uccidiamo la SLA

E’ una terribile malattia. Perchè prende la vita di una persona e la distrugge fino al midollo, lasciando sano solo il cervello, ossia la lucida  consapevolezza di vedersi consumare senza potere fare nulla.

UCCIDIAMOLA.

Con una semplice donazione.

 

sciiti, sunniti e jihadisti

Non c’è religione che si rispetti che non abbia le sue tribù, o caste, o sottocaste, insomma, l’insieme dei diversi gruppi che fanno le differenze interne di un pensiero sostanzialmente unitario.

Nel caso dell’islamismo ci sono due sostanziali gruppi, gli sciiti da un lato (in minoranza), che derivano direttamente da Maometto e che oltre il Corano hanno come sovranità indiscussa i loro iman, ed i sunniti dall’altro lato, che non derivano per diritto di sangue, riconoscono come sola autorità il Corano, rappresentano l’ala tradizionale del credo e sono l’assoluta maggioranza.

Delle due fazioni, la prima è quella che potremmo definire più idealista e rivoluzionaria, contro l’altra meno spiritualista. Alla prima aderiscono senz’altro gli intellettuali ed i liberi pensatori che non si riconoscono in un sistema geopolitico che non aspiri profondamente alla salvezza universale dentro un desiderio condiviso ed autentico  di messianità.

Detto questo, entrambi sono legalizzati e legittimati dall’essere al servizio delle loro comunità per un fine comune e unitario.

“La shariʿa indica quali atti e comportamenti sono conformi ai precetti islamici, dunque al volere di Dio, che ha concesso agli esseri umani il patto (mithaq): un criterio di valutazione in base al quale i sapienti (ulema) definiscono un comportamento più o meno islamico. Alla base c’è il concetto di liceità (ibaḥa), cui si è ispirato Dio nella sua opera di legislatore supremo. La shariʿa pertanto è un insieme di norme di origine divina (quindi non consuetudinarie), anche se in essa vengono distinti i “diritti di Dio” (huquq Allah), ovvero le regole riguardanti il rapporto tra uomo e Dio e l’interesse pubblico (maslaha ʿamma), dai “diritti degli uomini” (huquq al-adamiyin o huquq al-ʿibad, “diritti dei servi (di Dio)”), norme che regolano la sfera privata degli individui. I primi prevalgono sempre sui secondi, che si basano sui limiti (hudud; cfr. ad es. Corano 4:13-14) imposti da Dio agli uomini. Si tratta pur sempre di leggi che definiscono gli aspetti formali ed esteriori (ẓahir) della fede, mentre quelli spirituali e interiori (baṭin) sono rimessi direttamente al giudizio di Dio.

Dei 6237 versetti totali di cui è composto il Corano, soltanto 109 (il 3% circa) sono applicabili al dominio giuridico delle muʿamalat; questi versetti si trovano concentrati nelle sure II, III, IV, V, VI, VIII, XI e XXIV e riguardano quasi esclusivamente il diritto di famiglia e le successioni. La shariʿa dunque si è costituita a partire dalle fonti del diritto (uṣul al-fiqh), che oltre al Corano, rivelazione diretta di Dio, sono la sunna (la raccolta dei detti e fatti del profeta Mohammed, detti ḥadith, plurale aḥadith), che insieme al Corano costituisce il naql (“ciò che viene tramandato”), il consenso della comunità (ijmaʿ) e il ragionamento analogico (qiyas). “

testo preso da  Centro islamico culturale

E la legge della sharia, cioè la legge islamica, a buttare scompiglio dentro un sistema sociale già di per sè fragile e complesso, laddove invoca ed applica la jihad, ossia la guerra santa contro i presunti  infedeli.

Anche il pensiero di Gesù è stato per lungo tempo frainteso, ostacolato, deviato, strumentalizzato, proibito, negato, ostacolato e mescolato alle crociate contro i mussulmani; ancora lo è in minor  parte ed  in un certo senso ;  allo stesso modo il  pensiero di Maometto  diventa oggetto sul piano storico e dei fatti , di prevaricazioni, fraintendimenti e usurpazioni del tutto violente e pericolose.

Quello che mi preme ripetere, perchè sono cose che ho già detto altrove, è che  non è importante essere sunniti piuttosto che sciiti, l’importante è solo essere dei buoni islamici, aldilà della propria appartenenza specifica.

