Prepariamoci all’anno nuovo

Sta per arrivare,  porterà a tutti cose meravigliose, sarà migliore di quello che  ci lasciamo alle spalle, ricco di promesse e speranze.

Bisogna crederci, che la fiducia nel futuro può fare miracoli…sempre.

Bisogna avere speranza e coraggio.

E poi non si tratta banalmente  di miracoli, ma di sogni per cui abbiamo lottato che diventeranno realtà più che meritate… Diamoci da fare :-)))

 

 

 

70 anni di democrazia, attenzione a non perderla

  

 

Meravigliose donne di ieri, di oggi, di domani…

 

 

accordo nucleare usa e iran

President Barack Obama addresses the 106th annual NAACP national conference at the Pennsylvania Convention Center, Tuesday, July 14, 2015 in Philadelphia. (Tom Gralish/The Philadelphia Inquirer via AP)  PHIX OUT; TV OUT; MAGS OUT; NEWARK OUT; MANDATORY CREDIT

President Barack Obama addresses the 106th annual NAACP national conference at the Pennsylvania Convention Center, Tuesday, July 14, 2015 in Philadelphia. (Tom Gralish/The Philadelphia Inquirer via AP) PHIX OUT; TV OUT; MAGS OUT; NEWARK OUT; MANDATORY CREDIT

epa04690023 Members of the media gather in front of the stage prior to a press event after the end of a new round of Nuclear Iran Talks in the Learning Center at the Swiss federal Institute of Technology (EPFL), in Lausanne, Switzerland, 02 April 2015. Iran and six world powers announce they will hold a press conference on their nuclear negotiations in the evening, indicating that talks on a framework agreement on Tehran's nuclear programme were ending.  EPA/VALENTIN FLAURAUD

epa04690023 Members of the media gather in front of the stage prior to a press event after the end of a new round of Nuclear Iran Talks in the Learning Center at the Swiss federal Institute of Technology (EPFL), in Lausanne, Switzerland, 02 April 2015. Iran and six world powers announce they will hold a press conference on their nuclear negotiations in the evening, indicating that talks on a framework agreement on Tehran’s nuclear programme were ending. EPA/VALENTIN FLAURAUD

raggiunto accordo accettabile

accordo nucleare

dove il vento grida più forte

Peroni-Robert_305x380   Continua a leggere

voce del verbo mangiare

Cibo

Vacanze Antipasta Wreath da sweetpaul Antipasta # # Corona

"Cibolando - i mestieri del mangiar bene": Progetto di Educazione Alimentare e-learning

valeria levitina 3

Siamo anche quello che mangiamo

Mangia prega ama

Mangia prega ama non è la regola da applicarsi nella ricerca della felicità: è la storia di una donna e del suo complicato rapporto con l’eros. Una donna esigente che ama abitare la verità, e dirla sempre, a qualunque prezzo.

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Vivere è innamorarsi

  

 

 

 

 

 

del mondo che ci contiene, delle cose  che ci rappresentano, degli amici  che ci raccontano,  delle case per quello che racchiudono, della natura  che ci alimenta,  di noi stessi perchè lottiamo quotidianamente   e di chi ci ama  perchè  ci illumina.

 

POSTI IN PIEDI IN PARADISO

 

 

 

Tre storie diverse che si intrecciano e che ben rappresentano il mondo di oggi,  dove dominano le famiglie sfatte che poi diventano famiglie allargate  più o meno  riuscite, più o meno  rattoppate.

C’è  chi si è sposato per amore con la  persona sbagliata, con la quale si progetta una figlia  che ben presto si troverà dei genitori separati  per  immaturità  di una delle due parti e per leggerezza  dell’altra…; la  stessa figlia  arriverà  ad assumere nei confronti degli stessi  genitori  (soprattutto nei confronti di uno di essi)   atteggiamenti  più adulti di quanto  i medesimi  non abbiamo  saputo avere nei suoi riguardi.

C’è chi dopo tre figli  scoppia (sempre presumendo una qualche normalità  mentale preesistente) e si accoppia   con la giovane  trentenne  di passaggio, che però scoprirà solo all’ultimo momento la doppia vita ( e forse tripla)  dell’  infedele marito ; ecco che in questo caso nasce una bambina dentro una coppia che già non è più tale   ancor prima di venire al mondo,  se non per gli   avvocati e gli   alimenti  permettendo.

C’è  chi  dopo  una caduta in depressione   post partum  della moglie diventata neo mamma,   entra  lui stesso  in crisi e decide di intrecciare  una platonica relazione epistolare  con la compagna  del   proprio capo;  conclusione:   tutto viene scoperto, la moglie lo caccia di casa, il disgraziato finisce col perdere il lavoro  e  la famiglia  tutto in un sol colpo, e senza neanche avere consumato…

I tre malcapitati  hanno tutti problemi di casa;  e non potendo nemmeno contare su un reddito  serio e continuativo,   trovare un tetto sulla testa  ad un costo ragionevole può diventare  davvero un’impresa.

E così   accade  un fenomeno assai  bislacco  ma per nulla   fuori  luogo e fuori del tempo: decidono alla bella età di cinquant’anni  di andare a vivere insieme, per dividere le spese di un alloggio    ben  modesto,  in uno squallido ma indispensabile   appartamento di periferia, afflitto  dal passaggio  giornaliero   dei treni  ed afflitto  dalla quasi totale mancanza di campo…

Ci sarebbe da sganasciarsi  dalle risate, amici miei,  se non fosse  che  questa   suite  comedy  riflette in tutto in tutto  quel che accade   ripetutamente   nelle nostre città, nei nostri paesi, ogni giorno, in moltissime famiglie.

