Cosa è stato il 68?

A seguito di una Conferenza a cui ho  partecipato sul tema “Cosa è stato il 68?…”, vorrei cercare di trarre dei punti centrali di riflessione utili  per altri, oltre che per me.

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Riforma della scuola o riforma della società?

Nella riforma della scuola   si parla di       retroazioni virtuose  per cui   si intende   che  il docente dovrebbe diventare il primo e assoluto  coach  di se stesso, del proprio lavoro, del proprio agire didattico.

L’ultimo  ma non meno importante   compito dell’insegnante è quello di valutare.  Per potere certificare correttamente  un percorso  formativo    occorre ovviamente   avere  osservato, avere registrato, avere programmato secondo  uno stile meticoloso che prevede per ogni ambito   il quando valutare, il cosa valutare e il come valutare.

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Cominciano a scoprirsi le carte

Pubblico solo un capitoletto  di quello che sarà il mio nuovo libro…

Parlerà di lavoro, di scuola e di cooperazione…(ed è un racconto di pura immaginazione ma che riflette la realtà del lavoro e della scuola in Italia)

Cominciano a scoprirsi le carte

Cominciano a scoprirsi lentamente le carte: le assistenti che venivano bistrattate dalla Dsga  uscente quando hanno appreso della sua dipartita hanno brindato per la felicità; altre due che con la capo ufficio aveva buoni rapporti, ma che comunque conservano per dignità una loro autonomia lavorativa, stanno osservando la situazione in attesa di decidere che posizioni assumere nei confronti del nuovo assetto;  l’impiegata che  invece era umma umma con la capa e che è risultata perdente posto, quella è stata la principale ragione che ha fatto decidere all’ultimo minuto al direttore (in questo caso direttrice) la richiesta di assegnazione provvisoria altrove,  stà altrove immagino abbastanza contenta d’avere causato questa conseguenza.  Fa sempre piacere sentirsi importanti, o comunque, dei precisi punti di riferimento per qualcuno, soprattutto quando questo qualcuno occupa dei posti di comando.

Il giro negli altri due plessi è stato fatto, e a dir la verità ho visto dei locali che  commentare che sembravano sporchi è dir poco; ma poi mi spiegano: alcuni spazi  della sede o hanno lavori di muratura in corso, o sono stati  luogo  di  accoglienza estiva dei bambini, quindi fino a qualche giorno fa  sono state teatro di lavori e di utilizzo; ovvio che adesso sono tutti  da pulire; si rilevano tutti i problemi e  la lista delle emergenze da segnalare al Comune che è il responsabile della manutenzione degli  edifici scolastici.

Per gli interventi di piccola manutenzione  non ci sono problemi, provvede la scuola con le minute spese, ma per tutto il resto (le mura, i bagni, le aule, gli impianti, il tetto, gli esterni, gli infissi…)  deve provvedere il Sindaco attraverso l’ufficio Pubblica Istruzione  e  relativo Ufficio  Tecnico,  che però ultimamente dice sempre di non avere grandi soldi.

Sto osservando le  colleghe  giorno dopo giorno mentre che le lascio lavorare in totale autonomia e cercando di disturbarle il meno possibile.  C’è Marta  della didattica che è molto silenziosa, non si sposta mai dalla sua cattedra, la preside me ne ha parlato   molto bene; poi c’è Ester   che mentre mi confidava a denti stretti di avere molto  sofferto con la direttrice di prima, praticamente aveva le lacrime agli occhi;  al protocollo  c’è  Piera   che tra le amministrative è la più anziana, con la massima competenza nel suo campo; alla finanziaria ( il settore che più mi riguarda )  c’è   Rosanna  che tra  tutte è l’unica ad avere conseguito la funzione superiore, ossia è l’addetta a sostituire  il Dsga assente.

L’anno scorso, non so perchè, ho visto che la nomina di vicaria alla direzione era stata data a Piera, credo per motivi di anzianità e perchè è quella con più servizio continuativo nella scuola. Forse questo ha provocato un certo risentimento in  Rosanna  che infatti ha già detto alla preside che intende chiedere l’utilizzo annuale presso  L’ufficio Provinciale del Territorio.

