E’ una notizia già di qualche giorno, ma merita d’essere ripresa per gli sviluppi in corso.
Mi riferisco a quel pasticciaccio di Radio Maria che ha dichiarato per bocca di un suo ospite, un certo padre Giovanni Cavalcoli, che il terremoto di questi tempi sarebbe il castigo di Dio per le unioni civili gay approvate in Parlamento.
Subito il Vaticano e i massimi organi informativi cattolici come la Cei o l’Osservatore Romano hanno preso le debite distanze, nonchè la stessa Radio Maria, sospendendo il colpevole dal diritto di partecipazione e ribadendo che il Dio del nostro Vangelo non è un Dio vendicativo e feroce, che se la può prendere con gli innocenti e che pianifica sciagure a causa della libera e legittima scelta di certa parte dell’umanità.
Si replica che le parole del teologo sprovveduto sono state pagane, offensive, fuori luogo.
Certo che la frittata è stata fatta, ed il bigottismo non ha saputo esercitare la doverosa facoltà di sapere riflettere prima di blaterare.
Radio Maria = Massa di bigotti ? Non credo, questa emittente radiofonica si merita certo di meglio e l’episodio può essere ritenuto un caso isolabile e cestinabile.
Piuttosto è il mondo dei bigotti che viene messo sotto accusa, e sappiamo che è folto e diffuso, persino qualificato e preparato teologicamente, ma radicato in una educazione secolare chiusa, perpetrata ed inculcata anche per opera della stessa Chiesa che per molto molto tempo si è solo preoccupata di indottrinare e di fare catechesi a buon mercato.
Per fortuna che il cristianesimo ed il sentimento religioso autentico del mondo evoluto occidentale ed orientale vanno oltre ogni possibile pregiudizio e becero sproloquio.
Mettiamoci nella testa che ovunque potremmo essere in pericolo.
E l’Unione europea cosa sta facendo a livello di interventi unitari e di strategie coordinate?
Ma il business legato all’immigrazione, a chi sta giovando? Forse le maggiori responsabilità di questo cataclisma in atto stanno proprio lì dentro.
L’ Isis ha rivendicato la paternità del gesto, e dimostra quello che è, cioè che la religione non conta nulla (il terrorista in questione era tutto tranne che un religioso) ma è solo una manovra per destabilizzare l’Europa, da noi; il mondo, altrove.
Si vuole una globale sottomissione all’Islam e alle sue regole; si vuole la rivalsa su quello che viene vista come una colpa dell’Occidente (di andare a fare guerre a casa degli altri, ma anche altre molte ragioni meno evidenti, più meschine e più sotterranee).
La Francia è nel mirino, ma nessuno è fuori dal gioco, abbiamo visto Bruxelles, ma poi il Bangladesh, lo stesso Pakistan, il recente tentativo di rivolta della Turchia dove una minoranza vorrebbe un potere laico ed uscire dalla teocrazia islamica.
Sappiamo che l’Inghilterra sta investendo moltissimo sulla sicurezza (forse per questo rimane ancora illesa?)
Sappiamo che Roma per il Vaticano è un bersaglio sensibile, anzi, ultrasensibile.
Ogni tanto anche negli Stati Uniti c’è qualche lupo solitario che agisce con la stessa strategia con cui ha agito il terrorista di Nizza, franco tunisino d’origine.
Gli Stati Uniti hanno già pagato un prezzo altissimo (anche per le loro scelte militari e di politica estera) a questa guerra sbagliata (come se ce ne fossero di giuste) e bisogna risalire al 2001; ormai si parla di quindici anni nei quali si sarebbe potuto fare di più per garantire/sviluppare/avviare un dialogo diplomatico tra le parti.
Nei territori in Medio Oriente tra l’Iraq e l’Afghanistan quotidianamente accadono atti criminali contro i cristiani o contro i musulmani appartenenti alla maggioranza sunnita che non viene riconosciuta legittimata a governare dalla minoranza sciita, la più fanatica dello jihadismo.. Prima era Al Qaeda, oggi è il sedicente stato islamico. Domani?
La Siria non esiste più, è stata spazzata via dal piano del gruppo di conquista, ed era il paese più tollerante in assoluto, dove convivevano diversi gruppi religiosi in assoluta tranquillità, tra ebrei, cristiani e musulmani (proprio per questo era da eliminarsi? perchè era di cattivo esempio?).
Per non parlare di quello che accade nella grande Africa, dove ieri gruppi militanti appartenenti a Boko Haram (una delle frange di questo organismo estremo) hanno rapito le studentesse frequentanti una scuola ad indirizzo occidentale, per impedire che il nostro stile di vita intacchi le loro donne e le loro ideologie; ma domani sentiremo di altri attentati contro il libero pensiero e contro le realtà diverse da quella islamica.
Dove attaccheranno la prossima volta? E chi sarà il terrorista? Un lucidosquilibrato che decide di suicidarsi in maniera “onorevole e gloriosa”, o un lucido commando di studenti borghesi che si saranno votati alle ragioni di non so quale ideologia?
Ex detenuti in cerca dei loro cinque minuti di gloria, o sedicenti uomini in apparenza pacifici e ben formati, che anzichè seguire ideali pacifisti, liberali e tolleranti faranno della violenza, dell’odio, della vendetta, dell’arroganza, della rabbia e della follia il loro campo (inglorioso) di battaglia?
Ma del resto loro sono più forti, ragazzi: più forti in numero, più forti in determinazione, più forti nel non avere nulla da perdere, più forti nell’avere ancora salda la loro identità culturale mentre noi abbiamo smarrito la nostra.