E nel frattempo  la vita va avanti comunque;  ci si torna ad innamorare, si continua ad avere storie di sesso, si può  cominciare  a riflettere  di cambiare lavoro, ci si inventa  forme  più o meno  contingenti di reddito, ci si improvvisa dei ladri  che invece  di  concludere  buoni  affari  vanno solo  a combinar  casini, ci si torna ad innamorare della propria compagna e compagno, ci sono  i figli che si laureano a pieni voti mentre noi non sappiamo nemmeno  scrivere una lettera, e ci sono i figli che decidono con estrema responsabilità  di mettere su famiglia   alla  sola  età di diciotto anni  squillanti…

Davvero un bell’affresco  di società;   mentre  le scene si susseguono spassosamente  con qualche nota di malinconia  e di sano sentimentalismo,   noi stiamo lì seduti nella nostra poltrona   e pensiamo a chi di nostra conoscenza  potrebbe  ben riflettere  quelle situazioni…

Certamente non ci mancano i paragoni, i riferimenti, le similitudini  a cui andare a memoria.

Ci sorprendiamo ancora una volta  della bravura del regista, ci  chiediamo tra noi  “Ma come fa a fare sempre centro    così  magistralmente sulle  macchiette  e  sulle situazioni  che  come sempre  assolutamente e fedelmente ci rappresentano?”

Il  quadro che n’ emerge non è dei più edificanti;  se ne conclude  che  il cittadino medio  di una qualunque società occidentale   è un  essere  che soprattutto  rifugge,  al di là di tutto,  la vecchiaia, il proprio  entrare in decadenza.

Del resto  è il nostro vivere   che ce lo impone; obbligati a lavorare   fino a che  forse non ci reggeranno più le gambe,  obbligati  a doverci misurare con performance   che non ci lasciano tregua o possibilità di via di fuga,   nessuno di noi vuole sentirsi e trovarsi messo da parte,  e questo è legittimo sia  per i giovani che hanno ancora tutte le loro   occasioni da spendere,  che per gli adulti  che le loro occasioni devono sperarle  e fare di tutto  per incontrarle di nuovo o per incontrale, e basta.

Un bel nove, a Verdone.  Per l’equilibrio ed il senso della misura, per la sensibilità e l’acutezza  di pensiero, per la capacità tutta comica  di farci ridere ridere e ridere sui   nostri condivisi  difetti.

Genitori e figli  sono due mondi  che continuano a dovere rimanere legati e vicini;   i figli  possono insegnare  che  a tutto  ci può essere rimedio, e che il bisogno naturale   della felicità  recupera energie impensabili;  i genitori  insegnano  che  si continua a rimanere degli eterni  giovani  nel nostro bisogno di sentirci amati,   e che essere adulti non significa affatto  ritenersi  vecchi, decrepiti  e sclerotici…non più.

Genitori come  giovani adulti e giovani come adulti  in prova  in età  giovanile, dunque?  Può essere,  ci può stare,  visto che sempre più le differenze  ed i tabù tra le parti   tendono a venire liquidati, smascherati  e  buttati al macero   da un’esistenza  che corre corre corre    senza potersi fermare   mai.

Almeno così appare…

Vera Riforma del lavoro urge

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minuto per minuto

la spina dell’articolo 18

cose buone e cose meno buone

problemi problemi problemi

il puntuale “lavoro” CGIL

lrremovibili o possibilisti?

Ognuno commenti quel che crede…ma di certo il lavoro a  rischio  è la nostra sola  certezza

Adesso l’ultima parola spetterebbe al Parlamento…mentre Napolitano dice che la Riforma andava fatta e non licenzierà  grandi masse di lavoratori…(e se lo dice lui…)

Mondo (in) piccolo

I  bambini a scuola  sono come  un mondo in  piccolo, nel senso che sono un mondo in miniatura;  tra di loro  governano sentimenti, difetti, intelligenze, eccedenze ed attitudini,  esattamente   così come accade nel mondo degli adulti.

Noi abbiamo cose che ci piacciono di più e cose che ci piacciono   di meno; per loro è lo stesso;

abbiamo   a volte   scatti d’ira;

invidie e gelosie;

momenti di debolezza;

amici e nemici;

momenti di coraggio;

desideri e speranze;

abbiamo  una certa idea propria   del bene e del male;

bisogno di tenerci occupati;

di riposare quando siamo stanchi;

di sentirci sempre  nel centro  di qualcosa;

di comunicare e sentirci  utili;

di prenderci  in  cura quando  siamo malati;

di  andare in vacanza, di sentirci amati, di voler bene, di esprimerci, di fare stupidaggini…;

e per loro è lo stesso.

La    sostanziale  differenza è che  i nostri bambini  sono ancora  incoscienti di se stessi,  mentre noi ne  abbiamo piena consapevolezza, e grazie a questa consapevolezza,  possiamo essere in grado, senza diventare   protagonisti al posto loro,  di  guidarli    sul lungo  sentiero  delle  scoperte che fanno crescere.

Il rapporto insegnante discente non è un legame  paritario, per via della coscienza che il primo possiede ed  il secondo non conosce.

L’insegnante è come un direttore d’orchestra, solo che la musica da suonare non la decide lui, la decide il gruppo classe.

E’ come  un guardiano  di beni preziosi,  solo che i beni preziosi sono esseri sconosciuti  e con libera  capacità  di decidere e disporre di sè.

E’ come  un giocoliere capace di particolari     esercizi  di bravura, solo  che  i burattini di questo  teatro non hanno fili,  sono  autonomi,  sono i signori  del palco, loro stessi   decidono il contenuto  dello spettacolo.

L’insegnante che entra in classe non saprà fino alla fine della giornata   se  quel  che dovrà fare  e avrà fatto,   otterrà  successo  oppure no.

Troppe le variabili non previste e non prevedibili.

Non solo troppo imprevedibili, ma addirittura  quello che potrebbe  sembrare  al momento  riuscito,  potrebbe nel tempo rivelarsi  insufficiente, come  anche  quello che potrebbe  essere risultato inadeguato, nel tempo potrebbe risultare centrato.

