La Monaca di Monza

 

Apre la mostra  monzese dedicata alla Monaca di Monza,  un personaggio tristemente noto e realmente esistito  che fu protagonista di un fatto  terribile e scandaloso  risalente al  principio del 1600.

A questo personaggio Manzoni si è ispirato per la sua Gertrude, che nel celeberrimo romanzo riprende le vesti   della Signora che abitava nel Monastero ai tempi dei fatti accaduti a Renzo e Lucia.

Nella Mostra  si possono osservare quadri d’epoca, raffigurazioni della religiosa (quella vera)  prima e dopo la sua clausura, raffigurazioni della monaca che la ritraggono in alcuni dei più significativi episodi  narrati anche nel celebre racconto   dei Promessi Sposi, infine  incisioni del tempo ed oggetti storici.

Ci sono stampe del tempo, persino un diario  che fu  posseduto dalla stessa Monaca, e infine   dei  video che raccontano le fasi   del processo  ricostruite con sapienza,  che portò all’incriminazione della religiosa e alla condanna di venire murata viva dentro una stanza fino al giorno della sua morte (ci rimase di fatto per tredici anni e poi fu liberata)

Uniche  fessure  concesse: quella per fare entrare l’aria  e quella per fare entrare il cibo.

Conosciamo tutti, se siamo stati studenti italiani, la vicenda della poveretta: lei apparteneva ad una famiglia nobile, ma caduta in difficoltà. Per ragioni economiche e di calcolo  fu  stata destinata a prendere i voti, pur non avendo la vocazione e pur potendosi in qualche modo opporre prima di ridursi al  definitivo  internamento.

Finisce a far la reclusione, ma poi anche se reclusa, ha modo di fare conoscenza con un certo  personaggio maschile che  frequenta di tanto in tanto le mura del luogo religioso.

Da cosa nasce cosa, lei viene sedotta e messa in gravidanza per ben due volte: la prima volta partorisce un putto morto, ma la seconda  volta una bella bambina perfettamente sana, che viene portata a casa dallo stesso padre e lì fatta crescere.

Tutto potrebbe rimanere  nell’accettabile,  nonostante la violazione del voto di castità; se non fosse che le cose precipitano.

Ci si mette di mezzo una novizia che scoprendo la tresca tra la monaca ed il suo amante minaccia di far voce all’arcivescovo Federico  Borromeo. La novizia viene uccisa da chi possiamo immaginare, il suo cadavere viene portato via dal convento e poi fatto sparire sembrerebbe tagliato in tanti pezzi e sparsi in ogni dove.

Dopo il delitto della suora malcapitata, segue quello delle due pericolose testimoni dei fatti fin qui descritti: le due fedelissime di Gertrude, il nome di fantasia dato dal Manzoni alla più famosa Monaca malmonacata  della nostra letteratura.  Nella realtà  la suora di clausura si chiamava Virginia Maria.

Delle due povere consorelle,  la prima viene effettivamente   ferita in modo serio, e poi indotta a morte.

Alla seconda  riesce soltanto di  essere  gettata  in un pozzo, dove viene rinvenuta l’indomani da  passanti che di là traghettando ne sentono le urla di richiamo e la traggono in salvo.

Ormai dei terribili fatti non si può più conservare il segreto, che ben presto finisce sulla bocca di tutti  fino ad arrivare nelle mani della Magistratura del tempo.

La Monaca viene processata e come già detto condannata.

Marianna, il vero nome della Monaca storica,  cercherà fino alla fine di proclamarsi innocente, pur ammettendo tutti i fatti, giustificandoli col dire che all’epoca dei  eventi   fosse stata posseduta dal demonio e non in grado di intendere e di volere.

Gettata viva dentro la stanza della sua espiazione, di fatto vi  rimane fino a che riceverà dal  Borromeo  l’inaspettata   grazia.

Tornata libera, l’infelice  rinsavita o  acquistata a comportamenti più equilibrati,    continuerà a rimanere in vita per quasi trent’anni,  e  condurrà    questo suo secondo periodo di esistenza in maniera esemplare e devota.

Il fenomeno delle monache obbligate a prendere i voti purtroppo in passato non era un evento raro; sembrava che la Chiesa cercasse di ostacolarlo, non avendo bisogno di false devozioni e non necessitando di  vocazioni false   che entrassero   in convento solo per obbedire  ai voleri della famiglia.

Queste disgraziate  venivano  di fatto  obbligate  a consacrarsi a Dio, pur non avendo nessuna propensione  mistica; per loro il convento diventava un supplizio, una  vera e proprio condanna all’infelicità,  private di  tutti i loro naturali desideri, come potere innamorarsi, sposarsi, fare figli…

La Marianna  de Leyva, alla quale è stata dedicata l’intera mostra,    allestita  in uno spazio  della reggia reale monzese adiacente al giardino delle rose,  nelle stanze del Serrone,  è da considerarsi lei stessa vittima della sua condizione familiare, e vittima della propria debolezza ed incapacità a ribellarsi ad una  imposizione  inaccettabile.

Fu poi   il suo diabolico compagno a determinarne  i delitti.

La mostra ha appena aperto i battenti: chiuderà a febbraio prossimo,  è suggestiva e interessante anche  per le classi che volessero visitarla;  l’ unico difetto effettivo sarebbe la cattiva illuminazione di  alcune opere che si fa davvero fatica a vedere  anche a distanza ravvicinata. Hanno voluto   ricostruire un ambiente oscuro e  mediovaleggiante, ma forse hanno esagerato…

Magari sarebbe da dirlo agli organizzatori, che devono dare più luce…

Qui tutte le informazioni utili  Reggiarealemonza- la monaca di Monza