A seguito di una Conferenza a cui ho partecipato sul tema “Cosa è stato il 68?…”, vorrei cercare di trarre dei punti centrali di riflessione utili per altri, oltre che per me.
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Riforma della scuola o riforma della società?
Nella riforma della scuola si parla di retroazioni virtuose per cui si intende che il docente dovrebbe diventare il primo e assoluto coach di se stesso, del proprio lavoro, del proprio agire didattico.
L’ultimo ma non meno importante compito dell’insegnante è quello di valutare. Per potere certificare correttamente un percorso formativo occorre ovviamente avere osservato, avere registrato, avere programmato secondo uno stile meticoloso che prevede per ogni ambito il quando valutare, il cosa valutare e il come valutare.
Cominciano a scoprirsi le carte
Pubblico solo un capitoletto di quello che sarà il mio nuovo libro…
Parlerà di lavoro, di scuola e di cooperazione…(ed è un racconto di pura immaginazione ma che riflette la realtà del lavoro e della scuola in Italia)
Cominciano a scoprirsi le carte
Cominciano a scoprirsi lentamente le carte: le assistenti che venivano bistrattate dalla Dsga uscente quando hanno appreso della sua dipartita hanno brindato per la felicità; altre due che con la capo ufficio aveva buoni rapporti, ma che comunque conservano per dignità una loro autonomia lavorativa, stanno osservando la situazione in attesa di decidere che posizioni assumere nei confronti del nuovo assetto; l’impiegata che invece era umma umma con la capa e che è risultata perdente posto, quella è stata la principale ragione che ha fatto decidere all’ultimo minuto al direttore (in questo caso direttrice) la richiesta di assegnazione provvisoria altrove, stà altrove immagino abbastanza contenta d’avere causato questa conseguenza. Fa sempre piacere sentirsi importanti, o comunque, dei precisi punti di riferimento per qualcuno, soprattutto quando questo qualcuno occupa dei posti di comando.
Il giro negli altri due plessi è stato fatto, e a dir la verità ho visto dei locali che commentare che sembravano sporchi è dir poco; ma poi mi spiegano: alcuni spazi della sede o hanno lavori di muratura in corso, o sono stati luogo di accoglienza estiva dei bambini, quindi fino a qualche giorno fa sono state teatro di lavori e di utilizzo; ovvio che adesso sono tutti da pulire; si rilevano tutti i problemi e la lista delle emergenze da segnalare al Comune che è il responsabile della manutenzione degli edifici scolastici.
Per gli interventi di piccola manutenzione non ci sono problemi, provvede la scuola con le minute spese, ma per tutto il resto (le mura, i bagni, le aule, gli impianti, il tetto, gli esterni, gli infissi…) deve provvedere il Sindaco attraverso l’ufficio Pubblica Istruzione e relativo Ufficio Tecnico, che però ultimamente dice sempre di non avere grandi soldi.
Sto osservando le colleghe giorno dopo giorno mentre che le lascio lavorare in totale autonomia e cercando di disturbarle il meno possibile. C’è Marta della didattica che è molto silenziosa, non si sposta mai dalla sua cattedra, la preside me ne ha parlato molto bene; poi c’è Ester che mentre mi confidava a denti stretti di avere molto sofferto con la direttrice di prima, praticamente aveva le lacrime agli occhi; al protocollo c’è Piera che tra le amministrative è la più anziana, con la massima competenza nel suo campo; alla finanziaria ( il settore che più mi riguarda ) c’è Rosanna che tra tutte è l’unica ad avere conseguito la funzione superiore, ossia è l’addetta a sostituire il Dsga assente.
L’anno scorso, non so perchè, ho visto che la nomina di vicaria alla direzione era stata data a Piera, credo per motivi di anzianità e perchè è quella con più servizio continuativo nella scuola. Forse questo ha provocato un certo risentimento in Rosanna che infatti ha già detto alla preside che intende chiedere l’utilizzo annuale presso L’ufficio Provinciale del Territorio.
La Dirigente per questo si è molto risentita e sembra che voglia in qualche maniera rifarsi di questa assenza di spirito di squadra cominciando a mettere dei paletti ben precisi, che però rischiano a loro volta di creare ancora più malcontento e ancora più scissioni e fuggi fuggi del personale.