Insomma,  insegnare è un fatto di relazione; c’è un insegnante e un minore ( fino a che non diventerà maggiorenne);  c’è un gruppo di insegnanti e un gruppo di minori più o meno numeroso, più o meno rumoroso,  più o meno forte  o  complicato;  c’è un insegnante e un  ennesimo  gruppo di minori  chiamati  a fare  qualcosa, ad occuparsi di un determinato compito.

Dentro questa relazione sta l’apprendimento, sta il beneficio, sta il vantaggio, sta la crescita, sta lo sviluppo, l’evoluzione di un paese.

Un’insegnante   scrupoloso  e capace  può avvicinare ai bambini, in un solo giorno,    più mondi di quanto un genitore distratto  non sappia fare in dieci anni e più  di convivenza con il proprio figlio;  può  toccare con mano, negli anni,    i cambiamenti  della  crescita  dei suoi ragazzi,  almeno  quanto  se non di più   di due genitori  assenti  o inadeguati.

Un insegnante  indifferente e non motivato  può solo perdere    e far perdere tempo prezioso. Purtroppo può anche far danni, al pari di un genitore inadeguato.

Inutile dire  che la collaborazione dei genitori con chi si prende cura della formazione  scolastica,  rimane sempre un momento  chiave    per la buona riuscita  delle  tappe  evolutive.

Non sempre questa collaborazione accade, non sempre è possibile.

Mentre i genitori non si scelgono, e nemmeno  i fratelli  e tutti i parenti,  in un certo senso l’insegnante  si  può scegliere. Lo fa soprattutto  chi ne dispone ampiamente i mezzi,  ma anche chi può fare nel suo piccolo, piccole scelte.

Poi  c’è la bella storia  di chi non si è scelto, ma  si trova lo stesso magnificamente bene, insieme  all’insegnante  di passaggio.

Solo una piccola  precisazione. Se il genitore  può scegliere  il maestro (possibilità permettendo),  il maestro  non  potrebbe arrivare a  scegliere  i propri  alunni.

Se così accadesse,  potrebbero rimanere molti  discenti  senza  insegnanti, e questo non è auspicabile, perché tutti abbiamo il diritto/dovere   di imparare,  nonostante il nostro impulso   inconfessabile   di rimanere  ignoranti come    di voler avere solo  alunni  perfetti.

Questo è lo spirito democratico, sommo  ed universale della scuola in quanto scuola.

Se puoi…

File:Rudyard Kipling.jpg

Se puoi non perdere la testa quando tutti attorno a te
L’ hanno perduta e te ne incolpano,
Se puoi ancora credere in te stesso, quando più nessuno crede in te,
E tuttavia ti chiedi se non abbiano ragione gli altri e torto tu.
Se puoi attendere con calma ciò che ti spetta
o se, perseguitato, non pagare
odio con odio, offesa con vendetta,
senza per questo abbandonarti al gusto di stimarti santo tra i santi, e tra i giusti il giusto.

Se puoi sognare, e tuttavia non perderti nelle reti del sogno,
Se puoi pensare senza tutto concedere al pensiero;
Se puoi fissare in volto trionfo e disonore,
E senza per questo spalancare il cuore a nessuno dei due.
Se senza batter ciglio puoi il tuo vero vedere fatto menzogna sulle labbra dell’insincero,
E di colpo crollare quanto hai caro per tosto ricomporlo con amaro coraggio.
Se in un solo colpo puoi rischiare tutto quanto hai avuto dalla vita e perderlo,
E poi ricominciare senza pentirti della tua partita;

Se potrai richiamare il tuo coraggio quando da un pezzo lo avrai dilapidato
E stare saldo quando sai che tu altro non puoi più fare,
Se non dirti “Su!”.

Se puoi toccare il fango senza insozzarti
E dar la mano ai re senza esaltarti.
Se amico o nemico male potrà mai farti.
Se tutti gli uomini avrai cari ugualmente, ma più degli altri nessuno.
Se nel balzo saprai d’un solo istante
superare l’istante che non perdona,
Tua è allora la Terra, e tutto ciò che dona,
E —cosa ancora più importante— sarai un Uomo, figlio mio!.

Rudyard Kipling

Ok, ragazzi, questo è il grande testo poetico.

Dalla poesia alla concretezza, è l’applicazione alla quale sono maggiormente  interessata.

Se molti intorno noi perdono la testa, se rimaniamo soli senza scoraggiarci, se ci attaccano ingiustamente ma non cediamo alla vendetta, se tutto ci ostacola e tuttavia non perdiamo  la speranza…insomma,  non c’è da stare  molto tranquilli, ma diciamo  che  da un momento all’altro le cose potrebbero mettersi al meglio.

E se si rimane in piedi tra tanti disagi, è perchè si hanno delle sacche interiori  di compensazione  che nella poesia  vengono date per implicite.  Queste sacche  fortuite e preziose  io le chiamo   capacità immaginativa, fantasia, ottimismo, equilibrio, senso del buono e del bello, apertura  incondizionata alla vita.

Volontà e capacità di vedere in ogni giorno che inizia  la grande possibilità  di potere arrivare  in cima la montagna.

Pubblici vizi, virtù private

Thai Sea Market from Hotel in Krabi

Ciao a tutti.

Preciso che la mia presenza sul web è legata all’avere o non avere cose nuove da scrivere. Quando non ho nulla da dire ovviamente non mi troverete mai,  perchè per me  è solo  questione di   esserci quando si ha qualcosa da nuovo  che ci  smuove   di dentro; se non si ha nulla da  condividere,   da esternare,  oserei dire da vomitare, meglio  stare in silenzio, e se questa regola venisse osservata  in generale  da tutti coloro  che scrivono o fanno reportage, o altro,  sentiremmo meno banalità  in giro,  saremmo meno nauseati  dalle parole  e dagli uomini   e potremmo  supporre un livello di  sanità  mentale  generale   più  promettente.

