Domani è il giorno di San Valentino, ma chi se ne frega, io amo un morto, ucciso dalla mafia e dall’avversione dello Stato. Il suo nome immortale è Giovanni Falcone.

Domani è il giorno di San Valentino, ma chi se ne frega, io amo un morto, ucciso dalla mafia e dall’avversione dello Stato. Il suo nome immortale è Giovanni Falcone.
E’ il nuovo volto della Grande America.
Ha spiazzato chi lo dava per impossibile, chi lo ha insultato in tutte le maniere, non sapendo mettersi nella pancia del Paese, della gente comune, la working class, che deve preoccuparsi di mettere insieme il pranzo con la cena.
La Clinton non ha convinto, non è piaciuta abbastanza, non era certamente lei la persona giusta da mettere come controparte, troppo compromessa con i giochi di palazzo, con la politica del conformismo.
Il presidente uscente Obama ha subito fatto squadra, ha subito invitato il popolo elettorale ad accogliere pacificamente il risultato del voto, anche se ci sono state manifestazioni giovanili spontanee anti Trump, mosse dalla cocente delusione e dalla paura del futuro.
Ecco, la democrazia è anche questo: ieri con un Presidente di colore, oggi con uno yankee di razza che ha salutato e ringraziato la Grande Congregazione Americana per avergli dato fiducia, per averlo onorato di tanto riconoscimento.
E se Trump dovesse stupire tutti quanti???
Staremo a vedere. In politica contano solo i fatti.
E’ morta Tina Anselmi, una grande protagonista dello scenario politico del nostro Paese, al di là degli schieramenti politici di appartenenza.
Credeva nei valori della libertà e della democrazia, in tempi in cui la libertà non era certo una garanzia. Ci ha creduto sempre, anche dopo quando la libertà è diventata un’abitudine che si rischia di dare per certa ed acquisita, proprio quando basta poco per perderla e farla scivolare dentro il pantano del caos.
E’ giusto celebrarla, anche se ai giovani dice poco o nulla, anche se ai loro occhi può apparire come un’ anonima vecchia del passato che nulla a che fare con il nostro mondo di oggi.
E invece occorre ricordare a tutti, e soprattutto alle ragazze e a tutto il mondo femminile del nostro tempo, che questa semisconosciuta morta a ottantanove anni è stata una ragazza esattamente come loro, che ha saputo fare fin da giovanissima delle scelte coraggiose importanti, che non ha avuto timore di impegnarsi e di credere in una società migliore.
Ci sono oggi le Tina Anselmi di domani? Donne che hanno un progetto e intendano perseguirlo a beneficio di tanti? Che sia in politica o in altri settori della vita, poco importa. Io credo di sì, questa è l’eredità che questa esemplare e non certo superata donna di vita ci lascia in consegna.
Ho appena terminato di leggere il libro di Osho intitolato “Amore, libertà e solitudine”.
Ero curiosa di approcciare lo spirito buddhista che è profondamente diverso dal modo di pensare occidentale, anche se ovviamente rimangono dei punti di aggancio tra le due culture.
Mi sembra d’avere capito queste poche cose capitali: noi Occidente abbiamo un approccio materialistico e consumistico della vita, tendiamo per la nostra nevrosi possessiva a ridurre le persone a cose e a considerarle quindi delle proprietà.
Nel nome dell’amore assoluto arriviamo a commettere atti terribili che nulla hanno a che fare con l’amore, perchè la cultura sociale dominante non ci insegna il concetto di rispetto dell’altro, il concetto di meditazione della vita, il concetto di amore come donazione e non come acquisto di qualcosa che può essere anche l’affetto di una persona scambiato per conquista.
Detto materialismo è assolutamente presente anche nella civiltà indù, ma totalmente assente nel pensiero buddista che predica appunto l’ascesi, il distaccarsi dalle cose, il lasciarle fluire verso la loro naturale direzione.
Per Osho i legami matrimoniali non dovrebbero proprio esistere perchè legano dentro un contratto due persone che si promettono amore eterno, senza considerare che l’amore non può essere messo dentro un contratto, in quanto per essenza impalpabile, etereo, non circoscrivibile, libero e mutevole come il vento.
In merito al problema dei figli, Osho sostiene che una società a misura d’uomo si prende cura dei bambini in quanto tali, sapendoli assistere e crescere durante tutte le tappe della vita con qualunque cosa possa accadere ai loro genitori.
