode in apparenza di ottima salute (ma questo non ci proibisce di sapere che se volessimo potremmo profondamente castrarla a se stessa).
La stessa mafia si alimenta e si arricchisce di questo movimento o di movimenti simili, che si innalzano al di sopra del vivere civile, pur rimanendo solo fango e merda con cui ci si insudicia le scarpe e si perde il diritto di essere ancora chiamati uomini.
Bene. Care forze democratiche e sane che avete voglia di rimboccarvi le maniche: c’è lavoro per tutti.
In una stanza silenziosa c’erano quattro candele accese. La prima si lamentava: “Io sono la pace. Ma gli Uomini preferiscono la guerra: non mi resta che lasciarmi spegnere” e cosi accadde. La seconda disse: “Io sono la Fede. Ma gli Uomini preferiscono le favole. Non mi resta che lasciarmi spegnere” e cosi accadde. La terza candela confessò: “Io sono l’amore. Ma gli Uomini sono cattivi e incapaci di amare. Non mi resta che lasciarmi spegnere“. All’ improvviso nella stanza comparve un bambino che, piangendo, disse: “Ho paura del buio“. Allora la quarta candela disse: “Non piangere. Io resterò accesa e ti permetterò di riaccendere con la mia luce le altre candele. Io sono la speranza“
Padre Francesco è il nostro parroco, il parroco di tutti che sempre ci stupisce nelle sue parole e nei sui gesti.
Ho ascoltato per poco e per caso qualche tratto della sua omelia sul santo natale, ed il Papa usava queste parole su cui indurci a riflettere; parlava di pazienza di Dio, di vicinanza di Dio, di tenerezza di Dio.
Dio il sommo ed unico e sconosciuto perchè nessuno lo avrebbe mai visto nelle sue vere fattezze, non sarebbe altro che un amorevole nonno senza età determinato a volere che noi uomini e suoi figli ci decidessimo a lasciare che il suo Bene ci possa cambiare la vita.
Perchè poi si tratta solo di questo; non tanto che siamo noi a trovare Lui, ma almeno permettere che possa Lui essere l’Essere che trova noi.
Bene, da oggi è ancora un poco più Natale anche a Cuba, dove i cristiani possono liberamente esibire i loro presepi che solo fino a ieri erano ancora proibiti.
Parlando con un amico su quello che è accaduto in Sudafrica, nel volere sottolineare che le rivoluzioni sono possibili, lui commentò sarcastico ” Ho capito, ma se dobbiamo aspettare una vita intera per ottenere qualcosa…” ed io subito mi sono precipitata ad aggiungere: “Ma proprio perchè Mandela ci ha dovuto impiegare un lunghissimo tempo egli è poi diventato quello che è diventato…”
Come dire, non importa il tempo che tu ci impiegherai, conta alla fine il risultato.
La non violenza ha un prezzo altissimo, ma che vale sempre la pena di pagare.
E’ un albero che fiorisce sempre ,anche d’inverno; è il sole che non tramonta mai; è un morto che resuscita, perchè si era solo addormentato; è un miracolo verissimo che guardi sbalordito perchè mai avresti immaginato di poterlo vedere; sono gli occhi che sgrani come se ti mancasse l’uso della vista e la tua bocca muta e aperta perchè si sono perse tutte le parole…per la gioia.
Carlo Gabardini parla dell’omosessualità, ma lo fa con un linguaggio nuovo, quasi scanzonato, tra il comico e il divertito, dove il contenuto gravoso e tragico viene alleggerito e ridimensionato nella sua semplice umanità e incredibile scontatezza.
Davvero geniale. Bravo Carlo!
(appena mi sarà possibile ci metterò il video, purtroppo da dove scrivo la rete è debole, non mi carica le immagini, e non riesco neanche a leggere i vostri commenti, sob sob , devo mettermi qualcosa di meglio!..) 🙂
Qualunque cosa tu puoi fare, la devi al tuo essere libero.
Libero di ribellarti,
libero di scegliere,
libero di essere te stesso.