La Dirigente per questo si è molto risentita e sembra che voglia  in qualche maniera  rifarsi di questa assenza di spirito di squadra  cominciando a mettere dei paletti ben precisi, che però rischiano a loro volta di creare ancora più malcontento e ancora più scissioni e fuggi fuggi del personale.

Domani nella riunione con il gruppo   amministrativo (quello con i collaboratori scolastici c’è già stato ed ha portato molti frutti…)    proporrò proprio  Rosanna come mia sostituta (del resto è solo lei titolata a farlo).  Forse questo le darà una buona ragione per rimanere ancora un anno, e poi per l’anno nuovo io non ci sarò più, immagino, e le cose   andranno come dovranno andare anche senza di me.

Adesso che però ci sono,  il controllo ce l’ho io, accanto alla Preside,  e posso fare i miei passi, e seminare bene piuttosto che male,  così che  piano piano  le cose si stabilizzeranno   e  si tornerà ad una certa normalità (sempre che le cose stiano come mi detta l’impressione iniziale e non che ci siano elementi di valutazione a me ancora ignoti).

Ho fatto la conoscenza con il Presidente del Consiglio di Istituto; di solito sono genitori inesperti e  preoccupati  di venire disturbati il meno possibile,  salvo poi sapere il proprio figliolo gestito con una certa attenzione  dai professori o maestri; questo non è così, vuol sapere tutto di tutto (e magari anche di tutti) e mi sembra di capire che ha le mani in pasta  con il Comune, forse è dentro qualche maglia elettorale e la sua presenza interessata è forse  dovuta anche a secondi fini,  ma va benissimo lo stesso, di queste cose non si parla tra noi, perchè  con me si parla e si parlerà  sempre e solo di lavoro, di decisioni da prendere, di strategie da mettere in campo ecc…ecc… ( e va bene così, non sono fatta per il pettegolezzo o le intese poco chiare).

Lentamente vengono a presentarsi anche i docenti, ma loro lo fanno con il Direttore solo per motivi di interesse personale, ossia se devono prendere informazioni sulla loro ricostruzione di carriera e sulla loro  pratica pensionistica o sulla ricongiunzione dei servizi….

Per un docente la segreteria è quel luogo strano che non si capisce le impiegate cosa abbiano da fare per sette ore continue;  a volte  diventa anche quel luogo dove vengono assegnate le docenti o i docenti che come dire, vanno fuori di testa, e dunque diventano dei dipendenti scomodi, che non possono più coprire ruoli di insegnamento.

Come sta capitando a noi che ospitiamo una professoressa  in difficoltà,  Sonia, che però ora si deve decidere dove collocarla stabilmente, visto che  nemmeno in segreteria dimostra di potere funzionare in maniera serena; al telefono a volte se ne esce con  argomentazioni poco appropriate; “Se la fa  archiviare”,  la Dsga precedente aveva detto alla preside,  “non me ne assumerò la responsabilità”; allo sportello non ne parliamo;  non rimane che la biblioteca,  dove potrebbe venire relegata  tra i libri e le mura che non hanno nè orecchie nè bocche per replicare.

In quanto a Laura, la Direttrice che se ne è andata, doveva venire ieri a fare il passaggio delle consegne, ma non s’è vista, addirittura ha sparato la balla che si era presentata ma che a scuola non c’era nessuno; no problem,   mi sono fatta dare l’orario presunto del suo arrivo, l’abbiamo confrontato con i presenti ed abbiamo concluso che ci stava spudoratamente prendendo in giro.

La preside l’ha ricontattata   e facendo finta di niente le ha detto davanti a tutti che sentivano,  che non era possibile, che evidentemente ci doveva essere stato un priquoquo,  e che dunque la si attendeva, la si attendeva  il prima possibile, visto che “proprio oggi abbiamo scoperto che una pratica pensionistica di una docente andata in congedo  dal primo settembre dovrebbe avere il fascicolo completo da consegnare , ma di questo fascicolo   non c’è nessuna  traccia”.