Una specie di comunità stile hippy, dove tutto è aperto, tutto è ammesso, se per tutto si intende che le persone non si devono sentire in nessuna maniera obbligate a fingere quello che non pensano e non provano più.
Sul piano della natura, critica il vivere dentro città super popolate dove si è in tanti ma tutti condannati all’isolamento; condanna anche le piccole comunità dove vige la regola della castrazione, del doversi auto-controllare, auto-reprimere. Distingue l’isolamento (pessimo) dalla solitudine ( utile e buona) perchè sapere stare da soli con se stessi è una vera virtù, è una cosa bella e preziosa, da non vedersi come asocialità.
Sul piano dello Stato condanna ogni forma di politica, compresa quella gerarchica della Chiesa e dei suoi preti, perchè intesi come strutture padrone e prevaricatrici che avrebbero la pretesa di dirci cosa fare, chi essere, come pensare…
Sul piano della Scienza condanna ogni forma di ricerca futile ed assurda, come l’andare su Marte a discapito della distruzione dell’ozono e quindi a discapito della salute della Terra destinata di questo passo all’implosione e al surriscaldamento.
Sul piano della fede condanna ogni forma di credo disciplinato dentro una Chiesa, nessuna esclusa, perchè dette chiese avrebbero tradito il vero mandato spirituale di Gesù e di Maometto, che era ed è un messaggio di amore puro.
Sul piano del lavoro, non comprende gli uomini che si dedicano anima e corpo alla carriera sacrificando ad essa tutto di se stessi, fino a diventare dei robot, assenti ai veri bisogni e ai loro cari.
Sul piano dell’economia la circolazione del denaro dovrebbe sparire e dovrebbe subentrare l’uso del baratto.
Che dire. In linea di massima come si può essere contrari a queste belle considerazioni?
Peccato che non sono attuabili, non su scala mondiale, ma il tutto si può ridurre alla scelta di singoli uomini che scelgono per sè il cammino iniziatico del diventare un Budda; peccato che il mondo rimane legato alle sue Nazioni ed ai suoi Nazionalismi, al potere del denaro che è l’unico che non subisce mai crolli.
Comunque è utile leggere di pensieri così liberi e sganciati dalla nostra pesantissima struttura storica, fatta sempre di cause ed effetti, di obblighi e rispetto delle leggi, comprese quelle ingiuste.
Ma ecco che arrivo da dove ero partita: per Osho non è che Dio è amore, ma è ovviamente l’amore stesso ad essere Dio.
Lui dice che c’è una sostanziale differenza. Se si parte da Dio mettiamo Dio fuori di noi, e Dio ci dominerà; se si parte invece dall’amore, mettiamo l’amore davanti a tutto e quindi Dio stesso in noi, noi stessi diventiamo Dio grazie all’amore che è in noi e fuori di noi.
Personalmente concluderei così: ognuno faccia come meglio crede, l’amore è sempre buono se è sganciato dall’idea di possesso. Certo che essendo e sentendomi figlia della mia cultura, della mia cultura accetto l’idea di un Dio che sta fuori di me e che non percepisco come il mio Padrone, ma come il mio Custode.
Del resto, so anche che Dio sta dentro di me, e non può stare solo fuori, e quindi io stessa sono Dio nel senso che partecipo della sua bellezza e forza. Senza questo Dio esterno, secondo me si rischia di perdere di vista la trascendenza, riducendola ad estasi, ad ascesi, ad esperienza mistica umana, temporanea e fine a se stessa.
Non per nulla il buddismo prevede la reincarnazione, il ciclo metempsicotico della vita.
Con un Dio esterno si parla invece di resurrezione, di un ciclo che inizia, si evolve e si compie. Ognuno scelga quello che sente più proprio.
Meravigliose donne di ieri, di oggi, di domani…
Nella riforma della scuola si parla di retroazioni virtuose per cui si intende che il docente dovrebbe diventare il primo e assoluto coach di se stesso, del proprio lavoro, del proprio agire didattico.
L’ultimo ma non meno importante compito dell’insegnante è quello di valutare. Per potere certificare correttamente un percorso formativo occorre ovviamente avere osservato, avere registrato, avere programmato secondo uno stile meticoloso che prevede per ogni ambito il quando valutare, il cosa valutare e il come valutare.
E’ di questi giorni la storica apertura degli Stati Uniti al pensiero gender.