La tua libertà puoi anche decidere di ignorarla,
e farti schiavo della convenienza,
o puoi decidere che è roba da nulla,
e farti portavoce della normalità;
tu sei libero, infatti,
e se sei troppo stanco per fare l’eroe,
hai anche perfettamente ragione,
nel dire che quella cosa lì è roba da fortunati
e non da sfigati…
Io so soltanto che l’essere liberi
è potere avere qualcosa da raccontare
a qualcuno,
che ci ascolta con attenzione
e che ci mette poi
la sua risposta.
Ucraina salvata dalla guerra civile
sono fatti per essere superati
Circa due mesi fa, forse qualche giorno meno, scrissi un avviso che diceva che questo blog si fermava, temporaneamente, e che sarebbe ripreso solo per un motivo speciale.
Pochi giorni scorsi il motivo speciale si è presentato in occasione della morte di Erich Priebke; come potere non commentare questo episodio?
Lo so, nell’era del tutto concesso, tutto sballato, tutto esagerato e tutto fuori controllo, o quasi, anche la scomparsa di un boia nazista potrebbe passare come notizia secondaria, messa sotto silenzio; del resto, con tutti i problemi che abbiamo, ci rimane forse fiato da sprecare dietro episodi che riguardano più di settant’anni fa?
Io la guerra terribile del 45′ non l’ho minimamente vissuta, perchè sono nata molto tempo dopo, ma a scuola ho avuto l’occasione di incrociarla sui libri, e dico incrociarla perchè solamente nel mio piano studi universitario ho trovato la vera e seria possibilità di conoscerla.
Questo mi fa molto riflettere. Ma come è possibile che l’evento più drammatico del nostro 900 non venga adeguatamente studiato nelle scuole dell’obbligo? Poi non stupiamoci che ci siano in giro un discreto numero di persone che non essendo andate a fare studi storici non hanno avuto la possibilità di scoprire il tema e dunque sono rimaste con la convinzione che “Sì, è vero, i tedeschi hanno un pò esagerato con gli ebrei, però che stufita, sempre le stesse cose, sempre le stesse cose, non è ora di finirla???”
Ecco che quando ritorna l’occasione reale e concreta di parlare dello scempio nazista, io non riesco a tacere, è una cosa più forte di me. Non ho visto nulla di quello strazio senza nome, ma l’ho letto, l’ho sentito raccontare, l’ho visionato sui filmati storici, l’ho studiato, l’ho interrogato nella mia competenza di filosofa, e lo trovo ancora oggi indefinibile. Io non ho un termine adeguato a definirlo.
Forse dovrei elencarne tanti insieme per rendere la gravità dei fatti che accaddero.
Ieri sera al telegiornale è stato intervistato uno dei sedici sopravvissuti tra gli oltre mille mandati a morire in un sol giorno nei campi di sterminio. Di questi sedici ancora un paio sono viventi.
Di quest’uomo, dall’aspetto apparentemente normale, colpisce la calma ed il distacco con cui narra e ricorda quei giorni terribili, quando lui aveva solo quattordici anni, come se non fosse lui ad averli vissuti. Per dieci anni dopo la fine della guerra gli fu impossibile poterne parlare con chiunque, per una specie di impedimento interiore e psicologico.
In quei terribili giorni in poco tempo vide sparire come neve al sole la sua famiglia, padre, madre, fratelli, sorelle; il padre morto di fatiche e di soprusi; la madre e la sorella senza notizie certe della modalità, ma possiamo immaginarla; così i fratelli.
Ad un certo punto dell’intervista viene invitato a sollevare la manica della giacca ed a scoprire il numero impresso a fuoco sulla sua pelle: 138659.
Il giornalista è commosso; davanti a lui sta la Storia che vive, che è sopravvissuta, che non è stata spezzata, che mostra al mondo la verità di quei giorni, contro ogni becero ed ignobile negazionismo dell’Olocausto.
Poi gli viene chiesto come si sarebbe comportato lui con la vicenda Priebke, e lui risponde: “Io certamente non lo avrei lasciato arrivare a cento anni e a quelli che negano la Shoah li metterei a fare quello che ho dovuto fare io”
Riflettiamo. Lo so che riflettere non è di moda, non è divertente, non è sempre di guadagno, ma se non comprendiamo chi siamo e da dove veniamo non sapremo dove stiamo andando, ed altri decideranno per noi.
Quando parlo dello sterminio ebreo, è per me come dover mettere l’imperativo assoluto della verità a qualunque costo, davanti e prima di tutto. Esistono situazioni speciali, fatti speciali, priorità speciali che esigono l’ascolto e la manifestazione di sè.
