Ciao a tutti, scusate infinitamente per l’orrore delle immagini del precedente articolo, ma era doveroso testimoniare con la verità degli occhi e non solo delle parole la presenza continua del male che abita il nostro mondo reale.
Detto questo, occorre dare anche il giusto peso ed il giusto spazio a quella che è la volontà da parte di molti esseri di non volere appartenere per nulla al genere di coloro che si fanno prendere dalla trappola dell’odio.
Ho cercato di capire come può una persona o un sistema arrivare alla ferocia indiscriminata ed assoluta verso un proprio simile come verso un gruppo di uomini più o meno definiti.
Se questi atti di inaudita violenza accadono sistematicamente nei territori dove si vengono a creare situazioni di conflitto tra diverse etnie, come tra diverse culture, come tra diverse fazioni politiche… una delle cause principali e più logiche potrebbe essere rinvenuta nel male a propria volta ricevuto o presumibilmente imputabile a quello che viene identificato come il responsabile di turno. Persone del tutto innocenti sotto un profilo personale finiscono per diventare i capri espiatori di errori commessi dai loro predecessori nel nome di una giustizia sommaria e non rimandabile, perchè è giusto fare al prossimo quello che il prossimo ha fatto a noi. Questa è una legge sacrosanta e antica: quello che tu hai fatto a me, io domani lo farò a te o ai tuoi simili, così pareggeremo i conti; quello che i tuoi simili hanno fatto prima di te ai miei, io oggi lo faccio a te che sei simile ai tuoi simili…
In altre parole è il sentimento della vendetta, del pareggiare i conti. Sentimento che ignora completamente la capacità di perdonare, l’esercizio della pietà, l’esercizio del contraccambiare un qualcosa di diverso alla violenza che si è ricevuta.
Scopriremo in altre sedi ed in altri contesti come questo non sia affatto vero e significativo; scopriremo con il sentimento dell’angoscia che le ragioni sole dell’odio non stanno nè nella vendetta nè in altro, ma semplicemente nel nulla dell’essere. il nulla dell’essere è la totale assenza di bene e di capacità d’amore: da qui l’orrore del male assoluto.
Non posso evitare di pensare all’insegnamento di Gandhi che trasmette al suo popolo la capacità di restituire al nemico amore e non guerra, dialogo e non guerra, pazienza e non guerra, autocontrollo e non guerra. L’esistenza di un uomo come il Mahatma è l’esempio vivente di quanto sia possibile mettere in atto contro il male ricevuto, strategie politiche e d’intervento assolutamente pacifiche, assolutamente diverse, assolutamente civili.
Non si vuole e non si può e non si deve nè ora nè mai giustificare l’odio feroce e indiscriminato che rimane di per sè senza giustificazione quando si trasforma in tortura verso persone che hanno il solo torto di appartenere “al credo diverso”. Si sta solo cercando di comprendere sotto un profilo antropologico, umanistico e psicologico che cosa fa scattare l’aggressione portata a questi livelli, a queste nefandezze, a questi crimini contro l’umanità, umanità che comunemente condividiamo e continuiamo a condividere almeno sotto un profilo biologico.
Quello che si sta cercando di sottolineare è che nemmeno agli animali di specie inferiore alla specie umana accade di escogitare e mettere in atto ” il gioco della tortura”, mentre questa abilità e competenza appartiene tutta esclusivamente all’intelligenza umana (l’unica forma di intelligenza per ora che ci è data di conoscere).
Ci sono varie forme di torture; oltre quelle fisiche, strumentali, esteriori o tecniche…ci sono quelle psicologiche, quelle che devastano il cervello delle vittime che le subiscono. queste torture non sono meno violente e colpevoli solo perchè sono meno visibili, meno evidenti, meno plausibili.
Si è cercato di documentarle tutte ( più o meno indicativamente) per non fare torto a nessuno e per rendere testimonianza che la capacità d’odio non conosce razza, colore, partito o ideologia di sorta; conosce solo la forza del potere che si mette al servizio del male e più questo potere è indiscriminato e incontrastato, più la sua capacità reale di devastazione è efficace e prolifera.