E’ solo questione di tempo e tutto il mondo occidentale accetterà di fatto una idea nuova di famiglia, di figli, di paternità e di maternità. Ossia di società. Ossia di economia (perchè dove si parla di diritti si parla anche di soldi). Ossia di antropologia.
Davanti alla storia che chiede cambiamenti il pensiero dei singoli ha poca rilevanza, ed i singoli sono chiamati ad adeguarsi a quello che sembra una volontà ferrea di una intera società in mutazione.
Solo il tempo racconterà le implicazioni, le novità, le complicazioni, le difficoltà e gli errori che ogni Cambiamento significativo porta con sè, un cambiamento che oggi non è più possibile fermare, credo non sia più nemmeno corretto ostacolare.
Ma allora come si può conciliare tutto questo con quello che sembra presentarsi e rimanere come un essere fuori tempo, fuori moda, fuori tutto?
Personalmente continuo a credere che la famiglia normale debba essere costituita da un padre, una madre e via discorrendo; come anche credo che anche le famiglie non normali debbano avere i loro diritti garantiti, nel nome di un amore che si vuole dichiarare senza sesso e dunque senza imposizioni di sorta.
A causa di questa uguaglianza di diritti da tutelarsi, le famiglie non possono essere classificate però (come io non riesco a fare e credo non ci riuscirò mai, essendo questo un mio limite) tra l’essere nella norma e l’esser fuori della norma, e dunque la società e le leggi procederanno affinchè questa distinzione di parte che viene tacciata di omofobia, non possa avere la meglio e causare discrimini, come è sempre accaduto nel passato.
Nelle scuole si insegnerà per decreto, ossia per programma ministeriale, il pensiero gender e ci saranno notevoli conseguenze e modifiche nell’educazione e nello sviluppo della pedagogia condivisa, da come è stata ad oggi intesa e progettata.
Questo comporterà tutto un ciclo di formazione rivolta ai docenti ed in parte anche alle famiglie che dovranno prepararsi a questa importante esigenza collettiva.
Non solo, questo mutamento comporterà decine e decine d’anni di assestamento, durante i quali accadranno cose nuove e non prevedibili, ovviamente del tutto legittime.
Coloro che si rifiuteranno di accettare questa presunta ideologia, dovranno in qualche modo adattarsi pena il loro allontanamento dalla scuola pubblica, oppure in alternativa rifugiarsi nelle scuole private e cosiddette confessionali.
Di sicuro si va anche ad ingrandire il gap che già esiste tra la laicissima cultura occidentale e la lontanissima cultura orientale araba, che rimane nelle sue maglie più incontrollate ed oscure profondamente teocratica, e visto il già dilagante terrorismo islamico, i folli della jiadh aggiungeranno anche questo tassello alla loro violenza (è il normale prezzo richiesto a chi si ritiene essere avanti nello sviluppo e nel progresso).
Per concludere, credo che ogni paese dovrebbe proporre un referendum al suo popolo, chiamato a rispondere nelle urne con un parere favorevole o sfavorevole.
Favorevole non all’amore libero (retaggio degli anni della contestazione) ma alla parità di genere (sostanza del mondo che si è totalmente emancipato dalla tradizione, dalla storia, dalla letteratura religiosa e da un certo modo di intendere la ragione).
Solo questo referendum giustificherebbe e permetterebbe agli occhi di tutti l’accettazione e l’effettivo normamento di questa nuova prassi familiare. Così come si fece per il divorzio e per l’aborto (ma con la differenza che l’aborto ed il divorzio non si chiedeva di imporli ma solo di legittimarli).
Potrebbe sembrare un passaggio forzato o discriminatorio, ma visto che la materia è imponente e profonda, quale procedura migliore di detto trasparente e democratico agire politico?
Visto che la verità sulla questione non può essere dettata con leggerezza nè da una minoranza che si vorrebbe imporre, nè da una presunta e forse non esistente maggioranza che chiederebbe l’immobilismo di fatto, che referendum sia.
“2 GIUGNO”
Sull’onda dello sconcerto, giorni scorsi ho scritto un articolo provocatorio intitolato Cari musulmani
Era provocatorio perchè in quel post mi rivolgevo a questo gruppo di nostri connazionali come se fossero tutti idealmente chiamati a darci conto di quello che farebbero alcuni loro fratelli causandoci grandi danni e dolori.
E’ chiaro che sappiamo che tra di loro ci sono per lo più persone normali che vorrebbero soltanto vivere con noi in pace.
