Neuroni, plutoni, tritoni…

Hands

 

 

E’ fuor di dubbio  che uomini speciali si nasce, e non solo si diventa.

I comportamenti che possono far diventare (e non nascere, perchè della nascita non c’è nessun merito)  un uomo speciale sono ovviamente  quelli che travalicano la normalità.

Non la normalità che risulta essere essa stessa una cosa eccezionale,  ma la normalità  che ci fa dire “questo accade spesso, purtroppo, perchè appartiene all’uomo comune”.

Premesso che ognuno di noi può essere considerato speciale per una ragione assolutamente privata, che rimane in un contesto domestico, è pur vero che si viene definiti tali da una comunità, da un gruppo sociale, da uno Stato, e simili,  quando si diventa in qualche modo una persona pubblica.

Ci sono due modi di intendere il potere, ossia il proprio ruolo pubblico;  mettendosi al servizio di un ideale, o mettendosi al servizio del proprio interesse personale.

Il mettersi al servizio del proprio interesse utilizzando un mezzo destinato al pubblico beneficio, è un perfetto reato. E’ il crimine di cui si è macchiato in maniera  pesante   la nostra classe politica.

Per me pari a un crimine di guerra.

Vorrei poter vedere considerati tali personaggi come criminali della peggior specie, e darei loro, almeno potenzialmente,  il carcere 41bis,  giusto per cercare di dare una svolta a una situazione  che sembra non avere via di uscita, al di là delle semplici parole.

Ma quando le cose a livello politico  veramente cambieranno? Quando si vedrà la fine del precipizio e l’inizio della risalita?

Anche nel  privato è tutto abbastanza complicato; non è facile prendere decisioni, assumersi responsabilità, trovare soluzioni eque e giuste,  trovare equilibri  ponderati  e  duraturi.  Del resto nel pubblico non accade   che l’ingrandimento macro  di quello che un uomo combina  nella sua vita personale.

Il gioco del mascherarsi, del mentire, del nascondere, può valere e funziona solo nelle apparenze.

Tolte le apparenze, rimane la nuda e cruda verità.

E la nuda e cruda verità  è che  tutto ruota intorno alla famiglia, la quale rimane  il centro  delle nostre  metamorfosi, o delle nostre evoluzioni/involuzioni.

Allora mi chiedo di nuovo: “Chi possiamo ritenere la nostra famiglia?”  Coloro che ci mettono al mondo? O coloro che ci crescono? O coloro che entrano a farvi  parte non rivelandosene  degni?  O  coloro che non riescono ad entrarci ma lo desidererebbero di cuore? O coloro che  ne fanno parte  ma  senza far nulla  per  migliorarla e per sostenerla? O  coloro  che  abbiamo messo al mondo con tanto amore  e  anche con tanto dolore?  O coloro che sappiamo avere molto bisogno  da cui dipendono  le loro forze?  O coloro  che incontriamo  per caso e che si trasformano nella nostra  prioritaria compagnia? O  coloro per cui abbiamo fatto moltissimo, pressochè l’impossibile, ricevendo in cambio meno di nulla? O   coloro  che  ci hanno insegnato le cose più importanti della vita senza mai essere stati  ritenuti  parte di essa?  Ma quante famiglie stanno dentro una sola?  E soprattutto,  come io in quanto persona specifica unica e irripetibile, adulta e responsabile, intendo  relazionarmi con essa?

Qualunque risposta è quella giusta, purchè dettata  nel rispetto assoluto  delle parti.

Di tutte le parti, di tutti i ruoli, di tutte le necessità.

Altro che compitino di grammatica o di logica.

Qui si tratta di mettere in campo tutti in nostri neuroni e plutoni  e  tritoni   ben combinati…

Ed anche qui ne vale sempre la pena.

 

 

 

 

 

Specchio dell’anima

.

eye

Surrealism

Take those blue eyes off

Prisoner

By "La Pinacoteca" https://www.facebook.com/pages/La-Pinacoteca/386989618041906

cabbage eye

#art

eye

Bruno Benini - Eyelashes advertisement, ca 1960's. ☀

Body-eye

Surrealism.

so awesome! I love portrait art, and this is done in an amazing way.

AMAZING! The Eye Project at North Park University.