La   Ds  è molto  contrariata;  mi chiede cosa sono tutte quelle carte che mancano, ed io che mi sono preoccupata di portarne alla sua attenzione l’elenco, rispondo già stanca, dopo otto  ore di lavoro indefesso :   “Preside, non posso fare in un giorno un lavoro di un anno; domani la prendo in mano e vediamo di risolvere”

Considerando che poi di pratiche pensionistiche non ne ho mai fatte,  ci sarà da divertirsi, ma intanto a me piace imparare, sono nata studente,  e dunque farò anche questo.

dal libro in prossima pubblicazione  (Un Paese, una Scuola)

una giornata in una scuola che funziona

LA GIORNATA IN UNA SCUOLA DELL’ALTRO MONDO – Anna Chiara Fontana

A scuola le giornate hanno preso il loro ritmo. Quando arriviamo ci salutiamo con un abbraccio tra colleghi e anche con alcuni genitori. La prima mezz’ora è sempre dedicata ad un momento comunitario.
Dopo i primi 25 minuti della giornata i bambini si dividono in tre commissioni che hanno scelto loro: orto, riciclaggio e reporters e lavoreranno in questi gruppi per tre mesi, poi ruoteranno. Anche quest’attività dura 25 minuti circa, dopodiché ognuno va nel suo salone.
Nel mio gruppo, tempo fa, abbiamo presentato ai bambini una scheda con gli obiettivi dell’anno e l’abbiamo letta passo passo, vedendo cosa già sapevano fare (occasione per far un ripasso), quello che non sapevano fare e se avevano voglia di impararlo.
La scorsa settimana abbiamo iniziato un’indagine che riguardava il nome del gruppo ossia le stelle, le lune e i diamanti. In una discussione ognuno ha detto ciò che sapeva sul tema e si è fatto una domanda su ognuno dei tre oggetti di discussione a cui ha cercato di rispondere a casa. Poi, domande e risposte sono state copiate in un foglio bianco, corredate da un disegno; queste ricerche sono state esposte al gruppo e infine sono state fotocopiate per tutti, di modo che ogni bambino possa leggerle e rispondere al test che faremo lunedì. Questa verifica, però, non ha valutazione, serve solo per far capire ai bambini quanto hanno imparato e anzi verrà corretta scambiandola tra compagni.
Parallelamente abbiamo iniziato un racconto sul tema e ogni giorno un bambino se lo porta a casa per continuarlo. Così funziona qui, si scrive su ciò che interessa al gruppo. Per correggere gli errori di ortografia si usano dei simboli che mettiamo sotto la parola e che indicano il tipo di errore, così il bambino è stimolato nell’autocorrezione.
In matematica è tutto molto concreto, tutta la scuola va matta per la matematica! Per quanto riguarda lo studio, i più grandi hanno scelto una disciplina che li interessava e per un mese l’approfondiremo. Abbiamo iniziato con la chimica: il lunedì approfondiamo la teoria e il giovedì la pratica col laboratorio di esperimenti che propongo io.
ribloggato da Diapason 2.0

IL FILO DI ARIANNA

Mi considero una persona molto ignorante.

Potessi scegliermi la vita così come si mi sono scelta, nel limite del possibile,  le persone che mi vivono accanto, vorrei poter leggere dalla mattina alla sera e poi naturalmente scrivere e dipingere e  parlare con gli amici e stare con chi mi vuole bene…poi vorrei potere utilizzare queste abilità al servizio degli altri. Insomma, non ho grandi ambizioni.

Ecco,  sono una persona molto limitata, come tutti; cerco di convivere  con quello che non so fare  o meglio, ho imparato a conviverci,  tenendo  le difficoltà   sotto controllo.

Ai miei limiti preferisco le mie virtù. Non per farne bella mostra, ma  perché sono le doti a farci procedere e a far progredire dunque tutto il gruppo  con cui ci si trova ad operare…

Potendo  oggi  scegliermi il lavoro, tra i vari possibili  ho messo   l’insegnamento, perché lavorare con i piccoli o con i ragazzi  è un privilegio che ho imparato ad apprezzare anch’esso con il tempo.

Purtroppo gli insegnanti trovano sul campo, e già lo sappiamo,  una complessa  cerchia di difficoltà. Si potrebbe replicare “Come in tutti i lavori”, è vero,  ma questo non è un mestiere qualunque, e pur non essendolo,  non viene riconosciuto dallo Stato e dalla società  come quanto  dovrebbe e merita.