E’ chiaro che il male da estirpare sono specificatamente queste cellule dormienti che aspettano solo il loro momento per diventare drammaticamente operative.
E’ chiaro che non possiamo metterci a dirci : “Mandiamoli tutti a casa, perchè non hanno diritto di stare da noi”
E’ chiaro che dopo essere stati orrendamente antisemiti e oscurantisti non abbiamo nessuna voglia di diventare antiislamici.
E’ chiaro che non abbiamo bisogni di intellettuali noti che ci vengono a dire: “Tutto questo dimostra che la religione non dovrebbe esistere perchè fa solo guai”
La religione è un bisogno della persona, e non della persona costretta e incapace di intendere e di volere, nè della persona fanatica; è un bisogno che nasce con l’uomo comune inteso nella sua maestosità e sovranità, e morirà con esso.
Detto tutto questo, deve essere ANCHE chiaro che il problema che abbiamo davanti è COMUNE, e vorremmo poterlo risolvere INSIEME.
Chiamo all’appello tutte le forze islamiche ed ebraiche migliori che possano mettersi al tavolo con noi per pianificare strategie antiterrore.
Tutto il resto sarebbero soltanto chiacchiere inutili.
Per vivere insieme pacificamente, ci occorre poco; il rispetto reciproco, l’accettazione dei valori del paese ospitante, il rispetto comune delle regole, la capacità comune di ragionare sui punti divergenti.
Scusate se ho detto poco; sono proprio su questi punti cardini che dobbiamo lavorare per sviluppare le nostre radici democratiche, condividerle con chi vive con noi, chiedere al diverso la capacità di riflettere, confermare sempre a noi stessi la capacità di accogliere.
Il nostro comune nemico è il terrorismo, che sia sotto forma di singoli o di stato organizzato. E’ chiaro che ci fa maggiore timore il suo essersi organizzato in Stato, o in sette gerarchicamente concepite.
Questo evidente terrorismo organizza eserciti di kamikaze, manda a morire bambine di soli dieci anni imbottite di tritolo, usa le donne come merce priva di qualunque dignità, stermina interi villaggi soltanto perchè non si convertono all’islam, mette in rete i suoi video di morte, semina ovunque il terrore ed il caos, innalza la sua bandiera nera annunciatrice di eventi apocalittici e di sventura.
Eppure è soltanto un’organizzazione criminale che ogni uomo sano di mente vorrebbe vedere sparire dalla faccia della terra.
Lo so, anche la mafia avremmo voluto vederla sparire dalla faccia del nostro bel paese, ed invece gode in apparenza di ottima salute (ma questo non ci proibisce di sapere che se volessimo potremmo profondamente castrarla a se stessa).
La stessa mafia si alimenta e si arricchisce di questo movimento o di movimenti simili, che si innalzano al di sopra del vivere civile, pur rimanendo solo fango e merda con cui ci si insudicia le scarpe e si perde il diritto di essere ancora chiamati uomini.
Bene. Care forze democratiche e sane che avete voglia di rimboccarvi le maniche: c’è lavoro per tutti.
Quando ho visto il film che ci racconta la vita e la morte di Peppino Impastato, oltre essermi commossa per la bellezza di questa persona che ha vissuto in maniera coerente e coraggiosa, mi sono sentita catturare da una scena specifica, che tutto dice del personaggio e del suo modo di pensare e di sentire.
Saremmo naturalmente portati a immaginare che sia quando viene ucciso, o quando mette la sua vita in serio pericolo, con le sue incontenibili e straordinarie provocazioni che non conoscevano pudore e paura di sorta…(in apparenza).
E invece no.
Mi colpì moltissimo, come continua a colpirmi ogni volta che la rivedo, la scena di quando si mette a litigare con il fratello più piccolo, più normale, più discreto, più rispettoso delle regole e del quieto vivere…(che così faceva per non fare soffrire troppo i genitori, che per quanto criticabili, sono sempre e sempre rimangono carne della nostra carne).
Si mette a urlare, a urlare, a urlare tutta la sua rabbia, la sua voglia di ribellarsi, di rompere uno schema sempriterno, mentre che il povero miserrimo cercava di calmarlo e avrebbe voluto sparire sessanta metri sotto terra.
