Utero in affitto no, adozioni per tutti sì.
Diritti civili sì, omologazione no.
Un Diritto è un dovere, non un assurdo.
Per maggiori chiarimenti:
Testo di legge in Parlamento: ddl Cirinnà
Tu cosa ne pensi?
Utero in affitto no, adozioni per tutti sì.
Diritti civili sì, omologazione no.
Un Diritto è un dovere, non un assurdo.
Per maggiori chiarimenti:
Testo di legge in Parlamento: ddl Cirinnà
Tu cosa ne pensi?
Notizia che non può passare sotto silenzio.
E’ il primo vescovo e oltretutto teologo che dichiara apertamente d’essere gay e di sentirsi in tutto un buon cristiano.
Di sentirsi cioè parte della Chiesa.
Immediata la risposta del Vaticano che lo ha già dichiarato sospeso dai suoi incarichi.
Questa Chiesa aperta e democratica non fa certo marcia indietro su quello che sono i principi secolari della dottrina ufficiale; la famiglia deve essere composta di un uomo e di una donna, le unioni omosessuali sono tollerate ma non possono pretendere il riconoscimento paritario con le altre.
E poi in questo caso c’è di mezzo il voto al celibato che è stato rigettato.
E questo è un altro spinosissimo capitolo; può un prete sposarsi o deve rimanere fedele al suo voto di castità? e se poi volesse sposarsi, che lo possa fare con un altro uomo è un problema aggiuntivo che decisamente complica enormemente la questione.
Ci piaceva di più il Papa che diceva “Chi sono per giudicare”, mentre quando ci dice “Sei licenziato, hai disubbidito, non rispetti la regola”, ci mette un poco più in difficoltà.
Il punto centrale di queste due figure, di questa presa di posizione, la prima morbida e la seconda rigida, sono probabilmente le due facce della stessa medaglia.
Se si tratta di ragionare di persone laiche e non consacrate, il giudizio deve essere e può essere di per sè concessivo; ma se si tratta di giudicare per lo stesso reato una persona non qualunque, non esterna, ma interna alla Chiesa, e per di più consacrata, allora il giudizio non può che diventare irremovibile.
Di sicuro diventa più complesso.
Cosa accadrà adesso a questo vescovo che ha deciso di fare coming out con la sua in parte felice omosessualità? Lo stravolgimento che gli cadrà addosso lo porterà verso quale via di risoluzione? E’ ovvio che non è il semplice destino di un singolo uomo in discussione, ma il destino di molti come lui che per convenienza rimangono nell’anonimato, che per onestà e coraggio dovrebbero fare la stessa confessione del loro collega, e che per numerosità obbligherebbero la Chiesa a risposte meno lapidarie e più riflessive.
Io credo che non c’è molto di scandaloso in un prete che dichiara d’essere omosessuale. Non si può certo mettere sullo stesso piano di un prete che nell’oscurità del male opera contro l’innocenza dei bambini…
Qui la capisco di più la severità del sommo Vescovo, Papa Francesco. Anzi, non c’è severità e parole e azioni e nulla di nulla che possa lenire lo squarcio di una Chiesa caduta così in basso…
Di fronte invece a questo Vescovo qualunque che ha voluto proclamare il suo amore davanti al mondo, piuttosto mi viene di tacere. Ne parlo solo per riflettere. E vorrei che ogni vescovo lo facesse, lo sapesse dire, sapesse venire fuori anzichè rimanere nel buio.
Ci aiuterebbero a riflettere meglio. Aiuterebbero la Chiesa a riflettere ancora più severamente su se stessa. Aiuterebbero il sommo Vescovo a cercare e trovare risposte difficili alla attualissima funzione religiosa dell’essere una Istituzione spirituale nel mondo temporale.
Non so se sono riuscita a farmi capire.
Trovo che parlare di Chiesa in un mondo così ormai dissacrato in tutte le sue più importanti componenti ci permette di non diementicarci della nostra innata sacralità.
Noi tutti siamo nati per la felicità, e non c’è giorno che debba passare sul calendario che noi si possa pensare di ritenerlo inutile a tale ricerca.
La felicità non è lo stato d’animo di un giorno che passa e poi ce ne dimentiachiamo.
Essa è una vocazione appartenente al genere umano; essa è un progetto che dura tutta la nostra personale esistenza; è l’insieme di atti e pensieri e situazioni che ci attraversano, che ci cambiano, ma che non ci devono possedere. Siamo sempre noi a dovere possedere loro. Possedere nel senso di governarle, ma anche nel senso di lasciarsene governare.