Domani nella riunione con il gruppo amministrativo (quello con i collaboratori scolastici c’è già stato ed ha portato molti frutti…) proporrò proprio Rosanna come mia sostituta (del resto è solo lei titolata a farlo). Forse questo le darà una buona ragione per rimanere ancora un anno, e poi per l’anno nuovo io non ci sarò più, immagino, e le cose andranno come dovranno andare anche senza di me.
Adesso che però ci sono, il controllo ce l’ho io, accanto alla Preside, e posso fare i miei passi, e seminare bene piuttosto che male, così che piano piano le cose si stabilizzeranno e si tornerà ad una certa normalità (sempre che le cose stiano come mi detta l’impressione iniziale e non che ci siano elementi di valutazione a me ancora ignoti).
Ho fatto la conoscenza con il Presidente del Consiglio di Istituto; di solito sono genitori inesperti e preoccupati di venire disturbati il meno possibile, salvo poi sapere il proprio figliolo gestito con una certa attenzione dai professori o maestri; questo non è così, vuol sapere tutto di tutto (e magari anche di tutti) e mi sembra di capire che ha le mani in pasta con il Comune, forse è dentro qualche maglia elettorale e la sua presenza interessata è forse dovuta anche a secondi fini, ma va benissimo lo stesso, di queste cose non si parla tra noi, perchè con me si parla e si parlerà sempre e solo di lavoro, di decisioni da prendere, di strategie da mettere in campo ecc…ecc… ( e va bene così, non sono fatta per il pettegolezzo o le intese poco chiare).
Lentamente vengono a presentarsi anche i docenti, ma loro lo fanno con il Direttore solo per motivi di interesse personale, ossia se devono prendere informazioni sulla loro ricostruzione di carriera e sulla loro pratica pensionistica o sulla ricongiunzione dei servizi….
Per un docente la segreteria è quel luogo strano che non si capisce le impiegate cosa abbiano da fare per sette ore continue; a volte diventa anche quel luogo dove vengono assegnate le docenti o i docenti che come dire, vanno fuori di testa, e dunque diventano dei dipendenti scomodi, che non possono più coprire ruoli di insegnamento.
Come sta capitando a noi che ospitiamo una professoressa in difficoltà, Sonia, che però ora si deve decidere dove collocarla stabilmente, visto che nemmeno in segreteria dimostra di potere funzionare in maniera serena; al telefono a volte se ne esce con argomentazioni poco appropriate; “Se la fa archiviare”, la Dsga precedente aveva detto alla preside, “non me ne assumerò la responsabilità”; allo sportello non ne parliamo; non rimane che la biblioteca, dove potrebbe venire relegata tra i libri e le mura che non hanno nè orecchie nè bocche per replicare.
In quanto a Laura, la Direttrice che se ne è andata, doveva venire ieri a fare il passaggio delle consegne, ma non s’è vista, addirittura ha sparato la balla che si era presentata ma che a scuola non c’era nessuno; no problem, mi sono fatta dare l’orario presunto del suo arrivo, l’abbiamo confrontato con i presenti ed abbiamo concluso che ci stava spudoratamente prendendo in giro.
La preside l’ha ricontattata e facendo finta di niente le ha detto davanti a tutti che sentivano, che non era possibile, che evidentemente ci doveva essere stato un priquoquo, e che dunque la si attendeva, la si attendeva il prima possibile, visto che “proprio oggi abbiamo scoperto che una pratica pensionistica di una docente andata in congedo dal primo settembre dovrebbe avere il fascicolo completo da consegnare , ma di questo fascicolo non c’è nessuna traccia”.
La Ds è molto contrariata; mi chiede cosa sono tutte quelle carte che mancano, ed io che mi sono preoccupata di portarne alla sua attenzione l’elenco, rispondo già stanca, dopo otto ore di lavoro indefesso : “Preside, non posso fare in un giorno un lavoro di un anno; domani la prendo in mano e vediamo di risolvere”
Considerando che poi di pratiche pensionistiche non ne ho mai fatte, ci sarà da divertirsi, ma intanto a me piace imparare, sono nata studente, e dunque farò anche questo.
dal libro in prossima pubblicazione (Un Paese, una Scuola)
una giornata in una scuola che funziona
LA GIORNATA IN UNA SCUOLA DELL’ALTRO MONDO – Anna Chiara Fontana

IL FILO DI ARIANNA
Mi considero una persona molto ignorante.