Ma il popolo islamico non comprende che se non comincia a fare sentire una voce corale di dissenso, inevitabilmente uscirà fuori il razzismo nei loro confronti? E che è proprio quello che lo Stato islamico vuole, metterci l’uno contro l’altro? Destabilizzare? Generare il caos?
Anche se non è una guerra di religione, e nemmeno culturale, ma solo una strategia di assalto ben pianificata che si avvale anche di libere e spontanee iniziative dove l’agire non richiede avere a disposizione un esercito: basta un uomo, un mezzo, qualche arma, un piano (e un lauto compenso magari, per essere più convincenti).
Ci stanno sbranando, assalendo, come farebbe un branco di iene o di avvoltoi che avendo avvistato un animale ferito decidono di farne carne per il loro pasto.
Come dunque uscirne con il minor danno possibile? Non saranno le ennesime manifestazioni di canto e di musica a salvarci. Non saranno le ennesime proclamazioni di sdegno.
Ci vuole una risposta chiara, unitaria e capace, disposta a fare scelte importanti, anche poco popolari, o di disturbo alle elites che manovrano nell’ombra indisturbate.
Altrimenti questa guerra andrà avanti ancora per molto molto molto tempo.
In questo giorno il mondo occidentale scopriva alla luce del mondo uno degli orrori assoluti che un popolo abbia mai commesso contro altri simili.
Odio pianificato, mistificato, perpetrato, banalizzato e negato.
Odio folle che incrocia l’incomprensibile e il non spiegabile.
Odio che non si lascia dimenticare, diversamente da altri che invece possiamo confinare dentro qualche vecchio scatolone.
Non ne voglio mostrare le sconcezze, che tutti noi già abbiamo ben veduto e continueremo a vedere, perché tutte le immagini dei crimini commessi non basterebbero a descriverlo.
Il dolore mai superabile e mai vincibile lo tiene in vita, lo tiene eterno, lo tiene nuovo e rinnovabile, lo tiene talmente attuale e presente che si teme che un simile strazio si possa ancora ripetere.
E purtroppo è una paura assolutamente vera e giustificata.
Perché gli uomini non imparano dagli errori degli altri?
Forse perché sono proprio degli altri. Ma se diventassero i nostri?
E se solo avessimo avuto qualcuno di questi mostri che fecero quel che fecero e che avessero saputo ammettere e denunciare la propria personale colpa su quei terribili giorni…ci sono stati al massimo solo suicidi, qualche processo, qualche patibolo, ma non un barlume di ravvedimento.
Il male ha ucciso se stesso ma non è sparito. E’ rimasto vivo nelle sue ceneri.
Abbiamo potuto udire i lamenti dei sopravvissuti, degli spettatori inermi e inconsapevoli, dei testimoni, ma loro, gli assassini? Dov’è questo popolo di donne e uomini e a volte anche bambini che mentre gli altri venivano torturati, loro quasi ridevano? Chi, cosa, quale bestia feroce ha potuto trasformare persone normali in una macchina di tortura assoluta?
Questo popolo potrebbe tornare, in qualunque momento, in qualunque spazio.
Cominciare con piccole cose quasi impercettibili ma che nelle mani di qualche nuovo personaggio disturbato e indisturbabile potrebbero trasformarsi in atrocità assolute.
Questo popolo ieri è stato quello tedesco, ma oggi potrebbe essere quello …..ognuno ci metta il suo pensiero, la sua idea.
Io un’idea ce l’avrei; questo popolo siamo proprio noi stessi, che quando vediamo un’ingiustizia facciamo finta di non vederla per non avere problemi. Tutto comincia da questo. Dal far finta di non avere visto e di non sapere. Perché abbiamo paura. Siamo fondamentalmente solo degli opportunisti.
Per questo è doveroso e utile ricordare, ricordare sempre, ricordare ovunque.
Ricordando quanto siamo fragili e imperfetti , a rischio di imbrattamento, a rischio di impudicizia, a rischio di disonore, a rischio di crudeltà.
Nel nome dei vivi, nel nome dell’umanità che è in noi e che per la nostra dignità non può essere messa al silenzio.
Lo sapeva bene Primo Levi, che non ce l’ha fatta a superare la morte dell’anima, ma è rimasto vivo per sempre con il suo testamento d’amore.
Shema’
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi. (Primo Levi, 10 gennaio 1946)
Ognuno commenti quel che crede…ma di certo il lavoro a rischio è la nostra sola certezza
Adesso l’ultima parola spetterebbe al Parlamento…mentre Napolitano dice che la Riforma andava fatta e non licenzierà grandi masse di lavoratori…(e se lo dice lui…)
Centocinquant’anni fa nasceva l’Italia liberata dalle sue dominazioni interne ed intestine; un tempo relativamente breve se si pensa che le altre grandi nazioni sorelle dell’Europa avevano mosso i primi passi verso l’unità nazionale già nel 1200 all’interno dei grandi movimenti culturali del tempo.
Così che il nostro paese è un regno nel senso di “sovranità popolare” assai giovane, ancora privo delle sue essenziali riforme di cui tanto si ventila la necessità e ci si augura la programmazione. Riforme della giustizia, riforma del sistema elettorale, del sistema tributario, del sistema partitico, delle grandi infrastrutture e naturalmente riforma della scuola, che per quanto se ne sia detto dicendo il falso, naviga in acque assai poco sicure ed assai poco promettenti.
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