Erano famiglie normali che si erano concesse un fine settimana sulla neve e tra il relax di un confortevole bagno caldo invernale.
Insomma, pensavano di andare a stare bene, a stare tranquilli, cullati per qualche giorno dal piacere del dolce far nulla.
E invece succede che viene a nevicare, in quei luoghi di alta montagna, nell’Abruzzo del Gran Sasso, una nevicata straordinaria, e poi il terremoto che fa tremare il monte a ridosso di questo Hotel a Rigopiano.
Il terremoto causa una terribile slavina che cade a valle e sotterra totalmente la struttura alberghiera con dentro 37 persone tra ospiti e personale di lavoro.
Come se non bastasse il tutto succede nell’oscurità della sera, ed i primi soccorsi arrivano solo dopo oltre 20 ore dal primo lanciato allarme.
I mezzi antineve vicini e disponibili (che comunque avrebbero potuto fare ben poco, visto la gravità dell’evento) sembrano non essere funzionanti, e la macchina della protezione civile e del soccorso alpino arriva sul posto con notevole ritardo.
Vuoi che la gravità della situazione viene sottovalutata, vuoi che nessuno si prende la responsabilità di prendere decisioni, vuoi che si vuole andare a risparmio a discapito di vite umane, vuoi che non si è mai preparati a gestire le emergenze…e così nessuno arriva quando sarebbe stato utile arrivare.
Polemiche a parte, adesso c’è mezza Italia su quel cumulo di ghiaccio tra uomini addestrati al salvataggio e volontari generosi, ma per ogni ora che passa sta diventando sempre più pesante e perenne il rischio di trovare ormai solo cadaveri.
Si lotta contro il tempo, ed insperatamente vengono salvati quattro bambini, e poi una madre che lancia l’allarme per gli altri, e poi altre sei persone. In tutto undici superstiti.
Si trovano anche cinque morti. All’appello mancano ancora 23 sfortunati. Forse sono di più.
Qualche bambino salvato è rimasto senza i genitori. All’uscita dal tunnel della morte dove gli angeli della montagna hanno scavato con ogni mezzo e con la necessaria maestria, un piccolo sopravvissuto trova solo lo zio, che deve dare lui quel che è possibile dare a un infante che ha perso nel giro di un attimo le due persone a lui più care.
Gli adulti ritrovati raccontano che i piccoli sono stati bravissimi, che non hanno mai pianto, che si sono stupiti di potere mangiare solo nutella e sempre nutella, visto che avevano imparato che la troppa nutella fa male…
Ci si chiede perchè. Ci si chiede come. Ci si chiede se si poteva fare di meglio. E ci si chiede cosa sia ancora possibile fare. Ci saranno ancora persone vive là sotto? E se ci sono, dove saranno, perchè non si sentono più suoni riconoscibili?
Certo, se sono ancora vivi staranno conservando il respiro, staranno conservando il fiato, staranno raccogliendo tutte le loro forze per farsi coraggio, per non mollare, per resistere.
L’hotel di Rigopiano di certo non c’è più. E’ finito sotto centinaia di centinaia di metri cubi di ghiaccio.
Come nella tragedia del Vajont che si portò via in pochi attimi interi paesi (là per colpa dell’operato stesso degli uomini), qui abbiamo avuto e stiamo avendo per un evento del tutto naturale la sparizione di un borgo, anzi, di un insieme di borghi ormai dichiarati non più sicuri, comprese le fattorie del luogo che ospitavano famiglie di semplici montanari abituati a fare fatica, abituati ad arrangiarsi, con i loro animali, anch’essi condannati senza pietà alla morte per freddo e mancanza di cibo.
Le pecore con i loro agnelli, le mucche con i loro piccoli, e tutto il bestiame dei luoghi, là dove non più soccorsi e sostenuti, si sono trasformati tra l’impotenza dei loro padroni, da animali mansueti e docili a carcasse irrigidite per i rapaci.
Ma si può morire di freddo e di abbandono nel 2017 in un paese civile come l’Italia?
Perchè non si è saputo ascoltare la richiesta di aiuto e non sono stati forniti i mezzi da chi i mezzi li ha e li avrebbe potuti garantire in emergenza?
Evidentemente qualcosa di doveroso non è stato fatto. Siamo davanti a un tentato omicidio, questa è la conclusione.
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