E  lo stesso ovviamente dicasi per i cristiani e per gli ebrei, a qualunque gruppo o sottogruppo appartengano.

La via d’uscita ad un non auspicabile scontro di civiltà  è il dialogo interreligioso, ossia la capacità dei popoli di ascoltarsi e rispettarsi.

Non bisogna permettere che minoranze violente prendano il sopravvento; e soprattutto non bisogna permettere che minoranze estremiste  possano giustificare il loro folle  operato con la presunta  ragione della giustizia sociale e divina.

Io dico che Dio non sta dalla parte dei violenti; e che la violenza può vestire tante facce; e che la politica estera americana ha commesso negli ultimi trent’anni circa,  enormi errori, di cui deve prendere atto.

 

 

 

a chi ci vuole…

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Sempre e comunque!!!

a chi ci vuole molto molto molto male

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oltre augurare di finire per diversi diversi diversi giorni sulla tazza del vater…

Non siete d’accordo?

a chi ci vuole male

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dopo tanta morte, solo vita

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passato presente futuro

Chi non vive il presente non può crescere ed evolvere, nè insegnare nulla di nuovo.

Chi vive nel passato non può che riprodurre nel suo futuro gli stessi schemi e legami che lo hanno determinato e fatto essere ciò che è stato.

Si nega dunque ogni possibilità di cambiamento.

Chi vive nel futuro si nega il suo passato, negandosi lo stesso futuro, ossia non è possibile vivere in un tempo che deve ancora venire, non senza un qualche radicamento nell’istante attuale.

Ognuno di noi dovremmo in definitiva sapere stare nel proprio attimo fuggente.

La bellezza dell’attimo che sfugge  è come una possibilità di miracolo, di nascita e rinascita continua.

Noi siamo quello che abbiamo in testa e quello che conserviamo nel cuore.

Se nutriamo i nostri pensieri di rancori o di odio, di insoddisfazioni e di ignoranza, possiamo solo produrre nuovi rancori e nuove imperfezioni.

Occorre fare attenzione ai deliri che minacciano il nostro equilibrio psicofisico; la pratica del delirio sembra diventare una realtà abbastanza comune,  e questo ci deve molto preoccupare.

Perchè una persona in apparenza del tutto normale e sana di mente dovrebbe ad un certo punto cadere in una condizione delirante?

Qualcosa è già stato detto. Sembra che le persone non siano più disposte a soffrire. O a soffrire oltre una certa soglia che un tempo era ritenuta accettabile, ma che ora viene percepita come eccessiva.

Il delirio autoprovocato, mi viene di chiamarlo in questo modo; non sarebbe  che la provvida via di fuga che uno si crea e si concede.

Tragico presente, questo, che diventa seminatore di morte e di dannazione perenne.

Cercando  di conservare la sanità del proprio oggi, preserviamo la  riuscita del proprio domani.

Per conservare tale sanità,  occorre essere uomini capaci, nel senso di adulti e responsabili. Nessuna debolezza deve attanagliarci o vincerci,  se non la debolezza della paura di fallire, la quale paura è legittima e giustificata, soprattutto quando in palio c’è la vita di noi stessi e dei nostri cari.

E per ora chiudo l’argomento.  🙂  Buona Domenica a tutti.

 

 

 

 

strage di innocenti

Lo so, cari amici, siamo ad agosto, stanno finendo le ferie, vorremmo parlare di cose leggere, goderci gli ultimi giorni di poco sole e molta tranquillità, più o meno, e  perchè mai allora preoccuparsi di fatti tristi e terribili, come potrebbe essere la questione che  la nostra istituzione familiare sta saltando per aria?

A cosa mi riferisco?

Alla strage degli innocenti, che vengono ormai sempre più spesso uccisi  dai padri, o dalle madri, o da un familiare. Per non parlare di quelli che non vengono uccisi, ma violentati e schiavizzati.

E’ luogo  comune pensare che un tempo queste cose non accadevano, non riempivano la cronaca, e che quindi un tempo la nostra società doveva conoscere tempi migliori. Qualcuno replicherebbe che  accadevano ma si tenevano sotto silenzio. Senz’altro. Un abuso lo puoi tenere sotto silenzio, ma non certo un assassinio.

