La tragedia di Rigopiano

Erano famiglie normali che si erano concesse un fine settimana sulla neve e tra il relax di un confortevole bagno caldo invernale.

Insomma, pensavano di andare a stare bene, a stare tranquilli, cullati  per qualche giorno dal piacere del dolce far nulla.

E invece succede che viene a nevicare, in quei luoghi di alta montagna, nell’Abruzzo del Gran Sasso, una nevicata straordinaria, e poi il terremoto che fa tremare il monte a ridosso di questo Hotel a Rigopiano.

Il terremoto causa una terribile slavina che cade a valle e sotterra totalmente la struttura alberghiera con dentro 37 persone tra ospiti e personale di lavoro.

Come se non bastasse il tutto succede nell’oscurità della sera, ed i primi soccorsi arrivano solo dopo oltre 20 ore dal  primo lanciato allarme.

I mezzi antineve vicini e   disponibili (che comunque avrebbero potuto fare ben poco, visto la gravità dell’evento) sembrano  non essere funzionanti,  e la macchina   della protezione civile e del soccorso alpino  arriva sul posto con notevole ritardo.

Vuoi che la gravità  della situazione   viene sottovalutata, vuoi che nessuno si prende la responsabilità di prendere decisioni,  vuoi che si vuole andare a risparmio a discapito di vite umane, vuoi che non si è mai preparati a gestire le emergenze…e così  nessuno arriva quando sarebbe stato utile arrivare.

Polemiche a parte, adesso c’è mezza Italia su quel cumulo di ghiaccio tra uomini addestrati al salvataggio e volontari generosi,   ma per  ogni ora che passa sta diventando sempre più pesante  e perenne il rischio di trovare ormai solo cadaveri.

Si lotta contro il tempo, ed insperatamente vengono salvati quattro bambini, e poi una madre che lancia l’allarme per gli altri, e poi altre sei   persone. In tutto undici   superstiti.

Si trovano anche cinque morti. All’appello mancano ancora  23 sfortunati. Forse sono di più.

Qualche bambino salvato è rimasto senza i genitori. All’uscita dal tunnel della morte dove gli  angeli della montagna  hanno scavato con ogni mezzo e con la necessaria maestria, un piccolo  sopravvissuto trova solo lo zio, che deve dare lui  quel che è possibile dare a un infante  che ha perso nel giro di un attimo le due   persone a lui più care.

Gli adulti ritrovati raccontano che i piccoli   sono stati bravissimi, che non hanno mai pianto, che si sono stupiti di potere mangiare solo nutella e sempre nutella, visto  che avevano  imparato che la troppa nutella fa male…

Ci si chiede perchè. Ci si chiede come. Ci si chiede se si poteva fare di meglio. E ci si chiede cosa sia ancora possibile fare. Ci saranno ancora persone vive là sotto? E  se ci sono, dove saranno, perchè non si sentono più suoni riconoscibili?

Certo, se sono ancora vivi staranno conservando  il respiro, staranno conservando  il fiato, staranno raccogliendo tutte le loro forze per farsi coraggio, per non mollare, per resistere.

L’hotel di Rigopiano di certo non c’è più. E’  finito sotto  centinaia di centinaia di metri cubi di ghiaccio.

Come nella tragedia del Vajont che si portò via in pochi attimi  interi paesi (là per colpa dell’operato stesso degli uomini), qui abbiamo avuto e stiamo avendo per un evento del tutto naturale   la sparizione di un borgo, anzi, di un insieme di borghi ormai dichiarati non più sicuri,   comprese le fattorie del luogo che ospitavano famiglie di semplici montanari abituati a fare fatica, abituati ad arrangiarsi,  con i loro animali, anch’essi condannati  senza pietà  alla morte per freddo e mancanza di cibo.

Le pecore con i loro agnelli, le mucche  con i loro piccoli, e tutto il bestiame  dei luoghi, là dove non  più soccorsi e sostenuti,  si  sono trasformati   tra l’impotenza dei loro padroni,  da animali mansueti e docili a  carcasse  irrigidite  per  i rapaci.

Ma si può morire di freddo e di  abbandono   nel 2017 in un paese civile come l’Italia?

Perchè  non si è saputo ascoltare la richiesta di  aiuto  e non sono stati  forniti  i mezzi  da chi i mezzi li ha e li avrebbe potuti  garantire  in emergenza?

Evidentemente qualcosa di doveroso   non è stato fatto. Siamo davanti a un tentato omicidio, questa è la conclusione.

 

 

 

Morto il leader Maximo

Morto il lider Maximo

Nel bene e nel male ha fatto la storia di Cuba, è stato fino alla fine capace di rimanere fedele a se stesso e alla sua storia, alla storia della sua Isola: Cuba lo ha più amato che odiato, e per essere stato un dittatore,  il mondo ha potuto vedere di molto molto molto   peggio di lui…

E’ stata di certo la forma di comunismo di Stato  più a misura d’uomo  che si sia vista  sul pianeta Terra.