Un Chien Andalou (Luis Bunuel, 1929)

>> salvador dali wearing his eye of time brooch

Man Ray

detail of salvador dali painting

animal eyes

Painted Eye

Pulmonaire - Thread Art by Comme Des Garçons

Occhi che spiano, guardano o raccontano, che sconvolgono, catturano, incuriosiscono, interrogano, amano, si addormentano, sognano, piangono, si spengono o   si illuminano…

Sempre  Specchio dell’Anima.

Vivere è sperimentare

"You are not in the news", by Sergio Albiac

collage

Map Tree    Mixed media collage with vintage atlas papers, 8x8 inches

face collages

animals

Collage de "La rotonda dei bagni Palmieri", Giovanni Fattori, 1866  Di Emanuela Pulvirenti

by Donna Heart.

I labirinti

Labyrinth

Labyrinth

Beautiful labyrinth collage

Paper labyrinth

"I have reordered time. I have turned the world upside down, and I have done it all for you." -Jareth

maze  labyrinth

labirinto

labirinto

Escada moderna em espiral.

sono fatti per essere  superati

La normalità

Quando ero più giovane, per capirci, una donzelletta spensierata e leggiadra, non vivevo pensando al futuro, nè pensando  al passato; credo che vivessi senza tanti pensieri.  A quel tempo  credo che ci si senta  eternamente giovani,  come se  il momento del prendersi tanti pensieri dovesse stare molto lontano da noi, dalla nostra posizione, dal nostro raggio di interesse.

Alcuni la chiamano incoscienza, altri immaturità, altri  inconsapevolezza, altri ancora spavalderia…mentre si chiama solo giovinezza.

Per me non è nemmeno stato così, perchè proprio  da giovane io mi vedevo vecchia e sapevo che solo non più giovane, avrei avuto le mie occasioni migliori. Come a raccontare una vita al contrario.

 

Certo, a quel tempo era tutto più facile  e  meno complicato di adesso. C’erano meno possibilità  ma anche più  opportunità.

Eppure non vorrei  per nessuna ragione   tornare a quegli anni, perchè in quel periodo io ho conosciuto  un’umanità  arida,  spenta, violenta e superficiale.

Erano aride le radici  che mi hanno alimentato, come quando si nasce in un bel giardino e tutti stanno dentro una bella aiuola, e viene il giardiniere che annaffia, ma tu sei stato messo dentro un pidocchiosissimo vaso, che fatichi persino a trovare la luce del sole, e cresci a fatica, coltivando dentro di te il sentimento del non contare molto.

Erano spente le culture  che si  snocciolavano nelle scuole, almeno per le scuole che ho potuto fare io,  un banale istituto magistrale dove l’approccio della filosofia (che invece è poi diventata la mia vita) si riduceva a un opuscolo  insignificante o quasi, un  condensato di teoremi e concetti  che avremo avvicinato per un millesimo di centesimo della loro maestosità. Così come per le scuole elementari che ho potuto allora frequentare come luogo di lavoro,  luoghi di caserma  dove  il singolo veniva azzerato a beneficio  del gruppo.

Erano  violente le persone, almeno quelle con cui io mi sono trovata ad incrociare,  uomini  valorosi sì, ma  che  non avevano saputo riconoscere le loro migliori occasioni e che dunque sfogavano il loro senso di frustrazione e di scontento  verso i loro simili, verso le stesse persone  che a loro stessi   cercavano  solo di fare del bene,  impegnate com’erano  ad applicare la regola del  servire il prossimo nostro come noi stessi.

E poi erano violenti gli anni,  durante il buio  del terrorismo  e della violenza di classe.

Erano superficiali  gli scopi, le nostre stesse intenzioni di costruire un mondo migliore.   Se avessimo avuto  idee  più lungimiranti  e  progetti più chiari o forse solo più arditi,  non avremmo poi prodotto questo pezzo di società marcia e fagocitante   che ci troviamo oggi a dovere sopportare e sconfiggere.

Le responsabilità più grandi spettano soprattutto alla nostra classe dirigente. Molti di quei nomi di allora  stanno ancora oggi ad occupare le poltrone del Parlamento, eppure  sembra, a detta di loro,  che anche  le loro colpe siano ancora nostre.