L’uccisione dei figli fino a non molto addietro  riguardava più che altro il triste scenario delle madri assassine, per lo più ritenute malate di mente, e per lo più rinchiuse dentro luoghi di detenzione speciali.

Oggi sempre più spesso sono i padri che si arrogano il diritto di uccidere, di sterminare, spesso addirittura  l’intera famiglia.

Si cerca sgomenti di dare delle spiegazioni razionali ad un gesto  così irrazionale.

Si parla di momenti di follia, di perdita momentanea della ragione, di raptus omicidi, di depressioni; quasi sempre siamo davanti a persone assolutamente normali, ritenute da tutti affettuose ed equilibrate.

Intere famiglie vengono gettate nello sconforto più assoluto, nel giro di un attimo, di un istante che cambia per sempre  la vita.

Non entro nel merito delle singole situazioni, ognuna delle quali senz’altro conserva il suo specifico universo fatto di personalismi, di profondità e di imponderabili  sentimenti, per sviscerare i quali si potrebbero riempire tutti i libri del mondo.

A me interessa solo il dato di fatto, l’evento sociale e palese che è sempre più palese sotto i nostri occhi.

Non sono una psichiatra, nè una psicologa, nè una criminologa, sono solo una filosofa, ossia una persona che si interroga sul fenomeno, sulle sue possibili dinamiche spirituali, sociali e di pensiero.

Quello che un tempo era oggetto di tragedie greche alle quali andavamo assistendo alla ricerca di un pathos dentro il quale riconoscerci, alla ricerca di una agorà   da condividere, alla ricerca di una liberazione di tensioni da spurgare in un modo per lo più indolore, oggi accade sotto i nostri occhi, dentro le nostre case, dentro i nostri affetti più intimi e sacri.

Ci siamo messi noi stessi sulla scena. Non stiamo più recitando nè assistendo ad una messa in opera liberatrice e rigenerante. La tragedia siamo diventati noi stessi.

E’ il trionfo del nichilismo, di quel fenomeno novecentesco  che veniva ventilato come assurdo e grottesco, come conseguenza estrema quanto improbabile di un desiderio delirante di potenza.

Io ti ho dato la vita, io te la tolgo.  Io soffro terribilmente  e per liberarmi del mio dolore, nè creo un altro ancora più grande, ancora più estremo, che possa sovrastarmi  e portare via con me tutto quello che avrebbe dovuto  rendermi felice ed invece mi ha deluso, mi ha tradito, mi ha ostacolato, mi ha lasciato solo…

Uomini incapaci del dolore, incapaci di soffrire, incapaci di accettare, incapaci di ridimensionarsi, incapaci di farsi autocritica, incapaci di sacrificarsi.

Siamo caduti nel tempo dell’antieroismo.

Non vedo altra spiegazione che questa.

E’  senz’altro anche  la nostra stessa società che non ci educa al dolore  ed alla sua sopportazione.

Tutto ci trasmette l’amore per l’edonismo, l’apparenza, il successo. Sei non sei bello, vincente, considerato e chiacchierato, che non gusta, allora non sei nessuno, non conti nulla, e se un giorno questo castello di carta comincia a cigolare vacillando, tu ti senti finito e perso.

Davanti a te vedi solo il buio, il precipitare dentro un baratro del quale non vedi facilmente la fine.

Meglio diventare folli, che sopportare questa fatica del diventare adulti e del farsi carico delle proprie responsabilità.  Come farebbero  veri padri. Come farebbero  vere madri.

Meglio prendersela con un innocente, facile preda  priva di autodifesa che ci si offre con tutta la propria ingenuità ed  inconsapevolezza.

E in un istante da padre amorevole che ha dato la vita,   ci autonominiamo   carnefice, giudice assoluto, demonio  incontrastato.

