Sapere pensare l’invisibile in un mondo fatto di materia

 

Una verità, una sola, la sola possibile, esiste, solo che bisogna saperla e volerla vedere. Qui sì bisogna avere il coraggio che questo filosofo ha dimostrato almeno verso di sé, la coerenza che questo grande del pensiero ha esercitato almeno verso di sé, l’onestà intellettuale che non gli può essere negata. In quanto ad accettare la natura umana e denunciarla, va benissimo, a patto che si dica anche che di questa miserevole stupenda vita che ci è data di vivere, l’uomo non ne è il padrone.

 Nietzsche combatte la schiavitù dello spirito, negando la salvezza; si priva cioè dell’unica possibilità di trionfo. Hegel aveva fatto qualcosa di simile negando lo spirito divino a favore dello spirito umano, solo che nell’hegelismo ancora non c’era la piena consapevolezza del dramma moderno che affiora dirompente nel pensiero nietzscheano. L’uomo deve rispondere delle sue azioni e non ci possono essere superuomini destinati all’Olimpo, abissalmente lontani dalla massa, dalla plebaglia umana lamentosa e pavida destinata ad essere il serbatoio della schiavitù, perché l’uomo, ogni uomo, è come detto in premessa, unico, universale e divino, anche il più insignificante, perché nessuno è insignificante. Se solo lo si volesse ognuno di noi potrebbe fare una cosa speciale che lo renderebbe speciale. Non siamo noi che dobbiamo andare alla ricerca di cose speciali da compiere, ammesso che se ne abbia il desiderio; è la cosa speciale che viene a noi, e sta alla nostra attenzione il riconoscerla. Questa è la semplice ma incommensurabile grandezza del Vangelo: gli straccioni, gli idioti, i mutilati, gli incapaci e persino i delinquenti come possono valere tanto quanto i potenti, i geni, le icone, i talenti e i benefattori dell’umanità? Il nostro cuore non lo capisce e se non lo capisce il cuore figuriamoci il cervello. La verità è che se nulla si crea e nulla si distrugge, anche la presunta spazzatura del genere umano deve avere la sua dignità e nobiltà, la sua bellezza, la sua occasione di rinascita: occorrerebbe chiedere a Dio di renderci capaci di comprenderlo. Se così potesse essere, chiunque si potrebbe trovare ovunque ed in qualunque stato sentendosi un poco a casa propria. Proprio come hanno cercato da sempre di fare gli ebrei pagandone un prezzo altissimo.

 Solo in apparenza gli uomini sono abissalmente differenti per condizione di nascita e per talento; oltre le visibili diversità occorre insistere sulle invisibili uguaglianze, non come il comunismo ha creduto di fare, cioè rendendo visibilmente uguali gli uomini intesi come possesso dello stato, ma rendendo visibile l’uguaglianza invisibile che non si vede perché è una qualità trasparente, senza corpo, ma non per questo inesistente. L’opera dell’uomo che sa di non potere fare nulla da solo appare tutta destinata a lavorare nelle coscienze, nei cuori, nei pensieri, nell’interiorità, non come vuoto progetto spiritualistico destinato al fallimento, non come leggero esercizio dell’anima da parte di chi ha del tempo da perdere, ma come autentico, forte, dinamico, dialettico progetto di vita. È evidente che una persona deve avere una vaga idea delle sue condizioni, delle sue possibilità, delle proprie oggettive qualità, come dei propri limiti, accettandoli pienamente come il personale patrimonio con cui è chiamato ad operare. Questo dovrebbe essere lo scopo dell’educazione, della formazione scolastica che non è certo vuota trasmissione di nozioni ma trasmissione di strumenti di conoscenza. Dopo questo inizio, se l’essere umano cominciasse a pensare l’invisibile, e non semplicemente a crederlo un problema semmai del futuro dopo la morte, ma del presente attuale, fin che si è ancora vivi, acquisterebbe quegli attributi di forza tutta spirituale di cui si trova a deficere in questa realtà tutta visibile. E non è un’operazione di alchimia o di illusionismo. 

Purtroppo le favole dove si raccontano di maghi e maghetti che vengono investiti di strani e rari poteri, nella realtà sostituiscono in modo infantile il nostro serissimo e personalissimo bisogno di felicità. Quando non sono le favole a farlo allora possono sostituirle gli stupefacenti e gli inebrianti; qui non rimane nemmeno più l’aspetto infantile a salvarci.

 Che senso ha demandare l’incognita della nostra salvezza a tempi in cui non si avrà più modo alcuno di agire? Che senso ha sognare ad occhi aperti pensando che i nostri sogni non saranno mai realtà? Bisogna pensare all’azione fino a che si è vivi e coscienti, senza timore. La stessa scienza ci ha insegnato che l’apparenza inganna e una volta che questa sua asserzione va a beneficio del nostro presente e del nostro futuro, perché non se ne approfondisce il concetto? Si parla di effetto ottico, di inganno percettivo, di deviazione sillogistica; perché non parlare allora con la stessa naturalezza anche di debolezza mentale e di debolezza spirituale?

brano tratto da        Il mondo salvato         edito da  La riflessione  di  Davide Zedda Editore