sapersi donare

In natura tutto cambia: cambiano le stagioni, il giorno con la notte, il vento con la pioggia.

Nella vita quotidiana spesso tutto sembra  immobilizzato dentro un recinto, dentro una serie di riti che si susseguono  nell’apparente immobilismo.

Come se la vita delle persone non fosse vita, non fosse essa stessa movimento, spinta propulsiva verso la riuscita, verso le attese e necessarie metamorfosi, onde vorticose e incontenibili che chiedono di spandersi, di impadronirsi del proprio spazio vitale.

A volte sembra  esserci più vita dentro un moscerino, un pulviscolo di terra immonda e senza forma, dentro un vermiciattolo  insulso e viscido,  che dentro un essere umano.

Ogni essere umano è invece  un mondo inenarrabile.

Però bisogna che lui lo sappia.

Che lui lo comprenda.

Che lui ami se stesso almeno quanto il suo prossimo.

E  che il prossimo suo  si accorga della sua presenza.

I tempi delle vite delle persone  sono un mistero che si disvela nel tempo stesso.

Può  capitare ad una persona di sbagliare tutto, o di sbagliare molto, o di vivere una vita al contrario. Accade e basta, e non c’è un perchè, non c’è una logica.

Non è che uno sia più bravo o meno bravo, più intelligente o meno intelligente; solo gli idioti e i presuntuosi pensano di essere  migliori di altri o di avere avuto di più dalla vita perchè così era giusto che così  fosse.

Non c’è una giustizia  nella distribuzione dei beni. Lo possiamo ben dire guardando a come sia distribuita la ricchezza nel mondo.

Non c’è una giustizia nella distribuzione dei mali: lo possiamo  ben dire guardando a come siano distribuite le sciagure tra gli uomini.

Tutto accade nelle persone e attorno a loro secondo un gioco senza senso,  di pura casualità. Esse scelgono, decidono, controllano,  ma in verità credono di scegliere, decidere, controllare, perchè   scelgono solo  se essere infelici al 30 o al 50%, decidono solo  se mangiare a cena la pastasciutta o la pastina,  controllano solo se  il vicino di casa è rientrato alle nove o alle sette della sera.

Sono persone morte, morte anche se vivono.

Eppure in loro c’è più vita che dentro un oceano, che dentro una giungla amazzonica, o dentro una galassia intergalattica.

Solo attendono.  Sono state messe in stanby  da un meccanismo oscuro ed estraneo.

Mentre che vivono come se fossero in apnea, la vita scorre  dentro di loro come se fosse una vita normale e scorre intorno a loro secondo le modalità della perfetta normalità.

Quale linguaggio  può mai esistere tra loro, tra questi morti che vivono,  e tra gli altri, quelli che vivono per davvero senza nemmeno saperlo, d’essere vivi?

E’ quello che sto cercando di capire.

Certo una possibilità di intenderci esiste; anche più di una.

Ci si può intendere tra diversi.

Basta sapersi donare.