 

 

il coraggio, la resistenza

Se ieri parlavo di speranza e di compassione, oggi mi viene di parlare del coraggio e della capacità di resistere.
Il coraggio è direttamente conseguente all’avere speranza, che altrimenti si sarebbe solo dei folli o degli sprovveduti nel compiere un gesto che sappiamo non avere nessuna possibilità di riuscita.
Che altrimenti si sarebbe solo degli uomini spenti, privi di slancio e di argomentazioni, privi di personalismi e di architettura, privi di intendimenti e di semplici sogni.
Con il coraggio sappiamo di andare ad impegnarci in qualcosa di difficile, ma non di impossibile.
Il nostro ardimento si nutre di un progetto, di uno spirito, di un disegno, di un istinto, di una passione.
E per portarlo a termine spesso dobbiamo ricorrere alla nostra capacità di resistere; resistere alla fatica, allo sconforto, al ripensamento, al dubbio e alla paura.
Come vediamo il coraggio non sta da solo come un eroe ben vestito senza macchia e senza timore; è la persona che veste abiti assolutamente ordinari, che passa inosservata, che non ama nemmeno apparire, ma che procede determinata alla realizzazione di uno scopo.
Un bel giorno esso viene a bussare alla nostra porta e noi possiamo decidere se averne o se decidere di non rischiare.
Certo, senza coraggio non riusciremo ad andare da nessuna parte, perchè la vita stessa è spesso un atto che richiede iniziativa, forza e ardimento.

Un tema che potremmo proporre agli studenti da che hanno acquisito l’uso della scrittura potrebbe essere: “Racconto quella volta che ho avuto coraggio…” oppure “Secondo te quando è importante dimostrare/non dimostrare coraggio?”

Sempre meglio dare l’idea che non bisogna avere coraggio a tutti i costi.

Può accadere che per questo esercizio non si sia ancora pronti, e dunque è opportuno non azzardare, non improvvisare, non buttarsi allo sbaraglio.

Il coraggio è tale solo se si fa carico del possibile fallimento di se stesso.

Altre cose poi verranno dette…

Per esempio, proporre una riflessione allargata alla realtà con una proposta del tipo “Descrivo il mio eroe pieno di coraggio”

Non si può immaginare la moltitudine di agganci che ne potrebbero emergere.

Se invece siamo impegnati in una lezione di storia o di geografia o di scienze, non mancherebbero certo i riferimenti possibili all’avere avuto coraggio.

Comprendo il mio limite; mi viene spontaneo collegare l’argomento, qualunque esso sia, alla didattica, perchè è nella didattica che io sono chiamata a mettere in pratica le parole che racconto (oltre ovviamente che nel privato).

L’opposto del coraggio è la codardia, che non va confusa con la prudenza.
Della prima possiamo elencare ogni difetto, della seconda invece ogni virtù.
La prudenza è quella vocetta che ci sussurra di non fare una determinata cosa, perchè prematura o sconsigliata.
Il limite sottile tra la saggia prudenza ed il suo eccesso, è quel margine impercettibile ma sostanziale che ci porta ad avere coraggio.

Ciao come sempre, amici carissimi.

la speranza, la compassione

“All’inizio di questo nuovo giorno, eccomi davanti a Te, Signore: Tu sei il mio Creatore e Padre, Tu sei il mio amico e salvatore, Tu sei la forza che mi dona la vita. Io mi metto davanti a Te per lodarti e ringraziarti per la mia esistenza e per quella di ogni creatura. All’inizio di questo giorno affido a Te, la mia vita: custodiscimi lungo il giorno, affinché cammini secondo la Tua volontà. Ti affido il mondo intero, i miei cari e i miei amici, tutti i poveri del mondo: posa su di loro il tuo sguardo.”

Non so chi abbia scritto questa preghiera, che si trova sulla rete sotto il titolo “All’inizio del giorno”

E’ solo un semplice testo di ringraziamento e di invocazione della pace per la nuova giornata che si trova al suo esordio.

Stanca di cose ordinarie, di richiami banali, di testimonianze effimere o violente, mi viene spontaneo cercare quello che non fa tendenza, che non fa cicalecchio, che non fa vetrina.

Ho sempre considerato il cristianesimo e l’essere religiosi in genere, un modo di essere impegnati, di avere qualcosa di serio da dire, ed alla fine viene sempre fuori che questo è null’altro che la verità.

Il cristianesimo è sempre stato per me il mio comunismo, il mio essere per gli ultimi, per quelli che nessuno considera.

Lo so, sto calpestando un suolo minato, dove il rischio di ipocrisia e di eresia è sempre dietro l’angolo. Non c’è bel fiore che noi si possa raccogliere e che non contenga il pericolo d’essere solo vuota apparenza.