Rimane di certo  una realtà  alla quale fare riferimento e sulla  quale volgere studi e riflessioni, osservazioni, critiche e  possibili cambiamenti per il futuro, soprattutto dopo la fine dell’embargo americano.

Figura eccezionale che è entrata nell’immaginario collettivo accanto all’altro grandissimo lider,  rimasto  amatissimo ai giovani rivoluzionari di ogni tempo,  il  leggendario  Che Guevara.

In vita   ha dovuto combattere feroci lotte e guerre fredde senza risparmi di colpi da parte dei suoi potentissimi avversari, senza mai arrendersi.

A 90 anni  si è lasciato piegare dal tempo,  che non risparmia nessuno,  che arriva  nel momento che deve essere  per tutti…

Una rivoluzione autonoma, quella cubana; mai esportata, non esportabile, unica.

Ma il suo futuro?

 

 

Olimpiadi 2016

Sono già iniziate da qualche giorno, ma sinceramente  non mi sono sembrate l’evento prioritario.

Però è bello potere parlare ogni tanto di cose positive, ed i giochi olimpici, doping permettendo,  sono senza dubbio un evento che ancora ci  conquista.

Tante medaglie all’Italia, naturalmente!!!

Calendario programma completo

 

L’Islam risponde

Musulmano che prega davanti alla Chiesa dove l’anziano  prete cattolico di Rouen   è stato sgozzato.

musulmani partecipi al dolore

cosa ne pensa la gente

negati i funerali ai terroristi

 

Povera società, povera Sara

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oggi niente polemiche, niente parole

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la Grecia sull’orlo

 

la Grecia va la voto inevitabile

2 giugno

“2    GIUGNO”  

downloadLa festa della Repubblica

l’amore non è violenza

L’evento è già accaduto, ma non per questo scaduto.

Volantino-

siria, giordania, egitto ed occidente

Sono già tre gli stati arabi che hanno chiaramente preso una posizione militare contro l’ISIS, ossia contro il fanatismo islamico che vorrebbe uno stato islamico indipendente dove la sharia possa diventare l’ unica ed incontrastata legge dello Stato, messa in pratica nel suo senso più nefasto e distruttivo.
Dopo il decadimento progressivo dello stato siriano, che è diventato un unico campo di battaglia senza più passato e senza un visibile futuro ( ma dove rimane in corso una significativa capacità di resistere da parte della minoranza curda), dopo il terribile rogo del pilota giordano, dopo l’ennesimo sgozzamento degli oltre venti copti egiziani in terra di Libia, sembrerebbe che i paesi islamici coinvolti non hanno molta intenzione di subire la tracotanza e la ferocia terroristica di questo esercito spietato in sensibile crescita, senza reagire.

Anche il mondo occidentale, dopo lo storico assalto alle torri gemelle di New York, dopo il recente assalto a Parigi e dopo il recentissimo assalto a Copenaghen ( ma non si contano gli eventi degli ultimi anni che forse hanno avuto meno clamore, ma non certo minori conseguenze) sembra mobilitarsi in modo globale ed unitario avverso questi scellerati che di sicuro non hanno nessuna intenzione di fermarsi, per il momento in un senso assolutamente diplomatico che di certo non deve mancare in uno scenario di guerra e di tensioni così complesso e così in perpetua evoluzione.
Anzi, è proprio di questo armarsi intellettuale che l’Europa e non solo ha un assoluto bisogno.

Uno stato musulmano che si dovesse formare con le premesse del terrore si prefigura come qualcosa di terribile, di allucinante, di assolutamente folle. Eppure questa presunta follia sembra reclutare giovani appassionati che si votano al martirio, posseduti dall’idea che è meglio morire in gloria che vivere nella mediocrità e nell’ipocrisia.

La colpa del vecchio mondo cristiano o normalmente islamico sarebbe quella di non convincere più, di non risultare più affascinante o degno di attenzione e rispetto.

Da occidentale non certo corrotta e non certo entusiasta della nostra assai debole e fragile democrazia, vorrei dire a questi giovani soldati pronti a morire che si stanno semplicemente sbagliando.

Vorrei dire loro che si stanno offrendo ad una regia altrettanto falsa e mascherata, che nasconde secondi fini affatto nobili.
Vorrei dire loro che il loro odio per la vita e per l’umanità non può essere giustificato da nulla, nemmeno da presunti possibili e reali crimini.
Vorrei dire loro che se di violenza si fanno portavoce, solo di violenza si fanno espressione, e nulla più.