Ed oggi non siamo più pischelli  leggiadri  e spensierati,  ma persone cariche di fardelli, di  impegni, di incombenze e di obblighi.

E  se queste stesse incombenze potessero costituire le nostre stesse ragioni di vita?  Mi pare persino superficiale doverlo sottolineare, ne avremmo un gran bel vantaggio nel darci da fare.

Ecco gli uomini pieni che sono partiti  di buon passo, a  testa semivuota,  e si sono trovati con la testa ricolma di  appunti  ed il passo decisamente più rallentato ma non per questo più incerto.

Oggi  credo di vivere con tanti pensieri che mi fanno compagnia.  Anzi, di più,  sono la mia storia e sono la cosa che ho di più prezioso. Sono  la vivente necessità di avere una vita normale che è la base senza la quale  il resto è solo retorica e un vuoto parlare.

Una vita normale è quella vita in cui puoi avere  una casa, un lavoro, una famiglia.

E  qualunque cosa noi si faccia o si dica o si progetti o si immagini…non può prescindere dalla necessità di una vita normale.

Si può chiamare casa qualunque spazio capace di dare un minimo di ristoro; si può chiamare  lavoro  qualunque attività capace di dare un minimo di guadagno; si può chiamare famiglia qualunque nucleo di persone dove vige il reciproco amore.

E a questo punto occorre osservare che la normalità è una cosa rarissima.

Tutto il resto sono cose che possono anche non esserci, non contare. O meglio, sono dei benefici  che potremmo ritenere  aggiuntivi, ritenendoci più o meno  fortunati e privilegiati nel  possederli o nel  poterli sperimentare ( ma qual’è il privilegio più grande dell’amare e dell’essere amati?)

Tutto ruota intorno alla parola “amore”. Una parola scandalosa, per alcuni proibita  e soprattutto  temuta. Ma non c’è nulla da temere da essa. Chi ama sa quel che fa, sa perchè farlo, sa cosa scegliere, sa come superare i problemi. E’ un uomo libero. E’ l’amore che ci rende forti, intrepidi, sicuri, determinati e costanti. Chi ama può fare quel che vuole, può superare qualunque ostacolo. Può darsi qualunque risposta.

Ed ovviamente la parola amore non può stare vicino alla parola violenza. Quando dentro un legame c’è violenza, sopraffazione, oltraggio, questo non è un legame d’amore.  La violenza può essere ammessa soltanto verso se stessi, se necessario.

Lo sanno molto bene le donne sistematicamente eliminate dai loro amati e amorevoli consorti. Lo sanno molto bene le persone che stanno dentro famiglie violente dalle quali vorrebbero allontanarsi e questo può accadere solo al prezzo della vita. Queste non sono famiglie, è ovvio, non sono degne di questo nome.

La società del consumismo ha  annebbiato  la verità della pace  e  stravolto queste ovvietà. Il superfluo è diventato l’ordinario e l’indispensabile  scontato o irrilevante. La società del degrado  e della recessione rischia di   obbligarci ad una rivalutazione  dell’indispensabile (che non sarebbe una cosa grave)  al prezzo di una ricaduta in una società doppiamente violenta (più violenta di quanto già non lo sia).

Lo spauracchio del precipitare nel caos   dovrebbe  obbligare e indurre la nostra classe dirigente a fare molto di più di quello che fino ad oggi ha saputo programmare (decisamente troppo poco).

Si potrebbe dire che ci sono uomini pieni  e vigorosi che conoscono in ogni senso  il valore dei loro  cassettini,  per i quali si prodigano ogni giorno, ogni sera, ogni stagione che scorre;  ed uomini  vuoti  e  svigoriti  dal peso delle loro rapine e delle loro depredazioni, preoccupati solo di portare i loro saccheggi in un luogo sicuro,  che invece vanno decisamente chiamati alle loro responsabilità.

E poi ci sono i giovani oggi, spesso adolescenti che non conoscono l’importanza del sentimento e nemmeno sanno distinguerlo, viverlo, sentirlo.

Se la scuola deve diventare il luogo in cui si educa prima ancora che istruire (e se così non fosse non è degna di questo nome), se la famiglia è il luogo dove ci si ama prima ancora  che  crescere (e se così non fosse non è degna di questo nome), allora il mondo è il luogo dove potere realizzare le cose che riteniamo per noi importanti (e se così non fosse avremmo buttato via le nostre uniche  occasioni).

