Domani è il giorno di San Valentino, ma chi se ne frega, io amo un morto, ucciso dalla mafia e dall’avversione dello Stato. Il suo nome immortale è Giovanni Falcone.

Domani è il giorno di San Valentino, ma chi se ne frega, io amo un morto, ucciso dalla mafia e dall’avversione dello Stato. Il suo nome immortale è Giovanni Falcone.
Sveva Modignani e Andrea Vitali sono venuti in città a presentare i loro ultimi libri.
Non li avevo mai visti nè li ho mai letti, in sincerità. Nessuna opera di questi due autori nemmeno tanto giovani. E invece sono due belle penne della nostra bella Italia, che vendono bene, ma che a quanto pare scrivono anche in maniera davvero accattivante.
Se scrivono come si sanno presentare, dovrebbero essere dei geni.
Chi era Maria di Nazaret?
Ho finito di leggere il libro sulla figura della Madonna così come conosciuta, intesa e amata dal religioso Alberto Maggi. Non aspettatevi un linguaggio da chiesa o da cerimoniale liturgico. Maggi parla del Vangelo come un appassionato di fumetti potrebbe parlare del suo personaggio preferito, cioè con passione e disarmante entusiasmo, senza atteggiamenti distaccati e pomposità cattedratiche.
Dei testi sacri sa tutto, sa molto, sa troppo, forse, ma ce li fa amare come se fosse una nostra assoluta necessità scoprirli e commentarli nella loro essenzialità e funzione.
Il suo linguaggio è così semplice e diretto che incanterebbe anche un passante distratto, o un analfabeta di parole, o un miscredente refrattario di cose della Bibbia.
Il fatto è che Maggi sa che dietro a Maria e alla sua storia sacra c’è null’altro che la grandiosa tragedia/avventura di una donna semplice del popolo che fu interpellata da Dio stesso a diventare niente di meno che la madre di suo figlio.
Maggi sa che Maria ebbe semplicemente il merito ineguagliabile di dire subito di sì alla sua chiamata, una chiamata inspiegabile per non dire assurda e scomoda, a dir poco.
Maggi sa che per quel “sì” detto di slancio e con devozione Maria si mise in un pasticcio senza fine, perchè divenne subito “persona poco raccomandabile” per tutta la sua famiglia, per il suo futuro sposo, e persino per la sua gente, non esclusi sopra a tutti i sapienti sacerdoti del Tempio.
Non solo Maggi sa tutto questo, ma sa anche che in casa di Gesù la sacra famiglia non potè mai essere per nulla nè tranquilla nè benedetta.
I tre membri di questo sovrano e speciale triangolo umano non si comprendevano, si parlavano poco, probabilmente si evitarono anche molto, e diciamocelo chiaramente, ne avevano di ragioni per non capirsi.
Lei era la madre ma di una maternità discussa e chiacchierata; lui era il padre ma di fatto loro sapevano che proprio il genitore non era, e non solo loro lo sapevano…
Lui era il figlio, ma figlio di chi? figlio di un qualcuno che non si sapeva poi di fatto chi fosse, dove stesse, cosa facesse…
Gesù rimane in famiglia per trent’anni, e poi se ne va in giro qui e là a fare le sue prediche, che lo porteranno in breve tempo diritto sulla croce.
Ma come, suo figlio non era forse stato annunciato dall’angelo come lo stesso Messia, il Salvatore? E perchè invece rischiava di finire con la peggiore delle accuse? con il più vergognoso dei riti sacrificali?
Maria le prova tutte con il suo bambino, poi diventato uomo; ci prova coi rimproveri, ci prova con i silenzi, ci prova con le preghiere, ci prova con le minacce, e ci prova con gli atti di forza. Giunti sul punto di rapirlo, lei con l’aiuto dei suoi parenti, affinchè il suo nome e la sua presenza finisse per far danni al buon nome di casa (questo figlio scriteriato che faceva cose come risuscitare i morti proprio nel giorno dedicato al riposo, che parlava con le prostitute, che andava in casa dei pubblicani, che pretendeva di rimettere i peccati, che andava in giro a mettere i figli contro i padri e che chissà cosa ancora avrebbe potuto combinare…).., Maria sente Gesù, che avvisato della presenza dei suoi familiari che chiedevano di lui, così risponde: ” Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli? Chiunque compie la volontà di Dio, questo è mio fratello, e mia sorella, e mia madre”.
Come a dire: “Io non ho madre, o padre, o fratello, o sorella…se non chiunque mi segue ascoltando le mie parole”
E allora Maria improvvisamente si ricorda, si rivede, si risente, lei davanti all’Angelo della buona novella, lei davanti alla rivelazione del suo compito assurdo ma accettato di slancio. Allora, ignara di tutto, fu pronta a dire di sì.