Vi immaginate un telegiornale che riportasse solo  notizie  intelligenti dette in maniera intelligente? O una televisione che sapesse fare solo  trasmissioni  di un certo contenuto e di un certo spessore?  Non sto dicendo che  bisognerebbe fare solo  comunicazione impegnata, ma una  comunicazione  informata, quello sì.

“Informare”:  leggo sul vocabolario il suo senso principe   che  sarebbe “mettere al corrente,  portare notizie…”

A costo di tornare ad una televisione ad orario, o che si impegni  a  ripetere  la stessa cosa più volte per dare la possibilità a tutti di ascoltare, assistere, partecipare.

Con la rivoluzione digitale è poi accaduta la meravigliosa condizione (non mi stancherò mai di celebrarlo) che ognuno di noi, chiunque lo desiderasse, si può rendere il trasmettitore  di contenuti, a proprio rischio e pericolo,  prendendosi le responsabilità delle proprie parole.

Il vuoto televisivo  (che del resto già esiste di fatto,  perché parlare del nulla è come non dire niente…) non sarebbe (e non è)  dunque di certo avvertito ma ben compensato e  completato, se si vuole,  da tutte queste  trasmittenti  libere che ormai felicemente  impazzano sulla rete  (quanto meno nel mondo occidentale e  libero).

Non dimentichiamoci poi della radio  che  contrariamente   alla televisione non deve sottostare a  rigide ed assolute (quanto assurde) leggi  di   sopravvivenza;  esistono variegate voci   che ci dilettano, che si prendono cura e a cuore  particolari e mirati  argomenti  e settori, e mi riferisco in particolare a tutte le piccole iniziative locali  che spesso rimangono sconosciute al grande pubblico ma che invece meriterebbero  tutta la nostra  attenzione ed il nostro rispetto.

Giusto  per fare il punto,   è di questi  giorni  la trita  e ritrita  attenzione rivolta  alla crisi economica  mondiale  che ormai  attanaglia il pianeta da diversi  anni; non  intendo sprecare  fiato  sull’inettitudine e  l’idiozia  di quasi  tutta la nostra classe dirigente  che ha ampiamente dimostrato  d’essere solo   attenta  ai propri interessi  personali e politici,  oltre che di casta; vorrei invece  che nei telegiornali  ci fossero  esperti che ci facessero capire da dove nasce questa crisi profonda, quali sono i rimedi  che ogni paese dal suo canto ha messo in opera,  quali sono i vantaggi  che sembrerebbero  avere percepito, quali sono le incognite  che rimangono a previsione  zero,  di cosa occorre avere sostanzialmente timore  e come ogni singolo cittadino nel suo piccolo potrebbe  farsi propositore  e  protagonista  di   azioni  migliorative. E poi c’è il discorso spinoso ed urgente delle responsabilità.

Le  responsabilità  di quel che si è fatto e di quel che non si fatto; sotto tutte le visuali, sotto tutte le bandiere.

A cosa servono altrimenti  i notiziari?  Chiediamo  gente seria, gente qualificata, gente che lavora sul campo, GENTE VERA CHE CI PARLI DEI PROBLEMI REALI   e che conosce bene  come  gira  il sistema.  Vogliamo questa gente nelle  televisioni,  e che la  si faccia  finita  con  i programmi spazzatura.  E non solo  sulle tv  pubbliche,  ma anche su quelle private, perchè sarà pur vero che nel privato ognuno fa quel che vuole,  ma non quando questo privato in qualche modo  si fa pubblico.

Forse quando la misura del  vuoto (in senso  generale)   sarà colma, forse quando  veramente si andranno a mettere in  crisi su ampia  scala benefici  sacrosanti   e prioritari,  qualcosa riuscirà effettivamente a smuoversi e a smuovere le acque?

Non voglio nemmeno assolvere  senza  critiche  le reti  pubbliche;  possono fare di meglio, devono fare di meglio.

Non ci sono paesi europei o extraeuropei  di stampo occidentale che io abbia sostanzialmente  ad invidiare; siamo tutti discretamente ipocriti,  contraddittori  e  corrotti,  ma è pur vero  che c’è gente  che sa il fatto suo nei  palazzi del potere, e se non stanno  proprio dentro i palazzi,   agiscono però  sul territorio  con  competenza  e  tenacia.   Che ci vengano a raccontare le loro esperienze e le loro situazioni…NOI VOGLIAMO SAPERE, NOI VOGLIAMO CAPIRE.

Potendo  scegliere dove andare a vivere,  fondamentalmente    penso  che tutti alla fine decideremmo  di rimanere  nel proprio   stato d’appartenenza,  salvo  la comparsa   in tali luoghi  di improvvise condizioni  particolari   eccezionali e contrarie.  Questo la dice lunga sulla condizione  di  crisi  collettiva.   Giusto solo i giovani  possono credere che l’erba  del vicino  possa essere più verde, per la banale ragione   che non hanno ancora  mai dato  e non si aspettano  possibilità  dove sanno non esserci  nell’immediato.

In quanto  all’eventualità   di potere conoscere mondi diversi,  sono   i   paesi  non occidentali  che decisamente  trovo più interessanti ed intriganti, come tutta l’Africa  (ma soprattutto quella centrale) e come tutta l’Asia.

Paesi   che possono essere osservati sotto due ottiche: quella che li porterà  progressivamente ad occidentalizzarsi  sotto certi aspetti (nell’uso per esempio condiviso della tecnologia),  e  quella che li manterrà, io credo, fedeli  alla propria natura.