 

 

Un Canale umanitario verso l’Europa

(Nel momento in cui smettiamo completamente di essere bambini, allora siamo già morti). Michael Ende

FIRMA L’APPELLO PER I DIRITTI DI CITTADINANZA

Io e gli ebrei

il mondo e i libri

il mondo e i libri

Luna, dolce luna

Vi è mai capitato di rincorrere un sogno che alla fine si trasforma in un incubo?

E quel sogno si dimostra una cattiva cosa, o una questione che nonostante tutto il vostro impegno,  non riesce ad avere successo?

Vi è mai capitato  di  capire d’avere buttato via tanto tempo   dietro a stronzate,  a  incredibili pusillanimità,  e voi  l’avete fatto non perchè non vi rendevate conto del fatto, ma perchè non potevate o non volevate  fare diversamente?

E vi è capitato di cercare lontano quello che avevate a portata di mano, però  questa volta sì  senza rendervene  conto, presi da altri problemi, da altre preoccupazioni che vi hanno accecati e avete lasciato perdere quello che poi siete andati a ripescare molto molto molto  tempo dopo?

Vi capita a volte di sentirvi stanchi, infinitamente stanchi,   e sapete benissimo perchè,  e allora vi dite che dovete solo avere un pò di pazienza, il tempo di recuperare un poco le forze, che poi tutto si aggiusta?

Non avete mai avuto l’impressione  di avere pianto moltissimo, troppo, tanto da non avere più lacrime, e questo vi fa star male non per le troppe lacrime versate  ma per la incommensurabile assurdità del dolore?

Il dolore di un innocente è assurdo perchè non può essere giustificato, accettato senza ribellarvisi.

Mentre la gioia è un miracolo che vive, che si fa carne, che si fa umanità.

Noi uomini il dolore ci piace dimenticarlo, senza riuscirci; la gioia ci piace condividerla, per non dimenticarla.

Capita infatti   anche di  doversi dire  che le cose stanno andando bene, che tanti obiettivi prima  completamente disattesi  finalmente al momento buono   vengono  messi a puntino, con tanta fatica e un poco di fortuna.

Le persone che conoscono la bellezza della gioia  sembrano fragili  ma sono rocce durissime che nulla può distruggere; coloro che la bellezza della gioia  non vogliono scoprirla o la temono, per l’impegno ch’essa richiede, sembrano forti ma sono case  d’argilla, alle prime piogge tutto verrà sciolto come sabbia senza consistenza.

Non vince chi non si sporca le mani evitando ogni rischio, vince chi si butta dentro i problemi  sapendo che i problemi non lo allontaneranno dall’essere se stesso.

Cosa può mai fregare del fatto che c’è  chi ha di tutto  e chi solo il necessario! Ci sono occhi per vedere purtroppo chi piuttosto non sa dove sbattere la testa,  e ci si sente totalmente inadeguati   a potere fare qualcosa.

Totalmente impotenti.

La sofferenza  gratuita delle persone è  qualcosa che  mi sconcerta, verso  la quale io so di non avere risposte, di non avere rimedi che non siano banali palliativi.

E poi ci  assalgono le paure, le angosce più disparate:  e se dovesse capitare questo, e se dovesse capitare quello???

Forse è che a diventar ….  grandi,  tutti i problemi prima mai presi in considerazione, ti vengono  spontanei, mica puoi nasconderli, negarli, far finta che  sono solo fantasie…

Ci sono tre generi di uomini: quelli tosti, quelli mai cresciuti, e quelli stronzi.

Così  come ci sono tre generi di donne: quelle che piangono sempre, quelle che fottono il prossimo, e quelle serie che si fanno un sacco di domande.

La differenza è che mentre le donne  sono sempre se stesse  e basta, per cui chi nasce bastarda rimane bastarda senza possibilità di cambiare,  gli uomini  possono essere alternativamente lungo la loro stessa vita l’una  o l’altra cosa.

Ci sono gli stronzi che possono diventare   tosti  e  quelli mai cresciuti che possono diventare stronzi per poi diventare  tosti  o rimanere  stronzi, e quelli tosti che diventano stronzi.