Questo vescovo forse ci ha detto d’essere gay come per chiederci aiuto, o per dare aiuto a persone come lui, o entrambe le cose. Il raggiungimento da parte di se stesso della propria felicità, evidentemente mai raggiunta o mai al sicuro (di sicuro nella vita c’è solo la morte), è il progetto che in quanto uomo come tutti noi lo obbliga a delle scelte, ma che in quanto vescovo lo abbliga a delle posizioni e responsabilità.
Ritorneremo sul tema con calma.
Cari musulmani
Il mondo non parla d’altro; ossia tutti stiamo riflettendo su quello che è appena accaduto a Parigi ( 12 cronisti uccisi per avere pubblicato vignette irriverenti contro la figura di Maometto) nella patria della rivoluzione francese che è stata poi la nostra stessa comune porta aperta sulla libertà che noi chiamiamo democrazia.
Dunque tutto sarebbe nato da un sentimento di offesa.
Ma offendere qualcuno o qualcosa non equivale a uccidere qualcuno o qualcosa.
Offendere qualcuno con la satira significa potere mancargli di rispetto in maniera intellettualmente possibile; e non si mette in dubbio che dal punto di vista musulmano le vignette in questione offendono la religione.
Ma c’è di peggio dell’offesa data che non toglie la vita; c’è l’offesa ricevuta di musulmani che intervistati sulla questione ti ridono in faccia quando si parla delle disgrazie che ci stanno capitando, quasi a dirci “E’ anche colpa vostra”.
Il vero punto centrale è che ad una vignetta satirica si potrebbe solo equamente rispondere con un’altra vignetta satirica.
Se il popolo musulmano o qualcuno di esso avesse ritenuto offensive tali vignette, avrebbe dovuto rispondere a detta offesa con un’ altrettanta capacità satirica, cioè con la stessa arma.
Invece il mondo islamico radicale passa subito alle spicce e se ne esce con proclami di minacce di morte.
Esecuzioni che arrivano nel tempo per opera di due poveri dementi che si sono resi disponibili a questo sfacelo.
Il fatto è che il mondo islamico non possiede l’arte della satira. E non possiede l’arte della satira perchè non conosce dentro i suoi stati, da molto e molto tempo, quello che il mondo occidentale pratica da molto con grande sudore e fatica, e non senza inciampi: la democrazia.
E democrazia significa anche sapere ridere di se stessi; sapere che si vive anche ANZI SOPRATTUTTO di debolezze e di ordinarietà, nonostante Dio ci vorrebbe sempre tutti belli e santi.
Non solo il mondo musulmano non possiede la satira ma non possiede nemmeno il principio del laicismo, essendo una teocrazia. Ossia un arabo non è libero di essere intellettualmente se stesso.
Bene. Cari musulmani che venite nei nostri paesi dove siete democraticamente accolti ed integrati , ci sembra di constatare che la nostra democrazia vi piace assai, nonostante tutte le sue pecche, visto che vi permette di fare quello che fate nei nostri territori, ossia di avere la vostra seconda vita che venite a cercare da noi fuggendo dalle vostre realtà.
E ci ringraziate in questo modo? E’ questo il vostro modo di dimostrarci la vostra gratitudine?
Passi che da sempre a noi non è permesso venire da voi pensando di potere stare tranquilli così come a voi noi permettiamo di essere. Passi che c’è chi nasce con qualche carta migliore e chi invece si trova a giocare con carte ridotte, quindi deve farsi ragione da sè di queste disparità che fanno parte di tutto il globo da che il mondo esiste e respira.
Ma che il mondo musulmano taccia di fronte a questi atti criminali dei loro connazionali, o che il mondo musulmano non si metta in movimento con iniziative significative contro tutti questi suoi figli fuori controllo, noi occidentali non possiamo più accettarlo.
Aiutateci a capire e a trovare soluzioni per tutti.
Ce lo dovete.
Io non mi drogo
perchè faccio fatica a prendere le medicine
figuriamoci le droghe,
perchè sono stata fortunata,
perchè mi voglio bene,
perchè mi piace un cervello attivo e cosciente,
perchè detesto pensare di potere fare cose senza
neanche rendermene conto,
perchè per essere su di giri mi bastano gli amici
veri
e la mia famiglia,
perchè chi lo fa ha solo bisogno di aiuto e deve chiederlo,
perchè metterei in galera quelli che la spacciano,
perchè non vorrei dovere vedere una persona che amo che ne fa uso,
perchè la droga uccide,
perchè la droga fa schifo,
perchè la nostra vita è la cosa più importante,
perchè la droga abbruttisce, imbestialisce, mortifica
la nostra naturale bellezza
e perchè
ci sono altre mille ragioni che tu stesso potresti aggiungere…
Vuoi?
(leggi anche qui)
Due vite si incontrano e i loro destini si incrociano.