Una natura selvaggia ed indomita, stravolgente  e  lussureggiante (quella dell’Africa), una natura  bistrattata  e   misconosciuta, misteriosa  ed indecifrabile  (quella dell’Asia).

In Europa ed in America, come spetterà  all’ Australia,  la natura   è  stata messa  ormai  al servizio dell’uomo  o  quantomeno   così ci piace credere.

Alla natura  soverchiante abbiamo sostituito  la nostra lunga e millenaria civiltà, che sono sostanzialmente  sempre briciole di universo  se paragonate alla lunghezza del tempo  risalente   fino ai suoi primordi.

Allo spettacolo  ineguagliabile    dei tramonti nelle savane  o delle steppe   abbiamo sostituito lo scenario   dei nostri meravigliosi teatri, o delle nostre celebratissime    riprese cinematografiche.

E certo come possiamo tacere sulla nostra stupenda e rinnovabile   capacità  di  raccontare storie, di farci commuovere e divertire,  facendoci    sentire  dei popoli  in cammino  verso obiettivi  sempre più alti  e condivisibili?

Quando andiamo al lavoro  possiamo  raccontare  al nostro compagno di  giornata  dell’ultimo  film  che  quel grande regista  (perché per noi è grande)   ha saputo  mettere  in scena, o raccontiamo  dell’ultimo spettacolo musicale   che abbiamo avuto  l’occasione di ascoltare.

Quello di cui ci vergogniamo  viene tenuto per noi stessi; non ci verrebbe mai    certo di raccontare    in un contesto  ordinario    “Ieri sera mi sono scolato sei   birre  e  dopo ero praticamente ciucco perso” oppure “Sono andato a casa ed ho bastonato mia moglie  perché non capisce mai un cazzo” oppure “Mi sono trombato  l’amica di mia moglie  mentre lei era in vacanza”,    oppure “Domani devo andare  a farmi pagare il pizzo  da  quei   coglioni  che stanno  nel quartiere nord”,  oppure  “Ho sparato  a  quel figlio di mignotta   che così impara   che ognuno si deve fare i cazzi suoi”  …

Queste ricreative esperienze  di vita  è il cinema che ce le confessa. Il cinema   o la letteratura o il teatro.   Andiamo  agli spettacoli   per   rivivere in forma  indiretta le nostre tensioni,  i nostri dubbi,  le nostre angosce;  nell’agorà  della piazza  le maschere  recitanti   parlano  per noi,  parlano come in un sogno,  in un delirio.  Loro  recitano  e noi  ci svegliamo dal sonno.

Perché poi il cinema (ed il teatro) ci racconta tutto, ci  sa mettere  a nudo,  ci mette allo specchio,  ci fa riflettere  con tutti i nostri  annessi  e connessi, senza mezze misure, senza mezze parole. E’ capace  di   metterci sulla giusta via, addirittura.   Persino ci racconta di uomini meravigliosi che sanno   essere tali solo per avere saputo banalmente  accettare se stessi, vedere ben chiaro dentro di sè.  A volte ci sono esseri così corretti, così speciali, così sensibili, così diversi dalla massa,  che    piuttosto che ferire il prossimo  sanno se necessario  mettersi da parte, anche quando persino  dovrebbero osare  qualcosa di più, dovrebbero chiedere qualcosa  di  irrinunciabile anche per sè.  E forse attendono anch’essi di poterlo fare.

Alla fine   le parole  di un amico o di un viandante occasionale    diventano  più illuminanti   di qualunque strizzacervelli, o  di qualunque  specialista   di qualunque apparato  del nostro  complesso   organismo   che abbia   la pretesa di   sostituirsi  alla nostra insostituibile  ed  incedibile   facoltà   di decidere.

Decidere, signori, decidere, amici cari,  ecco il problema.

Decidere ogni giorno perchè   essere  ( e non solo chi essere), cosa fare, cosa progettare.

Solo così  rimane    bella la vita!

Vi abbraccio, come sempre

Antonella dallomo

L’egualitarismo dell’amore

Amici   cari, scusate la mia lunga assenza.

Vorrei   riprendere   il tema di sempre, ossia parlare con voi  sulle necessità dell’amore.

Leggendo i giornali, o ascoltando  i notiziari,  od osservando  il  quotidiano,  ci si potrebbe  stupire  del bisogno  di stare addosso ad un sentimento  che tutto sembrerebbe  tranne  che utile, ma  è ovvio che non solo è necessario  ma esso  costituisce il sale della terra.

Sorge spontaneo  l’interrogativo  che ci porta a chiederci:  “Ma io amo? come posso mettermi  nelle condizioni  dell’amore?  E se questa materia già la possiedo,  come la conosco, l’alimento   e la conservo?”

Cominciamo col dire   che già il fatto di porsi la domanda   sul  come amare,  ci mette su di un livello  di salvaguardia;  vuol dire che conosciamo il problema,  conosciamo il pericolo  conseguente  la sua  assenza,  vuol dire  che  ci stiamo prendendo   cura  del tema, che ci stiamo  organizzando.  Che ci stiamo prendendo cura dell’essere e del tempo,  del nostro essere e del nostro tempo, perché di questo stiamo parlando,  del nostro io e della nostra realizzazione.

Realizzazione non come scalata al successo, ma come esigenza del quotidiano,  cosa assai più grave ed urgente.

L’essere e tempo di   Heidegger     è costato al filosofo  una fama  non esattamente  felice.  Senza volere  rendere  alleggerito uno dei più pesanti pensatori  del novecento,  mi sorge spontaneo, sia  in quanto filosofa che in quanto pensatrice attenta  all’ontologia della vita,  rendere dei parallelismi  tra quello “essere e tempo” (celebre e  magistrale)  e tra questo  (sconosciuto  e  dubbioso)    senso dell’essere e  senso del  tempo.