Io sono contenta d’essere nata donna. Vuoi mettere poter vedere il mondo dalla parte della luna?

Essa  è  gentile ma non infante, versatile  ma  non  superficiale,  luminosa  ma non accecante,  accogliente ma  non così comoda da farci venire voglia di non muoverci più; è notturna  ma si può vedere anche di giorno, è  misteriosa  ma non mascherata, è affascinante ma non esclusiva. Icaro che volò  verso il sole  rimase arso vivo   e poi  di sole si può proprio morire, mentre non ho mai sentito nessuno passare a miglior vita   per il mal di luna…

Insomma,  è così  che funziona.

Write me a letter

Scrittura collaborativa libera

“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”…e fa sognare!

“Chi non legge, rinuncia a capire il mondo e a conoscere se stesso. Essendo null’altro di un cieco che non può vedere, pur avendo gli occhi,  di lui si potrà dire essere colpevole delle sue disgrazie.   Non rallegratevi della sua venuta,  non invidiate le sue fortune, non desiderate la sua compagnia, non piangetelo alla sua morte. Non è che un povero  stolto che cerca cose che non lo renderanno migliore.

Ma se invece avete avuto pietà di lui, e gli avete teso la mano,  non resta che aspettare che anche lui un giorno, vi restituisca la cortesia ricevuta.”

20lines.com

Incontenibile giullare

 

SCUOLA E VITA

PATCH ADAMS

ma è lei ancora la sorpresa più grande

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C’è la sanità pubblica e quella parlamentare… sistemi a confronto

tuttacronaca

sanità-parlamentare-tuttacronaca

Gli italiani temono ulteriori tagli al sistema sanitario che già ne ha subiti più di quelli che sono sostenibili, per dare un servizio nazionale efficiente. Eppure in Italia c’è un sistema sanitario “parallelo” che è eccellente: quello dei parlamentari. Qui si entra in un universo perfetto, il migliore dei mondi possibili… Anche “La Gabbia” se ne è occupata qualche giorno fa andando a mettere il naso in quella sanità pubblica che ha il sapore di clinica extralusso: infermeria attrezzata, 5 studi medici, fisioterapia, una sala benessere e se ci fosse bisogno di cure fuori dal mondo dorato di Montecitorio si può entrare in clinica ed essere rimborsati. Come espresso nel servizio di Monica Raucci le spese mediche del 2010 dei parlamentari sono alquanto “originali”: 3 milioni di euro per odontoiatria, 3.173.000 euro per ricoveri e interventi, 146 mila euro per protesi acustica bilaterale, 204 mila euro per 

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Ci sono funerali allegri (e non solo chi non può averli)

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Lui era Marco Zamperini; ci ha appena lasciato, ma è come se non fosse morto; i familiari, i suoi lettori, i suoi amici, il prete in chiesa e  il mondo della rete lo ricordano con allegria, persino al suo funerale le persone hanno potuto e voluto  sorridere, perchè lui era fatto così, voleva e chiedeva solarità.

E noi lo abbiamo accontentato.

 

 

Un motivo speciale

Circa due mesi fa, forse qualche giorno meno, scrissi un avviso che diceva che questo blog si fermava, temporaneamente, e che sarebbe ripreso solo per un motivo speciale.

Pochi giorni scorsi il motivo speciale si è presentato in occasione della morte di Erich Priebke; come potere non commentare questo episodio?

Lo so, nell’era del tutto concesso, tutto sballato, tutto esagerato e tutto fuori controllo, o quasi,  anche la scomparsa di un boia nazista  potrebbe passare come notizia secondaria, messa sotto silenzio; del resto, con tutti i problemi che abbiamo, ci rimane forse fiato da sprecare dietro episodi che riguardano più di settant’anni fa?

Io la guerra terribile del 45′  non l’ho minimamente vissuta, perchè sono nata molto tempo dopo, ma  a scuola  ho avuto l’occasione di incrociarla sui libri, e dico incrociarla perchè solamente nel mio piano studi universitario ho trovato la vera e seria possibilità di conoscerla.

