
Diaz NON CANCELLATE QUESTO SANGUE
Il film l’ho visto, anche se non è stato un bel vedere.
Si è dovuti aspettare undici anni per tentare di parlare di un evento che all’epoca dei fatti suscitò molto sconcerto e sdegno.
Nel 2001 lavoravo al Levi e mentre raccontavano gli episodi in televisione, noi a scuola ci si guardava esterrefatti con sguardi sorpresi pieni di incredulità.
Ci si chiedeva banalmente: “Come possono accadere queste cose nel 2001, in una città viva e aperta e per nulla di destra come Genova, contro giovani non armati ed indifesi, presi di mira da una feroce rappresaglia, e proprio da quelle militanze governative predisposte alla difesa pubblica?”
Ebbene, la risposta è altrettanto banale: si può, eccome, si può benissimo, quando le cose sfuggono di mano, quando la tensione raggiunge livelli molto pericolosi, quando ci sono in campo interessi di parte e lo sguardo di un intero mondo che ti guarda, che ti giudica, che da te Stato si aspetta che tu faccia la cosa giusta, o comunque la cosa più ragionevole.
Il processo che si è concluso in sostanza ha messo in evidenza gli eccessi di violenza delle forze dell’ordine e dei reparti speciali, con tutti i loro discutibili sistemi di indagine, di reclusione e di falsificazione delle prove…
Eppure stiamo parlando di giovani uomini dello Stato che hanno anche loro famiglie (si presume) e che hanno anche loro dei sentimenti e delle ragioni legate all’idea di giustizia, di democrazia, di trasparenza e di quant’altro…
Già, ma le colpe nefaste dei black bloc? Quando si va in piazza armati di tutto punto, o con bombe molotov, o con arnesi vari per cui e con cui si minaccia la vita di chi ci sta di fronte vestito con la divisa contraria, e si minaccia la proprietà altrui, è legittimo difendersi, è legittimo fare la propria parte.
Quali allora le alternative sociali? andare in piazza non armati, con manifestazioni pacifiche, in un corteo che sa tenere fuori dalle sue frange i non desiderati.
Dunque esistono due modi di fare lotta, di fare opposizione; esistono due movimenti nel movimento; uno che vuole rimanere nella legalità, ed uno che questa legalità non la riconosce e per questo la vuole scientificamente e disonestamente distruggere.
Distruggere come? distruggendo cosa? Mettendo a soqquadro le cose delle persone private, dei liberi cittadini. Togliendo la libertà di espressione ad altri che hanno il solo torto di appartenere al gruppo contrario, vuoi per scelta, vuoi per i casi della vita, vuoi per il semplice bisogno di portarsi a casa un salario, e che praticamente vengono presi d’assedio. Mandando verso un destino segnato di macelleria messicana (così come è stata definita da alcuni giornalisti l’operazione Diaz) i propri stessi compagni di strada ma non di letto, quelli così detti pacifici, quelli che vanno ai G8 come se si andasse a feste popolari con tanta musica e voglia di stare allegri al seguito….
La strage Diaz ci insegna che i colpevoli sono rimasti impuniti e gli innocenti le hanno prese, le spranghe, ed hanno subito torture e l’afflizione di un lungo e penoso processo.
La strage Diaz ci insegna che i vertici delle forze dell’Ordine in quei giorni nefasti hanno perso il senso della misura, la visuale complessa e reale delle cose, ed hanno giocato sporco, se non nella loro totalità, senz’altro nelle loro sostanziali direttive. Così hanno valutato la situazione. Così hanno ritenuto opportuno agire. In un paese civile, libero e democratico si è pensato di ricorrere a mezzi per nulla civili, liberi e democratici.
Gli organi di rappresentanza dello Stato non dovrebbe mai arrivare a questo, ma se ci arrivano con tanta ferocia e determinazione è necessario chiedersi i perchè.
Si sa che la disciplina nella vita militare è molto, praticamente è tutto. Se ti danno un ordine non lo puoi nemmeno discutere.
Io posso comprendere gli errori, che la paura e la rabbia facciano cento, però non posso comprendere un soldato addestrato per combattere contro feroci criminali ed armato di tutto punto si accanisca con violenza inaudita contro ragazzi e ragazze indifese che semplicemente stanno in un luogo per manifestare pacificamente (fino a prova contraria) e nello specifico in procinto di coricarsi. E tra questi giovani ci stanno anche giornalisti, semplici addetti ai lavori, inviati dalle proprie testate per eseguire il mero compito di documentare i propri reportage…
Si dice che se non vuoi guai non vai in certe situazioni; forse, ma ancora una volta il mondo dello Stato e della politica ha dimostrato di non sapere stare dalla parte dei giovani, della loro naturale e provvidenziale voglia di un mondo più giusto e con minori differenze…
E la dice giusta il buon saggio della situazione che trovandosi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, finisce anche lui ricoverato al pronto soccorso con un braccio rotto; interrogato sulla sua presenza da un celerino ( o qualcosa di simile) male informato, commenta: “Avete fatto una cazzata, avete fatto una grande cazzata…”
Questo film rende finalmente merito a chi in quei giorni subì enormi ingiustizie, rende merito ai giovani e alle loro famiglie, alle nuove generazioni che non hanno avuto nessun dubbio ad esporsi, nel modo migliore e non violento, e che continuano a farlo, non scoraggiati dai cattivi esempi, non mortificati dalle pessime testimonianze che noi adulti siamo sempre pronti a propinare…
Scusate, ma c’è davvero poco da aggiungere.
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