Uno è un giovane di colore che ha bisogno del sussidio di disoccupazione; l’altro è un maneger ultra ricco che per un incidente di percorso si ritrova su una sedia a rotelle, paralizzato dal collo in giù.
L’unica parte del corpo rimasta sensibile è il volto,…e il cuore.
Il giovane disoccupato dal passato turbolento si presenta al colloquio perché Philippe è alla ricerca di un badante personale, ma sa già che non sarà assunto, perché non ha credenziali, non ha titolo, e sinceramente nemmeno gliene importa più di tanto…
Il colloquio sembra invece catturare la curiosità dell’invalido, che vede in quel ragazzotto tutto muscoli e simpatia una persona autentica, vera, genuina, piena di vita, proprio quello che lui ha perso o rischia di perdere per sempre, seppellito dentro quella poltrona completamente strappato alla gioia di sapersi vivo.
Gli lancia una sfida; gli propone l’incarico in prova per un mese , ed aggiunge “Secondo me non resisterai nemmeno due settimane…”
Driss accetta, tanto non ha niente da perdere; fuori c’è solo la strada ad attenderlo, ed una famiglia in bilico, piena di problemi, dove la madre lavora dalla mattina alla sera per potere guadagnare per tutti il necessario per andare avanti.
Inizia così un periodo di convivenza, dove hanno modo di conoscersi.
Da un lato il giovane ormai ex disoccupato che diventa giorno dopo giorno un bravo assistente specializzato, ma solo perché ha carta bianca, solo perché Philippe lo lascia libero di esprimersi in tutto e per tutto, trattandolo da subito come uno della famiglia e non come l’ultimo intruso; dall’altro lato, l’invalido che si trova improvvisamente catapultato in una serie di situazioni dove non esiste più la regola, l’etichetta, la forma, il già detto e risaputo, ma l’imprevisto, la novità, l’improvvisazione, la proposta di nuovi esperimenti, di nuove esperienze, trattato non più come un handicappato e basta, ma come una persona che nonostante il suo handicap ha bisogno di fare una vita assolutamente normale, dove ci si alza al mattino con la contentezza d’essere vivo, con la speranza di cose belle e positive, dove si cerca di combattere la noia, la solitudine, l’ipocrisia…
Nasce tra i due, senza nessun calcolo, un’amicizia spontanea, nonostante il legame professionale e specifico.
Philippe si diverte con Driss, come non si divertiva più da un’infinità di tempo. Non solo si diverte Philippe, ma si diverte chiunque viene a contatto con la sua presenza, perché la sua bellezza umana è semplicemente contagiosa…
A sua volta Driss ha trovato una vita normale e positiva con Philippe, e non è più sotto i ponti…
Certo, questo può accadere perché il giovane è fondamentalmente una persona onesta, e valida, nonostante tutta la sfortuna che l’ha perseguitato fino a quel momento…e Philippe non è un coglione ricco pieno di sé e privo di attenzioni umane, che un giorno sfigato si è trovato privo dell’uso delle gambe; prima di diventare invalido era stato un uomo normale; aveva amato profondamente sua moglie, ormai morta; ed ora nel presente, non soffre tanto per la sua immobilità fisica, quanto per la sua solitudine affettiva…
Non a caso cerca di trovare una nuova compagna, che probabilmente troverebbe senza problemi, nonostante il suo stato…, ma lui non vuole una donna qualunque, non si accontenta.
Inizia pieno di aspettative una relazione epistolare che Driss finisce per seguire passo a passo…
Philippe desidera al suo fianco una donna innamorata, capace d’affetto almeno quanto lui potrebbe di sicuro essere con la sua eventuale compagna…
Ma c’è un ma, c’è un ostacolo oscuro che sembra vincere sul desiderio di tornare a vivere; l’ostacolo è la paura di sentirsi rifiutato, di sentirsi giudicato, soppesato, messo a nudo nella propria fragilità…la paura di non potere essere all’altezza…
E Philippe allora scappa, si sottrae all’ultimo momento alla prova, all’incontro, all’impresa…
Continuerà a sottrarsi fino a che l’amico, e non certo il badante, l’obbligherà a farvi fronte.
E’ lui che deciderà, è lui che li farà incontrare, è lui che organizzerà a sua insaputa la frittata.
E vince, tutto va come doveva andare, come la squisita umanità dei due protagonisti permette che venga ad accadere.
E la vita per Philppe riprenderà alla grande; un nuovo matrimonio, nuovi figli, una nuova vita.
E la vita per Driss comincerà a girare; un lavoro vero, una compagna, una famiglia tutta sua.
E se pensiamo che questo film si ispira ad una storia vera, c’è veramente da sorridere, da essere contenti…
E’ stato campione d’incassi in Francia, e nonostante questo, merita sul serio.
Lo stagismo è il primo passo per la conquista del mondo.
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