Questo mi fa molto riflettere. Ma come è possibile che l’evento più drammatico del nostro 900  non venga adeguatamente studiato nelle scuole dell’obbligo? Poi non stupiamoci che ci siano in giro un discreto numero di persone che non essendo andate a fare studi storici non hanno avuto la possibilità di scoprire il tema e dunque sono rimaste con la convinzione che  “Sì, è vero, i tedeschi hanno un pò esagerato con gli ebrei, però che stufita, sempre le stesse cose, sempre le stesse cose, non è ora di finirla???”

Ecco che quando ritorna l’occasione reale e concreta di parlare dello scempio nazista, io non riesco a tacere, è una cosa più forte di me. Non ho visto nulla di quello strazio senza nome, ma l’ho letto, l’ho sentito raccontare, l’ho visionato sui filmati storici, l’ho studiato, l’ho interrogato nella mia competenza di filosofa,  e lo trovo ancora oggi indefinibile.  Io non ho un termine adeguato a definirlo.

Forse dovrei elencarne tanti insieme per rendere la gravità dei fatti che accaddero.

Ieri sera al telegiornale è stato intervistato uno dei sedici sopravvissuti tra gli oltre mille mandati  a morire in un sol giorno  nei campi di sterminio. Di questi sedici ancora un paio sono viventi.

Di quest’uomo,  dall’aspetto apparentemente normale,  colpisce la calma ed il distacco con cui narra  e ricorda quei giorni terribili, quando lui aveva solo quattordici anni, come se non fosse lui ad averli vissuti. Per dieci anni dopo la fine della guerra  gli fu impossibile poterne parlare con chiunque, per una specie di impedimento interiore e psicologico.

In quei terribili giorni in poco tempo vide  sparire come neve al sole la sua famiglia, padre, madre, fratelli, sorelle; il padre  morto di fatiche e di soprusi; la madre e la sorella  senza notizie certe della modalità, ma possiamo immaginarla; così i fratelli.

Ad un certo punto dell’intervista viene invitato a sollevare  la manica della giacca ed a scoprire il numero impresso a fuoco sulla sua pelle: 138659.

Il giornalista è commosso; davanti  a lui sta la Storia che vive, che è sopravvissuta, che non è stata spezzata, che mostra  al mondo la verità di quei giorni, contro ogni becero ed ignobile negazionismo dell’Olocausto.

Poi gli viene chiesto come si sarebbe comportato lui con la vicenda Priebke,  e lui risponde: “Io certamente non lo avrei lasciato arrivare a cento anni e a quelli che negano la Shoah  li metterei a fare quello che ho dovuto fare io”

Riflettiamo.  Lo so che riflettere non è di moda, non è divertente, non è  sempre di guadagno, ma  se non comprendiamo chi siamo e da dove veniamo non sapremo dove stiamo andando, ed altri decideranno per noi.

Quando parlo dello sterminio ebreo,  è per me come dover mettere  l’imperativo assoluto della verità a qualunque costo,  davanti e prima di tutto. Esistono situazioni speciali, fatti speciali, priorità speciali che esigono l’ascolto e la manifestazione di sè.

Lo so,  è molto più divertente ascoltarci della buona musica, uscire con gli amici, andare a far bighellonate   per le strade, vedersi un bel cinema in compagnia…ma facciamolo  dopo che ci siamo riempiti la pancia di cose serie, altrimenti restiamo solo dei farfalloni, come ho sentito chiamare in questi giorni un’ottima insegnante  i propri alunni svogliati.

Voi non siete i miei alunni svogliati; voi siete uomini e donne  che ragionano con la propria testa, che sanno dove sta la verità, che saprebbero snocciolare con destrezza ognuno le proprie ragioni in merito la questione.

Chi fosse equilibratamente di destra mi direbbe: “Anche  lui  ha diritto ad avere la sua sepoltura” e chi fosse equilibratamente  di sinistra mi direbbe: “Che se lo prenda la Germania, è roba loro, noi non lo vogliamo”

Mi sembra che si possa fare, che potrebbe essere un buon compromesso.

La pietà  non si nega nemmeno a un boia, fosse solo per dimostrargli che noi siamo superiori a quella che è stata la sua sconfinata  infamia e bassezza.

