Rivedere il film “Fratello sole Sorella luna” mi lascia sempre profondamente scossa.
Di questa storia mi piace tutto, perchè è una storia vera, perchè è una storia coraggiosa, perchè è forte, sconvolgente, radicale, e perchè è servita a portare un profondo rinnovamento nella Chiesa secolare e ancor più nella Chiesa spirituale.
Zeffirelli sceglie attori, inquadrature, musiche, paesaggi, espressioni, episodi e intrecci con grande maestria, e lo spettatore segue la vicenda come rapito dagli eventi che in sostanza trasformano un giovane ricco e destinato al potere in un giovane emarginato e destinato alla povertà.
Sarebbe la fine per Francesco e per il suo sogno di farsi servo di Dio, se non fosse per l’opera di una serie di amici che circondano, senza mai abbandonarlo nella sua metamorfosi, il menestrello d’Assisi. Certo, non senza difficoltà.
Ricordiamoci che davanti a noi sta forse il santo più famoso del mondo, quello che per fama e per leggenda ha raggiunto ogni angolo dei paesi, quello che con la sua estrema semplicità ha umiliato l’opulenza e la tracotanza di una curia incancrenita sotto le sue vesti lussuose e dorate…
Detto così sembra una favola, e lo sarebbe se non fosse una favola al contrario, dove il protagonista non persegue il successo personale, ma insegue la propria autodistruzione per la propria elevazione.
Il figlio di Pietro di Bernardone non avrebbe mai immaginato di farsi frate, di farsi strumento di pace, di farsi icona di santità e di misericordia, lui credeva di andare in guerra, di tornare vincitore, di sposarsi, di fare lo stesso mestiere della sua famiglia…, e invece dalla guerra che aveva abbracciato con entusiasmo torna stravolto, quasi mutilato, come fosse diventato una persona diversa.
Quello che accade nella sua testa, nel suo cuore, nella sua anima, in questo periodo precedente la scelta di cambiamento, non viene raccontato dal regista, che invece si concentra su quello che Francesco decide di fare per cambiare in modo insolito e decisivo la sua vita.
Prima osserva, poi esplora, poi riflette, poi prega, e infine agisce.
Osserva gli uccelli che volano nel cielo felici senza che nessun lavoro li incateni, osserva i gigli che splendono nei campi senza che nessun sarto li abbia vestiti, osserva il creato nella sua incredibile bellezza e maestosità senza che nessun mercante lo possa comprare.
Esplora i mendicanti, andando a vedere come vivono, obbligati a una serie infinita di umiliazioni e privazioni.
Riflette su questi squilibri che fanno del mondo un luogo ingiusto e afflitto da cecità e prevaricazioni senza senso.
Prega, prega Dio che queste cose possano cambiare, sparire, attraverso la presa di coscienza degli uomini che devono pensare a cambiare le visioni delle priorità. E chiede a Dio la propria stessa preparazione al grande passo, i segni, gli indizi, le risposte necessarie nel travaglio della propria solitudine angosciosa.
Alla fine agisce; prende tutte le vesti della bottega paterna e le getta dalla torre, in pasto ai passanti; il padre lo rincorre per il palazzo e pieno di rabbia lo porta in giudizio davanti al sommo sacerdote; il sommo sacerdote lo interroga contrariato e gli chiede cosa avesse deciso di fare, dal momento che aveva dato scandalo con il suo comportamento così folle; e Francesco si dichiara.
Dopo questa solenne quanto stupefacente dichiarazione di voto di povertà, Francesco riconsegna al padre le sue vesti, il suo nome, le sue cose, e se ne esce dalla città nudo, nuovo, solo, perso. Solo alcuni poveri e semplici, come lui ora, lo seguono nella sua nuova dimora, una porziuncola religiosa che distrutta forse da un terremoto o da chissà quale sventura, aspettava d’essere ricostruita.
Il segno simbolico di una Chiesa che andava macera e miserrima in cerca di luce e rinascita.
Francesco, se fosse rimasto solo Francesco, non ce l’avrebbe fatta a fare quallo che poi riuscirà a costruire, cioè un nuovo Ordine religioso che ancora oggi resiste, che ancora oggi cresce, che ancora oggi è quello che noi tutti sappiamo essere, cioè un gruppo di frati che come il loro maestro fanno solenne voto di povertà, castità e obbedienza.
Un ordine prima tutto maschile e poi anche femminile.
Non dei preti/suore normali, non dei mistici, non dei religiosi votati alla carriera ecclesiastica, ma solo degli uomini/donne di Chiesa votati al servizio dei più poveri e alla forza trasformatrice della preghiera.
Francesco è talmente rapito dalla voce di Dio che gli parla dalla croce, da cadere in estasi, da portare ad ad uno ad uno con sè tutti i suoi amici di gioventù, giovani scapestrati e benestanti, che nel frattempo si erano ricoperti di gloria secolare, votati a carriere magnifiche, e che fanno di tutto per non cadere nella rete della sua pericolosa forza persuasiva.
Ci cade dentro Bernardo di Quintavalle, ci cade a suo modo Giocondo, ci cade Egidio, ci cade Chiara, che per prima aveva indicato al compagno la sua via, e infine ci cade Paolo, il più avveduto, quello che riesce a far ricevere in udienza l’antico amico dal Santo Pontefice.
Francesco aveva deciso di chiedere udienza al Papa perchè la comunità dove lui si era insediato continuava a fronteggiarlo, a non riconoscerlo, persino a combatterlo. Intende chiedere un consiglio, chiedere chiarimenti sui suoi possibili errori, chiedere la risposta del Sommo Padre della Chiesa in merito la sua scelta, la sua regola, il suo operato, convinto d’avere forse sbagliato in qualcosa…
E proprio quando tutto sembra essere perso, con Francesco ed i suoi compagni gettati fuori dalla Santa sede come degli eretici qualunque, la situazione si capovolge; il Papa ha una specie di visione, comprende le potenzialità e la missione del giovane d’Assisi, e lo fa richiamare, lo benedice, lo abbraccia.
Originaria innocenza, così lo apostrofa Innocenzo III, e lo invita a uscire nel mondo proliferando nel suo esempio.
Così è stato. Il mondo ha acquisito la gloria di questa piccola giovane comunità, oggi un esercito di religiosi che operano nel segno della pace senza che se ne senta mai parlare, ma basta andare presso le loro comunità per scoprirne l’esistenza.
Nel nome di Francesco, nel nome di Gesù.