Con questo articolo vorrei riallacciarmi al post in cui si parlava della terribile capacità dell’uomo di perpetrare atti violenti, ossia a quell’articolo in cui si invitava a ripensare attraverso immagini storiche crude ed impietose a quanto si sia potuto e si possa spingere il senso dell’odio e della crudeltà umana. Un lettore attento mi fece osservare con grande correttezza che una di quelle immagini non era storica ma bensì cinematografica e relativamente recente. La ripresa cinematografica in questione riprendeva, vedi il caso e l’origine dell’equivoco, la stassa orrida pratica dell‘impalamento dei propri nemici, spesso donne o anziani (non riesco ad immaginare l’impalamento di bambini ma ritengo purtroppo che la realtà supera sempre la più fervida fantasia). Quando vidi quell’immagine in effetti non mi colpì tanto la donna indigena raffigurata nella sua misera condizione, quanto l’indifferenza o se si vuole il distacco o se si vuole la freddezza degli individui intorno a lei che la filmavano come per collezionare souvenirs da portare a casa da mostrare come trofei al mondo ritenuto cosidetto civile (per chi volesse avere in chiaro l’immagine può visionare il post intitolato appunto Ricordiamo. riguardiamo, ripensiamo… è la quarta foto in discesa…).
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Quando i diritti proclamati non bastano più!
“Il razzismo può segnare il tramonto del mondo occidentale e dell’intera civiltà umana. Una volta che i russi sono diventati slavi, che i francesi hanno assunto il ruolo di comandanti di una force noire, che gli inglesi si sono trasformati in bianchi, come già tutti i tedeschi per una disastrosa formula magica in ariani, è la fine dell’uomo occidentale. Perché, a prescindere da quello che possono dire gli scienziati, la razza è, da un punto di vista politico, non l’inizio dell’umanità ma la sua fine, non l’origine dei popoli ma la loro decadenza, non la naturale nascita dell’uomo ma la sua morte innaturale.”
P. 220 da Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt Edizioni di Comunità