Peppino Impastato dichiara al mondo, in una maniera che non dà possibilità di ritorno, il suo essere diverso, il suo essere contro la mafia, contro la società dell’omertà e della condiscendenza, e lo fa contando i cento passi che separano la sua casa dalla casa di chi tiene soggiogato un intero paese, un intero popolo, con tutte le miriadi di vite che contiene, le vite delle sue donne, dei suoi uomini, dei loro figli e dei figli dei loro figli…
Questo giullare della verità probabilmente aveva messo in conto di venire ucciso, prima o poi, probabilmente in cuor suo se n’era fatto un’idea, sull’eventualità; ma mai se lo sarebbe immaginato così presto, così improvvisamente, così vigliaccamente, con tutta quella inaudita e bestiale violenza.
Non è violento che Peppino muoia; non è violento che Peppino venga trucidato, preso a sassate come un porco che deve essere scuoiato; è violento e inaccettabile che Peppino muoia nel momento che aveva scelto non per morire, ma per vivere. Vivere per urlare, sbraitare, correre, fottere, ridere, bersi qualche birra, scrivere, raccontare il mondo…
e Morendo in quel modo viene consegnato all’eternità, non l’eternità che il mondo disprezza a cui rivolge sono fragorose pernacchie, ma l’eternità di chi se ne frega della morte perchè sa che tanto solo i porci muoiono.
Di sicuro i codardi e i malavitosi che uccidono come bestie, come sciacalli, peggio delle bestie, peggio degli sciacalli, perdendo nell’atto dell’uccidere la loro dignità di uomini, loro non sono mai nati, sono zombi viventi, sono morti che camminano, loro sì morti che camminano perchè quando moriranno nessuno si accorgerà della loro scomparsa, se non per gioirne…
Questo giovane che per me rappresenta il meglio di ogni possibile gioventù, l’indomani della suo morte, anzichè trovare lacrime e riconoscimenti, si trova a dovere competere contro un fatto di cronaca estremamente ridondante sotto il profilo politico ed internazionale; il ritrovamento del cadavere dell’onorevole Aldo Moro che viene fatto scoprire dentro il bagagliaio di una macchina.
In quel frangente, del suo assassinio si parla pochissimo, in sordina. Si dice che Peppino si sia suicidato. Si cerca di archiviare il fatto come un incidente legato alla depressione.
Sarà poi la forza della madre e di chi l’aveva conosciuto ed amato, del suo stesso paese e dei suoi stessi amici, la forza della verità, a rendergli giustizia, a portare all’onore della cronaca e della storia questo semplice esempio di umanità e di poderosa civile testimonianza.
Da tanto tempo non si sentiva più parlare di scomuniche; da quando la Chiesa orribile e indegna perchè corrotta era quella cosa che ti faceva rigare dritto (nel senso ovviamente da lei inteso), che altrimenti erano guai…
Con i divorziati ci fu un atteggiamento rigido, del tipo “Togliamo loro il diritto della comunione”, che era sempre un fatto pesante per chi frequenta l’ambiente con abitudine; però questa della scomunica è un’altra cosa.
E’ il Capo della Chiesa cattolica che dice al mondo:”Tu sei sgradito, o ti penti o non considerarti dei nostri”.
E’ un messaggio forte, incisivo, chiaro ed inequivocabile.
E i mafiosi in carcere disertano la messa.
Giusto. Mi sembra giusto.
Che rimangano pure nelle loro celle impentiti e fieri di essere quello che sono.
Coerenza per coerenza.
Se poi qualcuno di loro si volesse pentire, che lo facesse sapere; la chiesa sarà felice di riabbracciarlo tra i peccatori consapevoli del loro stato.
Ma poi in processione in un bel paesino di terra di ndrangheta, il corteo che porta in giubilo la Madonna si ferma davanti alla casa del boss per onorarlo e dirgli ” Ave Cesare di questo nostro paese, che senza di te noi non saremmo…”
Gia, una volta i Cesari erano i Cesari, potenti, unici e indiscussi come la Storia li ha fatti; in questi paesi sottosviluppati i Cesari sono solo mafiosi, cioè malavitosi, cioè seminatori di morte, cioè feudatari moderni che non solo ti tolgono la terra ma anche il sangue e tutto il resto, se ti permetti di fare di testa tua e di crederti un cittadino di un Paese normale che si chiama Italia.
In parte questo è ancora il nostro sud.
E anche per questo la mafia resiste e trionfa.