La filosofia ed il suo sviluppo  non può certo  fare affidamento su appoggi ed incoraggiamenti che possano venire dall’apparenza   collettiva.  Ben poco o quasi  nulla  dell’ordinario  apparente  ci stimola  a  migliorarci,  quasi tutto  ci  induce   in un senso contrario,  e tuttavia   questo  distruttivismo del sapere   non è   che  una   scusa   ridicola   che non potrà   mai   giustificarci e risollevarci dalle nostre  mancanze. Ne ha saputo qualcosa Heidegger stesso.

Cosa può fare allora   il singolo  filosofo  (così come l’essere  che si interroga) di fronte alla miseria  del quotidiano? Di fronte  a  realtà  familiari   che possono avere ben poco di  gratificante?  Di fronte ad un lavoro   che non si ha avuto la fortuna di scegliere   ma che ci si è trovati   ad ereditare   da un sistema  che   fabbrica  situazioni di vita   nostro   malgrado e senza il nostro  diretto  contributo?

Si cominci con il dire che  è utile   mettere al bando  tutto quello che  non funziona,  che ci  può  deviare  dal cammino,  cercando   di circondarci solo  di  elementi positivi e costruttivi.

Se questo non è ovviamente possibile, sempre e comunque,   si può stare accanto   gli esseri  disturbati    e/od   assenti   alla propria  salvezza,   cercando di neutralizzarli.

Sul come concretizzare tutto questo,  molto dipende dal nostro  specifico   lavoro,  dalla nostra specifica  occupazione, dalle nostre energie, dalle nostre aspettative,  dalle nostre famiglie, dalle singole   condizioni.  L’unica  cosa   certa è che prima si comincia  a bilanciare  questo assetto  e meglio  si può guadagnare spazio  ed occasioni di  crescita.

Premesso  che  molte cose  non potranno mai essere  recuperate o  migliorate,  perché  dipendono da un  ingranaggio     che ha estraniato  l’umano   riducendolo   a  presenza/assenza   che a sua volta si è resa disponibile per le più varie ragioni  ben immaginabili  a quest’ opera di macellazione,   occorre concentrarsi  su uno o due  contenuti  personali   verso i quali spendere tutte le proprie  reali  e preziose   energie.

Nella cronaca  storica   recente   in genere si  sentiva   dire dai saggi “Può andare tutto storto, ci possono essere difficoltà,  ma la famiglia rimane il mio punto di riferimento solido”.

Bene,  se la famiglia è ed è sempre stata    l’unico  vero  punto di riferimento  per la salvezza di ognuno di noi,  chi non ne possiede  una, o chi se ne trova improvvisamente sprovvisto/defraudato/spodestato, o chi la possiede  ma preferirebbe  non averla  o è come se non l’avesse,   non rientra   certo in questo  più che  condivisibile  quadro di  riferimento.

Possiamo addirittura scoprire  che è la maggiore parte  delle circostanze;   è l’eccezione e non la regola trovare chi  possiede la fortuna  di un nucleo  familiare in equilibrio.  Per la maggior parte  si trovano  realtà  familiari  complesse, contorte, squilibrate, non stabili, profondamente fragili,  famiglie  che tutto possono ritenersi tranne che un solido punto di ancoraggio.

L’avere sani principi  che porterebbero   dei giovani  a  crearsi  il proprio  stato  familiare sembra  essere  diventata una cosa  pressoché  ardita  e rara.  Le famiglie usualmente   costituite  non sono che  relazioni  che  si spezzano alla prima difficoltà.  Persino quelle storiche  possono andare incontro  a  smarrimenti  e   fasi  involutive,  soprattutto   quando  queste  crisi  emergono con  superficiale   cognizione di causa.  Il morbo  del  volere  rimanere  disimpegnati   e quindi  deresponsabilizzati  sembra  non risparmiare  nessuno,  sembra  non guardare  in faccia nessuno, falcia e miete vittime   a  grande passo e senza  esitazioni alcune.

Non vale più in alcuna maniera il detto  “La mia famiglia  dà il senso alla mia vita”,  non per il nostro collettivo.

Dunque  le famiglie  che sembrano  resistere a questo attacco e a questo bombardamento,  o sono nuclei familiari solidi,  o sono  nuclei familiari  obbligati,  dove risulta    praticamente   impossibile  dissociarsi  senza conseguenze   da certe  contingenze  che dettano le regole  dei comportamenti  e dove le persone stanno unite  per pura convenienza e per pura incapacità a fare altro.

Dal possedere una famiglia sana e giusta,  al possedere il segreto della felicità, il passo è veramente breve, come dire che non si può essere felici da soli o perché soli, ma sempre con qualcuno, per qualcuno, grazie a qualcuno che si fa dono di sé.

Le necessità dell’amore  sono molto  oggettivamente  e  molto  soggettivamente potere contare su una persona  che in un  preciso contesto è/diventa/si candida  e viene accettata  come  la propria   famiglia, è il seme fecondo della propria  progenie e discendenza, che potrà   anche  portare/incrociare   tutti i più vari  imprevisti     di   percorso  e tutte le più varie incognite,   senza tuttavia   arrivare mai a   spezzarsi.

Cerco a questo punto  di farmi ragione  di tutto quello che può accadere  all’interno di questo  involucro   solido  e prezioso   che un bel giorno decide  di nascere e crescere.

La prima cosa che mi viene di sottolineare  è che gli esseri si evolvono, crescono, a volte persino  involvono;  nel  trasformarsi secondo i tempi,  le stagioni  ed i propri  destini,   si chiede a questo contenitore fatto per durare nel tempo  di resistere agli attacchi  dei   rinnegamenti.

Non è legittimo   osservare  che  le mutazioni non vanno permesse e comunque sempre   negate:  ci sono mutazioni assolutamente necessarie,  necessità assolutamente inderogabili.