Vuoi che  gli errori politici  del presente ne hanno compromesso  la reputazione, vuoi che le mancanze formative storiche   ne hanno inficiato l’efficienza ,  vuoi tante altre scusanti,  il punto conclusivo  è che  fare il maestro o il docente che dir si voglia, oggi,  non è affatto un’impresa facile.

Potrei raccontare  seduta stante due fatti delicati ed incresciosi  che mi sono giunti all’orecchio  con grande preoccupazione per le persone che li stanno vivendo.

Ecco la  Prima storia.

Lui  è un maestro  di una certa esperienza; laureato, si trova ad insegnare su un posto comune l’area di italiano  ad una quarta classe del ciclo primario,  e tutto sembrerebbe procedere nella normalità.

L’insegnante in questione è appassionato   di materie  civili e sociali, quindi cerca di trasmettere ai propri alunni  l’importanza dell’onestà, della correttezza e dell’impegno. I suoi alunni sembrano seguirlo   tutti, senza particolari difficoltà,  fino a che emerge improvviso il problema. In verità il problema magari era già latente nel tempo, però non sempre si è in grado di accorgercene, e non sempre ci sappiamo  relazionare nello specifico con tutti con la medesima  efficienza e consapevolezza.

Accade dunque  che uno dei genitori  della classe in questione  va a lamentarsi dalla Preside  per questo tipo di lavoro  tenuto dall’insegnante;  il dirigente richiama la docente senza minimamente preoccuparsi delle motivazioni del titolare e senza entrare nel merito della competenza didattica e disciplinare.

Quello che disturba ovviamente è il semplice fastidio di doversi prendere cura di un problema di troppo…

Il docente  a sua volta si rivolge a un sindacato  per avere consigli e pareri.

Il sindacato  non tranquillizza affatto    il professore  che   viene informato  di una ben triste realtà generale; mai come in questo periodo  il mondo della scuola è subissato ed aggravato  di  denunce  di vario genere.  Genitori che denunciano gli insegnanti ed  insegnanti che denunciano l’amministrazione.

I motivi possono essere i più vari; da quelli meno gravosi  a quelli ovviamente più seri,  ma per lo più si tratta  di piccole incomprensioni  che una buona dirigenza dovrebbe sapere  assolutamente   prevenire e  contenere.

Del resto un dirigente  è dirigente  a far che cosa?  Il suo principale ruolo, credo, dovrebbe essere quello di imparziale coordinatore e supervisore    tra le parti in causa.

Da un lato ci stanno i genitori che da esclusi sono diventati un’importante e pericolosa   presenza  del sistema scolastico; dall’altro i docenti che da assoluti protagonisti sono diventati  emeriti nessuno  nelle mani di una dirigenza che  in pratica  si ritrova  un potere assoluto  sulle questioni. Dalle più ordinarie alle più straordinarie.

La nascita dell’autonomia scolastica ha segnato questa svolta, che se da un lato ha portato un vento di rinnovamento ed apertura, dall’altro  ha gettato i singoli istituti nello sbando assoluto  di  direttori  non all’altezza  del loro  compito.

Nello specifico della nostra storia,  l’insegnante viene scoraggiato   a procedere per via legale.

Alla fine il tutto si ridurrebbe  a una ben misera cosa: sarebbe la sua parola contro quella di un sistema che non lo   sorregge.

Dieci anni di lavoro  ritenibile  onorato e oneroso, vengono cancellati in un istante. Quanto meno messi in dubbio  o assolutamente non considerati.

Preso   da sconforto e dal timore di un peggioramento, l’insegnante decide di stare al gioco, ed ammette davanti al suo capo d’essere effettivamente un poco stressato, e quindi ammettendo delle colpe di comunicazione e di consegna (ma quali???)  chiederebbe per l’anno nuovo uno spostamento su di un incarico più leggero, meno impegnativo, magari un ruolo di sostegno.

La verità è che questo si rivela essere il solo modo  per  sottrarsi ad un disagio che è già stato  sentenziato senza possibilità d’appello.

Davanti al mea culpa del povero maestro, davanti alla sua abiura  mal digerita  ma imposta da necessità esterne e contingenti, la  dirigente si  fa docile e ben disposta.