Potessi scegliermi la vita così come si mi sono scelta, nel limite del possibile, le persone che mi vivono accanto, vorrei poter leggere dalla mattina alla sera e poi naturalmente scrivere e dipingere e parlare con gli amici e stare con chi mi vuole bene…poi vorrei potere utilizzare queste abilità al servizio degli altri. Insomma, non ho grandi ambizioni.
Ecco, sono una persona molto limitata, come tutti; cerco di convivere con quello che non so fare o meglio, ho imparato a conviverci, tenendo le difficoltà sotto controllo.
Ai miei limiti preferisco le mie virtù. Non per farne bella mostra, ma perché sono le doti a farci procedere e a far progredire dunque tutto il gruppo con cui ci si trova ad operare…
Potendo oggi scegliermi il lavoro, tra i vari possibili ho messo l’insegnamento, perché lavorare con i piccoli o con i ragazzi è un privilegio che ho imparato ad apprezzare anch’esso con il tempo.
Purtroppo gli insegnanti trovano sul campo, e già lo sappiamo, una complessa cerchia di difficoltà. Si potrebbe replicare “Come in tutti i lavori”, è vero, ma questo non è un mestiere qualunque, e pur non essendolo, non viene riconosciuto dallo Stato e dalla società come quanto dovrebbe e merita.
Vuoi che gli errori politici del presente ne hanno compromesso la reputazione, vuoi che le mancanze formative storiche ne hanno inficiato l’efficienza , vuoi tante altre scusanti, il punto conclusivo è che fare il maestro o il docente che dir si voglia, oggi, non è affatto un’impresa facile.
Potrei raccontare seduta stante due fatti delicati ed incresciosi che mi sono giunti all’orecchio con grande preoccupazione per le persone che li stanno vivendo.
Ecco la Prima storia.
Lui è un maestro di una certa esperienza; laureato, si trova ad insegnare su un posto comune l’area di italiano ad una quarta classe del ciclo primario, e tutto sembrerebbe procedere nella normalità.
L’insegnante in questione è appassionato di materie civili e sociali, quindi cerca di trasmettere ai propri alunni l’importanza dell’onestà, della correttezza e dell’impegno. I suoi alunni sembrano seguirlo tutti, senza particolari difficoltà, fino a che emerge improvviso il problema. In verità il problema magari era già latente nel tempo, però non sempre si è in grado di accorgercene, e non sempre ci sappiamo relazionare nello specifico con tutti con la medesima efficienza e consapevolezza.
Accade dunque che uno dei genitori della classe in questione va a lamentarsi dalla Preside per questo tipo di lavoro tenuto dall’insegnante; il dirigente richiama la docente senza minimamente preoccuparsi delle motivazioni del titolare e senza entrare nel merito della competenza didattica e disciplinare.
Quello che disturba ovviamente è il semplice fastidio di doversi prendere cura di un problema di troppo…
Il docente a sua volta si rivolge a un sindacato per avere consigli e pareri.
Il sindacato non tranquillizza affatto il professore che viene informato di una ben triste realtà generale; mai come in questo periodo il mondo della scuola è subissato ed aggravato di denunce di vario genere. Genitori che denunciano gli insegnanti ed insegnanti che denunciano l’amministrazione.
I motivi possono essere i più vari; da quelli meno gravosi a quelli ovviamente più seri, ma per lo più si tratta di piccole incomprensioni che una buona dirigenza dovrebbe sapere assolutamente prevenire e contenere.
Del resto un dirigente è dirigente a far che cosa? Il suo principale ruolo, credo, dovrebbe essere quello di imparziale coordinatore e supervisore tra le parti in causa.
Da un lato ci stanno i genitori che da esclusi sono diventati un’importante e pericolosa presenza del sistema scolastico; dall’altro i docenti che da assoluti protagonisti sono diventati emeriti nessuno nelle mani di una dirigenza che in pratica si ritrova un potere assoluto sulle questioni. Dalle più ordinarie alle più straordinarie.
La nascita dell’autonomia scolastica ha segnato questa svolta, che se da un lato ha portato un vento di rinnovamento ed apertura, dall’altro ha gettato i singoli istituti nello sbando assoluto di direttori non all’altezza del loro compito.
Nello specifico della nostra storia, l’insegnante viene scoraggiato a procedere per via legale.