Papa Francesco ci racconta che lui è cresciuto nella fede grazie agli elementari insegnamenti di sua nonna, che, tra molte altre cose immagino, nella settimana santa lo portava davanti alla croce di Gesù morto crocifisso, dicendo: “Ecco vedi, questo è Gesù che è morto in croce, ucciso perchè ci voleva bene, ma domani risorgerà, non sarà più inchiodato su questa croce”.

Le parole non erano proprio queste, ma era questo il loro senso e il loro spirito, che è questo che conta.

Il significato di un evento.

Quello che a scuola ogni insegnante deve trovarsi a spiegare ai suoi alunni.

Quello che ogni genitore deve trovarsi a insegnare ai propri figli.

Quello che ogni amico o innamorato deve trovarsi a donare alla propria innamorata (e viceversa).

Il significato di Gesù che muore in croce e poi risorge, me ne rendo conto, non è argomento che possa trovare facile ascolto nel giorno di oggi, 18 agosto 2014, quando molti di noi siamo ancora o appena andati in vacanza, o quando ci frullano in testa mille preoccupazioni o semplici pensieri assai pratici e contingenti.

Però, prima di riprendere io stessa le mie cose quotidiane, sento proprio il bisogno di affidare a qualcuno di speciale il mio presente ed il mio futuro.

Perchè farlo in rete, e non solamente nel privato della mia giornata? Ma perchè la rete è diventata parte del nostro quotidiano, diventando anche parte del nostro privato. E quando dico parte intendo dire che non è TUTTO il nostro quotidiano. Ovviamente.

Non si mettono forse con estrema leggerezza le nostre cose più care e preziose alla mercè di chiunque? anche di chi potrebbe farne un uso affatto lecito?

Con questo articolo invece sto facendo una cosa molto diversa; sto solo pensando ad alta voce.

Oddio, pensare è una parolona un poco impegnativa.

Diciamo che sto riflettendo sugli eventi che ci stanno accadendo: un pontefice speciale che ogni giorno ci meraviglia per la sua semplicità e schiettezza, fatti di cronaca sempre meno straordinari per la loro estrema follia, abitudini di vita che mescolano l’uso della tecnologia all’essere normalmente nel mondo a contatto con gli altri, per cui siamo finiti a non avere magari amici in carne ed ossa, ma ad averne qualcuno di significativo che ci segue sulla rete, oppure le due cose che tranquillamente coesistono.

Tutto questo ciarlare era partito dalla bella preghiera di ringraziamento e di invocazione.

Del resto, potremmo mai ringraziare o invocare una persona così come ringraziamo ed invochiamo Dio?

Se lo facessimo, saremmo in alternativa o dei folli, o dei satanisti, o degli schiavi.

Non era Nietzsche che paragonava i credenti a piccoli esseri che hanno bisogno in un Dio da pregare, solo perchè incapaci di prendersi la responsabilità della loro delirante potenza?

Tanto amo il grande filosofo del nulla, quanto non capisco la sua cecità ed il suo pensiero privo di speranza e di compassione.

Solo la speranza e l’essere compassionevoli ci permettono di prenderci ogni giorno sulle spalle il nostro bagaglio di vita.

E come potrebbe mai un uomo scendere sotto i nostri occhi dalla croce da dove è stato trucidato, se non ci fosse la speranza?

Come potrebbe un uomo perdonare o capire un altro suo simile se non ci fosse la compassione?

Questo blog era nato con il titolo “La croce, il tempo, la mente”
Forse perchè alla fine io so parlare solo di queste tre cose.
Ciao a voi, carissimi.

viva le vacanze intelligenti

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scorci di paese

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festa della soffitta

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cosevecchie

A Sarzana in questi giorni si possono trovare espositori di cose vecchie; è una mostra ben fatta, ci sono cose interessanti ed autentiche…

it’s five o’clock

ferragosto

Ieri sera doveva passare la processione per il paese, ma non c’è stato nessun corteo perchè il tempo era incerto, e perchè forse mancava la persona adatta a portare il peso della Vergine sulle spalle.
Già, si fa presto a dire “Stasera ci sarà la cerimonia dell’Assunta” ma dove le risorse umane sono scarse ed il tessuto sociale è precario, alla fine si fa quel che si può, quel che si riesce.
Ho sentito il suono delle campane che si rincorrevano a tratti, per scampanellamenti…

Anni addietro ho provato ad assistere al palio della Santa Assunzione in Sardegna, in un paesino detto Portoscudo.
Ci furono i fuochi d’artificio, le bancarelle, le giostre ed ogni genere di rito previsto per una giornata di grande festa.