Lo so, è molto più divertente ascoltarci della buona musica, uscire con gli amici, andare a far bighellonate per le strade, vedersi un bel cinema in compagnia…ma facciamolo dopo che ci siamo riempiti la pancia di cose serie, altrimenti restiamo solo dei farfalloni, come ho sentito chiamare in questi giorni un’ottima insegnante i propri alunni svogliati.
Voi non siete i miei alunni svogliati; voi siete uomini e donne che ragionano con la propria testa, che sanno dove sta la verità, che saprebbero snocciolare con destrezza ognuno le proprie ragioni in merito la questione.
Chi fosse equilibratamente di destra mi direbbe: “Anche lui ha diritto ad avere la sua sepoltura” e chi fosse equilibratamente di sinistra mi direbbe: “Che se lo prenda la Germania, è roba loro, noi non lo vogliamo”
Mi sembra che si possa fare, che potrebbe essere un buon compromesso.
La pietà non si nega nemmeno a un boia, fosse solo per dimostrargli che noi siamo superiori a quella che è stata la sua sconfinata infamia e bassezza.
Certo che morire senza neanche pentirsi, rimane l’incognita non risolta, o forse mette in luce un dato che non vorremmo vedere e dover decifrare, ossia che il male è qualcosa di fisico, di concreto, di tangibile, di vivente che sta in mezzo noi, esattamente come il bene.
Il male è quella volontà dichiarata di volere dominare il mondo, di volere ridurre le persone a cose. Non è solo di Priebke; lui è morto ma il suo seme è ancora vivo e vegeto tra noi.
Ieri sono stati gli ebrei, domani chi potranno essere?
E per questo io non potevo tacere.
Torno sul mio argomento preferito: la personalità di Gesù.
Dalla lettura molto accattivante di Alberto Maggi sto rispolverando un Cristo che praticamente era:
Che altro aggiungere?
Io davvero non conosco rivoluzionario storico che possa competere con questo profilo.
Di tutti i grandi rivoluzionari, ed ognuno potrebbe aggiungere e pensare al proprio o ai propri, io non individuo alcuno vagamente simile.
Mi si potrebbe replicare che come rivoluzionario, Gesù ha miseramente fallito.
Perchè, conosciamo forse rivoluzioni che abbiano sconfitto concretamente la povertà? le malattie? l’ingiustizia? la corruzione? infine la tortura e la stessa morte?
Forse qualcuna qualcosa ha fatto di buono; occorre valutare con parsimonia ed equilibrio, obiettività e giudizio.
A testimonianza del fatto che gli uomini quando si impegnano seriamente, riescono, possono riuscire.
Magari non fanno miracoli, ma nessuno pretende miracoli da un uomo.
La differenza tra le rivoluzioni umane e le rivoluzioni divine, è che il divino sarebbe capace dell’impossibile.
Gesù può piacere solo ad inguaribili sognatori. A chi o vuole tutto, o non si accontenta.
Mangia prega ama non è la regola da applicarsi nella ricerca della felicità: è la storia di una donna e del suo complicato rapporto con l’eros. Una donna esigente che ama abitare la verità, e dirla sempre, a qualunque prezzo.
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Ciao amici,
sulla scena politica tutto in stand by.
E noi tacciamo nell’attesa di segni positivi. Incrociamo le dita.
Sul fronte delle nostre vite private e personali, per fortuna invece tutto si muove.
Non c’è giorno in cui non si abbia a ringraziare il fatto di possedere un lavoro.
L’amore è una cosa complicata, altro che semplice.
Sarebbe stata semplice se noi avessimo avuto una natura coraggiosa solare intelligente capace sincera e lungimirante, anzichè averla codarda ombrosa lacunosa debole disonesta e sprovveduta…
Nonostante questo rimane il motore del mondo.
Si fanno cose grandissime grazie all’amore, a dir poco miracolose, e comunque tutte le cose degne d’essere vissute sono legate a questo sentimento.
L’amore ha tante facce e contenuti; si ama una cosa, una persona, un lavoro, un luogo, un animale o un pensiero, un modo di essere.
C’è chi ama molto perchè ha molti oggetti d’amore tra essi non in conflitto, o perchè ama perfettamente.