Dico anche perchè ovviamente non è solo colpa di chi sta in basso, ma soprattutto di chi sta dentro i Palazzi e protegge questo stato di cose.
Forse il Papa dovrebbe chiaramente passare alla scomunica anche i colletti bianchi di questa politica malsana.
…Domani faranno le prostitute, sempre che non vengano uccise prime…
Ieri sono stati giovani soldati che sono andati a morire per la libertà del loro paese; oggi si traducono in giovani donne che sono state sottratte al loro diritto di essere libere.
La loro sola colpa: andare a scuola, avere una vita troppo uguale a quella di tutte le donne del mondo, dove una persona di sesso femminile può diventare un medico, un avvocato, un giudice, uno scienziato o semplicemente aprire un negozio, fare commercio, fare politica, scrivere,pensare con la propria testa, ecc. ecc. ecc.
Scusate, ancora prigioniera dei luoghi comuni, mi sono dimenticata di aggiungere che una donna deve essere libera anche di andare a fare la prostituta, senza con questo rischiare la flagellazione o altro genere di giudizio. Del resto, la libertà serve a questo, a dare la possibilità di scegliere. Soprattutto considerando che il genere di prostituzione maschile è stato da sempre esercitato senza mai subire nessun ostruzionismo. Mi riferisco al loro prostituirsi nel cervello, nelle pratiche d’affari, nelle pratiche di profitto illecito, e nelle pratiche di convenienza sociale.
Quello che non si accetta, al limite, della prostituzione femminile, è la sua imbarazzante onestà.
Un corrotto è tale, ma oltre a farlo nelle segrete stanze, lo nega fino alla morte. Una prostituta è tale, ma oltre a farlo nelle pubbliche vie, non ci pensa a negarlo, lo manifesta. Ancor più lo manifesterebbe se fosse una sua libera scelta.
Insomma, la prostituzione potrebbe essere inquadrata come un lavoro pulito, che persino si adatterebbe a pagare le tasse (come accade in altri paesi). Verso la corruzione della politica e del commercio maschile non ci si sognerebbe di metterla pubblicamente in regola, per quanto si rimane colpevoli di lasciarla oscuratamente libera di organizzarsi.
Il fatto recente sopra riferito (eran trecento, eran giovani e forti, ma…), accade in Nigeria, ad opera dell’organizzazione di Boko Haram, dove la bestia nera dell’integralismo islamico fa razzia di carne umana considerata semplice merce da macello.
Solo una cosa vorrei precisare sull’integralismo: l’integralismo di Boko Haram odia la donna occidentale perchè è libera da certe costrizioni, tra cui quella di potere scegliere di prostituirsi, ma poi lui stesso conduce ragazze normali e sane verso un destino di morte, violenza e bruttura, nel nome della “guerra santa”, ossia nel nome di un mero sistema politico che non vuole mutare e scendere a patti con la uguaglianza di sesso.
Contraddizione nella contraddizione. Utilizza un argomento sacro per questioni di squallida violenza e usurpazione; il fatto che prima di loro l’abbia fatto anche l’integralismo cattolico , non giustifica nulla della loro inaudita violenza.
Si sbagliava ieri, si continua a sbagliare oggi.
Questo accade oggi in Africa, nel cuore del continente nero che nell’ immaginario di noi occidentali è un paese arretrato e violento, dove effettivamente tutto può accadere, soprattutto in presenza di gruppi estremisti fuori controllo o protetti da un governo dittatore.
Ma non è così. La Nigeria è il paese più ricco dell’Africa, non è arretrato. E l’integralismo rimane dentro nel nostro istinto al comando, al potere, al dominio. Imperversa ovunque, anche nella nostra civilissima Europa, che ha ridotto con la sua incompetenza ed arroganza secoli di storia e di democrazia in cammino, a una voragine di vuoto e di precarietà, non solo lavorativa, ma anche mentale e spirituale.
Il 25 maggio si andrà a votare. Vedremo chi e come si recherà nei seggi elettorali.
In un mondo globale quel che accade all’equatore o nelle fasce tropicali deve riguardare anche quel che accade in altre latitudini e longitudini della terra. Il problema è saper prendere e capire dal confronto le cose migliori e che servono, e non le cose peggiori e che non servono.