Alla fine il tutto si ridurrebbe a una ben misera cosa: sarebbe la sua parola contro quella di un sistema che non lo sorregge.
Dieci anni di lavoro ritenibile onorato e oneroso, vengono cancellati in un istante. Quanto meno messi in dubbio o assolutamente non considerati.
Preso da sconforto e dal timore di un peggioramento, l’insegnante decide di stare al gioco, ed ammette davanti al suo capo d’essere effettivamente un poco stressato, e quindi ammettendo delle colpe di comunicazione e di consegna (ma quali???) chiederebbe per l’anno nuovo uno spostamento su di un incarico più leggero, meno impegnativo, magari un ruolo di sostegno.
La verità è che questo si rivela essere il solo modo per sottrarsi ad un disagio che è già stato sentenziato senza possibilità d’appello.
Davanti al mea culpa del povero maestro, davanti alla sua abiura mal digerita ma imposta da necessità esterne e contingenti, la dirigente si fa docile e ben disposta.
Tutto viene così in un battito risolto a quattr’occhi dentro il silenzio di una stanza.
Il maestro ne esce risollevato ma abbattuto. E’ stata messa in discussione da non si sa bene chi e da non si sa bene che cosa la sua efficienza lavorativa, il suo fino a prova contraria buon operato di lungo corso.
La preside ha esercitato nella totale autarchia il suo compito di direzione, senza contraddittorio concesso alle parti interessate, senza le dovute precauzioni ed i dovuti provvedimenti che dovrebbero tutelare sempre tutte le componenti chiamate in causa.
Passo alla Seconda storia.
Questa volta è una giovane docente già al quarto anno di mandato.
Anch’essa laureata, ha scelto d’ insegnare negli istituti comprensivi giusto per cominciare a fare punteggio.
E’ una simpatica ragazza, piena di entusiasmo e di capacità comunicative, molto afferrata nella sua materia. Dopo tre anni non proprio brillanti e fortunati ma comunque utili a fare esperienza, le capita l’ennesimo incarico su sostegno.
Due soggetti, una ragazzo senza particolari problemi, una ragazzina con difficoltà di comunicazione abbastanza serie.
Tutto sembra andare nella norma fino a che un giorno la sprovveduta docente all’interno della lezione scolastica improvvisa una breve conversazione a sfondo sessuale; siamo in una terza media, gli alunni sono attenti e curiosi, l’insegnante pensa che sia una cosa buona parlare di certe cose a puro titolo formativo.
Succede invece che la ragazzina con problemi di comportamento torna a casa a lamentarsi con i genitori i quali chissà cosa capiscono, o fraintendono, e dunque si rivolgono alla preside a loro volta lamentandosi.
Forse la faccenda potrebbe facilmente riprendersi e chiarirsi se non fosse che proprio in quegli stessi giorni viene arrestato nel paese un giovane accusato di pedofilia; contro di lui ci sono prove schiaccianti.
Tra le scuole interessate dove il delinquente si recava a molestare i ragazzini c’è anche quella in cui sta lavorando la nostra sprovveduta collega.
Tutto assume in questo contesto delle sfumature oscure e assai preoccupanti.
Il dirigente teme forse che lo scandalo possa danneggiare la scuola, possa venire in qualche maniera aggiunto a questo episodio interno del tutto estraneo, del tutto in sé irrilevante, del tutto slegato da implicazioni così pesanti e gravi, ma pur sempre antipatico e che suona in quel frangente come un campanello d’allarme.
Preso da un’eccessiva ansia fa convocare immediatamente il consiglio di classe, che in assenza della docente interessata in quanto non presente per malattia la fa sospendere dal suo preciso incarico, relegandola a mansioni del tutto subordinate alle altre docenti della classe.
La nostra improvvida collega si trova al suo rientro, senza nemmeno essere stata convocata, demansionata, umiliata, accusata senza prova alcuna non dico di pedofilia ma quantomeno d’essere poco equilibrata e comunque non affidabile.
Le si crea intorno un clima sottile quanto spietato di sospetto, le insegnanti spargono la voce agli alunni che con quella docente non possono uscire da soli in cortile.
E andare tutti i giorni in classe diventa un inferno.
Questo sì un vero inferno senza immediata possibilità di ripresa. Vada che si viene nominati su contenuti che non ci riguardano e non ci appartengono, che non sappiamo padroneggiare e su cui dobbiamo farci le ossa, ma trovarsi dal giorno alla notte in una situazione così di sfascio e di insidiosissima china, è tutt’altra faccenda.
