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27 gennaio for everyone ? Forever!
E’ tornato il giorno della Memoria.
Vorrei che questo giorno in memoria della Shoah si potesse allargare a tutti gli sterminati e perseguitati del pianeta, e sappiamo ce ne sono molti e di diversi.
Vorrei che questo pensiero potesse venire accolto dalla comunità ebraica, che così facendo potrebbe dimostrare la sua generosità verso la vita e la sua intelligenza verso tutte le comunità che dividono con loro il loro immenso, straziante e mai superabile dolore.
70 anni dopo
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noi non dimentichiamo
un uomo che è vissuto perchè noi non potessimo dimenticare
La morte inutile e la bella morte
Noi tutti viviamo con delle aspettative.
Abbiamo attese da quello che facciamo per gli altri, da quello che impieghiamo nel nostro lavoro, dagli amici con cui confidiamo le nostre cose più care, dalla persona per la quale ci dichiariamo impegnati, ma ancora, da quello che gli altri dovrebbero fare per noi, per il ruolo che ricoprono, per l’impegno che si sono assunti nei nostri riguardi.
Così che le aspettative o si deludono, o vengono deluse.
Sempre che invece non vengano soddisfatte.
Quando vengono soddisfatte, va tutto bene, quasi non ci accorgiamo del beneficio ricevuto, che viene dato per scontato.
Quando vengono disattese, invece subiamo una mancanza.
Questa mancanza è tanto più grave e infelice, più è seria e a volte gigantesca nella sua portata.
Nascono così le disattenzioni storiche.
La Shoah, è la più nota e sconcertante tragedia nel nostro mondo occidentale.
Potremmo a questa aggiungere una lunga lista di genocidi e squallori mondiali, ma questa è per me il simbolo innominabile che tutte le rappresenta.
Mai essa potrà essere dimenticata e taciuta, perchè è quello che ogni giorno il mondo rischia di potere ripetere, per non dire che di fatto questo si ripete, si è ripetuto e si ripeterà, anche se sotto silenzio.
Dietro, sotto, disperse e frastagliate, impercettibili e quasi invisibili, giacenti nei lembi del tempo e dello spazio ci sono le migliaia di disattenzioni personali e sconosciute.
Esse non sono meno serie e meno importanti di quelle storiche, per chi le ha subite e le sta subendo.
Stanno dentro la sfera privata, ma palpitano di fuoco e di cenere come se fossero vulcani ardenti e crateri pronti ad eruttare.
Le aspettative disattese possono essere eventualmente fatte rivalere sotto un profilo legale, se lo si ritiene necessario.
Anche se l’avventura di un iter legale è oltremodo costosa, faticosa e incerta.
Il più delle volte è meglio lasciar perdere.
Un’aspettativa sfiorita può essere piuttosto e meglio combattuta con un rilancio, con una seconda rinnovata promessa/scommessa di rivincita.
Quando una disattenzione da parte di chi avrebbe dovuto fare nei nostri confronti qualcosa che invece non è stato capace di fare, lascia segni continuativi e circostanziati, non è semplicissimo uscire dallo stato di sfiducia e di disincanto che veniamo a subire.
E’ pur vero che maggiore è l’entità dello scampato pericolo, o del danno superato, e maggiore è la personale motivazione a volere riprendere quel filo che l’imprevisto o l’avverso destino ci hanno fatto ingarbugliare.
Fuori dal garbuglio, dunque.
Fuori dalle pene, dallo sconforto, dai ripensamenti continui.
Il passato accaduto non può essere cancellato, però può essere ripreso, sottolineato, metabolizzato, fatto osservare, fatto comprendere, e infine superato.
Quante fatiche si possono vincere nel giro di un tempo piuttosto breve?
Non molte, se le fatiche sono molto faticose.
Pensare che la fortuna è una ruota che gira e che quello che oggi è toccato a noi di subire, forse domani potrà capitare a chi questo stesso disagio ci ha causato, non è un pensiero poi del tutto ingiusto, anzi, può essere persino terapeutico.
Se la giustizia , si sa, ha tempi molto lunghi e lenti, l’ìmpulso alla ripresa, alla vita, alla gioia, alla propria soddisfazione immediata è assai più veloce e irrefrenabile.
Si abbandonino dunque i cattivi pensieri per andare incontro con rinnovata fiducia a chi e a cosa sappiamo essere i nostri punti saldi di riferimento.
Perché un conto è subire una delusione da chi sappiamo essere per noi insostituibile, e un conto è subirla da chi ci rimane in un certo senso un estraneo o una persona facilmente sostituibile.
Per quanto possa essere grande il dolore o il rischio subito, per quanto possa essere grande l’ingiustizia patita, di fronte ad una eclatante ripresa non bisogna esitare ad abbandonare ogni genere di tristezza.
Quanti uomini e donne subiscono ogni giorno di pari passo oltraggi terribili pagandoli con la vita?
Lo so.
Nella globalizzazione dell’indifferenza, come recentemente è stato definito da Papa Francesco il nostro terribile tempo, è difficile per noi uomini e donne normali, comprendere lo scandalo della morte inutile.