Esso non ha limiti, nè ostacoli che non siano superabili.
Quando l’amore trova il suo equilibrio, sta come una nota musicale dentro un’orchestra, una margherita bellissima in un prato, una casetta accogliente in una dolce campagna.
In altre parole sta come un pisello nel suo baccello.
Due vite si incontrano e i loro destini si incrociano.
Uno è un giovane di colore che ha bisogno del sussidio di disoccupazione; l’altro è un maneger ultra ricco che per un incidente di percorso si ritrova su una sedia a rotelle, paralizzato dal collo in giù.
L’unica parte del corpo rimasta sensibile è il volto,…e il cuore.
Il giovane disoccupato dal passato turbolento si presenta al colloquio perché Philippe è alla ricerca di un badante personale, ma sa già che non sarà assunto, perché non ha credenziali, non ha titolo, e sinceramente nemmeno gliene importa più di tanto…
Il colloquio sembra invece catturare la curiosità dell’invalido, che vede in quel ragazzotto tutto muscoli e simpatia una persona autentica, vera, genuina, piena di vita, proprio quello che lui ha perso o rischia di perdere per sempre, seppellito dentro quella poltrona completamente strappato alla gioia di sapersi vivo.
Gli lancia una sfida; gli propone l’incarico in prova per un mese , ed aggiunge “Secondo me non resisterai nemmeno due settimane…”
Driss accetta, tanto non ha niente da perdere; fuori c’è solo la strada ad attenderlo, ed una famiglia in bilico, piena di problemi, dove la madre lavora dalla mattina alla sera per potere guadagnare per tutti il necessario per andare avanti.
Inizia così un periodo di convivenza, dove hanno modo di conoscersi.
Da un lato il giovane ormai ex disoccupato che diventa giorno dopo giorno un bravo assistente specializzato, ma solo perché ha carta bianca, solo perché Philippe lo lascia libero di esprimersi in tutto e per tutto, trattandolo da subito come uno della famiglia e non come l’ultimo intruso; dall’altro lato, l’invalido che si trova improvvisamente catapultato in una serie di situazioni dove non esiste più la regola, l’etichetta, la forma, il già detto e risaputo, ma l’imprevisto, la novità, l’improvvisazione, la proposta di nuovi esperimenti, di nuove esperienze, trattato non più come un handicappato e basta, ma come una persona che nonostante il suo handicap ha bisogno di fare una vita assolutamente normale, dove ci si alza al mattino con la contentezza d’essere vivo, con la speranza di cose belle e positive, dove si cerca di combattere la noia, la solitudine, l’ipocrisia…
Nasce tra i due, senza nessun calcolo, un’amicizia spontanea, nonostante il legame professionale e specifico.
Philippe si diverte con Driss, come non si divertiva più da un’infinità di tempo. Non solo si diverte Philippe, ma si diverte chiunque viene a contatto con la sua presenza, perché la sua bellezza umana è semplicemente contagiosa…
A sua volta Driss ha trovato una vita normale e positiva con Philippe, e non è più sotto i ponti…
Certo, questo può accadere perché il giovane è fondamentalmente una persona onesta, e valida, nonostante tutta la sfortuna che l’ha perseguitato fino a quel momento…e Philippe non è un coglione ricco pieno di sé e privo di attenzioni umane, che un giorno sfigato si è trovato privo dell’uso delle gambe; prima di diventare invalido era stato un uomo normale; aveva amato profondamente sua moglie, ormai morta; ed ora nel presente, non soffre tanto per la sua immobilità fisica, quanto per la sua solitudine affettiva…
Non a caso cerca di trovare una nuova compagna, che probabilmente troverebbe senza problemi, nonostante il suo stato…, ma lui non vuole una donna qualunque, non si accontenta.
Inizia pieno di aspettative una relazione epistolare che Driss finisce per seguire passo a passo…
Philippe desidera al suo fianco una donna innamorata, capace d’affetto almeno quanto lui potrebbe di sicuro essere con la sua eventuale compagna…
Ma c’è un ma, c’è un ostacolo oscuro che sembra vincere sul desiderio di tornare a vivere; l’ostacolo è la paura di sentirsi rifiutato, di sentirsi giudicato, soppesato, messo a nudo nella propria fragilità…la paura di non potere essere all’altezza…
E Philippe allora scappa, si sottrae all’ultimo momento alla prova, all’incontro, all’impresa…
Continuerà a sottrarsi fino a che l’amico, e non certo il badante, l’obbligherà a farvi fronte.