Poi che facciano pure quello che credono.
Da soli troveranno le loro risposte, così come da soli o in cattiva compagnia non hanno saputo farsi le giuste domande.

Come se non bastasse, c’è la questione ucraina a preoccupare gli equilibri mondiali; e persiste una profonda crisi economica che ha come protagonista da diverso tempo una sorvegliata speciale, la Grecia, nella quale più o meno (alcuni molto meno, altri molto più) tutti i paesi dell’Unione temono di doversi identificare.

Ragazzi, c’è da farsi venire il giramento di testa…

Qui ci vuole davvero molto sangue freddo, molta capacità di ponderare, ma soprattutto la sincera e determinata voglia di cercare soluzioni, da parte di chi è preposto a trovarle.

Per fortuna qualcuno che sa farlo io voglio credere, rimane ancora in circolazione.

la felicità è un dettaglio

che fa la differenza

il tiro delle banane

La madre degli idioti è sempre incinta

il fatto accaduto

Ancora una volta…

Omaggio a un figlio andato con onore  ma che forse poteva salvarsi…

 

“Neppure io ti condanno”

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Tra voi non sarà così, ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20,25-27) anno zero

“Voi mi dite: “Ma tu sei il Papa” come per dire che sono diverso da voi. Non è vero. Io sono come voi, uno di voi”  ( Papa  Francesco giugno 2013)

Sulla liturgia dei potenti si è sempre consumata  la storia della Chiesa e dello Stato; con la statalizzazione del cristianesimo (inizio dell’pera Costantiniana)  è anche iniziata la corruzione e la conseguente parabola discensionale dello stesso.

Si sa, potere e verità non vanno mai troppo d’accordo;  ma proprio grazie al potere la verità gestita dagli uomini ha avuto la pretesa di rendersi immortale.

Senza il potere, cioè senza l’abuso e il ricorso alla violenza, la Chiesa sarebbe durata duemila anni? Certo, mi si potrebbe obiettare  che 2000 anni  sono ancora nulla se paragonati  al tempo di certi altri sistemi intergalattici, non sono che lo sputo di  un rospo,  ma se invece consideriamo che  ogni grande civiltà è durata la media di qualche secolo, mi sembra di potere concludere che venti secoli sono un tempo di tutto rispetto.

Tuttavia io mi chiedo anche: “Ma il cristianesimo vale solo perché sembra che nulla riesca a  delegittimarlo? Ma poi perché questo non è accaduto? Solo perché il potere sta alla Chiesa come il satanismo sta al male? E se invece dovessimo cominciare a volere, desiderare, progettare e  sentire con determinazione una chiesa non potente? non persecutrice? non arrogante? non accentratrice? non ammantata di segreti inconfessabili? non dispensatrice di privilegi? non sorda e muta e ceca alla realtà degli uomini?

Fantascienza?  Forse.

Però qualcosa sta cambiando: abbiamo per la prima volta nella storia  un Papa gesuita, un Papa nemico della mondanità, un Papa semplice che rifugge il già conosciuto e il fuori discussione,  un Papa fuori dalla curia malata e corrotta, un Papa  che  si privilegia di cose ordinarie e comuni come se fossero i soli tesori da perseguire aldilà dei lussi, delle cose esclusive e pretestuose.

Staremo a vedere come procede questo treno, quali saranno le prossime destinazioni e scelte che si avrà il coraggio di  incoraggiare.

Per il momento sto leggendo con grande gusto  Versetti pericolosi di Alberto Maggi edito da Campo dei fiori  e  poi ci risentiremo su quanto questo linguaggio avrà messo in movimento nel mio piccolo cuore…

Un paese colpevole

Un paese che non si cura dei suoi cittadini

che ruba rubando al suo prossimo

che mente mentendo a se stesso

che tace  quando dovrebbe urlare

che giudica  quando dovrebbe cercare di capire

che assolve quando dovrebbe condannare senza mezzi termini

che  non offre lavoro ai suoi giovani

che non offre garanzie nemmeno sulle cose più sacre

che detiene i suoi detenuti come nemmeno gli animali andrebbero gestiti

che lascia soli quando dovrebbe fare quadrato

che si mercifica quando dovrebbe prendere le distanze

che insozza il nemico perchè viene facile

che convive allegramente con la corruzione

che scarica di prassi  le proprie  colpe addosso agli altri

che parla parla parla senza mai fare i fatti,

io lo chiamo

un   paese colpevole

Questo paese siamo noi.

Possa la lebbra invadervi…

Cari amici, cerchiamo di fare il punto.