Adesso, non più ignara di tutto, si sente ancora pronta a dire di sì. Dire di nuovo di sì, non più all’angelo celeste, ma a suo stesso figlio da lei stessa partorito e verso il quale è lei stessa ora come una bambina appena nata.
Solo la Madonna capisce che occorre fidarsi, che Gesù non è pazzo, nè bestemmiatore, nè bugiardo, come tutti dicono, come tutti temono. Gesù è semplicemente se stesso, e sta facendo le cose del Padre suo, anche se i sacerdoti gli danno contro, lo accusano di bestemmiare, lo accusano di essere posseduto dai demoni…
Dopo una vita di silenzi e di incomprensioni, la madre è pronta ad accompagnare il figlio sul Golgota, perchè di abbandonare Gesù proprio ora che è rimasto solo non se ne parla in assoluto.
Nel momento della croce solo Maria e l’altra povera donna Maddalena stanno sotto di lui a piangere le loro lacrime. I discepoli sono tutti scappati, dalla paura di fare la stessa fine.
No, ecco, è rimasto Giovanni, il più giovane, il più forte, il più onesto. Il più sognatore.
Anche i miracolati non ci stanno sotto la croce, forse ignari di questo strazio, o forse chissà per quale ragione lontani e loro stessi beati inconsapevoli.
Maria invece pronta, accompagna Gesù che griderà prima di morire tutto il suo dolore di uomo e di figlio.
Maria invece certa, è pronta dopo i tre giorni dalla deposizione, a credere che suo figlio morto e defunto non è più tale, ma è già tra i vivi resuscitati a nuova vita.
Maria non ha bisogno di avere prove di questo, come Tommaso o come Pietro o come altri…
Maria crede, crede sempre, crede al suo cuore, crede al suo sogno di vita vera.
Questo era Maria.
Ho appena finito di leggere Dopo l’occidente di Ida Magli.
Libro interessantissimo, per acutezza, intelligenza, vastità di conoscenze e amore per la verità, o meglio, amore per la ricerca di un mondo più giusto e più a misura d’ uomo.
Ida Magli è una donna arguta, determinata nelle sue analisi che non si lasciano deviare dai pensieri dominanti e spesso superficiali e di comodo.
Fa un’analisi spietata dell’Europa di oggi, ormai volta al tramonto, destinata a diventare l’Africa del nord tra l’indifferenza di tutti, in primis dei sistema di potere occulti che ne hanno decretato la fine a suon di guadagni predatori operati dalla logica finanziaria e speculativa.
Fa un’analisi spietata degli americani e di quello che l’America ormai rappresenta sempre più per tutti, ossia un paese non più liberatore, non più portatore di pace e di democrazia (se mai è esistito un tempo in cui lo è stato), ma un paese violento, fagocitante e onnivoro, pronto a divorare anche se stesso se si dovesse trovare nel bisogno di farlo.
Fa un’analisi spietata della Chiesa, che da comunità evangelica e perseguitata si è trasformata nel tempo in un contenitore ora crudele, ora corrotto, ora vuoto, che ostinatamente continua a dichiararsi, più per necessità che per convinzione, portatore di luce e di salvezza.
Fa un’analisi spietata dell’Islam e di quello che rappresenta, ossia un’enorme agglomerato di persone pressochè primitive, insensibili a qualunque volontà di cambiamento e di apertura al mondo, convinte della propria attuale superiorità sia numerica che ideologica, e che detteranno da qui a breve il loro predominio su una comunità europea e non solo, del tutto incapace a difendersi e a proteggere la propria bellezza, la propria storia, la propria civiltà, la propria scienza, la propria arte, musica, e letteratura. Tutto quello che ha costruito in 2000 anni di vita.
E’ la fine dell’Occidente, è la fine della supremazia dei bianchi sui neri o sugli orientali.
E’ la fine del nostro mondo, delle nostre radici, della nostra passione per il progresso, le nostre scoperte, le nostre incommensurabili battaglie che mentre che seminavano vittime andavano a celebrare il trionfo della libertà sull’oscurità dello stare prigionieri dei propri tabù.
Dopo l’occidente ci dice a chiare lettere che stiamo per finire, che verremo dominati da esseri inferiori in tutto ma non nel numero e non nell’ignoranza.
Si sa che l’ignoranza può fare enormi danni, persino maggiori dell’intelligenza criminale.
Infine la scrittrice apre uno spiraglio: chiude la sua serie di analisi spietate, scomode ed indigeste, con un’analisi generosa e portatrice di possibilità di ripresa da questa già decretata apocalisse.