E’ lui che deciderà, è lui che li farà incontrare, è lui che organizzerà a sua insaputa la frittata.
E vince, tutto va come doveva andare, come la squisita umanità dei due protagonisti permette che venga ad accadere.
E la vita per Philppe riprenderà alla grande; un nuovo matrimonio, nuovi figli, una nuova vita.
E la vita per Driss comincerà a girare; un lavoro vero, una compagna, una famiglia tutta sua.
E se pensiamo che questo film si ispira ad una storia vera, c’è veramente da sorridere, da essere contenti…
E’ stato campione d’incassi in Francia, e nonostante questo, merita sul serio.
Ciao amici, oggi si parla di giustizia.
Ma quale giustizia? Quella dei tribunali?, quella processuale? O quella più generalmente intesa come senso positivo della vita? La mia attenzione riguarda quest’ultima.
Io non auguro al mondo felicità o ricchezza o potere o successo…tutte cose estremamente soggettive che lascio alle considerazioni personali, oppure estremamente oggettive che lascio alle considerazioni generali ; io auguro al mondo che possa avere la sua giustizia, semplicemente.
Già la premessa fa comprendere che di essa ce ne sia un grande bisogno, ovunque, sempre, da sempre.
Il fatto che questa emergenza o necessità prioritaria non si sia mai placata nella storia e nel tempo non è una buona ragione per ritenere archiviabile o secondario il tema di discussione.
La giustizia va amata di per se stessa perché è una meta, è un progetto collettivo ed universale che coinvolge tutto il tessuto della comunità.
Mentre il sentimento della felicità è qualcosa di assolutamente intimo e privato, quasi segreto o da segretare, mentre il successo è qualcosa di molto esteriore, di molto contingente, di molto visibile e concreto, per cui su di esso, sulla sua oggettività si è tutti generalmente d’accordo, la giustizia è un cammino, è un sentiero, è un percorso che solca tracciati impervi e spesso sconosciuti alla grande notorietà, senza per questo rimanere mai un fatto squisitamente privato, squisitamente del singolo.
Cercano giustizia tutti gli uomini che hanno ricevuto un oltraggio, un’offesa, un torto, una prevaricazione; cercano giustizia tutti gli esseri privi di parola, privi di capacità di difesa, privi di autonomia che per difendersi dalle offese devono ricorrere alla parola di chi sa e deve spendere voci per loro.
Cercano giustizia i carcerati nelle carceri, che si trovano a scontare una giusta pena in condizioni incivili ed ingiuste; cercano giustizia i perseguitati, gli scherniti, gli esclusi, i diversi, che per le più varie ragioni non si sono trovati garantiti i diritti più elementari e prioritari, sopratutti quelli che faticano a trovare riconosciuti i loro diritti anche dopo lunghe lotte e battaglie.
Cercano giustizia i normali, quelli che hanno sempre fatto il loro dovere e si sono sempre spesi per la giusta via di mezzo, ma che al posto di riconoscimenti si sono trovati solo negazioni, scorrettezze, squilibri; cercano giustizia.
Cercano giustizia gli incompresi e i calunniati, quelli che hanno agito bene ma sono stati accusati di avere agito male, quelli che hanno gito per l’interesse comune ma si sono trovati tacciati di avere agito per interessi personali; cercano giustizia gli infermi obbligati a condizioni di vita disumane e ben oltre il limite della sopportazione.
Cercano giustizia gli sfortunati che sono nati nella parte sbagliata del mondo, nel momento sbagliato, o nel modo sbagliato; cercano giustizia gli sfruttati, i raggirati, quelli che sono stati usati come oggetti e poi buttati via come pezzi di ricambio; cercano giustizia gli umili, gli ultimi, le persone normali ed ordinarie che a causa di leggi ingiuste o non perfette si sono trovati a pagare le colpe degli altri, della cattiva politica, della cattiva amministrazione.
Cercano giustizia quelli che non capiscono, quelli che devono fare appello a tutta la loro buona volontà per far tornare i conti che non tornano, quelli che non hanno mezzi adeguati per farsene una ragione e tuttavia se la inventano, se la sanno improvvisare.