Il problema ancora più complesso è che non è possibile acquisire cose positive senza con esse portarsi dentro cose negative od ostili; è come l’acqua del mare dove tutto si mescola e si commista, si confonde, si contamina…
Di certo non ci si può occupare dei problemi lontani se non sappiamo occuparci nemmeno dei paesi vicini, nel senso che spesso si parla degli altri per non parlare delle nostre magagne, e spesso si rifiuta il problema altrui sempre perchè non sappiamo nemmeno affrontare il problema che ci compete.
Quando qualcuno dice “pensiamo prima ai nostri” senza avere fatto nulla di serio per evitare in patria leggi sciagura, oppure dice “non possiamo farci nulla, ognuno risolva le sue questioni”, chiudendosi in un opportunismo che non lascia spazio alla speranza, oppure ancora dice “apriamo le porte al vicino che muore” senza avere programmato e preteso un sistema collettivo capace di far fronte a una vera e incontrollata odissea di gente, fa sempre i conti a metà; o con la metà di cui dispone che però è insufficiente e dovrebbe sapersi allargare, o con la metà di cui vorrebbe disporre ma non ha e non si preoccupa di garantire..
Tornando alle trecento giovani ragazze che sono state strappate al mondo della normalità per essere gettate nello squallore di una vita senza nome, cosa può fare l’occidente malato, ferito e corrotto per loro? cosa possono fare i loro connazionali per loro stesse? cosa possono fare le voci dei potenti con i loro organismi complessi e sofisticati per questo ennesimo atto di barbarie inaudita?
Non abbiamo idea di quante cose si potrebbero fare!
Lo sconcerto è che non si fanno.
Un paese che non si cura dei suoi cittadini
che ruba rubando al suo prossimo
che mente mentendo a se stesso
che tace quando dovrebbe urlare
che giudica quando dovrebbe cercare di capire
che assolve quando dovrebbe condannare senza mezzi termini
che non offre lavoro ai suoi giovani
che non offre garanzie nemmeno sulle cose più sacre
che detiene i suoi detenuti come nemmeno gli animali andrebbero gestiti
che lascia soli quando dovrebbe fare quadrato
che si mercifica quando dovrebbe prendere le distanze
che insozza il nemico perchè viene facile
che convive allegramente con la corruzione
che scarica di prassi le proprie colpe addosso agli altri
che parla parla parla senza mai fare i fatti,
io lo chiamo
un paese colpevole
Questo paese siamo noi.
Cari amici, quello che sta accadendo in Italia io credo sia un fenomeno singolare che non vada assolutamente taciuto.
Credo che per singolarità possa essere allo stesso livello delle dimissioni del Papa, e mi riferisco al fatto che siamo in scacco di fronte allo scenario politico di questi giorni.
I casi sono due; lo scacco o lo diamo, o lo subiamo.
Il fenomeno mi interessa e credo che dovrebbe interessarci sia come amanti del web, sia come italiani. Come amanti del web perchè usiamo la stessa rete che ha permesso al fenomeno Grillo di esistere; sia come italiani perchè siamo tutti reduci da un voto elettorale, e sia che si abbia votato Grillo ( uno su quattro tra di noi) sia che si sia votato altro, a tutti dovrebbe importare di stare dentro un paese che non conosce governabilità.
Non tutta la politica è sporca…
Diaz NON CANCELLATE QUESTO SANGUE
Il film l’ho visto, anche se non è stato un bel vedere.
Si è dovuti aspettare undici anni per tentare di parlare di un evento che all’epoca dei fatti suscitò molto sconcerto e sdegno.
Nel 2001 lavoravo al Levi e mentre raccontavano gli episodi in televisione, noi a scuola ci si guardava esterrefatti con sguardi sorpresi pieni di incredulità.
Ci si chiedeva banalmente: “Come possono accadere queste cose nel 2001, in una città viva e aperta e per nulla di destra come Genova, contro giovani non armati ed indifesi, presi di mira da una feroce rappresaglia, e proprio da quelle militanze governative predisposte alla difesa pubblica?”
Ebbene, la risposta è altrettanto banale: si può, eccome, si può benissimo, quando le cose sfuggono di mano, quando la tensione raggiunge livelli molto pericolosi, quando ci sono in campo interessi di parte e lo sguardo di un intero mondo che ti guarda, che ti giudica, che da te Stato si aspetta che tu faccia la cosa giusta, o comunque la cosa più ragionevole.