Sarà la grande Russia il paese che erediterà i nostri tesori, che cercherà di fare opposizione alla conquista islamica, che non sarà mai assorbita dalla follia americana, che non mollerà le proprie radici ortodosse e profondamente religiose, nonostante la rivoluzione bolscevica, nonostante lo sterminio assoluto perpetrato contro i monaci e contro il pensiero religioso e teologico. Se lo fece, fu per ottime ragioni che Ida Magli non ha problemi ad argomentare.
Una Russia che ci è sempre più assomigliata di quanto mai abbiamo saputo comprendere, che ci ha sempre amato e preso come modello, modello di vita, di cultura e di espressione, senza però essere mai stata la stessa cosa, perchè la grande e sterminata terra degli zar si è sempre contraddistinta per il proprio ineguagliabile ed indomabile carattere.
Dentro questo scenario globale non mancano considerazioni interessanti sul Giappone e sulla Cina, il primo elogiato per la propria assoluta capacità disciplinare, il secondo elogiato per la propria capacità di pesare sull’asse della bilancia, almeno in termini economici.
Non mancano nemmeno gli ebrei, che rimangono una presenza non presenza, nel senso che se Israele è stato capace di regalarci Gesù di Nazaret, lo ha fatto senza volerlo, lo ha fatto senza riconoscerlo, lo ha fatto conducendolo a morte, tra la repulsione dei romani ed il ludibrio del popolo perduto osannante ed inconsapevole della sua fine.
Scrittrice dalle grandi passioni, dunque, che credo abbia ancora molto da dirci.
Nel bene e nel male ha fatto la storia di Cuba, è stato fino alla fine capace di rimanere fedele a se stesso e alla sua storia, alla storia della sua Isola: Cuba lo ha più amato che odiato, e per essere stato un dittatore, il mondo ha potuto vedere di molto molto molto peggio di lui…
E’ stata di certo la forma di comunismo di Stato più a misura d’uomo che si sia vista sul pianeta Terra.
Rimane di certo una realtà alla quale fare riferimento e sulla quale volgere studi e riflessioni, osservazioni, critiche e possibili cambiamenti per il futuro, soprattutto dopo la fine dell’embargo americano.
Figura eccezionale che è entrata nell’immaginario collettivo accanto all’altro grandissimo lider, rimasto amatissimo ai giovani rivoluzionari di ogni tempo, il leggendario Che Guevara.
In vita ha dovuto combattere feroci lotte e guerre fredde senza risparmi di colpi da parte dei suoi potentissimi avversari, senza mai arrendersi.
A 90 anni si è lasciato piegare dal tempo, che non risparmia nessuno, che arriva nel momento che deve essere per tutti…
Una rivoluzione autonoma, quella cubana; mai esportata, non esportabile, unica.
Ma il suo futuro?
E’ il nuovo volto della Grande America.
Ha spiazzato chi lo dava per impossibile, chi lo ha insultato in tutte le maniere, non sapendo mettersi nella pancia del Paese, della gente comune, la working class, che deve preoccuparsi di mettere insieme il pranzo con la cena.
La Clinton non ha convinto, non è piaciuta abbastanza, non era certamente lei la persona giusta da mettere come controparte, troppo compromessa con i giochi di palazzo, con la politica del conformismo.
Il presidente uscente Obama ha subito fatto squadra, ha subito invitato il popolo elettorale ad accogliere pacificamente il risultato del voto, anche se ci sono state manifestazioni giovanili spontanee anti Trump, mosse dalla cocente delusione e dalla paura del futuro.
Ecco, la democrazia è anche questo: ieri con un Presidente di colore, oggi con uno yankee di razza che ha salutato e ringraziato la Grande Congregazione Americana per avergli dato fiducia, per averlo onorato di tanto riconoscimento.
E se Trump dovesse stupire tutti quanti???
Staremo a vedere. In politica contano solo i fatti.
In questi giorni a Milano: I protagonisti Raccontano la loro malattia
Giornata mondiale sulla salute mentale
Musulmano che prega davanti alla Chiesa dove l’anziano prete cattolico di Rouen è stato sgozzato.
negati i funerali ai terroristi
A un Grande Signore della Politica Italiana che deve continuare a Vivere tra noi
Lui è l’orco cattivo che i bambini se li mangia dopo averli abusati.
Gli adulti lo sanno, ma non dicono nulla.
Sentono e vedono il pianto degli innocenti, ma raccomandano di fare silenzio, che tutto passerà….
Allora gli amici bambini dei bambini mangiati, raccontano tutto alla fata buona che arriva per salvarli.