Certo che morire senza neanche pentirsi, rimane l’incognita non risolta, o forse mette in luce un dato che non vorremmo vedere e dover decifrare,  ossia che  il male è qualcosa di fisico, di concreto, di tangibile, di vivente che sta in mezzo noi,  esattamente come il bene.

Il male è quella volontà dichiarata  di volere dominare il mondo, di volere ridurre le persone a cose.  Non è solo di Priebke; lui è morto ma il suo seme è ancora vivo e vegeto tra noi.

Ieri sono stati gli ebrei, domani chi potranno essere?

E  per questo io non potevo tacere.

Il piano dei fatti

Erich Priebke in servizio pressol'ambasciata tedesca di Roma.

Il suo aspetto sembra quello di un uomo normale, persino simpatico.

Invece è  stato  Erich  Priebke,  un individuo al soldo delle SS  naziste  che durante la seconda guerra mondiale si è distinto per ferocia, crudeltà e insensibilità, causando il massacro delle fosse Ardeatine.

E’ di quelli che scusò il suo comportamento nel rispondere “Ho  soltanto eseguito degli ordini”  salvo poi non dimostrare mai un briciolo di pentimento o di ripensamento verso quel periodo così oscuro e terribile, verso le stesse vittime innocenti (tra cui solo ragazzi) barbaramente uccise, verso   gli stessi parenti che chiedevano e che ancora chiedono giustizia; vedasi il suo testamento post mortem che sostiene impunemente il negazionismo dell’Olocausto.

Come se non bastasse è morto a cento  anni,  quasi a beffeggiare chi muore suicida nella sua giovane età, solo perchè non si trova più un futuro davanti; quasi a beffeggiare chi  meriterebbe di vivere per l’eternità e invece gli spetta di andarsene precocemente.

Oltretutto anche dopo morto continua a far parlare di sè, come senz’altro avrebbe voluto che fosse.  Vuoi per quel suo testamento demenziale che si è ben preoccupato di lasciare affinchè non venisse smentita nemmeno dopo la sua dipartita  la sua ben conosciuta opinione sul nazismo e su quello che è stato e che ancora rischia di diventare.

Certo che la forza di certi uomini (ma è stato  questo un uomo?)  non finisce mai di sorprendere.

Adesso l’Argentina, da dove era stato estradato e donde lui desiderava tornare, non lo vuole per la sepoltura. Roma, la città che l’ha processato, condannato e sopportato  per anni   in prigionia,  vuole proibirgli il diritto d’avere una tomba, lui che di tombe ne ha causate moltissime.

Ma lui una dimora sottoterra   l’avrà, c’è da scommetterci.

Magari in sordina, magari senza clamore,  magari non nella forma che lui avrebbe desiderato, ma l’avrà.

Del resto, si può forse  impedire la inesorabile  trasformazione in cenere  di quello che  può rimanere per poco ancora un qualcosa di simile a un umano?

Di inumano  aveva tutto: lo sguardo, il sorriso malvagio, l‘arroganza, la  pusillanimità.

Il potere che ha potuto esercitare gli era stato asservito  da un Potere che purtroppo non è mai morto per davvero, nemmeno con la fine della guerra, nemmeno con la sconfitta del nazismo, nemmeno con quarantaquattro anni  di  lotte intestine e fratricide.

E  questo Priebke lo sapeva molto bene. Sapeva che per mille che lo volevano morto,  ce ne sono almeno dieci (ma sono di più) che lo vorrebbero ancora  tra noi.

Il male va sconfitto sul piano dei fatti e non delle idee.

I  fatti sono che  obiettivamente  parlando siamo sull’urlo di una catastrofe, e questo non a causa di quest’uomo e del nostro comune passato.

A me   non importa del  futuro di questo assassino, morto  da prigioniero, senza onore e senza gloria. M’interessa  invece del nostro, amici carissimi; moltissimo.

Ed è solo  di questo che mi voglio occupare, problemi permettendo.

Forse fatti di cronaca come questo servono proprio a farci comprendere come sia preziosa l’unica esistenza che è stata assegnata ad ognuno.

Si lascino morire  i morti che erano tali già da vivi, già dimenticati perchè mai ritenuti degni d’amore,  ma la vita per i vivi viventi  possa trovare e coltivare  la sua luce piena di  speranza.

Ogni giorno un pezzo  sempre di più, sempre di più, sempre di più…