L’amore è un sentimento  esigente, preciso, complesso e semplice  nello stesso tempo;  non si può dare per esso ed in esso  nulla di scontato.    Se vuole realizzarsi e non negarsi,    esso deve sapere a volte perdere, saper farsi minore,  saper   farsi  tollerante;  altre volte  deve divenire ardito e coraggioso,  quasi  spavaldo  ed  insolente  al  caso. Sempre    se vuole  rimanere degno di chiamarsi tale.

Ricordo   che si sta parlando  della stessa identica necessità universale   che ci fa solo per questo tutti uguali, realmente  uguali,  concretamente  identici;  qui non si trattano  questioni che possano esigere   precedenze  su altre.

La ragione di questo egualitarismo dell’amore è presto detta:  non è  la durata del tempo che fa  un certo legame   più  prezioso  ed imperdibile di altri,  ma è la qualità  di questo tempo, di questo legame, di questo  affetto.

Parlando d’amore  infatti si esce  definitivamente dai territori  banali e scontati  della quantità  e della certezza,  per entrare nei   territori   misteriosi  e  aggrovigliati     della qualità e del’incertezza.

Se così non fosse   la qualità sarebbe   scontata   e non affatto una merce rara per solo precisi  personaggi   che si guadagnerebbero  questo   privilegio a suon di  impegno  e patimento.

Se solo potessimo immaginare la sofferenza che si cela dietro un grande affetto,   non  so quanti  sprovveduti   allineati  dentro le fila dei romantici  finirebbero per defilarsi    furbescamente.

L’amore  bello  ed assoluto  che sempre celebro  non è un amore banalmente romantico, infantile  e  sprovveduto, ma un sentimento tenace, solido, avveduto,    maturo,  che chiede semplicemente  di rimanere nel tempo  perché   esiste per la vita, e questo non può  ammettere   che   debba  essere  soffocato perché sconveniente,  per la banalissima ragione che non esistono amori  sconvenienti, ma  solo difficili semmai.

Saper vivere l’amore bello  è un’arte   che si apprende  giorno dopo giorno. Difficilmente  si fa di quest’arte  una  particolare  pubblicità,   essendo   che rimane  una questione  molto intima e molto personale, tuttavia  è questa conoscenza   che alimenta l’agire quotidiano. Cosa mai  potremmo arrivare a costruire  senza l’amore? E cosa invece sappiamo  creare con esso?

Mi viene in mente  una   famosa imprenditrice cinese che  è arrivata a gestire il più grande ristorante della Cina, diventando plurimilionaria;  lei sostiene  di  essersi buttata  in questa impresa per fuggire da un marito che la maltrattava;  io aggiungo   che senz’altro inizialmente è stato il suo bisogno di affermarsi  a portarla su quella strada  (e dunque  la mancanza d’amore  di cui  non possiamo fare a meno),   ma che poi a questo  iniziale  bisogno   si è unito il piacere  di vedere   realizzati  i bisogni di molti altri  che  grazie al nostro agire  riescono  a guadagnarsi   spazio  nel mondo.

E’ grandioso  vedere persone che  acquistano  sicurezza   anche grazie al nostro operare.  E’ grandioso vedere come si può essere utili al prossimo, oltre che a se stessi.

Concludo:  il  sentimento  dell’amore bello  può  trovarsi sia  nei  legami  che durano da tempo  che nei legami  che  devono ancora nascere o nati da un tempo  irrilevante.

Si ripete che non è la quantità  che qui detta legge,  ma solo unicamente la  santa e benedetta e saturnina  esigenza  dell’essere  bello.

Vi abbraccio tutti.

Antonella dallomo

Tutto quello che è fatto per amore, merita d’essere fatto

Ciao a tutti, amici miei.

Oggi 21 giugno  poco prima e   dopo  la mezzanotte,  è un ottimo giorno per tornare a scrivere dopo un lungo silenzio; mi siete mancati, mi è mancato il vostro ascolto, la vostra  lettura, la vostra simpatia  che io sento  circondarmi intorno.

Vorrei riprendere   questo  mio adorabile seppur  faticoso  sentiero   con una celebre frase di Nietzsche che recita   “Tutto quello che è fatto per amore è aldilà del bene e del male”

E’ per amore che ho fatto quello che ho fatto, è per amore che penso quello  che penso,  è per amore che organizzo il tempo e lo spazio, secondo le mie possibilità e speranze di miglioramento.

E’ per amore che scrivo, è per amore che vivo, e non conosco nessun’altra forma d’espressione che sia degna d’essere vissuta, d’essere incoraggiata e condivisa.

L’amore che ci rende uomini veri, capaci di raccontare   la verità.

L’amore che ci rende liberi, capaci  di costruire come veri e propri  giganteschi  architetti  le nostre quotidianità  imbrigliate.

E non sono parole, no davvero.  Sono i fatti che uno semina, e li semina non certo con leggerezza e superficialità, ma con  profonda sapienza e capacità d’equilibrio, pur tra gli inciampi.

A volte i nostri comportamenti possono apparire ad occhi  distratti e sconosciuti  poco avveduti  o del tutto  fuori luogo, ma invece noi  li sappiamo  possedere  grandi ragioni.

Non c’è verità  che non possa sopportare   il peso  della  chiarezza; questo peso  è la nostra ragione, è la ragione  che fa muovere le cose, che fa decidere i passi e le scelte. E quando dico ragione, intendo dire una precisa estrema millimetrica irremovibile e solida  necessità.

I miei  anni mi hanno liberato dalla schiavitù  dell’ipocrisia e della convenienza; il mio intelletto mi tiene ancorata   al  buon senso  ossia al senso della misura; il mio cuore  mi tiene legata  alle cose vere, alle cose grandi,  quelle capaci di spostare le montagne, di far deviare il percorso dei fiumi, di far diventare la notte un giorno pienamente  luminoso…

Così che mi sento appagata, rincuorata dal mio coraggio, confortata dalla mia onestà,  consolidata alla vita  che non vuole invecchiare nel senso che non vuole consegnarsi alla  propria  involuzione  prima del tempo, prima della propria   ora. Un senso della vita che rimane vigoroso, baldanzoso ed allegro, nonostante lo scorrere del tempo.