Cercano giustizia quelli che stanno al palo, che per le più varie ragioni non sono dentro il circuito del mondo, e attendono, attendono, attendono che venga anche per loro il momento del salto, dello scatto, dell’involata.
Cercano giustizia quelli che danno cento e ricevono trenta, però continuano lo stesso a dare quello che sanno fare e costruire, perché le loro ragioni superano ogni forma di soddisfazione apparente.
E cercando dunque ovunque, di sopra e di sotto, a destra e a sinistra, dalla mattina alla sera, si ha solo da sperare che non ci si stanchi mai di farlo.
Tra l’inizio di questa ricerca e la sua risoluzione il tempo che può intervenire nessuno può calcolarlo e prevederlo; vuoi perché i tempi stessi della sua realizzazione sono assai contorti, vuoi perché non è affatto garantita nessuna dirittura d’arrivo.
Nella ricerca di questa benedetta benedizione, corre la vita.
La vita di quegli stessi corridori che pensano solo a correre, a correre, a correre, correre sempre.
Non c’è pausa, non c’è sosta, non c’è intervallo, che non sia quello contingente ed inevitabile, giusto il tempo di riprendere fiato, di recuperare le forze, di riorganizzare il tempo.
Alla fine della corsa uno saprà la verità.
Qualcuno però non arriverà nemmeno a conoscerla, perché non arriverà alla fine della gara; anche loro cercano giustizia, perché non hanno potuto avere le loro occasioni.
Non crediamo a chi vuol scoraggiarci ; non crediamo a chi vuol depistarci dal nostro sogno; non crediamo a chi sembra già avere il paradiso nelle mani mentre ha solo palta e fango.
C’è da credere solo a se stessi e a quelle poche persone che abbiamo avuto la fortuna di conoscere perché ci hanno insegnato il vero senso della vita.
Tutto qui.
La giustizia insomma è solo una questione di volontà, che supera l’oggi, che supera lo ieri, che supera la paura del fallimento e della solitudine.
Ciao a tutti, amici miei.
Oggi 21 giugno poco prima e dopo la mezzanotte, è un ottimo giorno per tornare a scrivere dopo un lungo silenzio; mi siete mancati, mi è mancato il vostro ascolto, la vostra lettura, la vostra simpatia che io sento circondarmi intorno.
Vorrei riprendere questo mio adorabile seppur faticoso sentiero con una celebre frase di Nietzsche che recita “Tutto quello che è fatto per amore è aldilà del bene e del male”
E’ per amore che ho fatto quello che ho fatto, è per amore che penso quello che penso, è per amore che organizzo il tempo e lo spazio, secondo le mie possibilità e speranze di miglioramento.
E’ per amore che scrivo, è per amore che vivo, e non conosco nessun’altra forma d’espressione che sia degna d’essere vissuta, d’essere incoraggiata e condivisa.
L’amore che ci rende uomini veri, capaci di raccontare la verità.
L’amore che ci rende liberi, capaci di costruire come veri e propri giganteschi architetti le nostre quotidianità imbrigliate.
E non sono parole, no davvero. Sono i fatti che uno semina, e li semina non certo con leggerezza e superficialità, ma con profonda sapienza e capacità d’equilibrio, pur tra gli inciampi.
A volte i nostri comportamenti possono apparire ad occhi distratti e sconosciuti poco avveduti o del tutto fuori luogo, ma invece noi li sappiamo possedere grandi ragioni.
Non c’è verità che non possa sopportare il peso della chiarezza; questo peso è la nostra ragione, è la ragione che fa muovere le cose, che fa decidere i passi e le scelte. E quando dico ragione, intendo dire una precisa estrema millimetrica irremovibile e solida necessità.
I miei anni mi hanno liberato dalla schiavitù dell’ipocrisia e della convenienza; il mio intelletto mi tiene ancorata al buon senso ossia al senso della misura; il mio cuore mi tiene legata alle cose vere, alle cose grandi, quelle capaci di spostare le montagne, di far deviare il percorso dei fiumi, di far diventare la notte un giorno pienamente luminoso…
Così che mi sento appagata, rincuorata dal mio coraggio, confortata dalla mia onestà, consolidata alla vita che non vuole invecchiare nel senso che non vuole consegnarsi alla propria involuzione prima del tempo, prima della propria ora. Un senso della vita che rimane vigoroso, baldanzoso ed allegro, nonostante lo scorrere del tempo.
