La scuola che amo è un luogo allegro, dove la gente si reca ogni mattina contenta di andarci, tutta indaffarata nelle proprie occupazioni, senza l’affanno del dovere a tutti i costi portare a casa un obiettivo irraggiungibile o fuori luogo.
E’ un’idea di società, dove si insegna a non rubare, a non diffamare, ad impegnarsi, a cercare la propria strada, a rispettare l’altro, a non fare il furbo, ad essere umili e collaborativi, senza avere fretta di arrivare, perchè chi prima arriva prima finisce, ed invece è così bello prolungare il più possibile la ricerca della soddisfazione…
E’ uno strumento di lavoro a portata d’uomo, e non di macchina; mentre le macchine ci servono perchè sono specializzate a fare in minor tempo e meglio quello che manualmente non sapremmo compiere, gli uomini servono perchè sanno fare quello che una macchina, la più perfetta del mondo, non potrebbe, ossia inventare.
E’ una prospettiva del nostro futuro; serve a forgiare generazioni, generazioni e generazioni all’infinito, senza mai fermarsi, senza mai perdersi o sperperare quello che di buono entra dentro di lei per poi uscirne e spandersi nel mondo.
La scuola che amo è una fucina di idee sempre in movimento; qui si entra bambini e si esce uomini fatti; i giovani, i ragazzi, gli adolescenti, i pisquelli che siano, non vorrebbero mai lasciarla e ne conservano un lieto ricordo; nelle loro disquisizioni la raccontano come una grande occasione non andata persa, la raccomandano ai propri figli, la sanno difendere con le proprie scelte quotidiane.
La scuola che amo non è quella che sento raccontare da chi non la conosce e non la rispetta; da chi troppo facilmente ci butta fango addosso senza sapere quel che dice, quasi relegandola a una cosa marginale della propria vita, mentre invece ne costituisce l’ossatura e la sostanzialità.
Non è quella dove accadono episodi di bullismo, di mobbing, di disinformazione, di assenteismo, di abbandono, di impoverimento e di diseducazione.
Se questo accade nelle nostre scuole, non è certo colpa degli insegnanti; è per primo colpa della società che si è saputa procacciare solo questo squallido stile di fare formazione, e solo dopo colpa degli insegnanti dove nella stessa società stanno loro stessi.
La scuola che amo non si arrende, non chiacchiera a vanvera, non scoraggia i propri alunni, nè i propri docenti, nè i propri operatori; di fronte alle difficoltà ed alle ingiustizie subite sa replicare, sa denunciare, sa organizzarsi alla meglio con le poche o molte risorse a disposizione.
La scuola che amo è quella che vivo e che dunque racconto.