Il Pd guidato dal suo fallimentare capobastone  non ha saputo trovare la via della riuscita verso il governo, eppure i segnali della disfatta  c’erano tutti e belli evidenti, considerando che si trova ad essere solo il numero uno di un numero tre…

Il Pdl  chiede dall’inizio di potere fare il governissimo, ma non è stato minimamente preso in considerazione come se fosse la peste fatta persona, mentre ha preso i suoi terzi di voto come tutti gli altri.

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Dopo la contestazione, qualcosa c’è, molto manca…

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Rivoluzione o catastrofe?

Ha vinto Grillo, sul piano nazionale.

Ma  la partita ora si fa delicatissima.

Ci sono due soliti noti che non si filano, chi più chi meno; e c’è il terzo incomodo, che vuole fare e farsi avanti, senza scendere a patti.

Ma si sa che in parlamento i patti si devono fare, e ci vuole una maggioranza.

Riusciranno questi tre ibridi a fare in qualche modo squadra?

Riuscirà a vincere il buonsenso ed il senso di responsabilità?

Saranno i tanti grillini capaci di interpretare il bisogno reale del paese coniugandolo con gli strumenti del mestiere?

Forse lo sapranno fare meglio di quanto  non abbiano saputo concludere e produrre i grandi mestieranti, ma con i forse non si salva l’economia.

E si parla di economia vera e non di fanta finanza.

Certo, alla peggio  si tornerà a votare di nuovo,  ma non per ripetere la stessa situazione

( e questo gli italiani lo dovrebbero capire).

E cosa sarà accaduto nel frattempo dentro le maglie già molto pericolanti  del nostro paese?

Come si può concludere, le domande sono tantissime e le certezze inesistenti.

Non mi resta che augurare ai  distruttori  del sistema  di essere capaci di costruire dopo che hanno saputo  sfasciare.

Dovrei dire, dopo che abbiamo saputo sfasciare, visto che uno su tre abbiamo   votato Grillo e quello che rappresenta.

Largo ai lavori, dunque.

Del resto,  Mai dire mai.

L’importante è adesso essere seri, perchè non è più tempo di facile comicità…

(leggere anche il fatto quotidiano)

UOMINI AL ROGO

 

 

"Voglio morire": artigiano si dà fuoco davanti alla Commissione tributaria/  Foto

grussospena       

BASTA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Snoq, la protesta si fa app mobilitazione via smartphone

 

NON AMMAZZARTI  PER LE TASSE INGIUSTE

LA TUA VITA VALE DI PIU’

 

 

 

 

 

 

 

 

POSTI IN PIEDI IN PARADISO

 

 

 

Tre storie diverse che si intrecciano e che ben rappresentano il mondo di oggi,  dove dominano le famiglie sfatte che poi diventano famiglie allargate  più o meno  riuscite, più o meno  rattoppate.

C’è  chi si è sposato per amore con la  persona sbagliata, con la quale si progetta una figlia  che ben presto si troverà dei genitori separati  per  immaturità  di una delle due parti e per leggerezza  dell’altra…; la  stessa figlia  arriverà  ad assumere nei confronti degli stessi  genitori  (soprattutto nei confronti di uno di essi)   atteggiamenti  più adulti di quanto  i medesimi  non abbiamo  saputo avere nei suoi riguardi.

C’è chi dopo tre figli  scoppia (sempre presumendo una qualche normalità  mentale preesistente) e si accoppia   con la giovane  trentenne  di passaggio, che però scoprirà solo all’ultimo momento la doppia vita ( e forse tripla)  dell’  infedele marito ; ecco che in questo caso nasce una bambina dentro una coppia che già non è più tale   ancor prima di venire al mondo,  se non per gli   avvocati e gli   alimenti  permettendo.

C’è  chi  dopo  una caduta in depressione   post partum  della moglie diventata neo mamma,   entra  lui stesso  in crisi e decide di intrecciare  una platonica relazione epistolare  con la compagna  del   proprio capo;  conclusione:   tutto viene scoperto, la moglie lo caccia di casa, il disgraziato finisce col perdere il lavoro  e  la famiglia  tutto in un sol colpo, e senza neanche avere consumato…

I tre malcapitati  hanno tutti problemi di casa;  e non potendo nemmeno contare su un reddito  serio e continuativo,   trovare un tetto sulla testa  ad un costo ragionevole può diventare  davvero un’impresa.

E così   accade  un fenomeno assai  bislacco  ma per nulla   fuori  luogo e fuori del tempo: decidono alla bella età di cinquant’anni  di andare a vivere insieme, per dividere le spese di un alloggio    ben  modesto,  in uno squallido ma indispensabile   appartamento di periferia, afflitto  dal passaggio  giornaliero   dei treni  ed afflitto  dalla quasi totale mancanza di campo…

Ci sarebbe da sganasciarsi  dalle risate, amici miei,  se non fosse  che  questa   suite  comedy  riflette in tutto in tutto  quel che accade   ripetutamente   nelle nostre città, nei nostri paesi, ogni giorno, in moltissime famiglie.