La sola nota positiva è che il preside non le fa nessun richiamo scritto, le dice solo che davanti a un nuovo episodio non corretto provvederebbe di conseguenza.
In altre parole le dà un’altra possibilità ma la tiene in ostaggio, psicologicamente e professionalmente.
Le dice anche che se dovesse decidere di lasciare l’incarico, comprenderebbe, e non la depennerebbe dalla graduatoria.
Ma questa giovane ha un contratto fino all’avente diritto e potrebbe in teoria arrivare fino alla fine dell’anno.
E poi licenziarsi significa rimanere senza stipendio.
Una ben complicata situazione da gestire. Lei è qui potremmo dire in trasferta, appartiene a quell’esercito d’umanità che tutti gli anni a settembre si mette in marcia dal sud verso il nord, alla forsennata ricerca di alloggi, di sistemazioni, di accomodamenti più o meno di fortuna.
E alla sua situazione di precarietà si aggiunge questa situazione di rifiuto e di sospetto. Che fare? Andare da un avvocato per farsi difendere? Andare da un sindacato? Sentire il parere degli amici? Dei colleghi? ma quali colleghi?
PRIMA COSA DA FARE è riordinare bene le idee: non agire precipitosamente, capire bene quello che sta accadendo, affrontarlo in maniera che la questione non ci travolga.
Chiedere scusa per la mancanza di prudenza dimostrata, questo senz’altro, ed è la prima cosa che la maestra si precipita a fare, ma poi c’è tutto il resto che va tenuto sotto controllo.
Occorre non demoralizzarsi, occorre pensare positivo, occorre cambiare strategia con gli alunni, soprattutto con quello specifico alunno che ci ha creato il problema.
Non conta nemmeno tanto il fatto che questa studentessa abbia pubblicamente dimostrato d’essere non attendibile. Infatti il giorno dopo l’accaduto raccontato, l’alunna accusa davanti a tutti l’insegnante malcapitata di averle rubato la sua giacca, la stessa giacca che l’insegnante sta indossando.
La maestra replica che non è la sua, che non potrebbe nemmeno esserlo perché lei porta una 46 e non certo una taglia da teenager; l’invita dunque ad andare in classe dove senz’altro troverà la propria.
L’alunna va in classe dove infatti si trova il suo indumento, lì dove l’aveva lasciato.
E se invece per una circostanza casuale non ci fosse stato? Per fortuna che c’è, e la nostra simpatica amica ne esce, almeno qui, indenne.
Non l’aiuta nemmeno tanto il fatto di parlarne con il sindacalista interno della scuola, il quale la comprende, la sostiene, ma non si può esporre più di tanto, in quanto lui stesso dipendente di quella stessa dirigenza.
Come vedete, amici cari, insegnare è una faccenda davvero molto delicata, molto complessa, molto impegnativa.
Mi si dirà di nuovo come molti altri lavori.
Questo però senz’altro in modo particolare.
Chiedo alla giovane collega che si è sfogata con me cosa la preoccupa più di tutto e lei mi risponde con gli occhi persi: “ E’ che mi sono sentita una pedofila” che voleva dire “Mi hanno fatto sentire una pedofila, e nessun collega mi ha saputo tendere concretamente una mano”
Questo io intendo dire quando parlo della nostra indifferenza verso il sociale. E della nostra ipocrisia verso i legami familiari. Se sul lavoro sapessimo meglio fare squadra, se sapessimo avere una formazione lavorativa impostata sempre alla collaborazione, e se in famiglia fossimo meno ipocriti e più sinceri, forse questo episodio potremmo rigirarlo alla moviola con una sceneggiatura completamente diversa.
“Tornare ad educare” per tornare a essere una società che miete cose buone e non scorie radioattive. Ma io vorrei piuttosto dire “Cominciare là da dove ci siamo persi il filo di Arianna…”
Dove ho insegnato l’anno scorso in sala docenti stava affisso alla porta un motto che recitava: “Essere folli non è sufficiente per lavorare in questo posto, però aiuta…”
Recitava il vero…
Mondo (in) piccolo
I bambini a scuola sono come un mondo in piccolo, nel senso che sono un mondo in miniatura; tra di loro governano sentimenti, difetti, intelligenze, eccedenze ed attitudini, esattamente così come accade nel mondo degli adulti.