I pensieri sono  virgulti  tenaci ed indomabili  che  ci  consegnano al mondo  come eterni giovani  destinati all’immortalità. I sentimenti sono incommensurabili tesori  che stanno  nel nostro corpo   senza conoscere la minaccia   dell’imputredimento.  I nostri corpi sono  templi sacri  da custodire  come le sole dimore  degne d’essere abitate.  Solo dentro questo teorema   esiste un tempo  che non  è fatto per essere  temuto, ed esistono possibilità di vita  che  potranno conoscere solo  la loro  benedizione e non mai la loro sventura.

Dentro questo mondo  non c’è spazio per i pavidi, per i mentitori,  per  gli stupidi, per  i furbi, per gli inetti;  accade una selezione  spontanea, che schiaccia  i deboli perché si sentono soccombere  alla legge del  più forte, ossia del più grande, ossia del più migliore…

Ognuno si sceglie le proprie  possibilità nel senso  che decide quello che  deve  e che non deve fare essere.

Io ho scelto di fare essere le cose migliori  che stanno  nelle nostre  miserabonde umanità. Già vivere è la cosa più  misteriosa  che ci può capitare  tra le mani, che ci manca solo che al pensiero della vita  noi sia abbia ad aggiungere la paura della morte…

E chi vive come una bestia  senza  arte né parte,  non è che sterco  malato  che non macina nessuna fioritura.

Sto gioiosa nelle strade piene di sole,  in questa  meravigliosa notte d’estate;  stiamo  solari  nelle piazze  piene di ombre;  abbiamo   solo bisogno di uomini  che non abbiano paura  di vivere, e lottare, e comprendersi, e dichiararsi, e scegliere.

Il mio canto è lungo e provvido  perchè nasce dal dolore, dalla sofferenza, da quasi una lunga agonia  che solo per pudore e per decoro di sè  non vuole e non deve rendersi  pubblica.

L’amore bello, l’amore assoluto  torna ad essere l’unico  vero protagonista sulla scena di questo palcoscenico;  esso  si lega alle persone  senza la  pretesa  di volerle   nè di lasciarsi dominare da esse;  come una  stanza  piena di luce   sa tenere  spazio agli incerti  che camminano  meditabondi;  è vigoroso come un albero secolare, non teme nessun temporale od  improvviso uragano;  sa farsi ragione dei fallimenti ossia delle incapacità  e  delle paure  che   non  riusciamo immediatamente  a vincere per le più varie  debolezze; sa trasformarsi, assumere secondo necessità le forme più inverosimili; non teme il ridicolo o il fraintendimento  perchè  ai suoi occhi  non c’è  ragionevole  critica   che possa  intrattenerlo;  sa vedere perfettamente quello che occhi normali non  percepiscono e che solo per questa banale ed obiettiva  incapacità  rimangono tagliati fuori al gioco;  è paziente, come una vera Penelope tesse   e ritesse    la sua tela   senza sosta;  è adorabile, come  un amante pieno d’ardore  che si predispone all’atto amoroso  con la leggerezza  di un velo ma la possenza di un abbraccio;  è  senza fine perchè  rimane  vivente  anche quando  non ci sarebbe più nessuna  oggettività  al suo ricordo;  è razionale, perchè non chiede a nessuno di perdere se  stesso  nel nome di una follia  che porterebbe alla distruzione  di qualche  prezioso ancoraggio o punto d’orientamento; è casto, perchè non è mercenario, non è commerciabile,  non è  contrattabile;   è  scaltro, perchè non conosce illusioni  o vaneggiamenti, ma le giuste parole per ogni  situazione e le giuste reazioni  ad ogni imprevisto o difettosa  condizione.

No, l’amore che io conosco  è perfetto;  perfetto non perchè non commette    errori,  non perchè non conosce esitazioni o dispiaceri o lotte o  smarrimenti…;  è perfetto  perchè  è  semplicemente  un sacrosanto  dovere.

Verso di noi, verso gli altri.

Vi   abbraccio tutti.

Antonella Dallomo

INNO ALLA VITA

Io amo mio padre

lui è paziente

dona tutto senza chiedere nulla

non si addormenta la sera

se non vede i suoi figli al sicuro;

quando sono ancora bambini

li immagina già uomini fatti

che affronteranno la vita,

non si risparmia nelle ore della fatica

indomabile come un guerriero

progetta ogni singolo spazio

del suo breve giorno.

Io amo mio padre

perchè è buono

e sa tutto di me

e non vuole vedermi infelice

è pronto a togliersi la sua mano sinistra

pur di sapere che io non perderò la mia destra

mi accompagna con lo sgaurdo

sulla via che conduce nel tempo

ed io cammino spedito

non ho nessun timore  di cadere

lui ha già asciugato tutte le mie lacrime

come un albero sempre verde

ha nutrito  tutti i miei   appetiti

come uno stupendo arcobaleno

ha colorato tutte le mie candide vesti

tra me e lui c’è un canto soave che ci tiene uniti

indissolubilmente

oltre le rovine degli uomini.

Io amo mio padre

che sa

che io non sono il mio lavoro

che io non sono quello che faccio vedere

che io non sono il mio presente

ma  che sono solo quello che

il giorno giusto

deciderò di essere.

Possa il tuo cuore

essere degno del suo

possa la tua vista

divenire capace quanto la sua

possa il tuo tempo

accompagnarmi tra i sentieri

oscuri del mondo

che renderemo insieme    pieni di luce.