E nel frattempo  la vita va avanti comunque;  ci si torna ad innamorare, si continua ad avere storie di sesso, si può  cominciare  a riflettere  di cambiare lavoro, ci si inventa  forme  più o meno  contingenti di reddito, ci si improvvisa dei ladri  che invece  di  concludere  buoni  affari  vanno solo  a combinar  casini, ci si torna ad innamorare della propria compagna e compagno, ci sono  i figli che si laureano a pieni voti mentre noi non sappiamo nemmeno  scrivere una lettera, e ci sono i figli che decidono con estrema responsabilità  di mettere su famiglia   alla  sola  età di diciotto anni  squillanti…

Davvero un bell’affresco  di società;   mentre  le scene si susseguono spassosamente  con qualche nota di malinconia  e di sano sentimentalismo,   noi stiamo lì seduti nella nostra poltrona   e pensiamo a chi di nostra conoscenza  potrebbe  ben riflettere  quelle situazioni…

Certamente non ci mancano i paragoni, i riferimenti, le similitudini  a cui andare a memoria.

Ci sorprendiamo ancora una volta  della bravura del regista, ci  chiediamo tra noi  “Ma come fa a fare sempre centro    così  magistralmente sulle  macchiette  e  sulle situazioni  che  come sempre  assolutamente e fedelmente ci rappresentano?”

Il  quadro che n’ emerge non è dei più edificanti;  se ne conclude  che  il cittadino medio  di una qualunque società occidentale   è un  essere  che soprattutto  rifugge,  al di là di tutto,  la vecchiaia, il proprio  entrare in decadenza.

Del resto  è il nostro vivere   che ce lo impone; obbligati a lavorare   fino a che  forse non ci reggeranno più le gambe,  obbligati  a doverci misurare con performance   che non ci lasciano tregua o possibilità di via di fuga,   nessuno di noi vuole sentirsi e trovarsi messo da parte,  e questo è legittimo sia  per i giovani che hanno ancora tutte le loro   occasioni da spendere,  che per gli adulti  che le loro occasioni devono sperarle  e fare di tutto  per incontrarle di nuovo o per incontrale, e basta.

Un bel nove, a Verdone.  Per l’equilibrio ed il senso della misura, per la sensibilità e l’acutezza  di pensiero, per la capacità tutta comica  di farci ridere ridere e ridere sui   nostri condivisi  difetti.

Genitori e figli  sono due mondi  che continuano a dovere rimanere legati e vicini;   i figli  possono insegnare  che  a tutto  ci può essere rimedio, e che il bisogno naturale   della felicità  recupera energie impensabili;  i genitori  insegnano  che  si continua a rimanere degli eterni  giovani  nel nostro bisogno di sentirci amati,   e che essere adulti non significa affatto  ritenersi  vecchi, decrepiti  e sclerotici…non più.

Genitori come  giovani adulti e giovani come adulti  in prova  in età  giovanile, dunque?  Può essere,  ci può stare,  visto che sempre più le differenze  ed i tabù tra le parti   tendono a venire liquidati, smascherati  e  buttati al macero   da un’esistenza  che corre corre corre    senza potersi fermare   mai.

Almeno così appare…

QUASI AMICI

 

 

Due  vite si incontrano e i loro destini si incrociano.

Uno è un giovane  di colore che ha bisogno del sussidio di disoccupazione; l’altro è un maneger ultra ricco  che per un incidente di percorso si ritrova su una sedia a rotelle, paralizzato dal collo in giù.

L’unica parte del corpo rimasta sensibile  è il volto,…e il cuore.

Il giovane disoccupato dal passato turbolento  si presenta  al colloquio perché Philippe è alla ricerca di un badante personale, ma sa già  che non sarà assunto, perché non ha credenziali, non ha titolo, e sinceramente  nemmeno gliene importa più di tanto…

Il colloquio  sembra invece catturare la curiosità  dell’invalido,  che vede in quel ragazzotto tutto muscoli e simpatia  una persona autentica, vera, genuina, piena di vita, proprio quello che lui ha perso o rischia di perdere per sempre, seppellito dentro quella  poltrona  completamente strappato alla gioia di sapersi vivo.

Gli lancia una sfida; gli propone l’incarico in prova per un mese , ed aggiunge “Secondo me non resisterai nemmeno due settimane…”

Driss accetta, tanto non ha niente da perdere; fuori c’è solo la strada ad attenderlo, ed una famiglia in bilico,  piena di problemi, dove la madre lavora dalla mattina alla sera per potere guadagnare per tutti  il necessario  per andare avanti.

Inizia così un periodo  di  convivenza, dove hanno modo di conoscersi.