Il processo che si è concluso in sostanza ha messo in evidenza gli eccessi di violenza delle forze dell’ordine e dei reparti speciali, con tutti i loro discutibili sistemi di indagine, di reclusione e di falsificazione delle prove…
Eppure stiamo parlando di giovani uomini dello Stato che hanno anche loro famiglie (si presume) e che hanno anche loro dei sentimenti e delle ragioni legate all’idea di giustizia, di democrazia, di trasparenza e di quant’altro…
Già, ma le colpe nefaste dei black bloc? Quando si va in piazza armati di tutto punto, o con bombe molotov, o con arnesi vari per cui e con cui si minaccia la vita di chi ci sta di fronte vestito con la divisa contraria, e si minaccia la proprietà altrui, è legittimo difendersi, è legittimo fare la propria parte.
Quali allora le alternative sociali? andare in piazza non armati, con manifestazioni pacifiche, in un corteo che sa tenere fuori dalle sue frange i non desiderati.
Dunque esistono due modi di fare lotta, di fare opposizione; esistono due movimenti nel movimento; uno che vuole rimanere nella legalità, ed uno che questa legalità non la riconosce e per questo la vuole scientificamente e disonestamente distruggere.
Distruggere come? distruggendo cosa? Mettendo a soqquadro le cose delle persone private, dei liberi cittadini. Togliendo la libertà di espressione ad altri che hanno il solo torto di appartenere al gruppo contrario, vuoi per scelta, vuoi per i casi della vita, vuoi per il semplice bisogno di portarsi a casa un salario, e che praticamente vengono presi d’assedio. Mandando verso un destino segnato di macelleria messicana (così come è stata definita da alcuni giornalisti l’operazione Diaz) i propri stessi compagni di strada ma non di letto, quelli così detti pacifici, quelli che vanno ai G8 come se si andasse a feste popolari con tanta musica e voglia di stare allegri al seguito….
La strage Diaz ci insegna che i colpevoli sono rimasti impuniti e gli innocenti le hanno prese, le spranghe, ed hanno subito torture e l’afflizione di un lungo e penoso processo.
La strage Diaz ci insegna che i vertici delle forze dell’Ordine in quei giorni nefasti hanno perso il senso della misura, la visuale complessa e reale delle cose, ed hanno giocato sporco, se non nella loro totalità, senz’altro nelle loro sostanziali direttive. Così hanno valutato la situazione. Così hanno ritenuto opportuno agire. In un paese civile, libero e democratico si è pensato di ricorrere a mezzi per nulla civili, liberi e democratici.
Gli organi di rappresentanza dello Stato non dovrebbe mai arrivare a questo, ma se ci arrivano con tanta ferocia e determinazione è necessario chiedersi i perchè.
Si sa che la disciplina nella vita militare è molto, praticamente è tutto. Se ti danno un ordine non lo puoi nemmeno discutere.
Io posso comprendere gli errori, che la paura e la rabbia facciano cento, però non posso comprendere un soldato addestrato per combattere contro feroci criminali ed armato di tutto punto si accanisca con violenza inaudita contro ragazzi e ragazze indifese che semplicemente stanno in un luogo per manifestare pacificamente (fino a prova contraria) e nello specifico in procinto di coricarsi. E tra questi giovani ci stanno anche giornalisti, semplici addetti ai lavori, inviati dalle proprie testate per eseguire il mero compito di documentare i propri reportage…
Si dice che se non vuoi guai non vai in certe situazioni; forse, ma ancora una volta il mondo dello Stato e della politica ha dimostrato di non sapere stare dalla parte dei giovani, della loro naturale e provvidenziale voglia di un mondo più giusto e con minori differenze…
E la dice giusta il buon saggio della situazione che trovandosi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, finisce anche lui ricoverato al pronto soccorso con un braccio rotto; interrogato sulla sua presenza da un celerino ( o qualcosa di simile) male informato, commenta: “Avete fatto una cazzata, avete fatto una grande cazzata…”
Questo film rende finalmente merito a chi in quei giorni subì enormi ingiustizie, rende merito ai giovani e alle loro famiglie, alle nuove generazioni che non hanno avuto nessun dubbio ad esporsi, nel modo migliore e non violento, e che continuano a farlo, non scoraggiati dai cattivi esempi, non mortificati dalle pessime testimonianze che noi adulti siamo sempre pronti a propinare…
Scusate, ma c’è davvero poco da aggiungere.
Lo stagismo è il primo passo per la conquista del mondo.
Non amo che le rose che non coglietti
There is always something to be thankful for in your life. Being alive is absolutely one of them!
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