Noi abbiamo cose che ci piacciono di più e cose che ci piacciono di meno; per loro è lo stesso;
abbiamo a volte scatti d’ira;
invidie e gelosie;
momenti di debolezza;
amici e nemici;
momenti di coraggio;
desideri e speranze;
abbiamo una certa idea propria del bene e del male;
bisogno di tenerci occupati;
di riposare quando siamo stanchi;
di sentirci sempre nel centro di qualcosa;
di comunicare e sentirci utili;
di prenderci in cura quando siamo malati;
di andare in vacanza, di sentirci amati, di voler bene, di esprimerci, di fare stupidaggini…;
e per loro è lo stesso.
La sostanziale differenza è che i nostri bambini sono ancora incoscienti di se stessi, mentre noi ne abbiamo piena consapevolezza, e grazie a questa consapevolezza, possiamo essere in grado, senza diventare protagonisti al posto loro, di guidarli sul lungo sentiero delle scoperte che fanno crescere.
Il rapporto insegnante discente non è un legame paritario, per via della coscienza che il primo possiede ed il secondo non conosce.
L’insegnante è come un direttore d’orchestra, solo che la musica da suonare non la decide lui, la decide il gruppo classe.
E’ come un guardiano di beni preziosi, solo che i beni preziosi sono esseri sconosciuti e con libera capacità di decidere e disporre di sè.
E’ come un giocoliere capace di particolari esercizi di bravura, solo che i burattini di questo teatro non hanno fili, sono autonomi, sono i signori del palco, loro stessi decidono il contenuto dello spettacolo.
L’insegnante che entra in classe non saprà fino alla fine della giornata se quel che dovrà fare e avrà fatto, otterrà successo oppure no.
Troppe le variabili non previste e non prevedibili.
Non solo troppo imprevedibili, ma addirittura quello che potrebbe sembrare al momento riuscito, potrebbe nel tempo rivelarsi insufficiente, come anche quello che potrebbe essere risultato inadeguato, nel tempo potrebbe risultare centrato.
Insomma, insegnare è un fatto di relazione; c’è un insegnante e un minore ( fino a che non diventerà maggiorenne); c’è un gruppo di insegnanti e un gruppo di minori più o meno numeroso, più o meno rumoroso, più o meno forte o complicato; c’è un insegnante e un ennesimo gruppo di minori chiamati a fare qualcosa, ad occuparsi di un determinato compito.
Dentro questa relazione sta l’apprendimento, sta il beneficio, sta il vantaggio, sta la crescita, sta lo sviluppo, l’evoluzione di un paese.
Un’insegnante scrupoloso e capace può avvicinare ai bambini, in un solo giorno, più mondi di quanto un genitore distratto non sappia fare in dieci anni e più di convivenza con il proprio figlio; può toccare con mano, negli anni, i cambiamenti della crescita dei suoi ragazzi, almeno quanto se non di più di due genitori assenti o inadeguati.
Un insegnante indifferente e non motivato può solo perdere e far perdere tempo prezioso. Purtroppo può anche far danni, al pari di un genitore inadeguato.
Inutile dire che la collaborazione dei genitori con chi si prende cura della formazione scolastica, rimane sempre un momento chiave per la buona riuscita delle tappe evolutive.
Non sempre questa collaborazione accade, non sempre è possibile.
Mentre i genitori non si scelgono, e nemmeno i fratelli e tutti i parenti, in un certo senso l’insegnante si può scegliere. Lo fa soprattutto chi ne dispone ampiamente i mezzi, ma anche chi può fare nel suo piccolo, piccole scelte.
Poi c’è la bella storia di chi non si è scelto, ma si trova lo stesso magnificamente bene, insieme all’insegnante di passaggio.
Solo una piccola precisazione. Se il genitore può scegliere il maestro (possibilità permettendo), il maestro non potrebbe arrivare a scegliere i propri alunni.
Se così accadesse, potrebbero rimanere molti discenti senza insegnanti, e questo non è auspicabile, perché tutti abbiamo il diritto/dovere di imparare, nonostante il nostro impulso inconfessabile di rimanere ignoranti come di voler avere solo alunni perfetti.
Questo è lo spirito democratico, sommo ed universale della scuola in quanto scuola.
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