Da un lato  il  giovane  ormai  ex disoccupato  che diventa giorno dopo giorno un bravo  assistente specializzato, ma solo perché ha carta bianca, solo perché Philippe lo lascia libero di esprimersi in tutto e per tutto, trattandolo da subito come uno della famiglia e non come l’ultimo intruso; dall’altro lato, l’invalido  che si trova improvvisamente catapultato in una serie di situazioni  dove non esiste più la regola, l’etichetta, la forma, il già detto e risaputo,  ma  l’imprevisto, la novità, l’improvvisazione, la proposta  di nuovi esperimenti,  di nuove esperienze,  trattato non più come un handicappato e basta, ma come una persona che nonostante il suo handicap ha bisogno di fare una vita assolutamente  normale,  dove ci si alza al mattino   con la contentezza d’essere vivo, con la speranza di cose belle e   positive, dove  si cerca  di combattere  la noia,  la solitudine, l’ipocrisia…

Nasce  tra i due, senza nessun calcolo,  un’amicizia spontanea, nonostante il legame professionale e specifico.

Philippe si diverte con Driss, come non si divertiva più da un’infinità di tempo. Non solo si diverte Philippe, ma si diverte chiunque viene a contatto  con la sua presenza, perché la sua bellezza  umana  è semplicemente  contagiosa…

A sua volta  Driss    ha trovato una vita normale e  positiva con Philippe,  e non è più sotto i ponti…

Certo,  questo può accadere perché  il giovane   è  fondamentalmente  una persona  onesta, e valida,  nonostante  tutta la sfortuna  che  l’ha perseguitato fino  a quel momento…e Philippe  non è un coglione ricco pieno di sé  e privo di attenzioni umane, che un giorno sfigato  si è trovato privo  dell’uso delle gambe;  prima di diventare invalido era stato  un uomo normale; aveva amato profondamente sua moglie, ormai morta; ed ora nel presente,   non soffre tanto per la sua immobilità fisica,  quanto per la sua solitudine  affettiva…

Non a caso cerca di trovare una nuova compagna, che probabilmente troverebbe senza problemi,  nonostante  il suo stato…, ma lui non vuole una donna  qualunque, non si accontenta.

Inizia pieno di aspettative  una relazione  epistolare  che Driss finisce per seguire passo a passo…

Philippe  desidera al suo fianco  una donna   innamorata, capace d’affetto  almeno quanto lui potrebbe di sicuro  essere   con la sua eventuale  compagna…

Ma c’è un ma, c’è un ostacolo oscuro  che sembra vincere  sul desiderio  di tornare a vivere;  l’ostacolo è la paura di sentirsi rifiutato, di sentirsi  giudicato, soppesato, messo a nudo  nella propria  fragilità…la paura di non potere essere all’altezza…

E Philippe allora scappa, si sottrae all’ultimo momento   alla prova, all’incontro,  all’impresa…

Continuerà a sottrarsi  fino a che l’amico, e non certo il badante,  l’obbligherà  a farvi fronte.

E’  lui che deciderà, è lui che li farà incontrare, è lui che organizzerà   a sua insaputa  la frittata.

E vince,  tutto va come  doveva andare,  come  la squisita  umanità dei due protagonisti  permette  che venga ad  accadere.

E la vita per Philppe riprenderà alla grande; un nuovo matrimonio, nuovi figli, una nuova vita.

E la vita per Driss    comincerà a girare;  un lavoro vero, una compagna, una famiglia tutta sua.

E se pensiamo che questo film si ispira  ad  una storia  vera,  c’è veramente da sorridere, da essere contenti…

E’  stato campione d’incassi in Francia, e nonostante questo, merita sul serio.

S.O.S. GIUSTIZIA CERCASI

 

 

 

Ciao amici,  oggi si parla di giustizia.

Ma quale  giustizia?  Quella  dei tribunali?, quella processuale? O quella più  generalmente intesa  come senso  positivo  della vita?  La mia attenzione riguarda quest’ultima.

Io non auguro    al mondo  felicità  o ricchezza o potere  o successo…tutte cose  estremamente  soggettive  che lascio alle considerazioni personali, oppure estremamente oggettive che lascio alle considerazioni  generali  ;  io auguro  al mondo che possa avere  la sua giustizia, semplicemente.

Già la premessa  fa comprendere    che di essa ce ne sia un grande bisogno, ovunque, sempre, da sempre.

Il fatto  che questa  emergenza o necessità prioritaria  non si sia mai placata nella storia e nel tempo  non è una buona ragione  per  ritenere  archiviabile o secondario il  tema di discussione.

La giustizia va amata di per se stessa perché è una meta, è un progetto collettivo ed universale che coinvolge tutto il tessuto della comunità.