Contro quest’abito mentale e di costume, se mi si può passare questa scandalosa definizione, di per sè assolutamente sgradevole e che nessun individuo sano di mente vorrebbe riconoscere per sè, ma che sistematicamente si ripete nella storia, si possono tracciare delle iniziali valutazioni di carattere squisitamente filosofico:
- ogni essere è direttamente responsabile del proprio operato in quanto libero di scegliere come agire, come rispondere alle azioni a sua volta ricevute per opera di altri che saranno chiamati a loro volta a rispondere di questo (chiamati dalla giustizia degli uomini, se atei, chiamati anche dalla giustizia di Dio, se credenti)
- ogni essere è chiamato ad un sentimento di solidarietà verso i propri simili se non vuole contribuire a costruire società dove l’odio può arrivare ad esplodere in maniera incontrollata
- ogni sistema in quanto sistema è chiamato ad esprimersi in merito ai crimini che direttamente o indirettamente lo riguardano, non solo ad esprimersi ma anche a modificarsi e a rivedere le proprie posizioni, visto che in quanto sistema operativo e operante si pone verso la società che lo osserva, lo vive e lo subisce, come un presumibile esempio ancora parlante, ancora attivo, ancora presente, ancora utile. Sempre se desidera continuare a ritenersi parlante, attivo, presente e utile al prossimo.
- ogni essere è a sua volta chiamato a prendere coscienza dei limiti che sottostanno a un sistema; nessun sistema in quanto tale può essere santificato, nessun sistema in quanto tale può essere concepito come statico ed immutabile, tutto nel sociale come in natura è soggetto alle evoluzioni del pensiero, così come il pensiero è soggetto alle evoluzioni della Società in cui opera.
- gli eroi che costellano la storia del pensiero, e n’abbiamo avuti diversi nel corso del tempo ( non solo Marx e Cristo), sono le nostre stelle mattutine, sono i nostri fari notturni, sono le vette della nostra capacità speculativa e non solo, sono gli universali che superano la prova della contingenza, la prova delle incomprensioni, la prova dei conflitti e dei contrasti che ripetutamente si ripetono in forme diverse, ma sempre costanti perchè immutabile è la natura umana. Sono in altre parole la nostra capacità di sperare, di continuare a sperare senza appunto lasciarsi intrappolare dalle viscere oscure della violenza
- la scelta di un eroe è il primo antidoto alla malattia dell’odio; avere un modello a cui ispirarsi ci fa sentire appartenenti ad una famiglia, ad un gruppo umanitario, ad un ceppo che costituisce le nostre radici, il nostro cammino, il nostro senso collettivo nella Storia. In altre parole ci permette il superamento dello stato d’abbandono e di solitudine profonda in cui, di fatto, a volte ci si trova a doversi riconoscere.
- L’elenco dei possibili eroi è davvero lunga e senza limite di scelta, ma allora definiamo precisamente chi è un eroe:
- è qualcuno che crede fermamente nella bontà di qualcosa ed è pronto a tutto per perseguirla
- è qualcuno che trasmette il proprio credo al prossimo perchè non vuole e non può tenere questo bene così prezioso solo per sè
- è qualcuno che conserva in sè un’anima fondamentalmente infantile nel senso di rimasta legata al tempo della bontà spontanea, quando il mondo era visto appunto con gli occhi di un bambino che si affida alle parole amorevoli del proprio genitore minimamente dubitando della loro verità
- è qualcuno che non sa e non vuole essere affatto eroico, semplicemente crede di fare l’unica cosa giusta da realizzare, l’unica cosa razionale, l’unica cosa possibile
- è qualcuno che si pone senza averlo programmato e scelto come modello al prossimo che lo guarda
- è qualcuno che sarà ricordato dopo la sua morte da quei simili che hanno avuto la ventura di incontrarlo e di conoscerlo, divenendo con questo immortale se non altro nel pensiero
- è qualcuno che non si arrende davanti a nulla, a nessuna difficoltà, perchè convinto della bontà della propria causa e quindi sostenuto dalla forza che gli perviene da questa convinzione
- è qualcuno che sa riconoscere nel prossimo chi è portatore di valori e decide di sposare le cause conseguenti e connesse ( ossia anche gli amici degli eroi diventano per la proprietà transitiva essi stessi piccoli eroi o figli adottivi degli eroi stessi)
Non possiamo concludere questa disanima senza precisare di conseguenza cosa non è un eroe:
- non è un esaltato che si auto incarna il salvatore o il giudice del prossimo
- non è un folle che decide di trascinare con sè l’umanità nel baratro delle proprie follie e perversioni
- non è un frustrato che si aggancia alla bandiera dominate di turno solo per avere il proprio attimo di gloria
- non è un ambizioso che vuole entrare nei libri di storia a seguito delle proprie imprese
- non è un anello del potere che si mette al servizio del potere solo perchè il potere glielo chiede e perchè in questo potere lui si riconosce
- non è qualcuno che non sappia chi sia, cosa voglia e dove voglia arrivare perchè ne è consapevole
- non è qualcuno che crede di potere essere indispensabile, è la circostanza della vita che pone questa persona nella condizione di trovarsi a svolgere un ruolo centrale e prioritario, che potremmo definire in una semplice parola, rivoluzionario