Tutto viene così in un battito risolto a quattr’occhi dentro il silenzio di una stanza.

Il maestro ne esce risollevato ma abbattuto.   E’ stata messa in discussione da non si sa bene chi e da non si sa bene che cosa  la sua efficienza lavorativa, il suo  fino a prova contraria  buon operato di lungo corso.

La preside   ha esercitato nella totale autarchia  il suo compito  di direzione, senza contraddittorio concesso alle parti interessate,  senza le dovute precauzioni ed i dovuti provvedimenti   che dovrebbero tutelare sempre tutte le componenti chiamate in causa.

Passo alla Seconda storia.

Questa volta è una giovane docente   già  al  quarto anno di mandato.

Anch’essa laureata, ha scelto d’ insegnare negli istituti comprensivi  giusto per cominciare a fare punteggio.

E’ una simpatica ragazza, piena di entusiasmo e di capacità comunicative, molto afferrata nella sua materia. Dopo tre anni  non proprio  brillanti e fortunati ma comunque  utili a fare esperienza, le capita l’ennesimo incarico su sostegno.

Due soggetti,  una ragazzo senza particolari problemi, una ragazzina   con difficoltà di comunicazione abbastanza serie.

Tutto sembra andare nella norma fino a che un giorno  la sprovveduta docente all’interno della lezione scolastica improvvisa una breve conversazione   a sfondo sessuale; siamo in una terza media, gli alunni  sono attenti e curiosi,  l’insegnante pensa che sia una cosa buona parlare di certe cose a puro titolo formativo.

Succede invece che la ragazzina   con problemi di comportamento torna a casa a lamentarsi con i genitori i quali chissà cosa capiscono, o fraintendono,  e dunque si rivolgono alla preside a loro volta   lamentandosi.

Forse la faccenda potrebbe facilmente riprendersi e chiarirsi se non fosse  che proprio in quegli stessi giorni    viene arrestato  nel paese un giovane accusato di pedofilia; contro di lui ci sono  prove schiaccianti.

Tra le scuole interessate dove il delinquente  si recava a molestare i ragazzini  c’è anche quella in cui sta lavorando la nostra sprovveduta  collega.

Tutto assume in questo contesto  delle sfumature oscure e assai preoccupanti.

Il dirigente teme forse  che lo scandalo possa danneggiare la scuola, possa  venire in qualche maniera  aggiunto a questo episodio interno del tutto estraneo, del tutto  in sé irrilevante,  del tutto  slegato  da implicazioni  così pesanti e gravi,  ma pur sempre antipatico e che suona in quel frangente  come un campanello d’allarme.

Preso  da un’eccessiva ansia   fa convocare immediatamente il consiglio di classe, che in assenza della docente interessata in quanto   non presente per malattia la fa sospendere dal suo preciso incarico, relegandola    a mansioni del tutto subordinate alle altre docenti della classe.

La nostra improvvida collega si trova al suo rientro, senza nemmeno essere stata convocata,  demansionata, umiliata, accusata senza  prova  alcuna non dico di pedofilia  ma quantomeno d’essere poco equilibrata e comunque non affidabile.

Le si crea intorno un clima sottile quanto spietato  di sospetto, le insegnanti spargono la voce agli alunni che con quella docente    non possono uscire da soli in cortile.

E andare tutti i giorni in classe diventa un inferno.

Questo sì un vero inferno senza immediata  possibilità di ripresa. Vada che si viene nominati su  contenuti  che non ci riguardano e non ci appartengono, che non sappiamo padroneggiare e su cui dobbiamo farci le ossa,  ma trovarsi dal giorno alla notte in una situazione così di sfascio e di insidiosissima  china, è tutt’altra faccenda.

La sola nota positiva è che il preside non le fa nessun richiamo scritto, le dice solo che davanti a un nuovo episodio  non corretto provvederebbe di conseguenza.

In altre parole le dà un’altra possibilità  ma  la tiene in ostaggio, psicologicamente e professionalmente.

Le dice anche che se dovesse decidere di lasciare l’incarico, comprenderebbe, e non la  depennerebbe dalla graduatoria.

Ma  questa giovane ha un contratto fino all’avente diritto  e potrebbe in teoria arrivare fino alla fine dell’anno.