Mentre il sentimento della felicità è qualcosa di assolutamente intimo e privato, quasi segreto o da segretare,  mentre  il  successo  è qualcosa di molto esteriore, di molto contingente, di molto  visibile e concreto,  per cui su di esso, sulla sua  oggettività  si è tutti generalmente  d’accordo,  la giustizia  è un cammino, è un sentiero, è un percorso  che  solca  tracciati  impervi  e spesso sconosciuti alla grande  notorietà, senza per questo rimanere    mai un fatto squisitamente privato, squisitamente del singolo.

Cercano  giustizia  tutti  gli uomini che hanno ricevuto un oltraggio, un’offesa, un torto, una prevaricazione; cercano giustizia  tutti  gli esseri privi di parola, privi di capacità di  difesa, privi di autonomia  che per difendersi  dalle offese   devono ricorrere alla parola di chi sa e deve  spendere voci per loro.

Cercano  giustizia  i carcerati nelle carceri,  che si trovano a scontare una giusta pena  in condizioni incivili  ed ingiuste;   cercano giustizia i  perseguitati, gli scherniti,  gli esclusi, i diversi,  che per le più varie ragioni  non si sono trovati garantiti  i diritti  più elementari e prioritari,  sopratutti quelli che faticano a trovare riconosciuti  i loro diritti  anche dopo lunghe lotte  e battaglie.

Cercano giustizia  i normali, quelli che hanno sempre fatto il loro dovere e si sono sempre spesi  per  la giusta via di mezzo,  ma che al posto di riconoscimenti si sono trovati solo  negazioni, scorrettezze, squilibri;  cercano giustizia.

Cercano giustizia  gli incompresi e i calunniati,  quelli che hanno agito bene ma sono stati accusati  di avere agito male, quelli  che hanno gito per l’interesse comune  ma si sono trovati tacciati  di avere agito  per interessi personali;  cercano giustizia  gli infermi  obbligati  a condizioni di vita  disumane   e  ben oltre il  limite della sopportazione.

Cercano giustizia  gli sfortunati  che sono nati nella parte sbagliata  del mondo, nel momento sbagliato, o nel modo sbagliato;  cercano giustizia gli sfruttati,  i raggirati,  quelli che sono stati usati come oggetti  e poi buttati via   come pezzi di ricambio;  cercano giustizia  gli umili, gli ultimi, le persone normali ed ordinarie  che a causa di leggi ingiuste o non perfette  si sono trovati a pagare le colpe  degli altri, della cattiva politica,  della cattiva  amministrazione.

Cercano giustizia  quelli che non capiscono,  quelli  che  devono fare appello a tutta la loro  buona volontà    per  far tornare i conti che non tornano,  quelli che non hanno mezzi adeguati  per  farsene una ragione  e tuttavia  se la inventano, se la sanno  improvvisare.

Cercano giustizia quelli che stanno  al palo, che per le più varie ragioni non sono dentro il circuito del mondo,  e attendono, attendono, attendono che venga anche per loro il momento  del salto, dello scatto, dell’involata.

Cercano giustizia quelli che danno cento e ricevono trenta,  però continuano lo stesso a dare quello che  sanno  fare e costruire, perché le loro   ragioni superano ogni forma  di  soddisfazione apparente.

E cercando dunque ovunque, di sopra e di sotto, a destra e a sinistra, dalla mattina alla sera,  si ha solo da sperare  che non ci si stanchi mai di farlo.

Tra  l’inizio di questa ricerca e la sua  risoluzione il tempo che può intervenire  nessuno può calcolarlo e prevederlo;  vuoi perché i tempi stessi  della  sua   realizzazione sono assai contorti, vuoi perché   non è affatto garantita nessuna  dirittura d’arrivo.

Nella ricerca  di questa benedetta  benedizione,   corre la vita.

La vita di quegli stessi corridori  che pensano solo a correre, a correre, a correre, correre sempre.

Non c’è pausa, non c’è sosta, non c’è  intervallo, che non sia quello  contingente ed inevitabile, giusto il tempo di riprendere fiato, di recuperare le forze,  di riorganizzare  il tempo.

Alla fine della corsa  uno saprà la verità.

Qualcuno però  non arriverà nemmeno a conoscerla, perché non arriverà alla fine della gara; anche loro cercano giustizia,  perché  non hanno potuto  avere le loro occasioni.

Non crediamo  a chi vuol scoraggiarci ;  non crediamo   a chi  vuol depistarci dal nostro sogno; non crediamo  a chi  sembra già avere il paradiso  nelle mani  mentre ha solo palta e fango.

C’è da credere solo a se stessi e a quelle poche persone  che abbiamo avuto la fortuna di conoscere perché ci hanno insegnato il vero senso   della vita.

