
Amo la giovinezza e quello che rappresenta.
L’amo non come condizione fisica e psicologica ma come condizione spirituale.
Chi rimane giovane nonostante il passare degli anni, rimane vivo, non nel senso che bisogna continuare ad avere vent’anni (sarebbe impossibile e neanche troppo interessante) ma nel senso che la gioventù è qualcosa che appartiene al cervello e non alla condizione fisica che inevitabilmente “Invecchia”.
Non mi stancherò mai di ripeterlo.
La stessa giovinezza come pura condizione anagrafica non è nemmeno di per sè particolarmente convincente. Da giovane manca l’esperienza, manca la maturità, manca il senso completo dell’esistenza, tutte doti che solo il tempo permette d’acquisire.
La vera virtù di quest’età è il perfetto funzionamento del corpo; si è nelle migliori condizioni per fare sport, per sopportare fatiche particolarmente impegnative, per sottoporsi a prove che richiedono una lunga resistenza.
Direi anche per fare figli, quantomeno dal punto di vista biologico.
La tendenza ormai condivisa di scegliere maternità e paternità anta negli anni, è un fenomeno moderno che consegue sostanzialmente allo sviluppo della medicina e quindi della scienza in senso lato.
Prima le maternità/paternità si subivano, in parte in pesi differenti; oggi si programmano e quindi si è divenuti sempre più protagonisti anche in questo senso. Lo dimostrano alla grande il proliferare di coppie gay che scelgono di mettere su famiglia.
Di questa capacità programmatrice se ne avvantaggia prioritariamente il genitore, in secondo luogo in parte anche il figlio.
Tornassi indietro, rifarei la mia maternità nell’età giovane che ho scelto, ma vorrei potere tornare madre con la testa di oggi, con il cuore di oggi, per dar quel valore aggiunto che mi è mancato a suo tempo.
Lo sviluppo psichico di una persona è qualcosa che assolutamente supera il mutare delle condizioni fisiche.
Si può infatti fisicamente mutare assai poco, ma diventare con gli anni assolutamente diversi sotto un profilo interiore.
Lorenzo e Olivia del romanzo IO e TE sono rispettivamente un adolescente e una giovanissima donna.
Della loro giovinezza non conoscono nulla o assai poco; ne sono assolutamente inconsapevoli.
Guardano agli adulti come se fossero dei vecchi, probabilmente perché gli adulti di cui si trovano circondati sono vecchi, vecchi nello spirito.
La loro reciproca condizione è rispettivamente agli opposti; Lorenzo vorrebbe essere già grande, venire ritenuto già tale, ha fretta di crescere, ma solo alle proprie condizioni; Olivia vorrebbe togliersi di dosso l’abito che si è trovata a portare a causa della sua stessa giovinezza, che nel suo caso specifico non le ha portato altro che guai e dispiaceri.
Lorenzo vorrebbe proteggersi dai grandi, di cui diffida, e non trova interessanti i suoi coetanei che sono estremamente meno “grandi” di lui, meno arguti, meno curiosi.
Olivia vorrebbe trovare un compagno che sappia offrirle una proposta di vera vita.
Una casa in campagna, dei cavalli, la pace della natura, delle abitudini solide e precise…
Entrambi sono stati scottati dalla separazione dei propri genitori.
Per Olivia un padre che lascia la moglie per un’altra donna; per Lorenzo una madre che non gli dà fiducia, che gli sta troppo addosso, che non gli lascia libertà.
I due fratelli per un certo periodo di tempo imparano a conoscersi, ma solo quando si troveranno riuniti dentro il silenzio e l’assoluto vuoto di una cantina, scopriranno e si riveleranno reciprocamente i propri pensieri.
Solo quando staranno l’uno davanti all’altro, senza più la presenza fuorviante e condizionante dell’adulto, inteso come sinonimo di rigidità, di menzogna, di immobilità e di diffidenza, riusciranno ad aprirsi, ad essere se stessi.
In questo senso amo la giovinezza, in quanto immediata e spontanea espressione di apertura, di accoglienza e di possibilismo.
Ci sono giovani, e tornerò sempre a ripeterlo, già vecchi e mai stati tali, così come ci sono adulti che diventano giovani invecchiando. E’ tutta una questione di far coincidere e quindi conciliare le linee del tempo con le linee dei sentimenti e le azioni con le intenzioni.
Intendere e dunque agire di conseguenza è una prerogativa adulta, che esprime raziocinio e controllo; sentire e dunque permettere è una prerogativa giovane, che profuma di rinnovamento.
Il coincidere di queste due realtà, fa essere la perfezione.
La perfezione viene raggiunta dopo un periodo indefinito e sconcertante di tentativi e di prove, nonché di sbagli.
Gli sbagli possono avere origine o nelle nostre stesse incapacità o nelle incapacità e mancanze altrui; spesso queste incapacità convivono, ma bisogna comprendere l’ordine in cui esse si susseguono e si determinano. Bisogna comprenderne l’ordine per potere rimediare e per sapere a chi dobbiamo andare a chiedere spiegazioni.
La stessa perfezione che si riesce a raggiungere dopo infinita fatica, non è un traguardo fisso e immobile.
Rimane essa stessa sottoposta alla legge del mutamento e del rinnovamento, oltre che della ripetuta fedeltà a qualcosa che si è deciso di fare proprio.
Vivere la vita è il gioco più entusiasmante e rischioso che un buon giocatore potrebbe decidere di intraprendere.
Dunque viviamola sempre, qualunque cosa ci possa nel frattempo succedere.
Nel nome della giovinezza che non deve venire uccisa, che deve trovarsi, riconoscersi e sbocciare, in qualunque momento questo possa divenire possibile.
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