Un anno mi capitò di festeggiarlo a Siena, che proprio nel giorno di Mezzo Agosto celebra una delle sue due tappe temporali dedicate al palio dei cavalli. A dire il vero io non sapevo nemmeno che fosse il giorno della grande corsa, proprio Quel giorno preceduto dalle sfilate di tutte le contrade, e che si conclude con gli esultanti festeggiamenti di uno solo tra i vari spettacolari stendardi esposti nella magnificenza dei loro colori.

Ferragosto.

Nel mio personale avevo una nonna che compiva gli anni proprio il 15 di agosto, si chiamava Giuseppina, e lo stesso giorno festeggiava l’anniversario del suo matrimonio. Almeno è stato così fino a che ci sono stati i figli a ricordarlo, che lo hanno insegnato ai nipoti, ma poi i nipoti non hanno più avuto la storia di raccontarlo e tramandarlo ai figli dei figli dei figli.

Ad un certo punto ci siamo accorti che il tempo è cambiato, e che noi siamo cambiati con il tempo, anche se non avremmo voluto, anche se siamo ancora convinti che certe cose non vanno mai perse e lasciate, anche se dentro nei nostri cuori pensiamo che daremmo volentieri un pezzo della nostra vita per non vedere alcune cose che ci sono carissime morire, ed altre che ci sono antipaticissime rimanere.

Anche quest’anno abbiamo abbaiato alla luna, abbiamo tranciato il grande cocomero distribuito pezzo a pezzo ai suoi commensali.

Il rito è stato consumato, come sempre. Le città si sono svuotate, anche se per poche ore, rimanendo nel loro irreale silenzio come sospese nel tempo.

Ferragosto.

Domani è già l’inizio di settembre, è già il ritorno alla rovescia, è già la conta di quanto manca a Natale.

Non è buffo che in un mondo di atei e miscredenti il tempo sia dettato da eventi religiosi?

Solo il pensiero che la buona novella di Gesù è ben oltre la nostra effimera chimera mi permette di conservare l’ordine nel caos del tutto possibile e del tutto precario.

Benarrivato al Capitano dei nostri sogni che in un momento di mesta follia si è tolto la vita, disavvenendo al suo spirito fanciullesco ed al suo mitico insuperabile insegnamento.

Accendiamo tutte le luci le lanterne e le lucciole affinchè tutte le anime smarrite sappiano ritrovare il coraggio e la gioia della vita in questa lunga e a volte lugubre foresta oscura.

Le stelle cadenti cadono fuggenti ma moltissime altre rinascono e ricompaiono a illuminare il pezzo di buio che da oggi non sarà più tale.

Altro che infantili desideri segreti da soddisfare e da consegnare alla luna in una notte di quasi fine estate.

Noi abbiamo progetti arditi e determinati. Noi abbiamo pensieri scritti a fuoco nelle menti. Noi abbiamo parole precise che daremo e che diremo a tutti quelli che avranno voglia di ascoltare.

Resta con noi, meraviglioso cielo, meraviglioso mondo.

però non sempre

chi fa la cosa giusta vince in maniera palese…

Chi è che vince? Chi ottiene il giusto riconoscimento in modo visibile, o chi lo ottiene in modo segreto?  E se vincere è stare nel cuore di chi conosce il bene, allora cosa significa perdere?

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Noi diciamo che chi uccide perde anche quando sembra vincere, che chi toglie la libertà a un essere buono e comunque a chi pensa di fare solo del bene, è un delinquente e null’altro che un delinquente, che non ci sono scusanti che possano giustificare un atto non giustificabile.

Noi diciamo che anche il più oscuro dei crimini può incrociare il suo momento di ravvedimento.
Diciamo che bisogna continuare a bussare alla porta della pietà e della giustizia sovrana.
Bussare sempre senza stancarsi mai.

terza regola: fare la cosa giusta

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regola seconda: dire le cose chiare

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