Sì, amici cari, alla fine si tratta di parlare proprio di questo..
Ma la morte può essere utile?
Penso di sì; ci sono morti utili.
Sono morti utili quelli che muoiono senza avere meritato il dono della vita, o che muoiono per salvare la vita di un altro.
Morire solo perché nessuno si ferma a soccorrerci, o solo perché qualcuno commette uno sbaglio, o solo perché qualcuno ci uccide, o solo perché ci troviamo nel posto sbagliato nel momento sbagliato, non è fare una morte utile.
Vorrei che tutti potessimo avere una dipartita comprensibile, accettabile.
Parlare della fine non è essere pessimisti o distruttivi. Ogni fine è l’inizio di qualcosa di nuovo. Ogni inizio è qualcosa che arriverà alla sua fine cioè alla sua evoluzione in qualcos’altro.
Di sicuro non vorrei però essere nei panni di colei o di colui che si rende la causa, anche solo accidentale, della fine di un’altra persona.
E poi, amici cari, occorre fare anche una bella morte (e non solo una bella vita)
Scusate se è poco.
Piango tutte le fini tragiche che non hanno avuto ancora giustizia, di un pianto non effimero ma sincero, vero, sentito, partecipato, ma poi l’istinto della vita, della rinascita, del bello che sta dentro e fuori di noi, mi fa uscire, non so per quale miracolo, dall’incomprensione del dolore senza perchè.
27 GENNAIO 1945
In questo giorno il mondo occidentale scopriva alla luce del mondo uno degli orrori assoluti che un popolo abbia mai commesso contro altri simili.
Odio pianificato, mistificato, perpetrato, banalizzato e negato.
Odio folle che incrocia l’incomprensibile e il non spiegabile.
Odio che non si lascia dimenticare, diversamente da altri che invece possiamo confinare dentro qualche vecchio scatolone.
Non ne voglio mostrare le sconcezze, che tutti noi già abbiamo ben veduto e continueremo a vedere, perché tutte le immagini dei crimini commessi non basterebbero a descriverlo.
Il dolore mai superabile e mai vincibile lo tiene in vita, lo tiene eterno, lo tiene nuovo e rinnovabile, lo tiene talmente attuale e presente che si teme che un simile strazio si possa ancora ripetere.
E purtroppo è una paura assolutamente vera e giustificata.
Perché gli uomini non imparano dagli errori degli altri?
Forse perché sono proprio degli altri. Ma se diventassero i nostri?
E se solo avessimo avuto qualcuno di questi mostri che fecero quel che fecero e che avessero saputo ammettere e denunciare la propria personale colpa su quei terribili giorni…ci sono stati al massimo solo suicidi, qualche processo, qualche patibolo, ma non un barlume di ravvedimento.
Il male ha ucciso se stesso ma non è sparito. E’ rimasto vivo nelle sue ceneri.
Abbiamo potuto udire i lamenti dei sopravvissuti, degli spettatori inermi e inconsapevoli, dei testimoni, ma loro, gli assassini? Dov’è questo popolo di donne e uomini e a volte anche bambini che mentre gli altri venivano torturati, loro quasi ridevano? Chi, cosa, quale bestia feroce ha potuto trasformare persone normali in una macchina di tortura assoluta?
Questo popolo potrebbe tornare, in qualunque momento, in qualunque spazio.
Cominciare con piccole cose quasi impercettibili ma che nelle mani di qualche nuovo personaggio disturbato e indisturbabile potrebbero trasformarsi in atrocità assolute.
Questo popolo ieri è stato quello tedesco, ma oggi potrebbe essere quello …..ognuno ci metta il suo pensiero, la sua idea.
Io un’idea ce l’avrei; questo popolo siamo proprio noi stessi, che quando vediamo un’ingiustizia facciamo finta di non vederla per non avere problemi. Tutto comincia da questo. Dal far finta di non avere visto e di non sapere. Perché abbiamo paura. Siamo fondamentalmente solo degli opportunisti.
Per questo è doveroso e utile ricordare, ricordare sempre, ricordare ovunque.
Ricordando quanto siamo fragili e imperfetti , a rischio di imbrattamento, a rischio di impudicizia, a rischio di disonore, a rischio di crudeltà.
Nel nome dei vivi, nel nome dell’umanità che è in noi e che per la nostra dignità non può essere messa al silenzio.
Lo sapeva bene Primo Levi, che non ce l’ha fatta a superare la morte dell’anima, ma è rimasto vivo per sempre con il suo testamento d’amore.
Shema’
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi. (Primo Levi, 10 gennaio 1946)
Pensare è la cosa più difficile al mondo
La santa disubbidienza
“La cosa più difficile al mondo è sapere pensare” B. Pascal
Gesù detto il Cristo, Karl Marx, Sigmund Freud, Ernest Einstein, Maria la Vergine, Hannah Arendt …tutti uomini o donne eccellenti (per un credente cristiano sopra tutti Gesù essendo questi collocabile addirittura nella sfera della discendenza diretta con il divino); tutti uomini-donne ebrei-ebree.
Che ci piaccia o che non ci piaccia, la cultura ebraica imperversa ovunque, Continua a leggere
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