Tutto qui.

La giustizia insomma è solo una questione  di  volontà,  che supera  l’oggi, che supera lo ieri,  che  supera  la paura del fallimento e della solitudine.

 

NO AGLI INCAPPUCCIATI

Disordini durante la manifestazione degli indignati a Roma, 15 ottobre 2011 (Ansa)

Roma, guerriglia in piazza San Giovanni Ancora scontri in piazza San Giovanni

Inferno indignati a Roma: città devastata, 70 feriti

Purtroppo quello che nemmeno tanto tacitamente  si temeva è accaduto.

Il gruppo dei Black bloc si è infiltrato nel corteo  romano ed ha fatto scempio di edifici, cose e persone; 70 feriti,  un milione  di euro di danni; peccato, perchè il peggio ha avuto la meglio.  La partita è ancora tutta aperta. La gente autentica scesa in piazza  per protestare  pacificamente  non si   fermerà certo a questa sconfitta,  perchè   ci vuole ben altro per scoraggiare  ottime e sacrosante ragioni che invece nelle altre città del  mondo (900 città su tutto il pianeta…)  non sono capitolate a  causa della solita  faziosa minoranza  disturbatrice  e manovrata.

Perchè proprio Roma? Perchè sempre  l’Italia?   Sembra  che qui le piazze siano   più facilmente  preda  di questi orribili e assurdi episodi.

Abbiamo ancora negli occhi gli orrori accaduti al G8  di Genova nel 2001 (in quel contesto ci furono purtroppo una serie  di  errori commessi anche dalle forze dell’Ordine);  abbiamo ancora nella memoria  gli anni tristi e bui del terrorismo politico e dell’odio  di classe.

NO,  bisogna  stare lontani da quei vortici, da quei meccanismi insani e malati, deviati e devianti.  I violenti sono solo violenti e basta;  è gente assoldata  da regie occulte, è gente che non ha cervello perchè così dimostra, che si droga  di  eresie  e falsità  (quando non lo fa anche con altro…), che non ha credi (che non sia quello della distruzione gratuita e  assoluta), che non ha coraggio di nulla, nemmeno dell’andare in piazza a volto scoperto per far vedere chi sono, sapendo d’essere nel torto,    come dei meschini vigliacchi  della peggior specie  che non vogliono farsi  riconoscere per le loro ovvie responsabilità.

E’   gente che è andata  a prendersela  con i simboli religiosi (che sono sopratutto simboli di pace) e che ha devastato  persino una casa privata e le macchine dei poveri cittadini indifesi  che si sono trovati in mezzo, dal nulla,   ad una vera e propria  guerriglia urbana.

Sono giovanissimi  e meno giovani  senza una storia culturale  che odiano le forze dell’ordine che stanno nelle piazze come espressione dello stato,  mentre sono solo  padri di famiglia  che magari  nello stato ci credono e che magari   semplicemente  stanno lì  a svolgere  il loro lavoro (e ci può stare il dissenso  politico   ma che andrebbe  espresso con altri mezzi laddove  la guerra cosìffatta porta solo alla  dura reazione)

Qualcuno ha perso (lo scopriremo  più tardi)  la sola cosa che aveva e che ancora gli dava la gioia di vivere…(la sua bicicletta), anche se può sembrare poca cosa di fronte  a sfasci   ed attacchi  di estrema gravità.

Mettiamo questi esaltati/squilibrati/sconnessi    in grado di non potere più nuocere. Come? Ovviamente con gli strumenti della legge, rimanendo nella legge, perchè solo la legge  ci può salvaguardare dal caos e dalla devastazione. Ovviamente la legge praticata in un paese democratico e nel nome della democrazia. Democrazia, sempre e solo democrazia  e non totalitarismi, e non demagogie, e non partitismi, e non  provocazioni  minacciose, e non cedimenti alla violenza.  Potrebbe essere quella l’occasione di un confronto  che per  scelta viene invece  rifiutato dai leader  del  “blocco nero”.

In tal modo   il movimento degli  indignados avrà  anche  nel nostro paese   la  propria  prossima occasione   di farsi valere e di esprimersi pacificamente.

Non mollate, non molliamo.  Così come non molleranno tutti gli altri  che altrove  sono riusciti  a manifestare senza incidenti e senza catastrofi (vedi  Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, Francia…)

Ci sono buone ragioni per pensare   e  sperare  che questo  grande gruppo  vestito di un abito   universale e globale  (e non mascherato) possa  dimostrare  di avere qualche più che  buona idea,  qualche più che buona progettazione, qualche più che  buona energia  da spendere.

Idignati: protesta a Parigi con cartelloni e slogan

A Parigi gli indignati manifestano davanti al Municipio Francoforte, proteste contro la finanza davanti a sede Bce