E poi licenziarsi significa rimanere senza stipendio.

Una ben complicata situazione da gestire. Lei è qui potremmo dire in trasferta, appartiene a quell’esercito d’umanità che tutti gli anni a settembre si mette in marcia dal sud verso il nord, alla forsennata  ricerca di alloggi, di sistemazioni, di accomodamenti più o meno di fortuna.

E alla sua situazione di precarietà  si aggiunge questa situazione di rifiuto e di sospetto. Che fare? Andare da un avvocato per farsi difendere? Andare da un sindacato? Sentire il parere degli amici? Dei colleghi? ma quali colleghi?

PRIMA COSA DA FARE  è riordinare bene le idee: non agire precipitosamente,  capire  bene quello che sta accadendo, affrontarlo in maniera che la questione non ci travolga.

Chiedere scusa per la mancanza di prudenza dimostrata, questo senz’altro,  ed è la prima cosa che la maestra si precipita a fare, ma poi c’è tutto il resto che va tenuto sotto controllo.

Occorre non demoralizzarsi, occorre  pensare positivo, occorre cambiare strategia con gli alunni, soprattutto con quello specifico alunno che ci ha creato il problema.

Non conta nemmeno tanto il fatto che questa studentessa abbia pubblicamente dimostrato d’essere non attendibile. Infatti il giorno dopo l’accaduto raccontato, l’alunna accusa davanti a tutti l’insegnante malcapitata di averle rubato la sua giacca, la stessa giacca che l’insegnante  sta indossando.

La maestra replica che non è la sua, che non potrebbe nemmeno esserlo  perché lei porta una 46 e non certo una taglia da teenager; l’invita dunque ad andare in classe dove senz’altro troverà la propria.

L’alunna va in classe dove infatti si trova  il suo  indumento, lì dove l’aveva lasciato.

E se invece per una circostanza casuale non ci fosse stato?  Per fortuna che c’è, e la nostra simpatica amica ne esce, almeno qui, indenne.

Non l’aiuta nemmeno tanto il fatto di parlarne con il sindacalista interno della scuola, il quale la comprende, la sostiene, ma non si può esporre più di tanto, in quanto lui stesso dipendente di quella stessa dirigenza.

Come vedete, amici cari, insegnare è una faccenda davvero molto delicata, molto complessa, molto impegnativa.

Mi si dirà di nuovo come molti altri lavori.

Questo però  senz’altro in modo particolare.

Chiedo alla giovane collega  che si è sfogata con me  cosa la preoccupa più di tutto e lei mi risponde con gli occhi persi: “ E’ che mi sono sentita una pedofila” che voleva dire “Mi hanno fatto sentire una pedofila, e nessun collega  mi ha saputo tendere concretamente una mano”

Questo io intendo dire quando parlo della nostra indifferenza verso il sociale. E della nostra ipocrisia verso i legami familiari. Se sul lavoro sapessimo meglio fare squadra, se sapessimo avere una formazione lavorativa  impostata sempre alla collaborazione, e se in famiglia fossimo meno ipocriti e più  sinceri,  forse questo episodio potremmo rigirarlo alla moviola con una sceneggiatura completamente diversa.

“Tornare ad educare” per tornare a essere una società che miete cose buone e non scorie radioattive. Ma io vorrei piuttosto dire  “Cominciare là  da dove ci siamo persi il filo di Arianna…”

Dove ho insegnato l’anno scorso in sala docenti stava affisso alla porta un motto che recitava: “Essere folli  non è sufficiente per lavorare in questo posto, però aiuta…”

Recitava il vero…

Mondo (in) piccolo

I  bambini a scuola  sono come  un mondo in  piccolo, nel senso che sono un mondo in miniatura;  tra di loro  governano sentimenti, difetti, intelligenze, eccedenze ed attitudini,  esattamente   così come accade nel mondo degli adulti.

Noi abbiamo cose che ci piacciono di più e cose che ci piacciono   di meno; per loro è lo stesso;

abbiamo   a volte   scatti d’ira;

invidie e gelosie;

momenti di debolezza;

amici e nemici;

momenti di coraggio;

desideri e speranze;

abbiamo  una certa idea propria   del bene e del male;

bisogno di tenerci occupati;

di riposare quando siamo stanchi;

di sentirci sempre  nel centro  di qualcosa;

di comunicare e sentirci  utili;

di prenderci  in  cura quando  siamo malati;

di  andare in vacanza, di sentirci amati, di voler bene, di esprimerci, di fare stupidaggini…;

e per loro è lo stesso.