E la piccola Fortuna finalmente riesce ad avere da morta l’attenzione che tanto si meritava d’avere da viva.
Notizia che non può passare sotto silenzio.
E’ il primo vescovo e oltretutto teologo che dichiara apertamente d’essere gay e di sentirsi in tutto un buon cristiano.
Di sentirsi cioè parte della Chiesa.
Immediata la risposta del Vaticano che lo ha già dichiarato sospeso dai suoi incarichi.
Questa Chiesa aperta e democratica non fa certo marcia indietro su quello che sono i principi secolari della dottrina ufficiale; la famiglia deve essere composta di un uomo e di una donna, le unioni omosessuali sono tollerate ma non possono pretendere il riconoscimento paritario con le altre.
E poi in questo caso c’è di mezzo il voto al celibato che è stato rigettato.
E questo è un altro spinosissimo capitolo; può un prete sposarsi o deve rimanere fedele al suo voto di castità? e se poi volesse sposarsi, che lo possa fare con un altro uomo è un problema aggiuntivo che decisamente complica enormemente la questione.
Ci piaceva di più il Papa che diceva “Chi sono per giudicare”, mentre quando ci dice “Sei licenziato, hai disubbidito, non rispetti la regola”, ci mette un poco più in difficoltà.
Il punto centrale di queste due figure, di questa presa di posizione, la prima morbida e la seconda rigida, sono probabilmente le due facce della stessa medaglia.
Se si tratta di ragionare di persone laiche e non consacrate, il giudizio deve essere e può essere di per sè concessivo; ma se si tratta di giudicare per lo stesso reato una persona non qualunque, non esterna, ma interna alla Chiesa, e per di più consacrata, allora il giudizio non può che diventare irremovibile.
Di sicuro diventa più complesso.
Cosa accadrà adesso a questo vescovo che ha deciso di fare coming out con la sua in parte felice omosessualità? Lo stravolgimento che gli cadrà addosso lo porterà verso quale via di risoluzione? E’ ovvio che non è il semplice destino di un singolo uomo in discussione, ma il destino di molti come lui che per convenienza rimangono nell’anonimato, che per onestà e coraggio dovrebbero fare la stessa confessione del loro collega, e che per numerosità obbligherebbero la Chiesa a risposte meno lapidarie e più riflessive.
Io credo che non c’è molto di scandaloso in un prete che dichiara d’essere omosessuale. Non si può certo mettere sullo stesso piano di un prete che nell’oscurità del male opera contro l’innocenza dei bambini…
Qui la capisco di più la severità del sommo Vescovo, Papa Francesco. Anzi, non c’è severità e parole e azioni e nulla di nulla che possa lenire lo squarcio di una Chiesa caduta così in basso…
Di fronte invece a questo Vescovo qualunque che ha voluto proclamare il suo amore davanti al mondo, piuttosto mi viene di tacere. Ne parlo solo per riflettere. E vorrei che ogni vescovo lo facesse, lo sapesse dire, sapesse venire fuori anzichè rimanere nel buio.
Ci aiuterebbero a riflettere meglio. Aiuterebbero la Chiesa a riflettere ancora più severamente su se stessa. Aiuterebbero il sommo Vescovo a cercare e trovare risposte difficili alla attualissima funzione religiosa dell’essere una Istituzione spirituale nel mondo temporale.
Non so se sono riuscita a farmi capire.
Trovo che parlare di Chiesa in un mondo così ormai dissacrato in tutte le sue più importanti componenti ci permette di non diementicarci della nostra innata sacralità.
Noi tutti siamo nati per la felicità, e non c’è giorno che debba passare sul calendario che noi si possa pensare di ritenerlo inutile a tale ricerca.
La felicità non è lo stato d’animo di un giorno che passa e poi ce ne dimentiachiamo.
Essa è una vocazione appartenente al genere umano; essa è un progetto che dura tutta la nostra personale esistenza; è l’insieme di atti e pensieri e situazioni che ci attraversano, che ci cambiano, ma che non ci devono possedere. Siamo sempre noi a dovere possedere loro. Possedere nel senso di governarle, ma anche nel senso di lasciarsene governare.
Questo vescovo forse ci ha detto d’essere gay come per chiederci aiuto, o per dare aiuto a persone come lui, o entrambe le cose. Il raggiungimento da parte di se stesso della propria felicità, evidentemente mai raggiunta o mai al sicuro (di sicuro nella vita c’è solo la morte), è il progetto che in quanto uomo come tutti noi lo obbliga a delle scelte, ma che in quanto vescovo lo abbliga a delle posizioni e responsabilità.
Ritorneremo sul tema con calma.
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