I pensieri sono virgulti tenaci ed indomabili che ci consegnano al mondo come eterni giovani destinati all’immortalità. I sentimenti sono incommensurabili tesori che stanno nel nostro corpo senza conoscere la minaccia dell’imputredimento. I nostri corpi sono templi sacri da custodire come le sole dimore degne d’essere abitate. Solo dentro questo teorema esiste un tempo che non è fatto per essere temuto, ed esistono possibilità di vita che potranno conoscere solo la loro benedizione e non mai la loro sventura.
Dentro questo mondo non c’è spazio per i pavidi, per i mentitori, per gli stupidi, per i furbi, per gli inetti; accade una selezione spontanea, che schiaccia i deboli perché si sentono soccombere alla legge del più forte, ossia del più grande, ossia del più migliore…
Ognuno si sceglie le proprie possibilità nel senso che decide quello che deve e che non deve fare essere.
Io ho scelto di fare essere le cose migliori che stanno nelle nostre miserabonde umanità. Già vivere è la cosa più misteriosa che ci può capitare tra le mani, che ci manca solo che al pensiero della vita noi sia abbia ad aggiungere la paura della morte…
E chi vive come una bestia senza arte né parte, non è che sterco malato che non macina nessuna fioritura.
Sto gioiosa nelle strade piene di sole, in questa meravigliosa notte d’estate; stiamo solari nelle piazze piene di ombre; abbiamo solo bisogno di uomini che non abbiano paura di vivere, e lottare, e comprendersi, e dichiararsi, e scegliere.
Il mio canto è lungo e provvido perchè nasce dal dolore, dalla sofferenza, da quasi una lunga agonia che solo per pudore e per decoro di sè non vuole e non deve rendersi pubblica.
L’amore bello, l’amore assoluto torna ad essere l’unico vero protagonista sulla scena di questo palcoscenico; esso si lega alle persone senza la pretesa di volerle nè di lasciarsi dominare da esse; come una stanza piena di luce sa tenere spazio agli incerti che camminano meditabondi; è vigoroso come un albero secolare, non teme nessun temporale od improvviso uragano; sa farsi ragione dei fallimenti ossia delle incapacità e delle paure che non riusciamo immediatamente a vincere per le più varie debolezze; sa trasformarsi, assumere secondo necessità le forme più inverosimili; non teme il ridicolo o il fraintendimento perchè ai suoi occhi non c’è ragionevole critica che possa intrattenerlo; sa vedere perfettamente quello che occhi normali non percepiscono e che solo per questa banale ed obiettiva incapacità rimangono tagliati fuori al gioco; è paziente, come una vera Penelope tesse e ritesse la sua tela senza sosta; è adorabile, come un amante pieno d’ardore che si predispone all’atto amoroso con la leggerezza di un velo ma la possenza di un abbraccio; è senza fine perchè rimane vivente anche quando non ci sarebbe più nessuna oggettività al suo ricordo; è razionale, perchè non chiede a nessuno di perdere se stesso nel nome di una follia che porterebbe alla distruzione di qualche prezioso ancoraggio o punto d’orientamento; è casto, perchè non è mercenario, non è commerciabile, non è contrattabile; è scaltro, perchè non conosce illusioni o vaneggiamenti, ma le giuste parole per ogni situazione e le giuste reazioni ad ogni imprevisto o difettosa condizione.
No, l’amore che io conosco è perfetto; perfetto non perchè non commette errori, non perchè non conosce esitazioni o dispiaceri o lotte o smarrimenti…; è perfetto perchè è semplicemente un sacrosanto dovere.
Verso di noi, verso gli altri.
Vi abbraccio tutti.
Antonella Dallomo
L’attimo
Per te penso sia necessario fermare il tempo
Penso sia doveroso ricominciare da zero
Fare quello che da giovane mi è sembrato impossibile
Oggi che ancora non sono troppo vecchia
Lo stagismo è il primo passo per la conquista del mondo.
Non amo che le rose che non coglietti
There is always something to be thankful for in your life. Being alive is absolutely one of them!
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