La    sostanziale  differenza è che  i nostri bambini  sono ancora  incoscienti di se stessi,  mentre noi ne  abbiamo piena consapevolezza, e grazie a questa consapevolezza,  possiamo essere in grado, senza diventare   protagonisti al posto loro,  di  guidarli    sul lungo  sentiero  delle  scoperte che fanno crescere.

Il rapporto insegnante discente non è un legame  paritario, per via della coscienza che il primo possiede ed  il secondo non conosce.

L’insegnante è come un direttore d’orchestra, solo che la musica da suonare non la decide lui, la decide il gruppo classe.

E’ come  un guardiano  di beni preziosi,  solo che i beni preziosi sono esseri sconosciuti  e con libera  capacità  di decidere e disporre di sè.

E’ come  un giocoliere capace di particolari     esercizi  di bravura, solo  che  i burattini di questo  teatro non hanno fili,  sono  autonomi,  sono i signori  del palco, loro stessi   decidono il contenuto  dello spettacolo.

L’insegnante che entra in classe non saprà fino alla fine della giornata   se  quel  che dovrà fare  e avrà fatto,   otterrà  successo  oppure no.

Troppe le variabili non previste e non prevedibili.

Non solo troppo imprevedibili, ma addirittura  quello che potrebbe  sembrare  al momento  riuscito,  potrebbe nel tempo rivelarsi  insufficiente, come  anche  quello che potrebbe  essere risultato inadeguato, nel tempo potrebbe risultare centrato.

Insomma,  insegnare è un fatto di relazione; c’è un insegnante e un minore ( fino a che non diventerà maggiorenne);  c’è un gruppo di insegnanti e un gruppo di minori più o meno numeroso, più o meno rumoroso,  più o meno forte  o  complicato;  c’è un insegnante e un  ennesimo  gruppo di minori  chiamati  a fare  qualcosa, ad occuparsi di un determinato compito.

Dentro questa relazione sta l’apprendimento, sta il beneficio, sta il vantaggio, sta la crescita, sta lo sviluppo, l’evoluzione di un paese.

Un’insegnante   scrupoloso  e capace  può avvicinare ai bambini, in un solo giorno,    più mondi di quanto un genitore distratto  non sappia fare in dieci anni e più  di convivenza con il proprio figlio;  può  toccare con mano, negli anni,    i cambiamenti  della  crescita  dei suoi ragazzi,  almeno  quanto  se non di più   di due genitori  assenti  o inadeguati.

Un insegnante  indifferente e non motivato  può solo perdere    e far perdere tempo prezioso. Purtroppo può anche far danni, al pari di un genitore inadeguato.

Inutile dire  che la collaborazione dei genitori con chi si prende cura della formazione  scolastica,  rimane sempre un momento  chiave    per la buona riuscita  delle  tappe  evolutive.

Non sempre questa collaborazione accade, non sempre è possibile.

Mentre i genitori non si scelgono, e nemmeno  i fratelli  e tutti i parenti,  in un certo senso l’insegnante  si  può scegliere. Lo fa soprattutto  chi ne dispone ampiamente i mezzi,  ma anche chi può fare nel suo piccolo, piccole scelte.

Poi  c’è la bella storia  di chi non si è scelto, ma  si trova lo stesso magnificamente bene, insieme  all’insegnante  di passaggio.

Solo una piccola  precisazione. Se il genitore  può scegliere  il maestro (possibilità permettendo),  il maestro  non  potrebbe arrivare a  scegliere  i propri  alunni.

Se così accadesse,  potrebbero rimanere molti  discenti  senza  insegnanti, e questo non è auspicabile, perché tutti abbiamo il diritto/dovere   di imparare,  nonostante il nostro impulso   inconfessabile   di rimanere  ignoranti come    di voler avere solo  alunni  perfetti.

Questo è lo spirito democratico, sommo  ed universale della scuola in quanto scuola.