Maradona, dono di Dio

Il sogno di un bambino che sapeva già cosa sarebbe diventato

Lui era Diego Armando Maradona, un uomo piccolo, tarchiato, un viso curioso, acceso, una chioma fluente di capelli corvini, alla Che, il suo idolo preferito.

Quando entrava in campo, anche chi non sapesse nulla di pallone, anche chi avesse guardato al calcio come ad uno sport per esaltati o per cretini, veniva improvvisamente rapito dalla bellezza del suo gioco, l’incanto rapito di una danza, l’armonia vigorosa di un corpo insignificante che diventava saltante e pieno d’energia incommensurabile, la gioia con qui rincorreva quel disco rotondo, di qualunque colore fosse, in qualunque campo giocasse, con qualunque tempo dovesse fare i conti , con qualunque compagni dovesse fare palleggi…

Lui era Armando Diego Maradona, il Dito di Dio, il dio del pallone, il peggiore nemico di se stesso, il migliore amico per chi in lui aveva creduto, amico dei grandi che l’hanno amato per quello che era, nemico di chi l’ha comunque rispettato per il suo valore, un eroe della cronaca e dello sport sempre all’estremo, insostituibile, eccezionale e immortale per i napoletani che oggi lo piangono, come fosse morto un loro fratello.

Io di calcio me ne sono sempre fregata, ma oggi è morto Diego Armando Maradona, è morto il calcio di un tempo in cui era ancora bello andare allo Stadio, è morto un pezzo di mondo che non tornerà più, e con lui è morto qualcosa di noi per sempre, salito in cielo, verso grandi campi più verdi, dove Diego ancora sta giocando, lui e la sua palla, lui e il suo sogno realizzato, lui e noi che lo stiamo rincorrendo ancora con lo sguardo, felici della sua felicità, felici della gioia che ha saputo donarci, senza nemmeno conoscerci

Grazie, Diego